Psicologia forense: i colloqui e le interviste investigativi

Alessandra Bramante
Viviana Lamarra
31 Maggio 2016

Una delle fonti più importanti per l'investigazione sono le interviste e i colloqui condotti nei diversi stadi del processo investigativo e possono essere riferiti sia alle vittime che ai testimoni oltre, naturalmente, che ai sospettati. In questi casi le conoscenze di tipo psicologico risultano molto importanti al fine di condurre adeguatamente il colloquio anche nel caso che l'intervistatore non sia uno psicologo.
Abstract

La figura professionale dello psicologo nell'ambito giuridico e forense in generale non presenta una lunga storia e, relativamente il suo ruolo nelle indagini, è figura ancora poco conosciuta (per un inquadramento generale sul ruolo dello psicologo forense e sugli ambiti in cui esso può essere coinvolto ad utilizzare le sue competenze ai fini di giustizia a supporto delle altre professionalità (si veda BRAMANTE, LAMARRA Il ruolo dello psicologo nelle scienze forensi), l'attività del profiling risulta in Italia ancora molto limitata, pur essendo stabilito dalla legge del 7 dicembre 2000, n. 397 che lo psicologo può essere chiamato in veste di consulente non più solo per indagare il vissuto psicologico dell'individuo (verità soggettiva) ma anche per indagare i fatti oggetto di indagine (verità storica).

Negli ultimi anni si sono inoltre svolti molti studi aventi ad oggetto la testimonianza, gli indicatori di menzogna, i fattori di tipo cognitivo intervenienti nella rievocazione del ricordo e nella costruzione del racconto o riguardo l'attendibilità del testimone oculare.

Lo psicologo può essere un valido e utile collaboratore degli investigatori/inquirenti o dei difensori per la raccolta delle fonti di prova e per tutte quelle attività di ricostruzione degli eventi che sono proprie della criminalistica (FARGNOLI 2005).

Nell'ambito di tali indagini uno degli ambiti in cui lo psicologo può utilizzare le sue competenze al fine di apportare utili elementi è quello relativo all'interrogatorio/colloquio investigativo.

Colloqui ed interviste investigativi. Obiettivi

Una delle fonti più importanti per l'investigazione sono le interviste e i colloqui condotti nei diversi stadi del processo investigativo e possono essere riferiti sia alle vittime che ai testimoni oltre, naturalmente, che ai sospettati.

In questi casi le conoscenze di tipo psicologico risultano molto importanti al fine di condurre adeguatamente il colloquio anche nel caso che l'intervistatore non sia uno psicologo.

L'interrogatorio è un processo di valutazione di un sospetto, di una vittima o di un testimone, attraverso la proposta di opportune domande, al fine di trarre informazioni o correlare evidenze che possano essere utilizzate per la soluzione di un delitto.

Considerando in primis il caso di un interrogatorio relativo ad un sospetto, il criminologo/psicologo può fornire in tal senso suggerimenti ed indicazioni sulla modalità più opportuna di interrogarlo.

Le dinamiche in gioco in questo caso sono ovviamente legate da una parte alle strategie dell'interrogato per nascondere la verità, fornendo una versione artefatta ed attendibile; dall'altra alle strategie dell'interrogante per rilevare i segni della menzogna e per convincerlo a riferire la versione reale dei fatti.

Obiettivo dell'intervistatore è naturalmente:

  1. ottenere una confessione il più possibile dettagliata dei fatti e delle responsabilità di ogni attore coinvolto;
  2. ottenere i requisiti essenziali di veridicità e di dimostrabilità dei risultati ottenuti.
Modalità e regole per l'esecuzione del colloquio o intervista

Le modalità tecniche con cui procedere in queste situazioni, validi in senso generale qualsiasi sia l'intervistato (vittima, testimone o sospettato) sono di regola:

  1. rendere il contesto informale ed amichevole, creando un rapporto con la persona e mettendola a proprio agio;
  2. evitare domande che possano essere fuorvianti e inopportune preferendo un racconto libero e formulando domande aperte;
  3. informare l'intervistato delle finalità del colloquio (reperire informazioni dettagliate su una situazione o descrivere l'aggressore nel caso del testimone o della vittima) e delle regole al fine di evitare l'effetto compiacenza;
  4. rendere possibile l'esplorazione di ipotesi alternative per evitare che una visione precostituita possa indurre o distorcere elementi del racconto.

In particolare le regole da seguire si possono riassumere come:

  • avere una conoscenza del soggetto da sentire (solo sapendo con chi si ha a che fare si può scegliere un sistema o un metodo). Iniziare la conversazione chiedendo notizie in generale sulla sua vita (studi, famiglia, lavoro, amicizie, …) si può dimostrare molto utile. Inoltre le notizie che si raccolgono in questa “atmosfera” servono per capire ed interpretare le notizie successive;
  • non avere fretta, non perdere la pazienza, mantenere un contegno sereno, anche di fronte alla menzogna ed alla reticenza. Più si imprime alla conversazione un clima di riflessione, prima si potrà arrivare a dati concreti e verificabili. Un atteggiamento sereno rende più attenti, mentre la fretta, l'impulsività o l'ira, annebbia la razionalità e la chiarezza mentale. Inoltre va considerato che anche reticenza, silenzio e menzogna sono delle comunicazioni che possono nel tempo dell'interrogatorio ritorcersi contro o evidenziare lacune e distorsioni dei fatti che porteranno l'intervistato a ulteriori ritrattazioni sempre meno “costruite” e sempre più dettate dall'improvvisazione/ansia. Dati comunque utili per le indagini.
  • verbalizzare via via le dichiarazioni rese; ciò al fine di verificare eventuali contraddizioni da poter esaminare e produrre , nel caso, al fine di chiarire ulteriormente fatti e moventi.

Inoltre molto importante è l'ambiente in cui l'interrogatorio viene effettuato, sobrio, minimale, a finestre chiuse, senza telefoni che squillano o porte che improvvisamente si aprono e che possono intimorire o influenzare l'interrogato in momenti psicologicamente favorevoli.

La buona conoscenza degli atti infine è importantissima per approfondire i fatti e per evitare incertezze che possono essere utilizzate dall'interrogato più o meno consapevolmente (distorsioni, suggestioni, verbalizzazioni menzognere).

Per quanto riguarda il testimone particolare attenzione si focalizza sulla possibilità di ridurre l'ansia iniziale dell'intervistato, ridurre il numero di parole dell'intervistatore, dimostrare attenzione, utilizzare domande accuratamente costruite e accertarsi della loro comprensione, valutare e controllare il comportamento non verbale al fine di “modulare” il colloquio investigativo e la raccolta di informazioni e di mettere a proprio agio il testimone in modo che possa essere messo nelle condizioni migliori per ricordare.

Una delle difficoltà maggiori in questi casi è quella di acquisire quanti più dettagli dell'evento, dettagli che però il testimone spesso non fornisce perché inconsapevolmente li ritiene superflui o difficili da esprimere.

Per questo motivo l'informazione iniziale fornita, secondo la quale è necessario fornire anche dettagli considerati irrilevanti o non rispondere se non si conosce la risposta, risulta imprescindibile per non distorcere i contenuti sulla base di fenomeni intervenienti nella rievocazione.

Le domande

In un colloquio o intervista investigativa è importante valutare come costruirne il percorso e come utilizzare nel modo migliore le domande.

Ovviamente le domande non sono tutte uguali e interscambiabili.

Si definiscono domande aperte quelle che lasciano ampia libertà di risposta e di espressione e non circoscrivono la risposta già all'interno della domanda.

Quelle cosiddette ad alta specificità lasciano un po' meno spazio all'intervistato (chi?, quando? dove?) mentre quelle a bassa specificità consentono una maggiore libertà di espressione (cosa?, perché?, come?).

Le domande cosiddette chiuse invece limitano la possibilità di risposte e comportano una scelta fra le alternative previste nel costrutto della domanda. Uno dei maggiori studiosi, Dickinson, suddivise le stesse in tre tipi:

  • risposte si/no;
  • risposte selettive;
  • risposte di identificazione.

La scelta dell'intervistatore cadrà su una delle opzioni a seconda di una conoscenza dell'area comportamentale e della complessità degli argomenti da trattare.

In questo senso per esempio si utilizzano domande aperte:

  • quando i soggetti sono poco conosciuti, al fine di recuperare dal loro racconto e dal loro comportamento quante più informazioni possibili da poter utilizzare nell'immediato o in seguito;
  • quando le opinioni sono incerte e poco chiare, in modo che possano chiarirsi senza che vi siano state induzioni o suggestioni dall'esterno;
  • quando gli argomenti sono complessi e quindi non definibili in domande chiuse che tralascerebbero contenuti e sfumature importanti nella loro definizione.

Si utilizzano invece domande chiuse:

  • quando il livello di comunicazione è chiaro e l'area comportamentale è nota;
  • quando gli argomenti si prestano ad approfondimenti in cui è importante non divagare (GULOTTA, Breviario di psicologia investigativa).

Le risposte ottenute a volte possono risultare inadeguate. L'intervistatore deve quindi valutare quali possano essere stati i fattori che hanno determinato questa inadeguatezza, fattori che possono essere correlati a elementi di tipo linguistico e culturale, cognitivo o di tipo psicologico.

Tra questi quindi si possono evidenziare incomprensioni linguistiche nella domanda, la mancanza di capacità di verbalizzare o delle nozioni necessarie per rispondere, per imbarazzo, conflitto psicologico o interferenze legate alle proprie aspettative relative il colloquio stesso; tutte variabili da tenere in debito conto da parte dell'intervistatore in quanto ciò può produrre difficoltà, reticenze (consce e inconsce) che possono essere superate solo con tecniche di incoraggiamento e di riduzione dell'ansia, con la formulazione di domande idonee e comprensibili per il soggetto, con l'instaurazione di una rapporto e un atteggiamento tollerante e neutrale relativamente argomenti che possono risultare imbarazzanti per quest'ultimo.

Riassumendo quindi, le domande (elemento- base dell'intervista), devono essere:

  1. trascritte integralmente sui verbali e devono essere brevi, chiare, precise, facilmente comprensibili ed adeguate alle capacità intellettuali, culturali e sociali dell'interrogando;
  2. preferibilmente devono essere domande indeterminate, senza indicazioni sull'oggetto che si vuol conoscere, alle domande determinate, con indicazione dell'oggetto che si vuol sapere, perché agevolano i ricordi e non attivano suggestioni;
  3. devono essere preferite le domande indirette (es. chi ha visto?) a quelle dirette (es. ha visto tizio?) poiché possono suggestionare e non stimolare i ricordi.

Ad una buona conduzione dell'intervista si correlano dichiarazioni utilizzabili e coerenti che risultano quindi attendibili quando, inoltre:

  • sono state date spontaneamente;
  • riguardano cose su cui l'interrogato non ha alcun interesse personale;
  • entrano in correlazione con fatti già noti;
  • concordano con altre deposizioni.

Moltissimi studi inoltre riconoscono l'importanza della successione delle domande e l'ordine della loro presentazione.

La letteratura scientifica identifica 4 tipologie di successione delle domande. Nell'ambito di ciascuna sequenza le parti possono essere tra loro integrate, correlate e concatenate a seconda delle necessità che emergono nell'intervista/interrogatorio.

  1. Nella sequenza denominata a tunnel si ritrova sequenza di domande chiuse, domande cioè alle quali il soggetto può rispondere “concatenando” in termini temporali, per esempio, quando accaduto (a che ora è uscito? in quale locale si è recato? quanto ci è rimasto?, ecc.).
  2. Nella sequenza a imbuto le domande vengono poste in sequenza dando priorità a quelle cosiddette aperte a quelle chiuse man mano che le informazioni da acquisire diventano più specifiche e precise.
  3. Nella sequenza a imbuto rovesciato le domande vengono poste in modo inverso a quello precedente, dando priorità a domande specifiche e chiuse, ampliando man mano la possibilità dell'intervistato a comunicare più liberamente sugli aspetti in oggetto.
  4. Infine nella sequenza irregolare la sequenza risulta alternata con domande aperte e chiuse che si susseguono in modo sparso.
La valutazione dei comportamenti e la riduzione del “conflitto”

Durante il colloquio è inoltre necessario osservare attentamente i comportamenti e gli atteggiamenti delle persone riconoscendone le peculiarità quali per esempio:

  • reazioni strane in chi non è direttamente coinvolto dai fatti;
  • indifferenza e tranquillità in chi è direttamente coinvolto dai fatti.

Sono ovviamente valutazioni soggettive ma di valido supporto alle valutazioni oggettive emerse dalla ricostruzione dei fatti o da cercare e confermare nel proseguo del colloquio.

L'interrogatorio ovviamente non è solo l'applicazione di regole linguistiche o di osservazione del comportamento ma necessita da parte dell'intervistatore un'ottima conoscenza dei dettagli dell'indagine al fine di poter utilizzare in modo utile le informazioni, riconoscere le contraddizioni o gli elementi da approfondire.

Conoscere quanto in oggetto alle indagini permette di:

  • porre le giuste domande;
  • valutare la veridicità delle risposte;
  • evitare di fornire notizie utili che possano essere utilizzate in seguito per distorcere i fatti (nel caso del sospetto autore di reato).

Focalizzandoci sull'interrogatorio di un sospetto autore di reato si rileva che nella sua prima fase è preminente riuscire a stabilire un contatto psicologico con il sospettato al fine di evitare un mutismo/chiusura assoluti anche di fronte a delle semplici domande.

Importante è poi valutarne lo stato emotivo: di fatto egli improvvisamente si trova in un luogo sconosciuto ed ostile, di fronte ad uno sconosciuto che vuole dimostrare la sua responsabilità in ordine ad un reato che presuppone l'incubo del carcere, con la perdita della sua libertà, degli affetti, del lavoro e della stima delle persone che conosce. Generalmente la paura e la disperazione lo inducono a contrastare le accuse con tutte le sue forze.

E di fronte ad una netta contrapposizione l'investigatore deve cercare di ridurre il conflitto.

Un buon argomento per ovviare al conflitto aperto o alla chiusura netta da parte dell'interrogato è il coinvolgerlo nella ricerca della verità contrapposta alla ricerca di un colpevole.

Conoscere quanto più possibile chi si ha davanti, inoltre, è assolutamente necessario.

In via preliminare è utile l'acquisizione, come già anticipato, di tutte le informazioni disponibili sul soggetto, dai suoi precedenti penali, alla storia personale fino alla situazione familiare (chi sono per lui le persone più importanti per esempio), riferimento ai legami affettivi forti che, soprattutto in chi delinque per la prima volta, è un importante strumento di persuasione e convincimento alla collaborazione.

La valutazione e la consapevolezza dei benefici ottenibili con una piena confessione è infine uno stimolo più importante per indurre l'indagato ad ammettere le proprie responsabilità.

Nel caso poi di una confessione è importante mantenere la comprensione e l'empatia, anche in considerazione che ogni confessione può essere sempre ritrattata o modificata in maniera sostanziale in qualsiasi momento.

Ma nel caso in cui l'interrogatorio sia più complesso occorre sicuramente formarsi rapidamente un'idea sul carattere psicologico del soggetto, “testare” le sue reazioni con appropriate domande nei suoi punti deboli (vanità, idee di persecuzione, torti subiti, scatti nervosi) seguendo attentamente le manifestazioni esteriori (mimica, pallori, rossori, tremori) che seguono alle domande ed ai quesiti.

Per quanto riguarda l'inquadramento giuridico in Italia l'interrogatorio, e le informazioni che ne emergono, sono regolate in particolare dall'art. 188 del codice di procedura penale ove si prescrive che è necessario acquisire informazioni in modo formalmente ineccepibile al fine di garantirne la piena utilizzabilità in fase processuale.

Se l'obiettivo è comunque ottenere una confessione, l'art. 188 c.p.p. indica le modalità con le quali questa confessione dovrà essere documentata. In particolare l'art. 188 c.p.p. si riferisce alla libertà morale della persona nell'assunzione della prova vietando mezzi illeciti e scorretti per addivenire al risultato. Tra questi anche i cosiddetti tranelli psicologici.

Esso infatti riporta: Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti.

Ma quali sono queste tecniche? Esse espongono il soggetto al pieno controllo di chi lo interroga e si riferiscono per esempio ad azioni quali:

  • esagerare o minimizzarne la gravità;
  • suggerire una motivazione positiva;
  • solidarizzare con l'accusato.

La letteratura scientifica inoltre ne rappresenta alcune modalità e tecniche che possono indurre il soggetto a reagire suggestionato da elementi non veritieri tra cui:

  1. il knowledge-bluff: chi interroga comunica dettagli con il finto atteggiamento di saperne molto di più di quanto in effetti sia;
  2. il fixed line-up: consta nella rivelazione dell'indicazione del sospettato dato come colpevole da parte di falsi testimoni;
  3. il reverse line-up: ove l'interrogato viene falsamente accusato da parte di simulati testimoni di un reato molto più grave di quello di cui è sospettato;
  4. il dilemma del prigioniero: utilizzabile nel caso che gli imputati siano due, per metterli uno contro l'altro, facendo credere a ciascuno che l'altro ha confessato, accusandolo di correità, sfruttando la reciproca mancanza di fiducia;
  5. il bluff on a split pair: ove si fornisce all'indagato una finta confessione dattiloscritta del complice, che lo accusa della responsabilità del reato commesso;
  6. il richiamare la sua attenzione su inesistenti tremori, sospiri, fremiti, carenze di salivazione, pallori, rossori, a lui attribuiti come prova della sua colpevolezza.

Queste sono tutte condizioni in cui vengono meno le funzioni razionali della mente e prevalgono le suggestioni emotive.

Per interrogare con efficacia è necessario predisporre il contesto, prepararsi sul caso, conoscere l'interrogato, “suggestionarlo” sui suoi vantaggi, seguire le regole tipiche, affrontare le situazioni “atipiche” e sviluppare uno stile personale che tenga conto degli obiettivi, dei limiti della legge e della formazione di idonei atti processuali.

Importante capitolo relativo alla testimonianza in generale sono inoltre i numerosi studi in cui si è tentato di ritrovare degli indicatori di menzogna.

La menzogna comporta infatti un “lavoro psicologico” in grado di provocare tensione emotiva ed ansia, correlato all'utilizzo delle funzioni cognitive e della fantasia per fornire risposte plausibili ed attendibili. L'attenzione alla fantasia distoglie dall'attenzione all'intervistatore e si focalizza sull'evitare di contraddirsi e controllare le sensazioni corporee.

Mentire comporta quindi un incremento emozionale con alterazioni di tipo neurofisiologico che storicamente gli studiosi hanno cercato di registrare con:

  • Idrosismografo (Lombroso);
  • Lie detector (macchina della verità);
  • Voice stress analyzer;
  • Facial action coding system;
  • Scientific content analysis (scan);
  • Verbal Inquiry Effective Witness (View);
  • Rilevazione termica del viso.

Tali modalità di misurazione però non eludono la possibilità di produrre dei “Falsi Positivi”, non essendo in grado di distinguere per esempio le reazioni emotive correlabili alla situazione (come il timore di essere scambiato per il colpevole) dalle reazioni emotive correlate alla menzogna.

In Italia negli ultimi anni è stato utilizzato in ambito peritale il test IAT Autobiografico (Implicit Association Test) nella sua forma modificata da Sartori (Università di Padova) come nuova metodica per la valutazione della testimonianza, dell'interrogatorio e dell'esame dell'imputato basata sull'analisi dei tempi di reazione relativamente l'esistenza in memoria di un'informazione.

Criticità dell'indagine

Gli elementi che emergono dalle verbalizzazioni dell'intervistato, sia egli sospettato o testimone, vengono valutati sulla base della credibilità e dell'accuratezza dei referenti che ne misurano anche la loro attendibilità.

L'accuratezza si basa sulla capacità del soggetto di “ritenere” e di riprodurre gli stimoli e consiste negli aspetti percettivi e cognitivi delle dichiarazioni, mentre la credibilità ne riproduce più esattamente gli aspetti motivazionali, come l'interesse personale in gioco nella vicenda (GULOTTA 2002).

In relazione alla possibilità che l'intervistato menta ovviamente le implicazioni sono diverse:

  • per quanto riguarda il sospettato risulterà molto importante la valutazione delle sue verbalizzazioni (coerenza, espressività, struttura) e del suo comportamento non verbale (indicatori di menzogna), fattori che saranno necessariamente approfonditi in un prossimo articolo, considerata l'ampiezza e la complessità dell'argomento;
  • per quanto riguarda il testimone invece vanno considerate le implicazioni relative al funzionamento psichico in relazione sia alla percezione degli eventi sia alla fissazione del ricordo, alla rievocazione e all'ineluttabile rielaborazione in parte inconsapevole degli stessi.

Va considerato che la conoscenza dei fatti per l'investigatore avviene attraverso ciò che viene riferito (oltre naturalmente alle prove scientifiche) e paradossalmente l'indagine verte su quello che si dice sia accaduto. La realtà quindi è quella ricostruita da elementi oggettivi raccolti e oggetto di esame e dalla verbalizzazione dell'esperienza, verbalizzazione che può portare a:

  • fraintendimenti;
  • confusione riguardo alla definizione della comunicazione, se derivante da conoscenza diretta e derivante all'osservazione del fatto o da indizi dell'esistenza del fatto rielaborati dall'intervistato;
  • difficoltà nel valutare le sue capacità percettive e di ragionamento che possono averlo portato a errori nella sua rielaborazione dei fatti (nel non saper riconoscere correttamente situazioni o elementi correlati ai fatti oggetto dell'indagine);
  • difficoltà nel distinguere eventuali “menzogne”, consapevolmente o meno riportate, relative a fatti che egli non crede essere veri quando invece suo malgrado si verificano essere corrispondenti a verità.

L'intervistatore quindi dovrà verificare la combinazione dell'accuratezza e della credibilità dell'intervistato e ciò produce 4 situazioni (GULOTTA 2002) ove interagiscono verità, menzogna, sincerità e falsità.

Di fatto secondo il quadrato semiologico di Greimas la testimonianza si riferisce al rapporto tra sapere e dire (testimoniare), tra sapere e non dire (essere reticenti), non sapere e non dire (ignorare) e dire e non sapere (errare). Ed in tale “terreno” che l'intervistatore si deve muovere.

Per quanto riguarda in particolare il testimone, in considerazione del suo ruolo e del suo coinvolgimento nel fatto reato (come testimone appunto o come vittima-testimone) i fattori cognitivi e metacognitivi sono da tenere in grande considerazione in quanto possono influenzare l'accuratezza del processo testimoniale fattori quali:

  • Durata dell'esposizione (la testimonianza tende ad essere più accurata prolungando l'esposizione);
  • Qualità percettiva dell'evento (illuminazione, visibilità, tempistica);
  • Distintività dell'evento (ove il soggetto tende a ricordarsi meglio quando attribuisce un'importanza personale all'evento);
  • Attenzione allocata (più aumenta il numero degli elementi più diminuisce l'accuratezza);
  • Intenzionalità della memorizzazione (ove la memorizzazione è accidentale essa può essere poco accurata rispetto alla localizzazione spaziale e alla combinazione di caratteristiche co-presenti quali forma e colore);
  • Profondità di elaborazione (il testimone che ha avuto la possibilità di elaborare l'esperienza ha più possibilità di ricordare informazioni ma contemporaneamente più difficoltà a distinguere tra informazioni osservate e informazioni generate dalla sua interpretazione degli eventi);
  • Stress e stati emotivi (livelli moderati di stress possono migliorare la performance percettiva sino ad un punto critico ove inizia un percorso peggiorativo);
  • Passaggio del tempo dai fatti accaduti (il ricordo viene compromesso in misura più elevata nelle prime 4 settimane dalla codifica e poi via via in modo graduale);
  • Ripetute rievocazioni e narrazioni dell'evento (che influenzano la difficoltà di distinguere quanto osservato da quanto rielaborato successivamente);
  • Influenza di informazioni successive all'evento (che si possono introdurre nella narrazione inconsapevolmente e integrarne i contenuti “falsando” i dati sino a produrre false memorie).

In tal senso sono da valutare con attenzione che modalità e indicazioni date dall'intervistatore possono influenzare la testimonianza in quanto:

  • Richiedere al testimone di dire tutto ciò che sa anche se non è certo implementa la quantità di informazioni ma ne diminuisce l'accuratezza; dare indicazioni sulla possibilità di non rispondere o rispondere non lo so diminuisce la quantità di informazioni ma le rende più accurate;
  • Le domande aperte favoriscono l'accuratezza delle risposte ma possono lasciare lacune di cui il soggetto non è consapevole; le domande chiuse favoriscono la completezza delle risposte (in quanto elementi espressamente richiesti), ma anche il rischio di aggiunte non percepite per compiacenza all'intervistatore e per “completare” il quadro;
  • L'utilizzo di domande suggestive può inficiare la testimonianza stessa inducendo di fatto le risposte già dalle domande per come poste, rendendo quindi inutilizzabile il contenuto. Lo stesso codice di procedura penale (art. 499 comma 3 c.p.p.) vieta nel corso dell'esame del proprio “teste” l'utilizzo di domande suggestive.

Concludendo il tema della testimonianza e dell'utilizzo di interviste specifiche utilizzabili nell'ambito delle indagini e, in seguito, nel procedimento penale, sono argomento molto ampio.

Relativamente l'interrogatorio del sospettato importanti sono gli studi relativi gli indici di menzogna e il loro utilizzo nell'intervista (Reid Behavioral Analysis Interview-BAI).

Per quanto riguarda invece la testimonianza delle vittime e delle vittime minorenni nello specifico va segnalato che è ambito particolarmente complesso e delicato nel quale vengono utilizzate modalità e strumenti appositamente indicati dalle linee guida condivise dalla comunità scientifica di riferimento (come la SVA composta da Statement Analysis Interview, la Criteria-based Content Analysis e la Validity Checklist).

Tali ambiti necessitano assolutamente di un approfondimento preciso e puntuale che provvederemo ad affrontare nei prossimi articoli.

Guida all'approfondimento

DE CATALDO NEUBURGER, GULOTTA, Trattato della menzogna e dell'inganno, Giuffrè, 1996;

DE LEO, SCALI, CUZZOCREA, GIANNINI, LEPRI, Psicologia investigativa; una nuova sfida della psicologia giuridica in Rassegna italiana di criminologia, nn. 3-4;

FARGNOLI, Manuale di Psicologia investigativa, Giuffrè, 2005;

GULOTTA, Breviario di psicologia investigativa, Giuffrè, 2014;

GULOTTA, Compendio di psicologia giuridico-forense criminale e investigativa, Giuffrè, 2010;

GULOTTA, La scienza della vita quotidiana, Giuffrè, 1999;

GULOTTA L'intervista e il colloquio a fini giudiziari, in Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale, Giuffrè, 1987;

GULOTTA (a cura di), Trattato di psicologia giudiziaria nel sistema penale, Giuffrè, 1987;

PICOZZI, ZAPPALÀ, Criminal profiling. Dall'analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale, Milano, 2002;

ROSSI, L'analisi investigativa nella psicologia criminale, Giuffrè, 2005;

ROSSI, ZAPPALÀ, Che cos'è la psicologia investigativa, Roma 2004.

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