AscensoreFonte: Cod. Civ. Articolo 1120
29 Febbraio 2024
Inquadramento Nell'analizzare la disciplina applicabile con riferimento all'impianto di ascensore allocato nell'edificio condominiale, va posto particolare accento sulle implicazioni della sua installazione ex novo (in un fabbricato che ne era privo): tale fattispecie, che è certamente la più controversa, ha originato una copiosa produzione giurisprudenziale che ci fa comprendere quali siano le differenze con la disciplina dell'ascensore già esistente; è disciplinata sia dall'art. 1117 c.c. (per quanto riguarda la proprietà), sia dagli artt. 1123 e 1124 c.c. (per quanto riguarda la ripartizione delle relative spese). Va subito detto che l'installazione di un ascensore è vista con favore dal legislatore, e in tale ottica, la giurisprudenza ha avuto modo di fissare i principi qui di seguito illustrati.
Ricognizione della normativa Risulta utile ripercorrere sinteticamente l'apparato normativo che riguarda tale impianto:
Le novità introdotte dal c.d. decreto semplificazioni del 2020 Tra le varie novità normative interessanti la materia condominiale intervenute nell'àmbito della c.d. legislazione emergenziale correlata al Covid-19, si segnala che, riguardo alle barriere architettoniche, il d.l. 16 luglio 2020, n. 120, all'art. 10, comma 3, prevede che “Ciascun partecipante al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli artt. 2 della l. 9 gennaio 1989, n. 13 e 119 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c.”. Si dispone, inoltre, che, all'art. 2, comma 1, della l. n. 13/1989, siano aggiunti, infine, i seguenti periodi: ”Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'art. 1121, comma 1, c.c.”, e “Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'art. 1120 c.c.” A seguito di tali aggiunte, quindi, il testo del citato art. 2 della l. n. 13/1989 - recante “Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” - come modificato dal c.d. decreto semplificazioni 2020, risulta del seguente tenore: “1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'art. 27, comma 1, della l. 30 marzo 1971, n. 118, ed all'art. 1, comma 1, del d.P.R. 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell'art. 1120 c.c. Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'art. 1121, comma 1, c.c. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'art. 1120 c.c. 2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage. 3. Resta fermo quanto disposto dagli artt. 1120, comma 2, e 1121, comma 3, c.c.” Si stabilisce, infine, l'abrogazione dell'art. 8 della citata l. n. 13/1989, secondo cui “Alle domande ovvero alle comunicazioni al sindaco relative alla realizzazione di interventi di cui alla presente legge, è allegato certificato medico in carta libera attestante [l'handicap] e dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ai sensi dell'art. 4 della l. 4 gennaio 1968, n. 15, dalla quale risultino l'ubicazione della propria abitazione, nonché le difficoltà di accesso” (in buona sostanza, non sembra più necessario allegare alle pratiche edilizie il certificato medico di disabilità). Gli step operativi e le regole per l'installazione ex novo Dalla normativa citata, come interpretata da una vasta giurisprudenza, si possono ricavare alcune regole fondamentali per addivenire all'installazione dell'ascensore nell'edificio che non ne sia fornito sin dall'origine. Va premesso che all'installazione ex novo può procedere un singolo condomino, un gruppo di condomini oppure l'intero condominio. a) La richiesta all'assemblea Colui che è interessato all'adozione dell'impianto di ascensore deve prima di tutto chiedere all'amministratore di convocare un'assemblea che deliberi in merito alla sua realizzazione. A prescindere dalla mancanza di un'espressa disposizione di legge (e in conseguente assenza di giurisprudenza sul punto) è possibile affermare che il sottoporre preventivamente al voto dell'assemblea l'installazione dell'ascensore (anziché, procedervi direttamente in via autonoma) integra un vero e proprio obbligo. Infatti, se, come detto, si tratta di un'innovazione alla quale ciascun condomino ha il diritto soggettivo di partecipare in qualsiasi momento, il mancato “passaggio” in assemblea priverebbe gli altri condomini, potenzialmente interessati, della possibilità di sceglierne il tipo, le caratteristiche, la sua collocazione, la spesa, le modalità di pagamento, ecc. Solo nel caso in cui nella riunione assembleare non si dovesse raggiungere la maggioranza prevista dalla legge, ciascun condomino potrà allora procedere direttamente all'installazione dell'ascensore, in forza del proprio diritto, anch'esso soggettivo, che gli deriva dall'art. 1102 c.c., senza la necessità di ulteriori pronunciamenti. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione dell'intervento proposto (art. 1120, comma 3, c.c.). In altri termini, il richiedente deve fornire all'amministratore il progetto dell'impianto di ascensore, dal quale sia possibile conoscere ogni aspetto concreto dell'installazione. L'installazione dell'ascensore non può compromettere la stabilità o la sicurezza dell'edificio, o alterarne il decoro architettonico (tutte circostanze queste il cui avveramento, astrattamente possibile, è stato peraltro sinora sempre escluso dalla giurisprudenza, che ha esaminato i più svariati tipi di ascensore, sia interni che esterni) o rendere talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino, ai sensi dell'art. 1120, comma 4, c.c. (sul punto, Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2015, n. 16486; e Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n. 18334). In altra ottica, viene ritenuta meritevole di tutela l'installazione dell'ascensore, anche a prescindere dal fatto che nell'immobile abitino delle persone disabili; ovviamente a maggior ragione, se il portatore di handicap dimora direttamente nel fabbricato. (Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 2012, n. 2156). A corollario di ciò, va anche ricordato che la giurisprudenza ha ulteriormente puntualizzato che:
b) Il divieto di ledere i diritti soggettivi L'installazione di un nuovo impianto di ascensore non può evidentemente ledere i diritti soggettivi spettanti ex lege agli “altri” condomini. In particolare, non potranno essere invase e/o compromesse nel loro uso le proprietà private. Sul punto, si è affermato che:
c) Le c.d. “distanze legali” Per quanto riguarda la normativa in materia di distanze la Suprema Corte ha puntualizzato che non vi è ragione per escludere l'operatività, anche riguardo all'ascensore, del principio secondo cui negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni con impianto a servizio esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole di cui all'art. 1102 c.c. ma anche l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze, onde evitare la violazione del diritto degli altri condomini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà (Cass. civ., sez. II, 15 luglio 1995, n. 7752; Cass. civ., sez. II, 18 giugno 1991, n. 6885; Cass. 5 dicembre 1990, n. 11695). Sotto altra ottica, va ricordato che se è vero che il comma 3 dell'art. 3 della l. n. 13/1989 precisa che deve essere fatto salvo l'obbligo del rispetto delle distanze di cui agli artt. 873 e 907 c.c., la giurisprudenza ha ritenuto che tale ultima disposizione non possa ritenersi applicabile in ambito condominiale in quanto difetta il presupposto di fatto per la sua operatività, vale a dire l'altruità del fabbricato (v. testo dell'art. 907 c.c.) dal quale si esercita la veduta che si intende tutelare (Cass. civ. sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096). d) Necessità della residenza di un portatore di handicap Come detto, non è richiesto che i portatori di handicap risiedano direttamente nell'immobile nel quale avviene l'installazione (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n.18334; Trib. Milano 19 settembre 1991). Per di più, si ritiene che la normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche debba trovare applicazione anche in favore di soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (Trib. Napoli 14 marzo 1994, n. 2606). e) I quorum L'assemblea può deliberare l'installazione dell'ascensore anziché con la maggioranza dei c.d. “due terzi”, genericamente richiesta per le innovazioni, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea (presenti personalmente o per delega) che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio (vale a dire 500/1000: cfr. art. 1120, comma 2, c.c.). Tale maggioranza è richiesta dalla legge sia che si tratti di prima che di seconda convocazione (cfr. art. 2, comma 1, legge n. 13/1989, e art. 1120, comma 2, c.c.). Appare preferibile ritenere che nel conteggio dei voti debba tenersi conto solo di coloro che sono favorevoli all'installazione e che intendono parteciparvi sin da subito, con esclusione di coloro che sono favorevoli ma si riservano di partecipare all'impianto in un secondo momento. Non va dimenticato, tuttavia, che l'art. 1120 c.c. si riferisce all'innovazione le cui spese sono ripartite su base millesimale, Ove, invece, i costi non debbano essere ripartiti (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2017, n. 20713), tornerà applicabile l'art. 1102 c.c. secondo cui ciascun partecipante ha il diritto di apportare a proprie spese le modificazioni alle parti comuni necessarie per il loro miglior godimento, come l'installazione dell'ascensore nella tromba delle scale (Cass. cv., sez. II, 8 giugno 1995, n. 6496). f) La ripartizione della spesa La spesa per la realizzazione ex novo dell'impianto dovrà essere ripartita tra gli interessati in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà ex art. 1123 c.c. e non con riferimento alla c.d. tabella scale prevista dall'art. 1124 c.c. (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2017, n. 20713; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2005, n. 3264; Cass. civ. sez. II, 25 marzo 2004, n. 5975). Sul punto, va ricordato che l'art. 1124 c.c., seppur modificato dalla Riforma del Condominio (di cui alla l. 11 dicembre 2012, n. 220), si riferisce unicamente alla manutenzione ed alla sostituzione (delle scale) e dell'ascensore (esistente), e non anche all'installazione ex novo (Trib. Torino 28 agosto 2013). g) La possibilità di non partecipare subito all'innovazione Le delibere, com'è noto, sono obbligatorie per tutti i condomini (art. 1137, comma 1, c.c.). L'art. 1121, comma 1, c.c. prevede, tuttavia, la possibilità di esonero dalla partecipazione all'innovazione che "importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario". Nel caso di installazione dell'impianto di ascensore, la voluttuarietà, ad eccezione di casi che appaiono più “di scuola” che reali, appare invero da escludere, sia sulla scorta della legislazione vigente che del c.d. “diritto vivente” (che attribuisce a tale operazione un indiscutibile valore per l'ordinamento in rapporto alla funzione svolta). Il giudizio sulla gravosità non è invece così scontato (anche se, riguardo a tale installazione non risulta affrontato dalla giurisprudenza). La norma, come si è visto, prevede che per poter essere applicata occorre che "l'innovazione importi una spesa esattamente molto gravosa, aspetto da intendersi in senso oggettivo, vale a dire in riferimento alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio" (Cass. civ., sez. II, n. 18 gennaio 1984, n. 428) Occorrerà pertanto valutare, caso per caso, la ricorrenza di tale presupposto, guardando alle condizioni oggettive dell'edificio e al suo valore, senza che possa avere alcuna incidenza la condizione economica personale dei singoli condomini (v., sul punto, Trib. Milano 4 maggio 1989). Si precisa che l'onere della prova di tali estremi grava sul condomino interessato, vertendosi in "tema di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese condominiali". (così Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1981, n. 2408). Nel caso in cui tale ultimo requisito sussista, vertendosi sicuramente in ipotesi di impianto suscettibile di utilizzazione separata, il condomino dissenziente potrà essere esonerato da qualsiasi contributo nella spesa. Va ben considerata, invece, la posizione del condomino assente: nel caso in cui la delibera di installazione sia assunta dall'assemblea senza particolari puntualizzazioni, dovrà ritenersi vincolante anche per gli assensi ai sensi del richiamato art. 1137 c.c.; nell'ipotesi in cui, invece, la delibera venga adottata in applicazione della disciplina sulle “innovazioni separate”, anche al condomino assente dovrà essere riconosciuta la stessa possibilità di non partecipare sin da subito all'impianto, e di essere conseguentemente esonerato dal pagamento delle spese; in tale contesto. h) La partecipazione in un momento successivo Colui che non intende partecipare all'innovazione, così come i suoi eredi o aventi causa, potrà/potranno sempre partecipare ai vantaggi della stessa. Per poter esercitare tale diritto, sarà necessario corrispondere una quota d'ingresso che dovrà tenere conto del costo iniziale dell'installazione iniziale e delle spese nel frattempo sostenute per la conservazione dell'impianto stesso (art. 1121, comma 3, c.c.). La quota d'ingresso dovrà essere calcolata in proporzione ai millesimi di proprietà del subentrante, da rapportarsi proporzionalmente all'entità totale dei soli millesimi dei partecipanti all'ascensore. L'importo dovuto dovrà essere ragguagliato al valore attuale della moneta, onde evitare arricchimenti (Cass. civ., sez. II, 18 agosto 1993, n. 8746). Inoltre, appare corretto applicare un correttivo di spesa che, riducendola, tenga conto della vetustà e dello stato dell'ascensore al momento della richiesta di partecipazione all'impianto. i) L'installazione ex art. 1102 c.c. Nel caso in cui l'operazione di installazione ex novo non veda un valido passaggio assembleare (nel concreto, per il mancato formarsi di una maggioranza o a causa di scarsa partecipazione) un singolo condomino (o un gruppo di condomini) potrà/potranno procedere autonomamente - e a propria cura e spese - all'installazione dell'ascensore, utilizzando il disposto dell'art. 1102 c.c. (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2014, n. 14809; Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1999, n. 3508; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1993, n. 1781). Come detto, va ovviamente fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2000, n. 1529; Trib. Milano 12 ottobre 1989, n. 8434). l) I divieti Con particolare riguardo all'occupazione di parti comuni, e in particolare del vano scale, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che l'installazione dell'ascensore sia compatibile anche con il venir meno di una parte della tromba delle scale e del corrispondente andito a pian terreno (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2000, n. 1529; Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1999, n. 3508; Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1994, n. 4152; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1993, n. 1781; Trib. Milano 12 ottobre 1989, n. 8434; Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300).
m) L'installazione dell'ascensore esterno È stato ritenuto applicabile il principio per cui l'installazione di un ascensore, al fine dell'eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata da un condomino su parte di un cortile e di un muro comuni, deve considerarsi indispensabile ai fini dell'accessibilità dell'edificio e della reale abitabilità dell'appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condomini ex art. 1102 c.c., senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da tale norma, rilevi, la disciplina dettata dall'art. 907 c.c., sulla distanze delle costruzioni dalle vedute, neppure per effetto del richiamo ad essa operato nella l. 9 gennaio 1989 n. 13 (art. 3, comma 2) non trovando detta disposizione applicazione in ambito condominiale (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096). Sul punto, da considerare quanto precisato dalla citata Cass. n. 14096/2012 in materia di distanze nel caso di costruzione di un ascensore esterno. n) la comunione dell'impianto di ascensore Come detto, chi non vuole partecipare all'impianto (originariamente di proprietà esclusiva del condomino installante) può farlo in un secondo tempo (esercitando il diritto potestativo di partecipazione). Nel caso ciò avvenga, appena l'ascensore diviene di proprietà di almeno due soggetti, si costituisce automaticamente la comproprietà dei proprietari dell'ascensore (da qualificarsi come «comunione parziale» in riferimento al disposto del comma 3 dell'art. 1123 c.c.: v. Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2017, n. 20713), non dimenticando che tale fenomeno si riferisce a un ascensore che non sia installato originariamente (Cass. civ., sez. II, 18 agosto 1993, n. 8746). I comunisti possono stabilire pattiziamente (tramite una “convenzione” con valore contrattuale) i criteri di suddivisione, tra di loro, delle spese per l'installazione e per la conservazione dell'impianto e le regole di uso dello stesso. Possono prevedere che le quote di partecipazione siano calcolate, in deroga alla legge, in parti uguali, anziché in proporzione ai millesimi di proprietà di ciascuno. Stesso discorso vale per le spese di conservazione dello stesso (manutenzione ordinaria e straordinaria). Secondo i principi generali della disciplina contrattuale (la convenzione è valida tra i soli condomini che l'hanno pattuita), il terzo che subentra sarà tenuto a partecipare ai costi di installazione/manutenzione secondo i criteri di legge. o) sulla necessità dell'approvazione da parte dell'assemblea L'installazione dell'ascensore da parte del singolo condomino (o di più condomini) ai sensi dell'art. 1102 c.c. non richiede la previa approvazione da parte del condominio, ad eccezione del caso in cui tale preventivo assenso sia richiesto da un regolamento di condominio di natura contrattuale (Cass. civ. sez. II, 27 dicembre 2004, n. 24006; Trib. Milano 11 maggio 1989). Qualora l'assemblea contesti il suddetto diritto all'installazione, il condomino interessato può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo (Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1999, n. 3508; Pret. Roma 15 maggio 1996; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1983, n. 1781). p) ripartizione delle spese Le spese di conservazione dell'impianto (coevo alla costruzione del fabbricato) sono regolate dall'art. 1124 c.c. che impone una ripartizione mista (in parte secondo la quota di proprietà, e in parte per l'altezza, cioè in base all'uso). Il costo dell'installazione di un impianto successivo, invece, va distribuito – come per tutte le innovazioni – tra tutti i condomini applicando la c.d. Tabella A, cioè in base alle quote dei millesimi di comproprietà. In ogni caso, come per tutte le ipotesi di ripartizione, i singoli condomini possono stabilire diversamente utilizzando una “diversa convenzione” contrattuale (Cass. civ, sez. II, 28 marzo 2017, n. 8015). Casistica
Riferimenti Celeste, Il c.d. decreto semplificazioni 2020 interviene sulle barriere architettoniche: un piccolo passo avanti tra (inutili) chiarimenti e (complicate) agevolazioni, in Immob. & proprietà, 2021, fasc. 1, 20; Capponi, Sull'installazione ex novo dell'impianto di ascensore, in Arch. loc. e cond., 2016, fasc. 2, 159; De Tilla, Installazione dell'ascensore e barriere architettoniche, in Arch. loc. e cond, 2016, fasc. 2, 184; Tucci, In tema di ascensore per disabili, in Giur. it., 2013, fasc. 2, 297; Izzo, L'ascensore per il disabile in condominio: una giusta e forse definitiva soluzione costituzionalmente orientata, in Giust. civ., 2012, I, fasc. 6, 1457; Celeste, I servizi in uso al condominio: le problematiche pratiche più controverse, in Giur. merito, 2011, fasc. 3, 870; Piombo, In tema di legittimazione dell'amministratore di condominio ad impugnare sentenze sfavorevoli al condominio e di installazione dell'ascensore condominiale per portatori di handicap, in Foro it., 2006, I, fasc. 1, 199; Vitiello, L'installazione dell'ascensore in immobile condominiale tra innovazioni e modificazioni della cosa comune, in Arch. loc. e cond., 2000, fasc. 3, 440; Zuccaro, Installazione di ascensore: innovazione o modificazione? in Giur. it., 2000, fasc. 11, 2023; Avolio, Installazione dell'ascensore in un edificio condominiale: confronto fra l'applicazione delle norme del codice e quelle della legislazione speciale, in Riv. giur. edil., 1999, I, fasc. 2, 281; Guida, L'installazione dell'ascensore ad opera di un solo condomino, in Rass. loc. e cond., 1999, fasc. 2, 298; Triola, Condominio e impianto di ascensore, in Giur. merito, 1979, IV, fasc. 1, 228. |