Ascensore

29 Febbraio 2024

L'ascensore è quel macchinario che è in grado di sollevare persone da un piano all'altro di un edificio o da livelli diversi di una costruzione o di una struttura. È solitamente costituito da una cabina che contiene i passeggeri e che viene sollevata da un motore elettrico che agisce su funi alle quali la cabina è agganciata; alcuni ascensori sono azionati da pistoni telescopici che sollevano e fanno discendere l'abitacolo. L'ascensore è stato introdotto negli edifici dalla necessità di valorizzare i piani più alti. Pur possedendo qualità come la visuale e la maggiore indipendenza, questi, in precedenza all'introduzione dell'ascensore negli edifici, venivano destinati ai meno abbienti perché scomodi e difficilmente raggiungibili.

Inquadramento

Nell'analizzare la disciplina applicabile con riferimento all'impianto di ascensore allocato nell'edificio condominiale, va posto particolare accento sulle implicazioni della sua installazione ex novo (in un fabbricato che ne era privo): tale fattispecie, che è certamente la più controversa, ha originato una copiosa produzione giurisprudenziale che ci fa comprendere quali siano le differenze con la disciplina dell'ascensore già esistente; è disciplinata sia dall'art. 1117 c.c. (per quanto riguarda la proprietà), sia dagli artt. 1123 e 1124 c.c. (per quanto riguarda la ripartizione delle relative spese).

Va subito detto che l'installazione di un ascensore è vista con favore dal legislatore, e in tale ottica, la giurisprudenza ha avuto modo di fissare i principi qui di seguito illustrati.

  • La legislazione relativa ai portatori di handicap (e in particolare la l. 9 gennaio 1989, n. 13, «Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati», e la l. 5 febbraio 1992, n. 104, «Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate») non si è limitata ad innalzare il livello di tutela in favore di tali soggetti, ma ha segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i problemi delle persone affette da invalidità, tali da dover essere assunti dall'intera collettività.
  • Dette leggi hanno previsto disposizioni generali per la costruzione di edifici privati e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, intese alla eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili ( C. cost. 10 maggio 1999, n. 167).
  • L'art. 1 della l. 2 gennaio 1989 n. 13 considera l'installazione dell'ascensore quale elemento che deve necessariamente essere inserito nei progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla loro ristrutturazione, condizionando in negativo, se non previsto, l'emanazione dei relativi provvedimenti autorizzativi. Ne deriva che l'installazione di un ascensore deve considerarsi indispensabile ai fini dell'accessibilità dell'edificio e della reale abitabilità dell'appartamento e rientra, pertanto, nei poteri dei singoli condomini, ai sensi dell'art. 1102 c.c., in ogni caso prescrivendo il rispetto dei limiti dettati da detta norma (cfr. Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2017, n. 7938).
  • È un dato acquisito, pertanto, che l'installazione di un ascensore rientra fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche, di cui alla l. 3 marzo 1971, n. 118, art. 27, comma 1, e al d.P.R. 27 aprile 1978, n. 384, art. 1, comma 1, (Cass. civ., sez. VI, 9 marzo 2017, n. 6129).
  • Del pari, può dirsi che costituisce innovazione che, ai sensi dell'art. 2 della l. 2 gennaio 1989, n. 13, e di conseguenza deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 2, c.c. (Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 2011, n. 28920; Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2005, n. 8286; Cass. civ., sez. II, 29 luglio 2004, n. 14384).
  • Nel valutare il contrasto delle opere, cui fa riferimento l'art. 2 della l. 2 gennaio 1989, n. 13, con la specifica destinazione delle parti comuni, sulle quali le prime vanno ad incidere, occorre tenere conto altresì del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n. 18334).
  • Con riferimento alla riconosciuta funzione dell'impianto di ascensore di assicurare la vivibilità delle unità immobiliari comprese nell'edificio, può certamente essere affermata la sua assimibilità agli impianti di fornitura di energia elettrica, di adduzione dell'acqua corrente, del riscaldamento (Cass. civ., sez. II, 16 maggio 2014, n. 10852);

Ricognizione della normativa

Risulta utile ripercorrere sinteticamente l'apparato normativo che riguarda tale impianto:

  • art. 2, comma 1, l. 2 gennaio 1989 n. 13 (come modificata dalla c.d. Riforma del Condominio di cui alla l. 11 dicembre 2012, n. 220) prevede che «le deliberazioni... dirette ad eliminare le barriere architettoniche» sono approvate dall'assemblea (qualunque sia la convocazione) con le maggioranze previste dal secondo comma dell'art. 1120 c.c.;
  • il comma 3 di detto articolo precisa che «resta fermo quanto disposto dagli artt. 1120, secondo comma, e 1121, comma 3, c.c.»;
  • la predetta maggioranza per la deliberazione trova testuale (e puntuale) conferma nel “nuovo” art. 1120 c.c. (integrato da detta “riforma”);
  • nel citato art. 1120 c.c., il comma 3, precisa che «l'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni»;
  • a seguire, il comma 4, aggiunge che «sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino»;
  • l'art. 1121, comma 1, c.c. stabilisce che «qualora l'innovazione importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e consista in opere, impianti o manufatti suscettibili di utilizzazione separata i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa»;
  • il comma 3 conclude che «nel caso previsto dal primo comma i condomini e i loro eredi o aventi causa possono tuttavia, in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera»;
  • infine, l'art. 1102 c.c. dispone che «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa».

Le novità introdotte dal c.d. decreto semplificazioni del 2020

Tra le varie novità normative interessanti la materia condominiale intervenute nell'àmbito della c.d. legislazione emergenziale correlata al Covid-19, si segnala che, riguardo alle barriere architettoniche, il d.l. 16 luglio 2020, n. 120, all'art. 10, comma 3, prevede che “Ciascun partecipante al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli artt. 2 della l. 9 gennaio 1989, n. 13 e 119 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c.”.

Si dispone, inoltre, che, all'art. 2, comma 1, della l. n. 13/1989, siano aggiunti, infine, i seguenti periodi: ”Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'art. 1121, comma 1, c.c.”, e “Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'art. 1120 c.c.

A seguito di tali aggiunte, quindi, il testo del citato art. 2 della l. n. 13/1989 - recante “Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” - come modificato dal c.d. decreto semplificazioni 2020, risulta del seguente tenore:

“1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'art. 27, comma 1, della l. 30 marzo 1971, n. 118, ed all'art. 1, comma 1, del d.P.R. 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell'art. 1120 c.c. Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'art. 1121, comma 1, c.c. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'art. 1120 c.c.

2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garage.

3. Resta fermo quanto disposto dagli artt. 1120, comma 2, e 1121, comma 3, c.c.

Si stabilisce, infine, l'abrogazione dell'art. 8 della citata l. n. 13/1989, secondo cui “Alle domande ovvero alle comunicazioni al sindaco relative alla realizzazione di interventi di cui alla presente legge, è allegato certificato medico in carta libera attestante [l'handicap] e dichiarazione  sostitutiva  dell'atto   di   notorietà, ai sensi dell'art.  4  della  l. 4 gennaio 1968, n. 15, dalla quale risultino l'ubicazione della propria abitazione, nonché le difficoltà di accesso” (in buona sostanza, non sembra più necessario allegare alle pratiche edilizie il certificato medico di disabilità).

Gli step operativi e le regole per l'installazione ex novo

Dalla normativa citata, come interpretata da una vasta giurisprudenza, si possono ricavare alcune regole fondamentali per addivenire all'installazione dell'ascensore nell'edificio che non ne sia fornito sin dall'origine.

Va premesso che all'installazione ex novo può procedere un singolo condomino, un gruppo di condomini oppure l'intero condominio.

a) La richiesta all'assemblea

Colui che è interessato all'adozione dell'impianto di ascensore deve prima di tutto chiedere all'amministratore di convocare un'assemblea che deliberi in merito alla sua realizzazione. A prescindere dalla mancanza di un'espressa disposizione di legge (e in conseguente assenza di giurisprudenza sul punto) è possibile affermare che il sottoporre preventivamente al voto dell'assemblea l'installazione dell'ascensore (anziché, procedervi direttamente in via autonoma) integra un vero e proprio obbligo. Infatti, se, come detto, si tratta di un'innovazione alla quale ciascun condomino ha il diritto soggettivo di partecipare in qualsiasi momento, il mancato “passaggio” in assemblea priverebbe gli altri condomini, potenzialmente interessati, della possibilità di sceglierne il tipo, le caratteristiche, la sua collocazione, la spesa, le modalità di pagamento, ecc.

Solo nel caso in cui nella riunione assembleare non si dovesse raggiungere la maggioranza prevista dalla legge, ciascun condomino potrà allora procedere direttamente all'installazione dell'ascensore, in forza del proprio diritto, anch'esso soggettivo, che gli deriva dall'art. 1102 c.c., senza la necessità di ulteriori pronunciamenti.

La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione dell'intervento proposto (art. 1120, comma 3, c.c.). In altri termini, il richiedente deve fornire all'amministratore il progetto dell'impianto di ascensore, dal quale sia possibile conoscere ogni aspetto concreto dell'installazione.

L'installazione dell'ascensore non può compromettere la stabilità o la sicurezza dell'edificio, o alterarne il decoro architettonico (tutte circostanze queste il cui avveramento, astrattamente possibile, è stato peraltro sinora sempre escluso dalla giurisprudenza, che ha esaminato i più svariati tipi di ascensore, sia interni che esterni) o rendere talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino, ai sensi dell'art. 1120, comma 4, c.c. (sul punto, Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2015, n. 16486; e Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n. 18334).

In altra ottica, viene ritenuta meritevole di tutela l'installazione dell'ascensore, anche a prescindere dal fatto che nell'immobile abitino delle persone disabili; ovviamente a maggior ragione, se il portatore di handicap dimora direttamente nel fabbricato. (Cass. civ., sez. II, 14 febbraio 2012, n. 2156).

A corollario di ciò, va anche ricordato che la giurisprudenza ha ulteriormente puntualizzato che:

  • la posizione dei dissenzienti è salvaguardata dalla possibilità di entrare a far parte della comunione del nuovo impianto (Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1975, n. 2696);
  • il concetto di inservibilità non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla normale utilizzazione del bene (con riferimento ad una scala ridotta dall'installazione ad una larghezza di 0,72 mt., Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2015, n. 16486; considerando anche, tuttavia, che comporta un rilevante, illegittimo, pregiudizio la riduzione del pianerottolo occupato dal “nuovo” ascensore: Cass. civ., sez. II, 14 settembre 2017, n. 20127).

b) Il divieto di ledere i diritti soggettivi

L'installazione di un nuovo impianto di ascensore non può evidentemente ledere i diritti soggettivi spettanti ex lege agli “altri” condomini. In particolare, non potranno essere invase e/o compromesse nel loro uso le proprietà private.

Sul punto, si è affermato che:

  • è invalida la deliberazione assembleare che, disponendo l'installazione dell'ascensore, determina una lesione dei diritti di altro condomino sulla porzione di sua proprietà esclusiva (App. Genova, 27 dicembre 1997), o che comporta, sulla porzione di sua proprietà esclusiva un sensibile deprezzamento, indipendentemente da eventuali utilità compensative (Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2016, n. 24235);
  • la sussistenza di un pregiudizio/danno rende illegittima l'installazione anche se effettuata a norma dell'art. 3 della l. 9 gennaio 1989, n. 13. (Trib. Napoli 16 novembre 1991, n. 13008);
  • non può essere consentita l'installazione di un ascensore che rende talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino, quali il cortile condominiale, le vedute dei singoli condomini, l'illuminazione di cui godono le porzioni esclusive e, addirittura, la trasformazione dell'uso di una camera del singolo appartamento (Cass. civ., sez. II, 27 dicembre 2011, n. 28920).

c) Le c.d. “distanze legali”

Per quanto riguarda la normativa in materia di distanze la Suprema Corte ha puntualizzato che non vi è ragione per escludere l'operatività, anche riguardo all'ascensore, del principio secondo cui negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni con impianto a servizio esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole di cui all'art. 1102 c.c. ma anche l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze, onde evitare la violazione del diritto degli altri condomini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà (Cass. civ., sez. II, 15 luglio 1995, n. 7752; Cass. civ., sez. II, 18 giugno 1991, n. 6885; Cass. 5 dicembre 1990, n. 11695).

Sotto altra ottica, va ricordato che se è vero che il comma 3 dell'art. 3 della l. n. 13/1989 precisa che deve essere fatto salvo l'obbligo del rispetto delle distanze di cui agli artt. 873 e 907 c.c., la giurisprudenza ha ritenuto che tale ultima disposizione non possa ritenersi applicabile in ambito condominiale in quanto difetta il presupposto di fatto per la sua operatività, vale a dire l'altruità del fabbricato (v. testo dell'art. 907 c.c.) dal quale si esercita la veduta che si intende tutelare (Cass. civ. sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096).

d) Necessità della residenza di un portatore di handicap

Come detto, non è richiesto che i portatori di handicap risiedano direttamente nell'immobile nel quale avviene l'installazione (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2012, n.18334; Trib. Milano 19 settembre 1991).

Per di più, si ritiene che la normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche debba trovare applicazione anche in favore di soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (Trib. Napoli 14 marzo 1994, n. 2606).

e) I quorum

L'assemblea può deliberare l'installazione dell'ascensore anziché con la maggioranza dei c.d. “due terzi”, genericamente richiesta per le innovazioni, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all'assemblea (presenti personalmente o per delega) che rappresentino almeno la metà del valore dell'edificio (vale a dire 500/1000: cfr. art. 1120, comma 2, c.c.). Tale maggioranza è richiesta dalla legge sia che si tratti di prima che di seconda convocazione (cfr. art. 2, comma 1, legge n. 13/1989, e art. 1120, comma 2, c.c.).

Appare preferibile ritenere che nel conteggio dei voti debba tenersi conto solo di coloro che sono favorevoli all'installazione e che intendono parteciparvi sin da subito, con esclusione di coloro che sono favorevoli ma si riservano di partecipare all'impianto in un secondo momento. Non va dimenticato, tuttavia, che l'art. 1120 c.c. si riferisce all'innovazione le cui spese sono ripartite su base millesimale, Ove, invece, i costi non debbano essere ripartiti (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2017, n. 20713), tornerà applicabile l'art. 1102 c.c. secondo cui ciascun partecipante ha il diritto di apportare a proprie spese le modificazioni alle parti comuni necessarie per il loro miglior godimento, come l'installazione dell'ascensore nella tromba delle scale (Cass. cv., sez. II, 8 giugno 1995, n. 6496).

f) La ripartizione della spesa

La spesa per la realizzazione ex novo dell'impianto dovrà essere ripartita tra gli interessati in proporzione ai rispettivi millesimi di proprietà ex art. 1123 c.c. e non con riferimento alla c.d. tabella scale prevista dall'art. 1124 c.c. (Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2017, n. 20713; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2005, n. 3264; Cass. civ. sez. II, 25 marzo 2004, n. 5975).

Sul punto, va ricordato che l'art. 1124 c.c., seppur modificato dalla Riforma del Condominio (di cui alla l. 11 dicembre 2012, n. 220), si riferisce unicamente alla manutenzione ed alla sostituzione (delle scale) e dell'ascensore (esistente), e non anche all'installazione ex novo (Trib. Torino 28 agosto 2013).

g) La possibilità di non partecipare subito all'innovazione

Le delibere, com'è noto, sono obbligatorie per tutti i condomini (art. 1137, comma 1, c.c.).

L'art. 1121, comma 1, c.c. prevede, tuttavia, la possibilità di esonero dalla partecipazione all'innovazione che "importi una spesa molto gravosa o abbia carattere voluttuario".

Nel caso di installazione dell'impianto di ascensore, la voluttuarietà, ad eccezione di casi che appaiono più “di scuola” che reali, appare invero da escludere, sia sulla scorta della legislazione vigente che del c.d. “diritto vivente” (che attribuisce a tale operazione un indiscutibile valore per l'ordinamento in rapporto alla funzione svolta).

Il giudizio sulla gravosità non è invece così scontato (anche se, riguardo a tale installazione non risulta affrontato dalla giurisprudenza).

La norma, come si è visto, prevede che per poter essere applicata occorre che "l'innovazione importi una spesa esattamente molto gravosa, aspetto da intendersi in senso oggettivo, vale a dire in riferimento alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio" (Cass. civ., sez. II, n. 18 gennaio 1984, n. 428)

Occorrerà pertanto valutare, caso per caso, la ricorrenza di tale presupposto, guardando alle condizioni oggettive dell'edificio e al suo valore, senza che possa avere alcuna incidenza la condizione economica personale dei singoli condomini (v., sul punto, Trib. Milano 4 maggio 1989).

Si precisa che l'onere della prova di tali estremi grava sul condomino interessato, vertendosi in "tema di deroga alla disciplina generale della ripartizione delle spese condominiali". (così Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1981, n. 2408).

Nel caso in cui tale ultimo requisito sussista, vertendosi sicuramente in ipotesi di impianto suscettibile di utilizzazione separata, il condomino dissenziente potrà essere esonerato da qualsiasi contributo nella spesa.

Va ben considerata, invece, la posizione del condomino assente: nel caso in cui la delibera di installazione sia assunta dall'assemblea senza particolari puntualizzazioni, dovrà ritenersi vincolante anche per gli assensi ai sensi del richiamato art. 1137 c.c.; nell'ipotesi in cui, invece, la delibera venga adottata in applicazione della disciplina sulle “innovazioni separate”, anche al condomino assente dovrà essere riconosciuta la stessa possibilità di non partecipare sin da subito all'impianto, e di essere conseguentemente esonerato dal pagamento delle spese; in tale contesto.

h) La partecipazione in un momento successivo

Colui che non intende partecipare all'innovazione, così come i suoi eredi o aventi causa, potrà/potranno sempre partecipare ai vantaggi della stessa.

Per poter esercitare tale diritto, sarà necessario corrispondere una quota d'ingresso che dovrà tenere conto del costo iniziale dell'installazione iniziale e delle spese nel frattempo sostenute per la conservazione dell'impianto stesso (art. 1121, comma 3, c.c.).

La quota d'ingresso dovrà essere calcolata in proporzione ai millesimi di proprietà del subentrante, da rapportarsi proporzionalmente all'entità totale dei soli millesimi dei partecipanti all'ascensore. L'importo dovuto dovrà essere ragguagliato al valore attuale della moneta, onde evitare arricchimenti (Cass. civ., sez. II, 18 agosto 1993, n. 8746). Inoltre, appare corretto applicare un correttivo di spesa che, riducendola, tenga conto della vetustà e dello stato dell'ascensore al momento della richiesta di partecipazione all'impianto.

i) L'installazione ex art. 1102 c.c.

Nel caso in cui l'operazione di installazione ex novo non veda un valido passaggio assembleare (nel concreto, per il mancato formarsi di una maggioranza o a causa di scarsa partecipazione) un singolo condomino (o un gruppo di condomini) potrà/potranno procedere autonomamente - e a propria cura e spese - all'installazione dell'ascensore, utilizzando il disposto dell'art. 1102 c.c. (Cass. civ., sez. II, 30 giugno 2014, n. 14809; Cass. civ., sez. II, 10 giugno 1999, n. 3508; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1993, n. 1781). Come detto, va ovviamente fatto salvo il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2000, n. 1529; Trib. Milano 12 ottobre 1989, n. 8434).

l) I divieti

Con particolare riguardo all'occupazione di parti comuni, e in particolare del vano scale, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che l'installazione dell'ascensore sia compatibile anche con il venir meno di una parte della tromba delle scale e del corrispondente andito a pian terreno (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2000, n. 1529; Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1999, n. 3508; Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1994, n. 4152; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1993, n. 1781; Trib. Milano 12 ottobre 1989, n. 8434; Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1977, n. 1300).

INSTALLAZIONE DELL'ASCENSORE E TAGLIO DELLE SCALE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Vietato ostacolare il passaggio dei mezzi di soccorso

È legittima, stante la presenza di condomini con problematiche di salute, l'adozione della delibera a maggioranza degli intervenuti rappresentanti la metà del valore dell'edificio che disponga l'installazione dell'ascensore, a condizione che sia accertata l'assenza di pregiudizi al passaggio di una persona anche seduta e accompagnata nonché di ostacoli all'eventuale passaggio di mezzi di soccorso (Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2015, n. 16486).

Da privilegiare l'interesse del disabile

Nel conflitto tra le esigenze dei condomini disabili abitanti ad un piano alto, praticamente impossibilitati, in considerazione del loro stato fisico, a raggiungere la propria abitazione a piedi, e quelle degli altri partecipanti al condominio, per i quali il pregiudizio derivante dall'installazione di ascensore si risolverebbe non già nella totale impossibilità di un ordinario uso della scala comune ma soltanto in disagio e scomodità derivanti dalla relativa restrizione e nella difficoltà di usi eccezionali della stessa, vanno privilegiate le prime, adottando una soluzione conforme ai principi costituzionali della tutela della salute ex art. 32 e della funzione sociale della proprietà ex art. 42 (Cass. civ. sez. II, 14 febbraio 2012, n. 2156).

Non bastano 85 centimetri

E' nulla la deliberazione, adottata a maggioranza in base all'art. 2 della l. n. 13/1989, di installazione di un ascensore volto a favorire le esigenze di due condomini portatori di handicap, in quanto essa, comportando la riduzione a 85 centimetri della larghezza della rampa delle scale, rende disagevole il contemporaneo passaggio di più persone e problematico il trasporto di oggetti di grosse dimensioni (Cass. civ., sez. II, 1° giugno 2007, n. 12847).

Almeno 80 centimetri

Per gli edifici preesistenti al d.m. 16 maggio 1987 n. 246, un utile riferimento per il dimensionamento al minimo delle scale può essere costituito dal d.lgs. n. 242/1996 che stabilisce proprio in 80 centimetri la larghezza minima di porte e portoni degli ambienti di lavoro. Sulla base di tale condivisibile criterio pertanto, va riconosciuta la legittimità della deliberazione condominiale di approvazione dei lavori di installazione di un ascensore con conseguente riduzione della misura della preesistente scala condominiale nel limite innanzi indicato (Trib. Roma 8 luglio 2009, n. 15152).

m) L'installazione dell'ascensore esterno

È stato ritenuto applicabile il principio per cui l'installazione di un ascensore, al fine dell'eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata da un condomino su parte di un cortile e di un muro comuni, deve considerarsi indispensabile ai fini dell'accessibilità dell'edificio e della reale abitabilità dell'appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condomini ex art. 1102 c.c., senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da tale norma, rilevi, la disciplina dettata dall'art. 907 c.c., sulla distanze delle costruzioni dalle vedute, neppure per effetto del richiamo ad essa operato nella l. 9 gennaio 1989 n. 13 (art. 3, comma 2) non trovando detta disposizione applicazione in ambito condominiale (Cass. civ., sez. II, 3 agosto 2012, n. 14096). Sul punto, da considerare quanto precisato dalla citata Cass. n. 14096/2012 in materia di distanze nel caso di costruzione di un ascensore esterno.

n) la comunione dell'impianto di ascensore

Come detto, chi non vuole partecipare all'impianto (originariamente di proprietà esclusiva del condomino installante) può farlo in un secondo tempo (esercitando il diritto potestativo di partecipazione).

Nel caso ciò avvenga, appena l'ascensore diviene di proprietà di almeno due soggetti, si costituisce automaticamente la comproprietà dei proprietari dell'ascensore (da qualificarsi come «comunione parziale» in riferimento al disposto del comma 3 dell'art. 1123 c.c.: v. Cass. civ., sez. II, 4 settembre 2017, n. 20713), non dimenticando che tale fenomeno si riferisce a un ascensore che non sia installato originariamente (Cass. civ., sez. II, 18 agosto 1993, n. 8746).

I comunisti possono stabilire pattiziamente (tramite una “convenzione” con valore contrattuale) i criteri di suddivisione, tra di loro, delle spese per l'installazione e per la conservazione dell'impianto e le regole di uso dello stesso. Possono prevedere che le quote di partecipazione siano calcolate, in deroga alla legge, in parti uguali, anziché in proporzione ai millesimi di proprietà di ciascuno. Stesso discorso vale per le spese di conservazione dello stesso (manutenzione ordinaria e straordinaria). Secondo i principi generali della disciplina contrattuale (la convenzione è valida tra i soli condomini che l'hanno pattuita), il terzo che subentra sarà tenuto a partecipare ai costi di installazione/manutenzione secondo i criteri di legge.

o) sulla necessità dell'approvazione da parte dell'assemblea

L'installazione dell'ascensore da parte del singolo condomino (o di più condomini) ai sensi dell'art. 1102 c.c. non richiede la previa approvazione da parte del condominio, ad eccezione del caso in cui tale preventivo assenso sia richiesto da un regolamento di condominio di natura contrattuale (Cass. civ. sez. II, 27 dicembre 2004, n. 24006; Trib. Milano 11 maggio 1989). Qualora l'assemblea contesti il suddetto diritto all'installazione, il condomino interessato può far valere il relativo diritto con azione di accertamento, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo (Cass. civ., sez. II, 10 aprile 1999, n. 3508; Pret. Roma 15 maggio 1996; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1983, n. 1781).

p) ripartizione delle spese

Le spese di conservazione dell'impianto (coevo alla costruzione del fabbricato) sono regolate dall'art. 1124 c.c. che impone una ripartizione mista (in parte secondo la quota di proprietà, e in parte per l'altezza, cioè in base all'uso).

Il costo dell'installazione di un impianto successivo, invece, va distribuito – come per tutte le innovazioni – tra tutti i condomini applicando la c.d. Tabella A, cioè in base alle quote dei millesimi di comproprietà.

In ogni caso, come per tutte le ipotesi di ripartizione, i singoli condomini possono stabilire diversamente utilizzando una “diversa convenzione” contrattuale (Cass. civ, sez. II, 28 marzo 2017, n. 8015).

Casistica

CASISTICA: LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE RELATIVE ALL'IMPIANTO DI ASCENSORE

Obbligo contrattuale di pagamento anche per chi non ne usufruisce

In materia di condominio di edifici, è legittima, in quanto posta in essere in esecuzione di una disposizione di regolamento condominiale, avente natura contrattuale, la delibera assembleare che disponga, in deroga al criterio legale di ripartizione delle spese dettato dall'art. 1123 c.c., che le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto di ascensore siano a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio, tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dalla stessa norma codicistica (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 2011, n. 28679).

Non è possibile addebitare una maggiorazione di spesa

È nulla, e quindi impugnabile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, la delibera di un condominio, adottata a maggioranza, con la quale si stabilisca un onere di contribuzione delle spese di gestione maggiore a carico di alcuni condomini, sul presupposto della loro più intensa utilizzazione, rispetto agli altri, di parti o servizi comuni, perché la modifica ai criteri legali o di regolamento contrattuale di riparto delle spese richiede il consenso di tutti i condomini. Il criterio di riparto in base all'uso differenziato, derivante dalla diversità strutturale della cosa, previsto dall'art. 1123, comma 2, c.c., non è mai applicabile alle spese generali (Trib. Salerno, 9 aprile 2010).

Obbligati al pagamento anche i condomini al piano terra

Il criterio stabilito dall'art. 1124 c.c. per la ripartizione delle spese relative alle scale, comportante un contributo anche per i condomini proprietari di unità ubicate al piano terreno, è applicabile in via analogica, in virtù della medesima ratio, alla fattispecie avente ad oggetto l'ascensore e la ripartizione delle spese di conservazione e manutenzione di esso (App. Milano, 21 febbraio 2006, n. 76).

Le spese di adeguamento

Gli interventi di adeguamento dell'ascensore alla normativa CEE, essendo diretti al conseguimento di obiettivi di sicurezza della vita umana e incolumità delle persone, onde proteggere efficacemente gli utenti e i terzi, attengono non al solo uso e godimento, ma all'aspetto funzionale dello stesso ed alla sua utile "conservazione" nella sua unità strutturale, ossia all'impianto come tale: le relative spese, quindi, vanno inserite tra quelle concernenti la manutenzione straordinaria non potendo rientrare tra quelle connesse al mero "esercizio" e alla "manutenzione ordinaria" (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 2011, n. 28679).

Riferimenti

Celeste, Il c.d. decreto semplificazioni 2020 interviene sulle barriere architettoniche: un piccolo passo avanti tra (inutili) chiarimenti e (complicate) agevolazioni, in Immob. & proprietà, 2021, fasc. 1, 20;

Capponi, Sull'installazione ex novo dell'impianto di ascensore, in Arch. loc. e cond., 2016, fasc. 2, 159;

De Tilla, Installazione dell'ascensore e barriere architettoniche, in Arch. loc. e cond, 2016, fasc. 2, 184;

Tucci, In tema di ascensore per disabili, in Giur. it., 2013, fasc. 2, 297;

Izzo, L'ascensore per il disabile in condominio: una giusta e forse definitiva soluzione costituzionalmente orientata, in Giust. civ., 2012, I, fasc. 6, 1457;

Celeste, I servizi in uso al condominio: le problematiche pratiche più controverse, in Giur. merito, 2011, fasc. 3, 870;

Piombo, In tema di legittimazione dell'amministratore di condominio ad impugnare sentenze sfavorevoli al condominio e di installazione dell'ascensore condominiale per portatori di handicap, in Foro it., 2006, I, fasc. 1, 199;

Vitiello, L'installazione dell'ascensore in immobile condominiale tra innovazioni e modificazioni della cosa comune, in Arch. loc. e cond., 2000, fasc. 3, 440;

Zuccaro, Installazione di ascensore: innovazione o modificazione? in Giur. it., 2000, fasc. 11, 2023;

Avolio, Installazione dell'ascensore in un edificio condominiale: confronto fra l'applicazione delle norme del codice e quelle della legislazione speciale, in Riv. giur. edil., 1999, I, fasc. 2, 281;

Guida, L'installazione dell'ascensore ad opera di un solo condomino, in Rass. loc. e cond., 1999, fasc. 2, 298;

Triola, Condominio e impianto di ascensore, in Giur. merito, 1979, IV, fasc. 1, 228.

Sommario