Determinazione dell'assegno di mantenimento: è necessario accertare anche i redditi occultati al fisco

Nicolò Merola
09 Settembre 2022

Per determinare l'assegno di mantenimento devono essere accertati anche i redditi occultati al fisco?
Massima

In tema di separazione giudiziale dei coniugi, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento in favore della parte economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza dei coniugi a prescindere dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali godute, assumendo pertanto rilievo anche i redditi occultati al fisco, all'accertamento dei quali l'ordinamento prevede strumenti processuali ufficiosi, quali le indagini della polizia tributaria.

Il caso

Il Tribunale di Milano aveva dichiarato la separazione dei coniugi Tizio e Caia con addebito al marito e la casa coniugale era stata assegnata alla moglie, quale genitore convivente con il figlio maggiorenne ma non economicamente autosufficiente.

Era stato, inoltre, posto a carico di Tizio l'obbligo di contribuire sia al mantenimento del figlio, mediante il versamento alla madre della somma di € 1200 mensili oltre al 100% delle spese straordinarie, sia al mantenimento di Caia stessa con un assegno di € 1300 mensili.

Quest'ultima proponeva appello, lamentando l'insufficienza della quantificazione degli assegni poiché determinati senza tener in considerazione i redditi del marito non dichiarati al fisco.

Caia insisteva per l'accoglimento dell'ordine di esibizione e per gli accertamenti della polizia tributaria, allegando nuovi documenti, mentre Tizio nel costituirsi chiedeva il rigetto dell'impugnazione.

La Corte d'Appello respingeva l'appello e confermava la sentenza di primo grado.

Caia ha proposto così ricorso per cassazione, affidato a due motivi, Tizio si è difeso con controricorso e il Pubblico Ministero ha depositato le proprie conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del ricorso.

La questione

Ai fini dell'accertamento del tenore di vita familiare e della determinazione dell'assegno di separazione per la moglie e dell'assegno per il figlio minore, o maggiorenne non economicamente autosufficiente, è necessario accertare anche i redditi occultati al fisco?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, entro determinati limiti specificati in motivazione, e ha cassato la sentenza impugnata con conseguente rinvio alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione.

In particolare, Caia con il primo motivo lamentava la decisione dei giudici di secondo grado di non utilizzare come parametro di riferimento per determinare gli assegni spettanti a sé e al figlio le disponibilità di Tizio sottratte all'imposizione fiscale, mentre con il secondo motivo criticava le mancate indagini della polizia tributaria e gli ulteriori approfondimenti istruttori mediante i richiesti ordini di esibizione ex art. 210 c.p.c.

In questo modo – secondo Caia – si era creato uno “sbarramento istruttorio” con un “appiattimento” sulle risultanze fiscali.

Il controricorrente ha preliminarmente dedotto l'inammissibilità del ricorso avversario, ritenendolo comunque infondato poiché la Corte d'Appello aveva effettuato una valutazione ponderata di tutte le risultanze processuali e la censura di Caia si risolveva così in una non consentita critica alle valutazioni di merito operate dalla Corte competente.

Ritenuta non fondata l'eccezione di inammissibilità, il Supremo Collegio ha esaminato congiuntamente i due motivi tra di loro strettamente connessi.

A tal proposito era richiamata la consolidata giurisprudenza di legittimità per cui “per il riconoscimento dell'assegno in sede di separazione ex art. 156 c.c., i redditi adeguati al mantenimento, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, debbano essere individuati in rapporto con il tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale” (v. Cass. civ., n. 42146/2021; Cass. civ., n. 16809/2019) valutando “non soltanto il reddito risultante dalla documentazione fiscale prodotta, ma anche gli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell'onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni patrimoniali delle parti” (v. Cass. civ., n. 9915/2007).

Va da sé che anche per determinare l'assegno del figlio minore, o maggiore d'età ma non economicamente autosufficiente, il giudice deve considerarne le esigenze attuali ed il tenore di vita goduto sulla base di una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori (v. Cass. civ., n. 4811/2018).

Ovviamente, in linea con la pacifica giurisprudenza in merito, occorre ricordare che non vi è la necessità di accertare i redditi delle parti “nel loro esatto ammontare, né la determinazione dell'esatto importo dei redditi posseduti attraverso l'acquisizione di dati numerici o rigorose analisi contabili e finanziarie, essendo sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali” (v. Cass. civ., n. 975/2021; Cass. civ., n. 25618/2007).

Nel caso in questione, la Corte d'Appello – confermando la sentenza di primo grado – aveva di fatto ribadito che le eventuali disponibilità di denaro derivanti da attività sottratte al fisco, e di cui la famiglia aveva goduto in precedenza, non potevano essere considerate ai fini della ricostruzione del tenore di vita: un principio non conforme a diritto secondo la Corte di Cassazione.

Conseguentemente risultava immeritevole di rigetto la richiesta di indagini di polizia tributaria da parte di Caia, che aveva effettuato specifiche contestazioni in ordine alle risultanze acquisite al processo evidenziando l'incoerenza tra il tenore di vita assicurato alla famiglia e l'entità dei redditi dichiarati dal marito.

Deve essere osservato, infine, che in caso di semplice contestazione delle parti in ordine alle loro rispettive condizioni economiche, il potere del giudice di disporre le indagini derivante dall'applicazione analogica dell'art. 5, comma 9, della legge n. 898/1970 rientra nella sua discrezionalità, ma in presenza di fatti precisi e circostanziati come nella vicenda in oggetto, egli ha il dovere di disporre le suddette indagini (v. Cass. civ., n. 10344/2005).

Osservazioni

L'ordinanza in questione permette di sottolineare una volta di più la differenza tra separazione e divorzio: la separazione personale, infatti, “a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale, sicché i «redditi adeguati» cui va rapportato, ai sensi dell'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale, che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione, e che ha una consistenza ben diversa dalla solidarietà post-coniugale, presupposto dell'assegno di divorzio” (v. Cass. civ., n. 41797/2021; Cass. civ., n. 30496/2021).

In ambito divorzile, dunque, superata la concezione “patrimonialistica” del matrimonio con la sentenza del Supremo Collegio n. 11504/2017, conta il criterio dell'indipendenza o autosufficienza economica degli ex coniugi, con valorizzazione dell'autoresponsabilità di ciascuno di essi (v. Danovi, “Assegno di divorzio e irrilevanza a del tenore di vita matrimoniale: il valore del precedente per i giudizi futuri e l'impatto sui divorzi già definiti”, in Fam. e Dir., 2017).

Per questa ragione, infatti, in un caso di divorzio il Supremo Collegio ha ritenuto opportuno non svolgere indagini per accertare redditi “in nero” poiché gli ex coniugi erano economicamente autosufficienti e non avevano diritto ad assegni personali (v. Cass. civ., n. 31836/2021; N. Merola, No alle indagini per accertare redditi “in nero” se gli ex coniugi sono economicamente autosufficienti e non hanno diritto ad assegni personali, in ilFamiliarista).

Ad ogni modo deve essere osservato che nei procedimenti di separazione e divorzio è richiesto un comportamento di lealtà processuale particolarmente pregnante: l'art. 706 c.p.c. impone ai coniugi di presentare già con il ricorso o con la memoria di costituzione le dichiarazioni reddituali, mentre il già menzionato art. 5, comma 9, della legge n. 898/1970 è ancora più esigente richiedendo pure “ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune”.

Spesso però l'inerzia o la reticenza dei coniugi rendono doverosi accertamenti più approfonditi, ma ove invece non vi siano eccezioni circa la veridicità del tenore di vita e della situazione patrimoniale e reddituale prospettati dalla controparte, il Giudice non potrà disporre ex officio alcuna indagine, nemmeno a scopo esplorativo. L'indagine non preceduta dalla rammentata contestazione minerebbe la speditezza del giudizio, provocando un indebito ritardo della fase istruttoria e un'inutile dispersione di energie, in spregio al principio costituzionale della ragionevole durata del processo (v. F. Pistolesi, Riv. dir. trib., fasc.10, 2012).

Per quanto riguarda i figli, l'art. 155 c.c. rinvia alle disposizioni dei cosiddetti giudizi separativi ove l'art. 337-ter c.c., applicabile anche ai figli maggiorenni ancora non economicamente indipendenti, stabilisce che salvo “accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito”: tra gli elementi da considerare è “noto che, a seguito della separazione personale dei coniugi, la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantirle un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo, per guanto possibile, a quello goduto in precedenza” non potendo i figli di genitori separati essere discriminati rispetto a quelli i cui genitori continuano a vivere insieme (v. Cass. civ., n. 9915/2007).