Spese per le scale e per l'ascensore

Adriana Nicoletti
31 Luglio 2017

Le scale e l'ascensore sono beni che appartengono, salvo titolo contrario, alla collettività dei condomini, sebbene il legislatore abbia classificato solo le prime come parti necessarie all'uso comune; l'ascensore, infatti, pur essendo riconosciuto come impianto destinato ad un utilizzo comune, non è ritenuto essenziale per l'esistenza dell'immobile condominiale; esso, per le sue caratteristiche, è un bene suscettibile di utilizzazione separata, talché uno od un gruppo di condomini potranno sempre decidere di installarlo sostenendone integralmente le spese, nel rispetto della sicurezza dell'edificio condominiale e dei diritti altrui, tra i quali quello di consentire ai condomini che non abbiano aderito all'iniziativa di parteciparvi in un tempo successivo.
Inquadramento

La ripartizione delle spese inerenti a scale ed ascensore è disciplinata non solo dall'art. 1124 c.c. ma, indirettamente, anche da altre disposizioni di carattere più generale, quali ad esempio gli artt. 1120, 1121 e 1123, c.c., applicabili con riferimento a particolari situazioni che riguardano l'impianto di sollevamento ed i montacarichi. Questi ultimi assimilabili all'ascensore anche se destinati al solo trasporto di cose.

L'art. 1124 c.c., ora rubricato «manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori» e parzialmente modificato dalla l. n. 220/2012, nel passato aveva preso in considerazione solo le scale, mentre il vuoto legislativo riguardante l'impianto di risalita era stato colmato dalla giurisprudenza che, costantemente, aveva ritenuto che i due beni comuni dovessero avere una disciplina univoca. Ciò era avvenuto sul riconoscimento di una sola ratio ispiratrice per entrambe le fattispecie, con conseguente loro equiparazione sul piano delle spese. Il legislatore del 2012, pertanto, non ha fatto altro che recepire tale indirizzo nella nuova formulazione dell'art. 1124 c.c.

Profili della norma comuni a scale ed ascensore

Il doppio binario sul quale sono state ripartite le spese inerenti a detti beni - per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano e per l'altra metà in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo - rappresenta una estensione del criterio più generale contenuto nel comma 2 dell'art. 1123 c.c., secondo il quale ove i beni comuni siano destinati a servire i condomini in misura diversa i relativi oneri sono ripartiti in proporzione all'uso che ciascuno può farne.

Delle due componenti della norma, proprietà comune ed utilizzazione del bene in termini di quantità, assume particolare rilevanza le seconda, tanto più che tra le due fattispecie - scala ed ascensore - vi è un loro utilizzo inversamente proporzionale all'altezza dell'appartamento dal suolo: fattore che in concreto, malgrado il carattere obiettivamente condominiale dei beni in questione, esclude che tutti i condomini, potenzialmente, ne usufruiscano in eguale misura.

In evidenza

La nozione di «pari uso» del bene comune da parte di tutti i condomini non può essere intesa in termini di assoluta identità di utilizzazione della res in termini temporali o spaziali, poiché una tale interpretazione del termine comporterebbe un sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare della cosa comune un qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio, anche ove non risultasse alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell'oggetto del bene comune.

L'utilizzo concreto che un condomino possa fare di tali beni non incide sui criteri di ripartizione delle spese. Non assume rilievo, pertanto, un uso più intensivo del bene esercitato dai proprietari di alcuni piani o porzioni di piano per la particolare destinazione impressa agli appartamenti. In questa ottica era stata dichiarata illegittima la delibera di un'assemblea condominiale che, a maggioranza, aveva applicato nei confronti di un condomino, proprietario di un ufficio professionale privato, una quota extra nella misura del 60% per la voce «pulizia scale» (Trib. Genova 8 maggio 1992). Allo stesso modo non è rilevante, ai fini dell'esonero, anche parziale, dall'obbligo di contribuzione alle spese il non usoda parte del condomino per avere tenuto disabitato il proprio immobile, anche per lungo periodo. Un eventuale aumento, esonero o limitazione del contributo è ammissibile solo quando esista una diversa convenzione nelle forme già richiamate.

L'art. 1124 c.c. è norma derogabile per non essere inserito nell'ambito dell'art. 1138 c.c., per cui le spese concernenti scale ed ascensore potranno trovare una differente ripartizione se questo sia stabilito da un regolamento di condominio di natura contrattuale oppure da una deliberazione assembleare adottata all'unanimità.

Gli interventi ai quali si applica lo speciale regime di spese riguarda non solo gli interventi di manutenzione, nella più ampia accezione del termine che verrebbe, quindi, a ricomprendere anche la ricostruzione prevista nella precedente versione della disposizione legislativa, ma anche quelli di sostituzione.

Giova, infine, chiarire che nell'àmbito dei manufatti rientranti nella nozione di «piani» (art. 1124, comma 2, c.c.) il palco morto è un locale posto sotto il tetto, inaccessibile e privo dello spazio sufficiente per farne una soffitta, mentre la camera a tetto è un sottotetto abitabile, ovvero un ambiente, situato sotto il tetto che abbia funzioni di isolamento termico dell'ultimo piano dell'edificio ed in alto sia limitato dalla struttura del tetto e verso il basso dal solaio o dalle volte che coprono l'ultimo piano dell'edificio.

Spese inerenti la scala

La scala è costituita da una serie di elementi che la caratterizzano strutturalmente e che, per effetto della loro specifica funzione, possono essere soggetti a criteri di ripartizione diversi da quello individuato dall'art. 1124 in esame.

In questo senso le scale di accesso allo stabile rappresentano beni utilizzati da tutti i condomini in pari misura, per cui le spese devono essere ripartite secondo i principi generali di cui all'art. 1123 c.c.; le ringhiere, i passamani ed i pianerottoli, sono considerati elementi costruttivi delle scale e ad essi si applica l'art. 1124 c.c. In particolare questi ultimi costituiscono un accessorio delle stesse e, per la loro finalità (accesso alle proprietà individuali e necessario spazio di collegamento tra i piani dello stabile), elementi comuni ed inscindibili dello stabile; i muri sono componenti essenziali che delimitano il vano scala, anche se assolvano alla funzione di pareti delle unità immobiliari confinanti con detto vano. Le spese di manutenzione si ripartiscono in base all'art. 1124 c.c. quando gli interventi interessano il rifacimento o restauro dell'intera cassa delle scale. Se, invece, le opere riguardino solo le murature che costituiscono le pareti perimetrali delle unità immobiliari di proprietà esclusiva e prospicienti il vano medesimo si applicherà il combinato disposto degli artt. 1123, comma 2, e 1124 c.c. (Cass. civ., sez. II, 7 maggio 1997, n. 3968); anche le finestre edi lucernai sono parti accessorie delle scale e, come tali, rientrano nella sfera dell'art. 1124; le scale di accesso alle cantine svolgono una funzione più limitata rispetto alla scala principale, in quanto tramite esse si accede a pertinenze dei singoli appartamenti e non è detto che tutti i condomini siano dotati di cantina. E' da ritenersi che le spese di manutenzione siano a carico solo dei proprietari delle cantine (ovvero di tutti i condomini qualora tutti gli immobili siano dotati di pertinenza) in base ai millesimi di proprietà generale, oppure di quelli accreditati a ciascun locale; il vano sottoscala situato al piano terreno si presume comune salvo titolo contrario con la piena applicabilità ad esso dell'art. 1124 c.c.

Per quanto concerne i servizi di illuminazione e pulizia, la giurisprudenza non è univocamente orientata. Da un lato, infatti, si era sostenuto che tali servizi, non implicando spese per la conservazione e manutenzione del relativo bene, ovvero finalizzate ad assicurare ad esso l'integrità nel tempo, non potessero essere oggetto di applicazione analogica dell'art. 1124 c.c. (Cass. civ., sez. II, 3 ottobre 1996, n. 8657) e, dall'altro, con risalente decisione, che le spese dovessero essere ripartite secondo i criteri indicati dalla norma citata (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1970, n. 8657).

Più corretto sarebbe tenere separate le due fattispecie.

In effetti questo è quanto fatto, successivamente, dai giudici di legittimità i quali, con decisione che non sembra essere stata superata nel tempo, hanno ritenuto che la ripartizione della spesa per la pulizia delle scale va effettuata in base al criterio proporzionale dell'altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano a cui esse servono, in applicazione analogica, in parte qua, dell'art. 1124 c.c., il quale segue, con riferimento al suddetto criterio, il principio generale posto dall'art.1123, comma 2, c. c., della ripartizione della spesa in proporzione all'uso del bene, la cui ratio andrebbe individuata nel fatto che i proprietari dei piani alti logorano le scale in misura maggiore rispetto ai proprietari dei piani bassi. Nell'affermare tale principio è stato, altresì, precisato che, ai fini della ripartizione della spesa suddetta, deve considerarsi, invece, ininfluente la destinazione in atto delle singole unità immobiliari (Cass. civ., sez. II, 12 gennaio 2007, n. 432).

Con riferimento, invece, all'illuminazione delle scale il criterio più corretto da applicare dovrebbe essere quello espresso dall'art. 1123 c.c., poiché il servizio riguarda l'intero edificio, indipendentemente dalle rampe di risalita e dell'altezza dell'appartamento dal suolo, avendo il servizio stesso una finalità che interessa la collettività, anche in termini di sicurezza. Una scala scarsamente illuminata ovvero con luce assente, in caso di guasto, determina una situazione di pericolo per tutti i condomini, non valutabile in ragione del fatto che coloro che abitano ai piani più bassi raggiungano prima il proprio appartamento.

Altro argomento di notevole interesse riguarda i locali situati al piano terreno e con ingresso separato rispetto all'androne.

Occorre ribadire che le scale sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'art. 1117, n. 1), c.c., ed essendo queste elementi necessari per la configurabilità di un fabbricato diviso per piani o porzioni di piano da tale comproprietà non possono essere esclusi i proprietari dei locali situati al piano terra i quali hanno diritto di accedere a parti comuni quali il tetto ed il lastrico solare di copertura. La natura condominiale di tali beni, pertanto, può essere esclusa solo dalla presenza di un titolo contrario, quale il regolamento di condominio di carattere contrattuale recepito negli atti di acquisto.

I proprietari di detti locali, pertanto, sono tenuti a concorrere alle spese di manutenzione dell'androne e delle scale, in rapporto e proporzione all'utilità che anche essi possono, in ipotesi, trarne quali condomini, e ciò sia riguardo all'uso, ancorché ridotto, al fine di avere accesso ai suddetti beni comuni, sia con riferimento all'obbligo e alle connesse responsabilità, che anch'essi hanno, di prevenire e rimuovere ogni possibile situazione di pericolo che possa derivare all'incolumità degli utenti dalla inefficiente manutenzione dei suddetti beni comuni.

Secondo una datata decisione di merito, peraltro non suffragata da sentenze di legittimità sul punto, era stato ritenuto possibile, per i proprietari di locali situati al piano strada con accesso indipendente, un esonero dalla quota dei contributi corrispondente alla misura proporzionale della distanza dei piani dal suolo. In pratica, quindi, i condomini abitanti al piano terreno avrebbero dovuto contribuire alle spese solo in ragione della metà relativa al valore del piano o porzione di piano, poiché «i cespiti al piano terra, per la loro ubicazione, non sono naturalmente compresi tra quelli che debbono contribuire alle spese in base all'uso, in quanto la loro altezza dal suolo è nulla» (così Trib. Monza 12 novembre 1985).

Da ultimo si deve esaminare la fattispecie relativa ad edifici con più ingressi e scale. In questo caso, l'immobile è composto in modo tale che ciascuna scala sia a servizio di parti distinte dello stesso, per cui nel condominio si configura una comunione parziale limitata a beni che sono utilizzati da differenti gruppi di condomini. Tale ipotesi sussiste anche nel caso in cui in un uno stabile vi sia un unico ingresso con più scale.

La particolare conformazione dell'edificio fa sì che si giunga all'applicabilità congiunta delle disposizioni contenute negli artt. 1123, comma 3, e 1124 c.c. Più precisamente le spese inerenti alla manutenzione e sostituzione delle scale devono essere imputate solo dal gruppo di condomini che ne traggono utilità e nell'ambito di detto gruppo, la ripartizione deve seguire i criteri dettati dall'art. 1124.

Nulla vieta, tuttavia, anche in questo caso, che il regolamento di condominio allegato agli atti di acquisto stabilisca dei criteri differenti, ad esempio ponendo a carico di tutti i condomini indistintamente le spese in questione.

CASISTICA

Pulizia ed illuminazione

- In tema di ripartizione di oneri condominiali, le spese per la illuminazione e la pulizia delle scale non configurano spese per la conservazione delle parti comuni, tendenti cioè a preservare l'integrità e a mantenere il valore capitale delle cose (artt. 1123, comma 1, e 1124, comma 1, c.c.), bensì spese utili a permettere ai condomini un più confortevole uso o godimento delle cose comuni e di quelle proprie; con la conseguenza che ad esse i condomini sono tenuti a contribuire, non già in base ai valori millesimali di comproprietà, ma in base all'uso che ciascuno di essi può fare delle parti comuni (scale) in questione. secondo il criterio fissato dall'art. 1123, comma 2, c.c. (Cass. civ.,sez. II, 3 ottobre 1996, n. 8657).

- In tema di condominio di edifici, la disposizione dell'art. 1124 c.c. concernente la ripartizione fra i condomini delle spese di manutenzione delle scale, come la norma di regolamento condominiale che vi si conformi, riguarda le spese relative alla conservazione della cosa comune e che si rendono necessarie a causa della naturale deteriorabilità della stessa per consentirne l'uso ed il godimento e che attengono a lavori periodici indispensabili per mantenere la cosa in efficienza. La disposizione non riguarda, pertanto, le spese di pulizia delle scale, alle quali i condomini sono tenuti a contribuire in ragione dell'utilità che la cosa comune è destinata a dare a ciascuno e che l'assemblea può legittimamente ripartire in virtù delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c., anche modificando i precedenti criteri con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c. trattandosi di criteri aventi natura solo regolamentare (Cass. civ., sez. II, 19 febbraio 1993, n. 2018).

Locali situati al piano terra

Le scale, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la proprietà di parti comuni, così come indicato nell'art. 1117 c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poiché anche tali condomini ne usufruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio (Cass. civ.,sez. VI/II, 5 dicembre 2012, n. 21886).

Sottoscala

La scheda catastale, avendo solo valore indiziario, non è idonea, di per sé, a vincere la presunzione di condominialità sancita dall'art. 1117 c.c. (nella specie, per il corridoio di accesso alle cantine, il vano sottoscala e il locale caldaia) (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2014, n. 9523).

Spese concernenti l'ascensore

Per espressa previsione legislativa (art. 1117, n. 3, c.c.) anche l'ascensore è, fino a prova contraria, bene comune a tutti i condomini in tutte le componenti essenziali dell'impianto quali, ad esempio, l'ammortizzatore (dispositivo per arrestare progressivamente la cabina in discesa), l'argano (nel quale le funi portanti si avvolgono), la cabina, le funi di traino, il vano corsa. Questo è definito «volume tecnico», poiché è il contenitore dell'impianto al quale è connesso materialmente e strumentalmente e dal quale non può essere separato. Tale presunzione implica che le spese siano sostenute da tutti i condomini comproprietari del bene, salvo una diversa convenzione che sia contenuta in un regolamento di natura contrattuale ovvero nel caso di accordo unanime.

Se l'edificio non sia dotato di impianto di risalita e l'assemblea ne deliberi l'installazione, con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 5, c.c. ovvero con quella di cui al medesimo articolo, comma 2 (nel caso di superamento delle barriere architettoniche), le relative spese saranno poste a carico dei condomini in base ai millesimi di proprietà generale di cui all'art. 1123, comma 1, c.c. (Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2005, n. 3264).

È, inoltre, pacifico che l'ascensore è considerato un impianto innovativo suscettibile di utilizzazione separata, talché può essere installato, nel rispetto dell'art. 1121 c.c., anche da un gruppo di condomini (od anche da un solo soggetto) che ne assumano integralmente le spese, ivi comprese quelle future di manutenzione e conservazione. La situazione giuridica nascente è, dunque, quella di una comunione parziale dell'impianto che, tuttavia, è destinata a mutare nel tempo se altri condomini dovessero chiedere di partecipare all'utilizzo dell'impianto.

Si è parlato, nella fattispecie, di un «diritto potestativo perpetuo di partecipazione», che si trasmette anche ai successori particolari, eredi o aventi causa e che comporta, al momento dell'ingresso nella comunione parziale (che si trasformerà in un condominio o comunione perfetta, allorché tutti i condomini siano divenuti comproprietari dell'impianto), il pagamento pro quota di una somma pari al costo iniziale di installazione, aggiornata al valore attuale. Tutto ciò al fine di impedire arricchimenti in danno dei condomini che hanno assunto l'iniziativa dell'opera (Cass. civ., sez. II, 18 agosto 1993, n. 8746). Naturalmente sarà necessario anche tenere conto del fisiologico deprezzamento dell'impianto di risalita nel corso degli anni.

Dal momento in cui i nuovi condomini entrino a fare parte della com-proprietà, gli stessi sono tenuti a partecipare anche alle future spese di manutenzione e sostituzione secondo il criterio misto previsto dall'art. 1124 c.c.

Nell'ipotesi di sostituzione dell'impianto usurato (ipotesi ben differente dall'installazione ex novo dell'impianto di risalita) non si può parlare di innovazione ai sensi dell'art. 1120 c.c., ma di intervento ricostruttivo che rientra, a pieno titolo, nel quadro applicativo dell'art. 1124 c.c.

Come già osservato per le spese inerenti alle scale, l'uso più intenso dell'impianto di ascensore da parte di alcuni condomini non può tradursi in un aggravio degli oneri a carico degli stessi, anche perché il criterio di riparto in base all'uso differenziato, derivante dalla diversità strutturale della cosa, previsto dal comma 2 dell'art. 1123 c.c., non è applicabile alle spese generali, per le quali opera invece il criterio di cui al comma 1 dello stesso articolo, ossia la proporzione al valore della proprietà di ciascuno (Cass. civ., sez. II, 19 febbraio 1997, n. 1511).

Se l'edificio è costituito da più scale e, conseguentemente, è dotato di più ascensori che siano a servizio delle stesse, le spese andranno ripartite non tra la totalità dei condomini, ma solo tra coloro ai quali ciascun impianto di risalita è funzionalmente destinato.

La tipica finalità dell'ascensore, la cui utilizzazione è rimessa all'attività soggettiva del condomino, potrebbe far pensare ad una esclusione aprioristica dell'obbligo di contribuzione alle spese da parte dei proprietari di locali con accesso autonomo dalla strada. Tuttavia, sussistendo anche per l'impianto di sollevamento la presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c. in quanto bene finalizzato al godimento delle parti comuni ed esclusive dell'edificio, tutti i condomini sono tenuti a contribuire alla sua manutenzione e conservazione, ivi compresi i soggetti di cui sopra, salvo un loro espresso esonero per opera di regolamento di natura contrattuale.

Non vi sono, invece, dubbi sul fatto che le spese di adeguamento dell'impianto alle norme in materia di sicurezza, in quanto dirette a garantire la protezione della incolumità delle persone, debbano essere ripartite non ai sensi dell'art. 1124 c.c., ma secondo il disposto dell'art. 1123, comma 1, c.c., ovvero secondo i millesimi di proprietà generale.

Va, da ultimo, evidenziato che nell'ambito del rapporto di locazione l'art. 9 della l. n. 392/1978 pone a carico del conduttore le spese concernenti «il funzionamento e l'ordinaria manutenzione dell'ascensore» (norma estendibile anche ai montacarichi). Occorre precisare, tuttavia, che tale disposizione non ha effetto esterno verso il condominio essendo pacifico che l'inquilino è soggetto terzo rispetto all'ente il quale, in caso di morosità, potrà agire giudizialmente per il recupero forzoso del credito nei confronti solo del condomino/locatore.

CASISTICA

Sostituzione

In tema di condominio negli edifici, tutti i condomini devono partecipare alle deliberazioni che concernono l'ascensore (nella specie, quella volta alla sostituzione dell'impianto), trattandosi di bene di cui si presume, agli effetti dell'art. 1117, n. 3), c.c., la proprietà comune in assenza di una diversa previsione contrattuale idonea a superare tale presunzione (come, nella specie, la clausola del regolamento condominiale integralmente esonerativa di alcuni partecipanti dall'onere di contribuire alle relative spese) (Cass. civ., sez. II, 14 luglio 2015, n. 14697).

Uso più intenso

È invalida la delibera assembleare, adottata a maggioranza, con la quale si stabilisca, come nella specie, a parità di caratura millesimale e di livello di piano, un onere di contribuzione alle spese di gestione dell'impianto di ascensore più elevato a carico dei condomini con famiglia più numerosa, sul presupposto della loro più intensa utilizzazione, rispetto agli altri, del bene comune, e un esonero parziale per i proprietari di unità che l'amministratore abbia accertato essere disabitate (Cass. civ., sez. II, 1 agosto 2014, n. 17557)

Sottoscala

La scheda catastale, avendo solo valore indiziario, non è idonea, di per sé, a vincere la presunzione di condominialità sancita dall'art. 1117 c.c. (nella specie, per il corridoio di accesso alle cantine, il vano sottoscala e il locale caldaia) (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2014, n. 9523).

Interventi di adeguamento

Gli interventi di adeguamento dell'ascensore alla normativa CEE, essendo diretti al conseguimento di obiettivi di sicurezza della vita umana e incolumità delle persone, onde proteggere efficacemente gli utenti e i terzi, attengono all'aspetto funzionale dello stesso, ancorché riguardino l'esecuzione di nuove opere, l'aggiunta di nuovi dispositivi, l'introduzione di nuovi elementi strutturali (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2004, n. 5975)

Guida all'approfondimento

De Tilla, Spese di manutenzione delle scale e negozi di strada, in Arch. loc. e cond., 2013, 495;

Baldacci, Ascensore: spese, nuova installazione e barriere architettoniche, in Ventiquattrore avvocato, 2012, 1, 31;

Landolfi, Criteri di ripartizione delle spese di installazione e manutenzione dell'ascensore, in Immob. & proprietà, 2009, 91;

Grassi, Le spese per il funzionamento, la conservazione e l'adeguamento degli ascensori e le spese per le scale ed il vano scale: soggetti obbligati e criteri di riparto, in Arch. loc. e cond., 2008, 145;

Cimatti, La ripartizione della spesa di pulizia ed illuminazione delle scale, in ll civilista, 2008, 2, 22;

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario