Deposito dell'impugnazione via PEC “non ufficiale”: i precedenti possono indurre la parte in errore incolpevole per le fasi successive
08 Agosto 2022
L'interessato aveva proposto appello avverso la decisione del Tribunale inviando l'atto di impugnazione alla PEC del Tribunale (giudice a quo); il Tribunale aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello in quanto depositato mediante inoltro ad indirizzo di posta elettronica certificata non indicato nell'elenco predisposto da DGSIA.
L'interessato aveva allora chiesto alla corte di appello la restituzione nel termine per proporre opposizione mediante inoltro ad uno degli indirizzi indicati. Nel frattempo, però, il Tribunale aveva rimesso nel termine la parte, reputando sussistere un errore scusabile e trasmettendo l'appello al giudice dell'impugnazione.
La Corte d'appello aveva reputato il provvedimento di restituzione nel termine viziato da incompetenza del Tribunale. Inoltre, la Corte ha ritenuto inammissibile l'istanza di restituzione nel termine rivolta alla stessa dall'interessato, non ravvisando i presupposti del caso fortuito o della forza maggiore.
Qual è il giudice competente a valutare l'ammissibilità dell'impugnazione? La l. n. 176/2020, che ha convertito il d.l. n. 137/2020, ha stabilito che la competenza sull'ammissibilità dell'impugnazione spetta al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
L'art. 24, comma 4, del decreto-legge citato ha introdotto, in via esclusiva, la modalità di deposito telematico di tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati, diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, per i quali è previsto il deposito in via esclusiva mediante portale del processo penale telematico. L'innovativa modalità prevede l'invio dall'indirizzo di PEC, inserito nel Registro generale degli indirizzi di cui all'art. 7 del Regolamento del Ministro della giustizia n. 44/2011.
Destinatario di questi invii è l'indirizzo PEC degli uffici giudiziari, indirizzo indicato in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati, pubblicato sul Portale dei servizi telematici.
L'inammissibilità dell'impugnazione. La legge di conversione ha previsto specifiche disposizioni relative alla digitalizzazione del deposito e della ricezione degli atti di impugnazione.
Le peculiari modalità di deposito hanno richiesto una specifica disciplina delle cause di inammissibilità dell'impugnazione, integrativa della generale previsione codicistica nonché l'individuazione della competenza assegnata in via esclusiva al giudice a quo che riceve l'impugnazione.
L'impugnazione è inammissibile: a) quando l'atto non è sottoscritto digitalmente dal difensore; b) quando le copie informatiche per immagine non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all'originale; c) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo PEC che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati; d) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo PEC non intestato al difensore; e) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo PEC diverso da quello indicato per l'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato dal provvedimento del DGSIA: insomma, è rilevante il solo indirizzo, esplicitamente censito e individuato quale unico luogo virtuale per il deposito dell'atto.
Raggiungimento dello scopo (anche se l'indirizzo non è quello ufficiale). Secondo la Corte adita, l'impugnazione, trasmessa a un indirizzo PEC non censito non può essere dichiarata inammissibile se, nel termine, l'atto è comunque ricevuto dall'ufficio a quo e trasmesso al giudice dell'impugnazione. Infatti, non può essere disconosciuto un generale principio di affidamento nelle indicazioni che, nella fase di esordio e messa a regime della digitalizzazione dei depositi per via telematica, possono essere state rese dagli uffici agli utenti interlocutori e che, ove documentate, possano aver indotto in errore incolpevole i destinatari riguardo il luogo virtuale cui indirizzare l'atto, che abbia raggiunto il suo scopo.
La decisione sulla restituzione nel termine è del giudice dell'impugnazione. Il giudice dell'impugnazione è l'autorità competente a decidere sulla richiesta di restituzione nel termine.
Invero, la legislazione dell'emergenza ha voluto assegnare la competenza, funzionale ed esclusiva, alla verifica delle condizioni formali di ammissibilità dell'impugnazione al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Tale scelta si legge nell'ottica di valorizzare la prossimità di quel giudice con il sistema telematico e la conseguente immediata accessibilità alla verifica dei requisiti formali. Alcuna ragione milita invece per una diversa conclusione riguardo alla competenza a decidere sull'istanza di restituzione nel termine.
Ma il diniego di restituzione nel termine è illegittimo. La Corte territoriale ha negato la restituzione nel termine, limitandosi a richiamare la giurisprudenza che esclude la ricorrenza della forza maggiore nei casi di mancato o inesatto adempimento da parte del difensore dell'incarico di proporre impugnazione.
È invece necessario valutare le specifiche declinazioni della fattispecie concreta, nonché il quadro normativo in cui si inserisce la vicenda oggetto del procedimento. Invero, il fatto costituente forza maggiore può essere integrato anche da erronee o fuorvianti informazioni ricevute dalla cancelleria.
Nel caso di specie, è documentato che all'indirizzo PEC comunicato dalla cancelleria, non censito nell'apposito elenco, il ricorso introduttivo era stato ritenuto ritualmente depositato, pertanto, è irragionevole escludere l'incolpevole affidamento del difensore anche per il deposito dell'atto di impugnazione.
*Fonte: DirittoeGiustizia
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