Sì alla petizione ereditaria per il recupero crediti del de cuius
12 Settembre 2022
Massima
Con l'azione di petizione ereditaria l'erede non agisce subentrando nella posizione del de cuius trattandosi di azione attribuita ex novo a chi vanta la qualità̀ di erede e che, pertanto, può riguardare solo beni compresi nell'asse ereditario; tuttavia è sempre possibile con tale azione far valere i diritti di credito appartenenti al de cuius, dunque rientranti nel patrimonio ereditario, anche se derivanti dal prelievo da parte di un terzo di somme di denaro appartenute al de cuius senza una apparente causa di giustificazione. Causa che non può individuarsi in liberale, non potendosi desumere dalla mera delega ad operare su un conto corrente, dovendo l'animus donandi emergere in modo espresso.
Il caso
L'attrice - premesso di essere erede legittima della defunta nella sua qualità di nipote insieme al cugino (succedendo entrambi per rappresentazione stante la premorienza dei rispettivi genitori, figli della de cuius) - ha convenuto in giudizio la moglie del fratello del padre (ossia di uno dei due figli premorti) chiedendo al Tribunale, previo accertamento della illegittima sottrazione di somme di denaro appartenute alla de cuius quando era ancora in vita, di condannare la convenuta al versamento dell'importo corrispondente alla quota ereditaria di 1/2 di sua spettanza, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria. La de cuius, infatti, aveva vissuto nella casa del fratello del padre dell'attrice e della di lui moglie (la convenuta), delegata dall'anziana ad operare sul suo conto corrente. L'attrice ha contestato l'illegittima sottrazione di somme di denaro dal conto corrente dell'anziana da parte del figlio e della di lui moglie presso i quali viveva. La convenuta, invece, ha contestato la richiesta, sostenendo che le somme uscite dal conto corrente erano state utilizzate per l'assistenza e la cura della suocera, con il fine esclusivo di provvedere alle esigenze di vita dell'anziana (a cui era stata poi riconosciuta anche l'indennità di accompagnamento). Con specifico riferimento, invece, ad un bonifico effettuato a favore della convenuta, quest'ultima ha sostenuto che era da ricondursi ad una liberalità attuata nei suoi confronti dall'anziana, desumibile dalla delega ad operare sul suo conto corrente. La questione
Può l'azione di petizione ereditaria di cui all'art. 533 c.c. configurarsi non solo quando la stessa tenda al recupero della proprietà̀ o di altri diritti reali, ma anche nel caso in cui l'erede intenda assicurarsi l'adempimento di crediti appartenenti al de cuius, ed in particolare di crediti derivanti da una illegittima appropriazione di somme di denaro e, dunque, anche quando vengano chieste in restituzione somme di denaro asseritamente prelevate da un soggetto da un conto corrente intestato al de cuius? È possibile desumere l'animus donandi dalla mera acquiescenza, da parte del titolare di un conto corrente, ad operazioni contabili in favore del delegato ad operare sul conto effettuate dal medesimo? Le soluzioni giuridiche
contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditaria titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi.
Secondo il Tribunale di Bergamo, con la sentenza in esame, l'azione di petizione ereditaria di cui al citato art. 533 c.c. si configura non solo quando la stessa tenda al recupero della proprietà o di altri diritti reali, ma anche nel caso in cui l'erede intenda assicurarsi l'adempimento di crediti appartenenti al de cuius. In particolare si perviene alla medesima conclusione anche quando, come nel caso in oggetto, si tratta di crediti derivanti da una illegittima appropriazione di somme di denaro e, pertanto, altresì laddove vengano chieste in restituzione somme di denaro asseritamente prelevate da un soggetto da un conto corrente intestato al de cuius (in linea con quanto affermato dalla Cass. civ., sez.VI, ord., 24 settembre 2020, n. 20024).
La petizione dell'eredità consente peraltro di chiedere sia la quota dell'asse ereditario sia il suo valore e può assumere natura di azione di accertamento o funzione recuperatoria; comprende quindi l'accertamento, fra l'attivo ereditario, anche del credito di cui il de cuius era titolare nei confronti di altro coerede per le somme da questi illegittimamente prelevate dal conto del de cuius prima della sua morte (come anche affermato in passato da Cass. civ., II, sent. 28 dicembre 2004, n. 24034).
Al riguardo, il Tribunale di Bergamo, discostandosi in parte da quanto sancito da Cass. civ., sez. II, sent. 9 febbraio 2011, n. 3181, sottolinea che nonostante mediante l'azione di petizione ereditaria l'erede non agisca subentrando nella posizione del de cuius - trattandosi di azione attribuita ex novo a chi vanta la qualità̀ di erede, e che pertanto potrebbe riguardare solo beni compresi nell'asse ereditario - è sempre possibile con tale azione far valere i diritti di credito appartenenti al de cuius. Infatti anche se tali crediti derivano, come nella fattispecie in esame, dal prelievo da parte di un terzo di somme di denaro appartenute al de cuius senza un'apparente causa di giustificazione, si tratta comunque di crediti rientranti nel patrimonio ereditario.
Ciò premesso, nel caso in oggetto, con riferimento ai prelevamenti effettuati dal conto corrente dell'anziana, negli ultimi anni incrementati in proporzione alle somme dalla medesima ricevute a titolo di indennità di accompagnamento ex art. 1 l. 1/1980, il Tribunale di Bergamo afferma che essi erano del tutto legittimi trovando la propria giustificazione causale non solo nel soddisfacimento dei bisogni quotidiani dell'anziana e delle sue esigenze di vita, ma anche nel sostegno economico al nucleo familiare che si faceva carico della disabile, evitandone il ricovero in un istituto di cura. L'indennità̀ di accompagnamento, infatti, ha la funzione di sostenere non direttamente il beneficiario bensì̀ il nucleo familiare in cui egli è inserito. Con riferimento, invece, ai bonifici disposti in favore della convenuta, dalla stessa effettuati in qualità di delegata dall'anziana ad operare sul suo conto corrente, il Tribunale non accoglie la richiesta della convenuta di qualificare gli stessi come donazioni indirette, non avendo la stessa fornito adeguate prove e non potendosi ritenere sufficiente l'argomento secondo cui la de cuius, titolare del conto corrente, avesse inteso donare delle somme alla nuora delegandola ad operare sul suo conto. In particolare, anzitutto tali atti dispositivi incorrerebbero nell'invalidità per difetto di forma ex art. 782 c.c., come sostenuto dalla Cass., civ. sez. un. sent. 27 luglio 2017, n. 18725, la quale ha sancito che il trasferimento per spirito di liberalità̀ di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l'esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta che richiede la forma dell'atto pubblico, salvo che ricorra l'ipotesi della donazione di modico valore. Inoltre, lo spirito di liberalità̀ che informa una donazione deve sempre essere espresso in modo inequivoco e non è certamente fungibile attraverso l'acquiescenza ad operazioni contabili quali quelle eseguite dalla convenuta. Ne consegue che, secondo il Tribunale, in mancanza di prova circa l'effettiva volontà̀ donativa in capo alla de cuius,le somme fuoriuscite dal conto corrente dell'anziana senza alcuna valida giustificazione sono da computarsi nella ricostruzione dell'asse ereditario, al fine di ricomporre la quota di 1⁄2 di spettanza dell'attrice. Osservazioni
La sentenza in oggetto è in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ex multis Cass. civ., sez II, sent., 19 marzo 2021, n. 7871) secondo il quale l'azione di petizione ereditaria deve ritenersi legittimamente esperita anche quando non sia stata contestata dal convenuto la qualità di erede in capo all'attore, poichè tale mancata contestazione non fa venire meno la funzione prevalentemente recuperatoria dell'azione ereditaria, ma produce effetti solo sul piano probatorio, esonerando l'attore dalla prova di detta sua qualità, fermo restando l'onere della dimostrazione dell'appartenenza del bene all'asse ereditario al momento dell'apertura della successione. In altri termini, in assenza di contestazioni in ordine alla qualità di erede legittimo in capo a chi promuove l'azione, la domanda di accertamento assume una duplice funzione recuperatoria e restitutoria di somme di denaro intestate al de cuius ed illegittimamente prelevate da un coerede, o da un terzo, in epoca antecedente al decesso, allo scopo di ricomprenderne l'ammontare nell'attivo ereditario. Al riguardo, la petitio hereditatis si differenzia dalla rei vindicatio, malgrado l'affinità del petitum, in quanto si fonda sull'allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell'universum ius o di una quota parte di esso. Conseguentemente, per un verso, quanto all'onere probatorio, mentre l'attore in rei vindicatiodeve dimostrare la proprietà̀ dei beni attraverso una serie di regolari passaggi durante tutto il periodo di tempo necessario all'usucapione, nella hereditatis petitiopuò invece limitarsi a provare la propria qualità̀ di erede ed il fatto che i beni, al tempo dell'apertura della successione, fossero compresi nell'asse ereditario; per l'altro verso, è inammissibile il mutamento in corso di causa dell'azione di petizione ereditaria in azione di rivendicazione, anche quando non sia contestata dal convenuto la qualità di erede dell'attore, in quanto tale mancata contestazione non fa venire meno la funzione prevalentemente recuperatoria dell'azione ereditaria, ma produce effetti solo sul piano probatorio, senza incidere sulla radicale diversità - per natura, presupposti, oggetto e onere della prova - tra le due azioni. Pertanto, l'erede può reclamare con l'hereditatis petitio solo i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto, ossia i beni che, al tempo dell'apertura della successione, erano compresi nell'asse ereditario. Ne consegue che l'azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il de cuius abbia, prima della sua morte, rimesso mediante assegni bancari, senza una apparente causa giustificativa, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto nella disponibilità, non già a titolo di erede o senza titolo alcuno, bensì in forza di un titolo giuridico preesistente ed indipendente rispetto alla morte del de cuius. Tuttavia l'azione può far valere diritti di credito appartenenti al de cuius, anche se derivanti, come nel caso in esame, dall'illegittima sottrazione di somme di denaro, che non potevano essere qualificate donazioni indirette mancando l'animus donandi, che dev'essere dimostrato, ossia provato che, al momento della cointestazione di conti correnti e/o della delega (come nell'ipotesi in oggetto), l'intestatario non aveva altra finalità che quella di effettuare una liberalità, ma nel caso di specie una siffatta prova mancava.
Riferimenti
G. Ceccherini, Petizione di eredità, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1966, 620 ss. E. Conti, La petizione di eredità, in Tratt. dir. priv., diretto da Rescigno, V. Torino, 1982, 226. P. Schlesinger, La petizione dell'eredità, Torino, 1956, 88 ss. G. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2015, 365 ss. |