Effetto purgativo della vendita forzata e immediata attuazione dell'ordine di cancellazione

Pasqualina Farina
04 Gennaio 2021

A composizione del contrasto giurisprudenziale insorto tra le corti di merito, le Sezioni Unite hanno chiarito che il decreto ex art. 586 c.p.c. determina il trasferimento del diritto oggetto della procedura espropriativa libero dai pesi gravanti sul bene, dei quali il conservatore è tenuto ad eseguire la cancellazione immediatamente.
Questione controversa

La questione controversa riguarda l'illegittimità del rifiuto del conservatore di cancellare le iscrizioni ipotecarie e la trascrizione del pignoramento ordinata con il decreto di trasferimento, pur in difetto d'attestazione della cancelleria di mancata proposizione di opposizione ex art. 617 c.p.c. entro il termine di venti giorni dalla conoscenza legale dell'atto ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza che abbia definito l'opposizione eventualmente proposta.

I riflettori sulla questione controversa sono stati accesi dal Procuratore generale che ex art. 363 c.p.c.ha chiesto alla Cassazione di enunciare il seguente principio di diritto: “Nel procedimento di espropriazione e vendita forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami (pignoramenti, ipoteche, privilegi, sequestri conservativi) determina, in forza dell'art. 2878, n. 7, c.c., l'estinzione dei medesimi vincoli, di cui il Conservatore dei registri immobiliari – Ufficio di pubblicità immobiliare è tenuto a eseguire la cancellazione, indipendentemente dal decorso dei termini di proponibilità di opposizioni all'esecuzione a norma dell'art. 617 c.p.c.

Con l'ordinanza interlocutoria n. 3096 del 10.2.2020 la Prima sezione civile della Cassazione ha preso posizione sulla questione e, riconosciutane la particolare importanza ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c.., ha rimesso il ricorso al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

il contrasto che le Sezioni unite saranno chiamate a comporre nei prossimi mesi attiene alla problematica, insorta presso le corti di merito, se:

i)il decreto ex art. 586 c.p.c., che trasferisce all'acquirente il diritto espropriato ed ordina la cancellazione dei pignoramenti e delle ipoteche, è atto immediatamente esecutivo, talché l'effetto traslativo e, con esso, l'effetto estintivo dei vincoli è immediato, ai sensi dell'art. 2878, n. 7), c.c.;

ovvero se ii) il decreto ex art. 586 c.p.c. sconta la disposizione dell'art. 2884 c.c., in base alla quale la cancellazione va eseguita solo quando ordinata con sentenza passata in giudicato o “con altro provvedimento definitivo”, assimilando così la definitività del provvedimento alla sua inoppugnabilità e, conseguentemente, rinviando a tale momento l'attuazione della cancellazione da parte del conservatore.

È evidente che la prima impostazione tende a tutelare l'aggiudicatario che ha acquistato il bene ed ha, dunque, un vero e proprio diritto a conseguire non solo la sua disponibilità materiale ma anche un immobile privo dei vincoli posti a garanzia della soddisfazione dei creditori, vincoli ormai venuti meno stante l'avvenuta espropriazione (id est: la trasformazione del bene in somma di danaro)ed il conseguente perfezionamento della fattispecie acquisitiva forzata (id est: efficacia purgativa della vendita forzata).

La seconda impostazione tende a tutelare il creditore ipotecario che, in caso di accoglimento dell'opposizione o di dichiarazione di nullità del decreto di trasferimento, derivata dalla fase di vendita (art. 159 c.p.c.) ed opponibile all'aggiudicatario a norma dell'art. 2929 c.c., potrebbe subire il sacrificio della propria garanzia.

È bene precisare che la questione non coinvolge direttamente gli interessi del debitore posto che l'art. 187-bis disp. att. c.p.c. stabilisce espressamente l'intangibilità nei confronti dei terzi degli effetti degli atti esecutivi compiuti in ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l'aggiudicazione, anche provvisoria. Si tratta di rilievo che potrebbe sembrare ovvio o banale; ma così non è se solo si considera che nei procedimenti di reclamo contro il diniego del conservatore di provvedere alla cancellazione la parte costituita in giudizio era sempre il debitore (e non il creditore) che (ovviamente) ha aderito alle tesi addotte dal conservatore a giustificazione della propria condotta omissiva.

Orientamenti contrapposti

Con particolare riferimento ai due orientamenti contrapposti che si sono affermati dinanzi alle corti di merito occorrono alcune precisazioni.

La tesi della necessaria inoppugnabilità del decreto di trasferimento sostenuta da alcuni tribunali muove dalla irreversibilità della cancellazione dei vincoli (pignoramento, ipoteche ecc.), insuscettibili di reviviscenza una volta cancellati. Per vero, una volta dichiarata la nullità del decreto di trasferimento all'esito di un giudizio ex art. 617 c.p.c., acquisterebbero efficacia, in pregiudizio dei creditori, eventuali atti dispositivi compiuti dall'esecutato in data successiva alla trascrizione del pignoramento o, ancora prima, all'iscrizione ipotecaria, ormai cancellati. La irreversibilità della cancellazione dei vincoli è data da ciò: la (eventuale) caducazione del decreto di trasferimento, non precluderebbe una nuova iscrizione, destinata però ex art. 2881 c.c., a prendere il grado in forza della data in cui viene effettuata. Nello stabilire che l'ipoteca si estingue con la cancellazione, l'art. 2878 n. 1 c.c., sancisce, difatti, l'irreversibilità degli effetti della cancellazione dell'iscrizione ipotecaria (Trib. Lucca, 14-20 luglio 2017, n. 3727, vedi P. Farina, Sulla (il)legittimità del rifiuto del conservatore di purgare il bene pignorato dai vincoli pregiudizievoli, in www.ilprocessocivile.it provvedimento poi confermato in sede di reclamo da Corte d'appello di Firenze, 15-18 dicembre 2017, n. 2174. Più di recente, in termini conformi, v. Trib. Taranto, 31 maggio-5 giugno 2019, n. 1356.).

Altro orientamento ricostruisce invece la questione nel senso che è erroneo il riferimento all'art. 2884 c.c. operato dal conservatore a sostegno del rifiuto di provvedere alla cancellazione della trascrizione del pignoramento. Ciò in quanto la norma anzidetta, per cui la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria deve essere eseguita dal conservatore quando è ordinata con sentenza passata in giudicato o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti, non contiene alcun riferimento al pignoramento ma attiene, unicamente, all'ipoteca.

In secondo luogo, mancano disposizioni di sorta che impongono alla cancelleria di effettuare attestazioni sulla proposizione di opposizione al decreto di trasferimento, come richiesto invece dal conservatore. (Trib. Milano 3 dicembre 2019, vedi P. Farina, Sul dovere del conservatore di cancellare di vincoli ex art. 586 c.p.c., in www.ilprocessocivile.it; Trib. Prato, 29 agosto 2018, in www.ilcaso.it).

Rimessione alla Sezioni Unite

Come anticipato in apertura, la questione sopra illustrata è stata rimessa dalla prima sezione civile al primo presidente della Suprema corte per l'assegnazione alle Sezioni unite.

L'ordinanza interlocutoria, dopo aver riassunto compiutamente i termini del contrasto poc'anzi evidenziato, ha evidenziato l'esigenza che il massimo consesso del giudice della nomofilachia faccia chiarezza sul punto al fine di evitare il riemergere continuo di opinioni difformi, con conseguente perdurare di uno stato di incertezza del diritto.

Al contempo l'ordinanza interlocutoria consente alla Prima sezione della Corte di effettuare alcune precisazioni sulla questione.

Per il giudice remittente l'art. 2884 c.c. costituisce «la sede in cui trova regolazione il modo di attuazione della cancellazione ipotecaria che consegue a un contenzioso, a un giudizio in contraddittorio» e non al processo di espropriazione immobiliare. In pratica la Corte, conformandosi alle posizioni espresse dalla Procura Generale, afferma che la nozione di “cosa giudicata” propria del processo ordinario di cognizione non opera nel processo esecutivo; pertanto la definitività enunciata dall'art. 2884 c.c. non riguarda il decreto di trasferimento sebbene opponibile ex art. 617 c.p.c. entro venti giorni dalla sua conoscenza legale o di fatto ovvero dalla conoscenza di un atto successivo che necessariamente lo presuppone (per approfondimenti su questa impostazione sia consentito rinviare a P. Farina, Sulla (il)legittimità del rifiuto del conservatore di purgare il bene pignorato dai vincoli pregiudizievoli cit.).

Non solo. La tesi della immediata esecutività del decreto di trasferimento, sottolinea la Corte, è altresì direttamente corroborata dalla ormai nota decisione delle Sezioni Unite del 28 novembre 2012, n. 21110, secondo la quale finanche il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a sorreggere l'azione esecutiva non fa venire meno l'acquisto dell'immobile pignorato compiuto dal terzo nel rispetto delle norme che regolano la vendita e ciò in applicazione del principio di stabilità della vendita forzata, esplicitato dall'art. 187-bis disp. att. c.p.c.

La parola fine sulla questione dell'(il)legittimità del rifiuto del conservatore di eseguire, senza alcun tipo di differimento o rinvio, l'ordine di cancellazione disposto dal giudice dell'esecuzione deve però ancora essere scritta dalle Sezioni Unite.

Soluzione

Le Sezioni Unite hanno composto il contrasto e chiarito che nel procedimento di espropriazione forzata immobiliare, il decreto di trasferimento del bene, recante l'ordine di cancellazione dei gravami sul medesimo – tra cui i pignoramenti e le ipoteche – determina il trasferimento del diritto oggetto della procedura espropriativa libero da quei pesi e quindi la contestuale estinzione dei medesimi vincoli, dei quali il conservatore dei registri immobiliari è tenuto ad eseguire la cancellazione immediatamente ed indipendentemente dal decorso del termine previsto per le opposizioni esecutive dall'art. 617 c.p.c.

Il Supremo Collegio muove dal presupposto che tutti gli atti ed i provvedimenti del giudice dell'esecuzione producono ex se i propri effetti non appena venuti a giuridica esistenza, tanto da potersi qualificare come intrinsecamente definitivi in forza della mera pronuncia (o eventualmente del deposito in cancelleria, se separato). Per vero, deve essere chiaro che la nozione di definitività - intesa come consumazione delle impugnazioni – non appartiene al processo di esecuzione. Né tale intrinseca definitività risulta – in sede esecutiva - inficiata dai meccanismi che regolano il sistema delle opposizioni (o da rimedi analoghi): la riprova è fornita dal carattere tassativo del potere del giudice dell'esecuzione di sospendere il corso della procedura e dalla conseguente connotazione di indefettibilità della sua prosecuzione. Si aggiunga che il termine per proporre i suddetti rimedi è di incerta prevedibilità: in mancanza di una prescritta comunicazione dei provvedimenti, rimane correlato al momento in cui l'opponente ne ha avuto conoscenza, comunque conseguita. Tanto è sufficiente a ritenere in astratto inesigibile un'attestazione - od altro assimilato atto - di definitività per i provvedimenti del giudice dell'esecuzione, sia perché non prevista dalla legge, sia per l'incertezza degli eventi a cui ancorare quel termine. Da tale premessa si desume, inoltre, che anche il decreto di trasferimento – quale provvedimento emesso dal giudice dell'esecuzione - è in via immediata definitivamente produttivo dei suoi effetti propri, tra cui la cancellazione delle formalità pregiudizievoli gravanti sul bene che ne è oggetto, indicate nell'art. 586 c.p.c.

Le Sezioni Unite spendono allora qualche parola per chiarire che operando in maniera immediata il trasferimento, il discorso non muta in ordine all'ordine di purgazione dai vincoli, senza che il conservatore, preso atto del rituale deposito del decreto, possa:

a) sottrarsi al relativo ordine; e/o b) richiedere improprie ed impreviste attestazioni o certificazioni su una non meglio precisata definitività.

Del resto, proprio il principio della stabilità degli effetti della vendita forzata, presidiata dagli artt. 2929 c.c. e 187-bis disp. att. c.p.c. consente di delimitare meglio l'ambito di operatività delle due norme di riferimento richiamate dalla Corte, così come meglio illustrate qualche pagina indietro. Segnatamente è lo stesso art. 2878 n. 7 c.c., sull'estinzione dell'ipoteca, a dimostrare che tale fattispecie opera in forza della mera pronuncia del decreto di trasferimento; mentre l'art. 2884 c.c., sulla cancellazione ordinata con sentenza, va rigorosamente ricondotto alle pronunce rese in sede di giudizio di cognizione destinate ad incidere su un provvedimento specificamente destinato ad incidere sul mantenimento delle suddette formalità.

Sgombrato così il campo da equivoci, la decisione chiarisce, inoltre, che il decreto di trasferimento non svolge la funzione di garantire i creditori titolari delle formalità, che sono stati avvertiti dell'esecuzione ai sensi dell'art. 498 c.p.c., in mancanza rispondendone in via risarcitoria il creditore inadempiente (ex multis cfr., Cass. civ., 27 agosto 2014, n. 18336). Del resto, come precisato nell'ordinanza interlocutoria, nessun pregiudizio irreparabile patisce il titolare della formalità da cancellarsi in sede concorsuale, dove la tutela dei creditori è affidata agli artt. 42, 44 e 45, legge fallimentare e dallo spossessamento del debitore operato dalla dichiarazione di fallimento; ed anzi va precisato che, in questo contesto, i creditori muniti di prelazione sul bene non perdono i diritti già risultati opponibili al fallimento, anche se la relativa iscrizione sia stata fisiologicamente cancellata dai registri immobiliari all'esito della vendita; e ciò sia nel caso di riacquisizione del bene (dietro restituzione del prezzo all'aggiudicatario), sia nel caso in cui ciò sia impossibile, dovendo comunque essere soddisfatti secondo l'ordine delle cause legittime di prelazione accertate ai sensi degli artt. 52 e 93 ss. legge fallimentare (cfr. Trib. Prato, n. 2311/18).

Il discorso, concludono le Sezioni Unite, non muta in sede di esecuzione individuale - dove la contestuale cancellazione della trascrizione del pignoramento ordinata ex art. 586 c.p.c., sembra travolgere gli effetti protettivi corrispondenti alla sentenza dichiarativa di fallimento – perché gli effetti dell'ipoteca fisiologicamente estinta in forza del decreto sono – di fatto - traslati nella successiva fase della ripartizione del ricavato, conservando la collocazione preferenziale del credito cui ineriva: il modello di riferimento è quello proprio dell'espropriazione immobiliare, in forza del quale una volta realizzatosi il trasferimento del diritto all'esito della vendita forzata, gli originari vincoli si trasferiscono dal bene espropriato alla somma di denaro in cui esso si è convertito.

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