Giudizio di revisione dell'assegno divorzile e morte dell'ex coniuge obbligato: quali conseguenze nei confronti degli eredi?
16 Settembre 2022
Massima
Nel caso di procedimento per la revisione dell'assegno divorzile, ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. n. 898/1970, il decesso del coniuge ricorrente nel corso del medesimo non comporta la declaratoria di improseguibilità dello stesso, ma gli eredi subentrano nella posizione del coniuge richiedente la revisione, al fine dell'accertamento della non debenza dell'assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, subentrando altresì essi nell'azione di ripetizione dell'indebito ai sensi dell'art. 2033 c.c. per la restituzione delle somme non dovute. Il caso
La sentenza in commento indica le conseguenze del decesso dell'ex coniuge nel corso del giudizio di revisione dell'assegno divorzile. Il caso origina dal ricorso proposto dall'ex coniuge obbligato al versamento dell'assegno divorzile contro la decisione della Corte d'appello di Messina che, in sede di reclamo contro una sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva rigettato la richiesta di revoca dell'emolumento, riducendolo soltanto, sulla circostanza sopravvenuta della percezione di una ingente somma di denaro, determinante un miglioramento della situazione economica per l'ex moglie beneficiaria dell'assegno. Il decreto della Corte d'Appello veniva impugnato in Cassazione in particolare per violazione o falsa applicazione delle norme relative all'attribuzione dell'assegno di divorzio, per omessa motivazione sul quantum della riduzione operata e per violazione o falsa applicazione delle norme in tema di revisione dell'assegno in punto di decorrenza della riduzione. Promosso il procedimento innanzi alla Suprema Corte, l'ex moglie controricorrente depositava istanza per l'interruzione del giudizio a causa del sopravvenuto decesso dell'ex marito. Il Presidente della sezione VI civile con ordinanza interlocutoria del 20 gennaio 2022 n. 1814 rimetteva alle Sezioni Unite la soluzione della seguente questione, di massima e particolare importanza: “se il decesso del coniuge obbligato al pagamento dell'assegno divorzile determini la cessazione della materia del contendere, in un caso in cui egli abbia intrapreso il giudizio per la revisione dell'obbligo di corrispondere l'assegno, o se tale giudizio debba proseguire da parte dei suoi eredi”. La questione
La questione risolta dalle Sezioni Unite attiene alle sorti del giudizio di revisione dell'assegno nel caso di decesso dell'ex coniuge obbligato, intervenuto nell'ambito del processo, in particolare se debba essere dichiarata l'improseguibilità dello stesso ovvero se gli eredi subentrino nella posizione sostanziale e processuale dell'ex coniuge istante per la revisione, al fine dell'accertamento della non debenza dell'assegno a decorrere dalla domanda sino al decesso, con subentro degli eredi medesimi nell'azione di ripetizione d'indebito per la restituzione delle somme versate ma non dovute. Le soluzioni giuridiche
Premesso che nel procedimento per divorzio sovente accade che venga emessa una sentenza non definitiva parziale sullo status, contro cui è ammesso solo appello immediato, proseguendo il giudizio per l'accertamento dei profili patrimoniali connessi alla condizione di bisogno di uno dei coniugi, e ricostruito il procedimento di revisione dell'assegno, possibile allorché sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio, chiarito che la revisione dell'assegno divorzile postula la verifica che siano sopravvenuti elementi fattuali idonei a mutare l'assetto patrimoniale esistente, nel qual caso il Giudice dovrà applicare per l'individuazione dell'an e del quantum dell'assegno i nuovi principi sanciti dalle Sezioni Unite (Cass. S.U. 11 luglio 2018 n. 18287), il Supremo Consesso affronta il tema degli effetti del decesso di un coniuge nel corso del procedimento di revisione ex art 9 l. 898/1970. Afferma la Corte che il venir meno del coniuge (sia egli quello obbligato che il beneficiario dell'assegno) non implica l'improseguibilità del giudizio di revisione. In tale caso la sentenza sullo status, pronunciata in precedenza nell'ambito del procedimento per divorzio, è oramai definitiva, mentre quella sull'assegno, trattandosi di fattore modificabile allorchè mutino le condizioni esistenti e per un giustificato motivo, è sempre rivedibile, formandosi in merito ad essa un giudicato rebus sic stantibus. Deceduto uno dei due ex coniugi, il procedimento per l'accertamento della non debenza dell'assegno continua da parte degli eredi dell'obbligato, affinchè il processo giunga a un esito per accertare la non debenza dell'assegno e il diritto di credito -di cui gli eredi divengono titolari - alla ripetizione dell'indebito per le somme versare dalla data della domanda di revisione al decesso. Le Sezioni Unite ribadiscono la duplice finalità del processo di divorzio, ossia da un lato realizzare il diritto potestativo del coniuge alla riacquisizione dello status di libero, ovvero soggetto non coniugato, dall'altro tutelare le esigenze primarie della parte economicamente meno solida. Mentre la prima non richiede un accertamento complesso, il riconoscimento dell'assegno divorzile, cui in forza della sentenza n.18287/2018 deve attribuirsi funzione composita, assistenziale ma anche perequativa/compensativa oltre che risarcitoria, richiede un'istruttoria complessa, sull'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi ordinati di cui alla prima parte dell'art. 5 comma 6 l. 898/1970, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione, sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. Sussistono chiari obblighi di produzione documentale relativa al patrimonio personale e comune, con la possibilità per il Tribunale di disporre anche le indagini sui redditi, il patrimonio e il tenore di vita, che dovranno essere espletati anche nei confronti degli eredi, i quali hanno dunque una posizione processuale identica a quella del de cuius. Chiarisce poi la Corte un aspetto ulteriore, non di poco conto, vale a dire quello degli “arretrati”, quali obblighi pecuniari già entrati nel patrimonio dell'avente diritto, che se non sono stati corrisposti dall'obbligato, sono dovuti dalla data del provvedimento (sentenza sullo status o diversa decorrenza stabilita) sino al suo decesso. Si tratta di un debito acquisito al patrimonio del dante causa che viene trasmesso agli eredi, nei cui confronti l'avente diritto potrà agire anche in via esecutiva giovandosi dello stesso titolo. Enunciati i predetti principi, passando al caso di specie, la Corte ritiene il primo e il secondo motivo fondati, cassa il decreto e rinvia innanzi alla Corte d'Appello di Messina in diversa composizione, non avendo la Corte territoriale motivato in relazione ai presupposti e agli accertamenti dell'assegno divorzile secondo i dettami delle Sezioni Unite del 2018, in particolare sull'eventuale squilibrio patrimoniale o sulla correlazione tra diritto all'assegno e i parametri del contributo fornito alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale del coniuge. Anche in merito alla decisione di non revocare l'assegno ma solo di ridurlo, non è stata fornita motivazione idonea che tenga conto anche dei complessi presupposti dell'assegno. Osservazioni
Con la sentenza in commento, e con la coeva n. 20494 del 24 giugno 2022 (che definisce il contrasto giurisprudenziale nel caso in cui, emessa la sentenza non definitiva sullo status coniugale, passata in giudicato, e proseguito il processo per la decisione sulle questioni accessorie, tra cui l'assegno divorzile, sopravvenga nel corso del giudizio la morte di uno dei coniugi), le Sezioni Unite chiariscono la questione della trasmissione delle posizioni attive e passive inerenti agli aspetti economico patrimoniali del divorzio agli eredi dell'ex coniuge deceduto, sia dal punto di vista sostanziale che processuale. Condizione affinchè l'azione giudiziale continui nei confronti degli aventi causa dell'ex coniuge deceduto è l'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza relativa allo status, quindi la sua definitività, con conseguente acquisizione dello stato libero da parte degli ex coniugi. Prima che il divorzio divenga definitivo, non è infatti azionabile nessuna pretesa in merito all'assegno di divorzio. Quindi, il decesso che intervenga prima che la sentenza declaratoria della cessazione degli effetti civili o dello scioglimento del matrimonio determina la fine del vincolo matrimoniale per l'evento “morte”, sicchè nessun assegno divorzile sarebbe rivendicabile, e di conseguenza nulla si trasmetterebbe a tale titolo agli eredi. Relativamente alla questione sottoposta, ossia gli effetti del decesso del coniuge obbligato al pagamento dell'assegno divorzile e l'eventuale trasmissibilità della posizione sostanziale e processuale agli eredi in caso di decesso nel corso del giudizio di divorzio (su cui si esprime Cass. SU n. 20494/2022) o di revisione ex art. 9 l. 898/1970 (Cass. SU 20495/2022) sono due le possibili soluzioni a cui potevano pervenire le Sezioni Unite: 1) Il decesso dell'ex coniuge obbligato al versamento dell'assegno divorzile comporta inevitabilmente la cessazione della materia del contendere, intesa come connessa indissolubilmente all'estinzione dello status coniugale, quale centro di imputazione dell'obbligazione pecuniaria nei confronti dell'altro ex coniuge (orientamento finora prevalente, optato da Cass. civ. sez. VI ord. 11 novembre 2021 n. 33346, Cass. civ. sez. I sentenza 20 febbraio 2018 n. 4098; sez. VI, ordinanza 8 novembre 2017, n. 26489; sez. I, sentenza 26 luglio 2013, n. 18130) 2) Il decesso, pur implicando l'estinzione dello status coniugale, comporta una limitata ultrattività dell'obbligo di versamento dell'assegno, connessa anche alla definitività della sentenza sullo status da cui trae origine, con ciò facendo leva sui prevalenti valori solidaristici nei confronti dell'ex coniuge avente diritto all'assegno nell'ambito dell'art. 2 Cost., che non sarebbero così vanificati dal decesso dell'obbligato (orientamento seguito fra le altre da Cass. civ. sez. VI, sentenza 24 luglio 2014 n. 16951, sez. VI, ordinanza 11 aprile 2013, n. 8874; sez. I, sentenza 3 agosto 2007, n. 17041). La questione non è di poco conto; per inciso è evidente che solo con la prosecuzione del processo è possibile definire il diritto alle prestazioni inerenti all'assegno divorzile, maturate nel periodo intercorso tra la sentenza parziale di divorzio, con cui cessa lo status coniugale, e la morte dell'ex coniuge obbligato, prestazioni trasmissibili iure hereditario (si rinvia a V. Mazzotta, Pensione di reversibilità: morte dell'ex coniuge obbligato dopo la sentenza parziale di divorzio ma prima della definitiva determinazione dell'assegno, nota a Corte cost. 28 gennaio 2022, n. 25 in questa Rivista). La soluzione della prosecuzione del giudizio nei confronti degli eredi assicura una maggiore tutela all'ex coniuge superstite, che non vede così vanificato il suo diritto all'assegno e conseguentemente i diritti ad esso connessi. Né varrebbe a superare quanto precede la rilevata natura “personalissima” dell'obbligo di mantenimento dell'ex coniuge. Una cosa è discutere sull'intrasmissibilità di tale obbligo sulla base del rilievo per cui il legato ex lege di cui all'art. 9-bis , l. n. 898/1970 è istituto diverso dall'assegno di cui all'art. 5. , altro è evidenziare che una volta maturato il diritto di credito derivante dal riconoscimento dell'assegno divorzile (es. in caso di ratei di assegno scaduti e non pagati), il credito si spersonalizza e si trasmette confondendosi con il patrimonio dell'erede (in questa rivista, L. Parlanti, Effetti della morte del coniuge in pendenza del giudizio di separazione e divorzio, in ilFamiliarista.it, 13 aprile 2018). La soluzione optata dalle Sezioni Unite trova fondamento anche processuale, potendosi la domanda sull'assegno ritenersi scindibile e quindi autonoma rispetto a quella sullo status (in tal senso Danovi Legittimazione e contradditorio nei procedimenti di separazione e divorzio, in Fam. Pers. Succ. 2008, p. 338, Cass. civ. 11 aprile 2011 n. 8228). Medesimo discorso vale per caso in cui la morte intervenga nel corso del procedimento di revisione promosso per modifica o la revoca dell'assegno divorzile. La domanda sopravviene a una sentenza sullo status passata in giudicato (per quanto rebus sic stantibus, essendo appunto soggetta a modifica allorchè mutino le circostanze) e il subentro degli eredi dell'ex coniuge deceduto opera sia sul piano sostanziale che processuale. Naturalmente il credito di cui si discute sarà quello maturato nell'arco temporale compreso tra la data del provvedimento (sentenza sullo status o diversa decorrenza stabilita) sino al suo decesso dell'ex coniuge; evidente è l'interesse di cui gli eredi sono portatori poiché in caso di revoca o modifica dell'assegno essi subentrerebbero anche nell'azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. per la restituzione delle somme non dovute. Del pari evidente è l'interesse dell'avente diritto all'assegno a proseguire il processo trattandosi di un diritto soggettivo la cui tutela verrebbe immotivatamente violata se, anche dopo la sentenza parziale di divorzio, non possa essere invocata contro gli eredi, nuovi legittimati passivi. Chiaramente, il giudizio sulla revisione sarà condotto alla stregua dei parametri sanciti dalle Sezioni Unite del 2018 in tema di assegno divorzile, quand'anche il diritto originario fosse sorto anteriormente e gli eredi soggiacciono a tutti gli oneri probatori cui soggiacerebbe il de cuius. In sintesi la conclusione cui le Sezioni Unite sono pervenute con la sentenza in commento, e con la gemella n. 20494, realizza a pieno titolo la tutela dei diritti delle persone coinvolte; una diversa conclusione sarebbe stata potenzialmente lesiva di rilevanti diritti sul piano soggettivo, costituzionalmente protetti. |