Gratuito patrocinio

Antonella Lariccia
21 Settembre 2022

La trasformazione digitale che sta caratterizzando sempre di più sia il procedimento amministrativo che, - soprattutto - il processo amministrativo, ha comportato una recente modifica anche del procedimento riguardante l'ammissione dei non abbienti al patrocinio a spese dello Stato dinanzi alle competenti Commissioni, che si configura quale ulteriore ipotesi “a regime” di attività svolta con strumenti di collegamento da remoto.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Il patrocinio a spese dello Stato è uno strumento fondamentale per realizzare il principio di uguaglianza e l'effettività del diritto di difesa, sia nell'ambito del processo penale che nei processi diversi da quello penale, in quanto consente di assicurare la difesa del non abbiente le cui ragioni risultino non manifestamente infondate.

La stessa Corte EDU – per quanto il par. 3, lett. c), dell'art. 6 CEDU contempli espressamente il diritto al gratuito patrocinio solo con riguardo al processo penale – ha affermato che il diritto di accesso alla giustizia e, più in generale, il diritto alla parità delle armi a prescindere dalle condizioni reddituali deve essere effettivo anche nei processi diversi da quello penale (Airey c. Irlanda, 1979; Santambrogio c. Italia, 2004, Steel e Morris c. RU, 2005).

Con particolare riguardo al processo amministrativo, l'art. 14 disp. att. c.p.a. prevede che l'ammissione anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, sia disposta da un'apposita commissione, composta da due magistrati amministrativi, designati dal presidente, il più anziano dei quali assume le funzioni di presidente della commissione, e da un avvocato, designato dal presidente dell'Ordine degli avvocati del capoluogo in cui ha sede l'organo, istituita presso il Consiglio di Stato, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e presso ciascun tribunale amministrativo regionale e relative sezioni staccate.

Sotto tale profilo emerge la specificità del processo amministrativo, considerato che mentre per il processo penale l'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato deve essere decisa dal magistrato innanzi al quale pende il processo (art. 93 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 recante il «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia» di seguito T.U.) e, per i processi diversi da quello penale l'art 124 T.U. prevede che l'istanza sia presentata esclusivamente dall'interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, al consiglio dell'Ordine degli avvocati del luogo in cui ha sede il magistrato davanti al quale pende il processo, ovvero, se il processo non pende, quello del luogo in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito, invece nel processo amministrativo si è prevista la creazione di una commissione ad hoc, di composizione mista (due magistrati e un avvocato) con relativi supplenti, ai cui componenti non spetta alcun compenso né rimborso spese, per espressa disposizione di legge.

Per quanto, invece, non diversamente disposto dal citato art. 14 disp. att. c.p.a., i procedimenti che si svolgono avanti alle Commissioni sono disciplinati dal Titolo I della Parte III del T.U. (artt. 74 – 89), nonché dalle disposizioni del Titolo IV della medesima Parte III in quanto compatibili.

Quanto alla natura di tali procedimenti, la giurisprudenza ha sottolineato che essi hanno carattere amministrativo e non giurisdizionale, pur essendo connessi con quelli di natura giurisdizionale (Consiglio di Stato, Sez. III 13 marzo 2019, n. 1680); per tale ragione, ancor prima delle modifiche apportate dall'art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80 convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, all'art. 14 disp. att. c.p.a si è ritenuto possibile in via generale la loro gestione in via telematica in virtù di quanto previsto dagli artt. 12 e 15 del CAD (Codice dell'Amministrazione Digitale di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82); più in particolare il ricorso, per tali procedimenti, a riunioni e deliberazioni “da remoto” mediante call conference o videoconferenza, è stato ritenuto possibile già in virtù del disposto dell'art 12 comma 3 e 3 bis, nonché in forza della clausola generale di cui all'art 2 comma 1, dello stesso CAD (Circolare del Segretario Generale della GA Prot. 6686 del 20 marzo 2020 recante le prime indicazioni operative per la gestione telematica dei procedimenti della Commissione per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato istituita presso il Consiglio di Stato ed i tribunali amministrativi regionale durante l'emergenza sanitaria Covid-19).

Oggi invece l'art 14 disp. att. c.p.a. espressamente prevede che i verbali e i provvedimenti della commissione siano sottoscritti con firma digitale del presidente e del segretario e che le sedute della commissione si svolgano con strumenti di collegamento da remoto.

Il procedimento innanzi alle Commissioni

A norma dell'art. 78 T.U. l'interessato che si trovi nelle condizioni reddituali stabilite dal precedente art 76 per l'ammissione al patrocinio può richiedere l'ammissione in ogni stato e grado del processo, presentando un'istanza redatta in carta semplice che, a pena di inammissibilità, deve essere sottoscritta dall'interessato ed autenticata dal difensore ovvero sottoscritta dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore, in conformità a quanto previsto dall'art 38 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, e deve contenere - sempre a pena di inammissibilità – le informazioni e le dichiarazioni di cui al successivo art 79; in punto di legittimazione alla presentazione dell'istanza, per quanto l'art. 74 T.U. faccia menzione espressa del “cittadino”, la normativa vigente ha esteso la possibilità di valersi del gratuito patrocinio anche ad altre categorie soggettive, quali lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio (art. 119) e gli enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica.

Nella menzionata Circolare prot. 6686/2020 si è previsto, in considerazione dell'emergenza sanitaria Covid-19, che l'istanza venga proposta utilizzando il modello reso disponibile sul sito web della Giustizia Amministrativa, sottoscritta con firma digitale della parte o del difensore, ovvero presentata come copia digitale di documento analogico sottoscritto con firma autografa corredata di copia di documento d'identità e inviata a mezzo pec; tali modalità di presentazione dell'istanza devono ritenersi tutt'oggi coesistenti con la residua possibilità di invio a mezzo raccomandata dell'istanza stessa (ovviamente debitamente sottoscritta ed autenticata secondo le modalità di cui all'art. 78 T.U.), ovvero della presentazione della stessa direttamente presso gli uffici della GA, anche se non si può escludere, allo stato, l'utilizzo di ulteriori modalità di presentazione della stessa.

Va infatti rammentato che l'art 65 CAD, direttamente applicabile al procedimento che si svolge innanzi alle Commissioni attesone il carattere amministrativo e non giurisdizionale, espressamente prevede al comma 1, lett. b, che le istanze e le dichiarazioni presentate per via telematica ai soggetti di cui all'art. 2, comma 2, CAD siano pienamente valide se l'istante o il dichiarante sia identificato attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID), la carta di identità elettronica o la carta nazionale dei servizi; oltre a ciò, la norma in questione contempla, tra l'altro, anche l'ipotesi dell'istanza sottoscritta con firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata (in virtù del richiamo a quanto previsto dall'art. 20 CAD), ovvero trasmessa dal proprio domicilio digitale iscritto in uno degli elenchi di cui all'articolo 6-bis, 6-ter o 6-quater ovvero, in assenza di un domicilio digitale iscritto, da un indirizzo di posta elettronica certificata, che “ costituisce elezione di domicilio digitale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3-bis, comma 1-ter”.

Per quanto, pertanto, ad oggi nell'ambito della G.A. si riconosca espressamente solo la possibilità che l'istanza (oltre alle residuali tradizionali modalità cartacee) venga proposta utilizzando il modello reso disponibile sul sito web della Giustizia Amministrativa, sottoscritta con firma digitale della parte o del difensore, ovvero presentata come copia digitale di documento analogico sottoscritto con firma autografa corredata di copia di documento d'identità e inviata a mezzo pec, non potrebbe essere considerata inammissibile ad esempio, un'eventuale istanza sottoscritta con altro tipo di firma elettronica qualificata o firma elettronica avanzata (FEA), per quanto l'articolo 60 del d.P.C.M. 22 febbraio 2013 stabilisca nel suo unico comma che “la firma elettronica avanzata realizzata in conformità con le disposizioni delle presenti regole tecniche, è utilizzabile limitatamente ai rapporti giuridici intercorrenti tra il sottoscrittore e il soggetto di cui all'articolo 55, comma 2, lettera a)”, quest'ultimo individuato in “coloro che erogano soluzioni di firma elettronica avanzata al fine di utilizzarle nei rapporti intrattenuti con soggetti terzi per motivi istituzionali, societari o commerciali, realizzandole in proprio o anche avvalendosi di soluzioni realizzate dai soggetti di cui alla lettera b)”, così introducendo un regime per la FEA sicuramente più limitativo di quanto previsto sia dal CAD, ed in particolare dal citato art. 20, sia dal Regolamento EIDAS (Regolamento UE n. 910/2014); peraltro, tale antinomia normativa non è stata risolta nemmeno dalle abrogazioni effettuate a seguito della entrata in vigore delle già citate Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici dell'AgID, che anzi espressamente richiamano – tra le fonti normative – proprio il d.P.C.M. 22 febbraio 2013; va però rammentato quanto previsto dall'art. 61 del d.P.C.M. in esame che, ai primi due commi prevede che l'utilizzo della Carta d'Identità Elettronica, della Carta Nazionale dei Servizi, del documento d'identità dei pubblici dipendenti (Mod. ATe) , del passaporto elettronico e degli altri strumenti ad essi conformi, nonché l'invio tramite pec effettuato richiedendo la ricevuta completa dell'avvenuta spedizione e ricezione sostituisce, nei confronti della pubblica amministrazione, la firma elettronica avanzata per i servizi e le attività di cui agli articoli 64 e 65 del CAD.

Tale situazione si pone in quanto il d.P.C.S. 28 luglio 2021 (“Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico”) non reca, ad oggi, alcuna specifica previsione riguardante il procedimento innanzi alle Commissioni per il gratuito patrocinio, per quanto l'art 13 comma 1 disp att c.p.a., come da ultimo modificato, preveda espressamente che le regole tecnico-operative per la sperimentazione e la graduale applicazione degli aggiornamenti del processo amministrativo telematico, trovino applicazione anche relativamente ai procedimenti connessi al PAT (tra i quali sicuramente possono rientrare quelli che si svolgono innanzi alle Commissioni) attualmente non informatizzati, ivi incluso il procedimento per ricorso straordinario, nonché lo svolgimento da remoto di udienze, camere di consiglio e adunanze.

Quanto a quest'ultimo profilo deve escludersi che le sedute della Commissione, che oggi per espressa previsione normativa si svolgono con strumenti di collegamento da remoto, possano rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 13 quater disp.att.c.pa. che disciplina proprio lo svolgimento da remoto delle cause, e tanto in ragione della natura amministrativa e non giurisdizionale delle sedute della Commissione.

Quanto invece alla espressa previsione per cui il verbale redatto con modalità telematiche venga firmato “con firma digitale del presidente e del segretario”, essa implica non solo il superamento delle diverse prassi dei Tribunali amministrativi regionali, in alcuni dei quali tali verbali venivano firmati da tutti i componenti della Commissione, ma anche che il verbale dovrà essere nativo digitale, non potendosi più ammettere un verbale in formato analogico sottoscritto con firma autografa.

Ricade, invece, a pieno titolo nell'ambito applicativo del PAT la fase giurisdizionale del procedimento di ammissione al gratuito patrocinio - cioè quella relativa alla conferma della decisione provvisoriamente assunta dalla Commissione nonché della richiesta di liquidazione dell'onorario al difensore -, fase soggetta come di norma alle regole tecniche del processo amministrativo telematico che, infatti, non a caso prevedono, rispettivamente agli artt 5 e 6 All 1 del d.P.C.S., che le informazioni relative al gratuito patrocinio vengano inserite nel fascicolo informatico (art. 5) e che anche i registri dei ricorsi con patrocinio a spese dello Stato siano gestiti dal SIGA - PAT con modalità informatiche, assicurando la numerazione progressiva dei ricorsi, la certezza della data e dell'oggetto delle registrazioni e l'identificazione del soggetto che procede alle registrazioni informatiche, nonché secondo quanto previsto dalle specifiche tecniche di cui all'articolo 19 (art 6).

In evidenza

Il carattere provvisorio dell'ammissione disposta dalla Commissione comporta da un lato che questa possa sempre essere revocata - se sopravvengono modifiche delle condizioni reddituali rilevanti ai fini del l'ammissione al gratuito patrocinio (art. 136,comma 1) ovvero se risulta l'insussistenza dei presupposti per l'ammissione, o se la parte ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave (art. 136, comma 2) - dal giudice competente per il giudizio, tipicamente dal collegio (o dal presidente in sede monocratica per i casi di emanazione di decreti decisori); dall'altro che l'istanza stessa possa sempre essere riproposta al medesimo giudice, che decide con decreto, ove la Commissione l'abbia respinta o dichiarata inammissibile, come espressamente previsto dall'art. 126 TU.

La revoca ha effetto retroattivo, salvo il caso che sia pronunciata per modifiche reddituali sopravvenute, nel qual caso essa avrà effetto dal momento dell'accertamento delle modificazioni reddituali; analogamente, ove l'ammissione venga disposta dal giudice competente dopo che la Commissione abbia dichiarato inammissibile o comunque rigettato la primitiva istanza, gli effetti dell'eventuale ammissione decorreranno solo dalla data di presentazione dell'istanza direttamente al giudice del merito, escludendosi qualsivoglia retroattività (Cons. St. sez IV sent. N. 5682 del 03/10/2018).

Per quanto la verifica della sussistenza dei presupposti richiesti per l'ammissione al beneficio, che deve compiere la Commissione in via provvisoria ed il Giudice in via definitiva, riguardi sia la sussistenza delle condizioni reddituali e la loro permanenza, sia la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere in giudizio, è stato affermato che ove vi siano margini di incertezza sull'interpretazione delle disposizioni applicabili, magari per la presenza di orientamenti diversi da parte della giurisprudenza, può giustificarsi la conferma dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, anche in caso di rigetto del ricorso, potendosi considerare tale ipotesi come un caso di "non manifesta infondatezza" della pretesa azionata” (Cons. St., sez III, n.1036/2020); dello stesso avviso altra parte della giurisprudenza (T.A.R. Calabria Catanzaro, sent. 101/2019), che non ha ritenuto di per sè ostativo alla liquidazione del difensore ammesso al gratuito patrocinio la reiezione del ricorso nel merito.

Quanto al tema della sussistenza di una possibile causa di incompatibilità del magistrato che, quale componente della Commissione per il patrocinio a spese dello Stato abbia pronunciato sull'ammissibilità della relativa domanda (pronunciandosi anche sulla non manifesta infondatezza della stessa ex art. 74 del t.u.), a decidere il processo quale componente del collegio giudicante, è stato osservato (Parere dell'Ufficio Studi della GA del 9 marzo 2016 n. 1469 prot.) che, se è vero che l'art. 51, comma 1, numero 4), del codice di procedura civile, applicabile al rito amministrativo giusta il richiamo operato dal l'art. 17 del codice del processo amministrativo, tipizza con tratto di tassatività (C.d.S., Sez. VI, 26 gennaio 2015, n. 325), tra le cause di astensione obbligatoria, quella dell'aver conosciuto la res litigiosa come magistrato in altro grado del processo, nel caso di specie non viene tuttavia in rilievo l'ipotesi di astensione sopra evocata; a tale conclusione si perviene sia perché l'attività ammissiva solo anticipata e provvisoria spesa dal magistrato che compone la Commissione per il gratuito patrocinio ha natura amministrativa e non giurisdizionale, sia perchè la successiva decisione, anche implicita, del Collegio non assume i caratteri di una impugnazione del provvedimento assunto dalla Commissione, anche considerato che la rinnovata valutazione in ordine alla non manifesta infondatezza delle ragioni dell'istante avviene in un contesto processuale, caratterizzato da poteri di cognizione piena e dalla instaurazione del contraddittorio.

Per il caso in cui né la Commissione né il giudice che procede si pronuncino sull'istanza di gratuito patrocinio, (ad esempio allorchè quest'ultimo, definendo la lite con sentenza in forma semplificata, non decida sull'istanza) si è ritenuto che la contestazione relativa all'omessa pronuncia da parte del giudice debba essere definita mediante il procedimento di correzione di errori materiali della sentenza, e non attraverso gli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di ammissione qualificarsi come domanda autonoma (Cons. St., sez III, ord. n. 1577 del 28 marzo 2013); specularmente, è stato evidenziato come l'incompletezza dell'istanza, anche nei casi in cui sia sanabile, non può essere di ostacolo alla definizione della lite con sentenza in forma semplificata, ostandovi il principio di autoresponsabilità e la prevalenza, ex lege, dell'interesse a che gli incidenti cautelari siano risolti con sentenza in forma semplificata per ragioni di certezza dei rapporti giuridici sostanziali (che coinvolgono interessi pubblici) e di tutela del valore costituzionale della ragionevole durata del processo ( Cons. St.Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5).

Va rammentato, peraltro, che l'istanza può essere rivolta al giudice che procede solo finché il processo pende, e non dopo la sua definizione con sentenza definitiva (Cons. St., VI, 16 novembre 2010 n. 403, decr.; Id., 4 maggio 2011 n. 2656, decr.); quanto invece alla questione della natura decadenziale o meno del termine entro cui il difensore deve presentare l'istanza di liquidazione del compenso per patrocinio a spese dello Stato, va seguita l'interpretazione che consente, comunque, al difensore di presentare la richiesta di liquidazione al giudice che ha proceduto, ancorché in ritardo, fatta salva la prescrizione dei relativi diritti (Parere dell'Ufficio Studi della GA in tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo amministrativo del 29/08/2019) e la necessità che il processo non sia concluso con sentenza definitiva.

Orientamenti a confronto

In base al vigente quadro normativo, nel processo amministrativo il gratuito patrocinio spetta al cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate (art. 74, comma 2, t.u. n. 115/2002), cui sono equiparati lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare e l'apolide (art. 119, t.u. citato).

Il beneficio viene inoltre espressamente esteso allo straniero che impugna il provvedimento di espulsione (art. 142, t.u. citato), in deroga al presupposto del regolare soggiorno in Italia ed inoltre, dinanzi al giudice civile, è ammesso al gratuito patrocinio lo straniero che chiede il riconoscimento dello status di rifugiato (art. 16, d.lgs. n. 25/2008; Cass civ., sez. VI, 18 novembre 2001 n. 24378, ord.).

Si sono registrate pronunce di segno opposto, invece, sulla questione della spettanza o meno del gratuito patrocinio al cittadino extracomunitario, non regolarmente soggiornante in Italia, che impugna davanti al giudice amministrativo il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno.

In merito va segnalato un orientamento del Consiglio di Stato (sez. IlI, 15 gennaio 2015, n. 59) secondo cui, poichè l'art. 24 della Costituzione garantisce la difesa in giudizio a “tutti” (e non solo ai cittadini), se l'ordinamento ritiene che il patrocinio a spese dello Stato sia una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito, tale diritto non può essere negato allo straniero che non sia “regolarmente soggiornante”, tale espressione dovendosi intendere estensivamente comprensiva anche dello straniero che abbia in corso un procedimento amministrativo e/o giurisdizionale al cui esito possa sortire il rilascio del permesso di soggiorno.

Nello stesso senso si è espressa altra parte della giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 05/12/2016, n.2300 secondo cui “Ben può riconoscersi il beneficio dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei confronti dello straniero che non sia regolarmente soggiornante, ma che abbia in corso un procedimento amministrativo o giurisdizionale al cui esito possa sortire il rilascio del permesso di soggiorno”) e civile (Cassazione civile sez. II, 14/12/2017, n.30069 che ha affermato che “Poiché il patrocinio a spese dello Stato rappresenta una implicazione necessaria del diritto alla difesa costituzionalmente garantito dall'art. 24 Cost., il requisito di "straniero regolarmente soggiornante", richiesto dall'art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002 per accedere ad esso, deve essere interpretato in senso estensivo, comprendendovi anche lo straniero che abbia in corso un procedimento (amministrativo o) giurisdizionale, dal quale possa derivare il rilascio del permesso di soggiorno, come avviene nel caso di azione ai sensi dell'art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, ove il requisito previsto in via generale per l'accesso degli stranieri al patrocinio a spese dello Stato costituisce il bene della vita ottenibile all'esito del giudizio, sicché, richiederlo come presupposto dell'ammissione al patrocinio, si tradurrebbe in una lesione del principio di effettività della tutela giurisdizionale”).

In senso contrario si era espressa invece altra giurisprudenza più risalente (T.a.r. Catania, n.632/2012), secondo cui l'impugnativa del diniego di emersione, rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno (precisandosi che, per quanto attiene al rinnovo, fa eccezione l'ipotesi in cui si tratti di straniero che chiede il rinnovo prima della scadenza del titolo o comunque entro i termini di legge) non rientra in alcuna delle previsioni che ammettono lo straniero al gratuito patrocinio, non trattandosi di cittadino italiano (art. 74 D.P.R. n. 115/2002 - T.U. Spese di giustizia), né di straniero regolarmente soggiornante (art. 119 del medesimo D.P.R.), né di soggetto destinatario di un provvedimento di espulsione (art. 142).

Deve invece sicuramente escludersi la possibilità di accedere al gratuito patrocinio per i cittadini extracomunitari che richiedano il visto di ingresso, considerato che la loro assenza fisica dal territorio dello Stato non consente alcun tipo di interpretazione estensiva delle norme di riferimento.

Per quanto invece riguarda la possibilità per enti o associazioni di essere ammessi al gratuito patrocinio, la giurisprudenza amministrativa ha in prevalenza ritenuto che l'art. 119 T.U. non implica l'ammissione tout court di tali enti (ed in specie delle onlus) al gratuito patrocinio, ma va letta ed interpretata unitariamente con le restanti disposizioni in materia e, quindi, nel senso che il trattamento di cui può godere il cittadino, persona fisica, è esteso anche ad enti ed associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica purché, però, rientrino nei parametri reddituali di cui all'art. 76 del medesimo T.U., applicabili a tutte le ipotesi di patrocinio (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 13/07/2016, n.1757).

Nello stesso senso si è espressa la giurisprudenza civile che ha osservato che l'art. 119 citato estende il trattamento previsto per i cittadini italiani anche agli enti o associazioni senza fine di lucro non esercenti attività economica: anche per questi soggetti, tuttavia, è richiesto un requisito di tipo reddituale o economico. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito che consentono l'ammissione al gratuito patrocinio si deve tenere conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'Irap. (Tribunale Milano Sez. spec. Impresa, 05/02/2018 che non ha ammesso un ente no-profit – il Codacons –al gratuito patrocinio in quanto dal bilancio risultava una capacità economica significativa, tale da escludere si trattasse di soggetto non abbiente).

Va infine richiamata una recente pronuncia del Giudice delle Leggi che ha ritenuto infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 119, ultima parte, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, censurato per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non consente l'accesso al gratuito patrocinio ad un ente di volontariato — che svolga un'attività di sicuro rilievo sociale — solo in quanto soggetto esercente un'attività economica.

La Corte ha infatti sottolineato come la discrezionalità del legislatore nell'individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia è stata esercitata, con la previsione censurata, entro i confini costituzionalmente imposti. Non può reputarsi manifestamente irragionevole, infatti, la scelta legislativa in base alla quale, in controversie civili, amministrative, contabili o tributarie, è esclusa l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato di enti o associazioni, i quali, se pure non perseguono fini di lucro, esercitano una attività economica che — proprio perché tale, e a prescindere dalla destinazione degli eventuali utili e dalla consistenza di cespiti patrimoniali — consente accantonamenti in vista, fra l'altro, proprio di eventuali contenziosi giudiziali. Una situazione, questa, assai diversa da quella che caratterizza il regime che disciplina il beneficio in favore delle persone fisiche, per le quali l'attività economica si traduce in un reddito che, sotto soglie che spetta al legislatore determinare, giustifica l'intervento dello Stato a tutela e garanzia dell'effettivo esercizio del diritto di azione e di difesa. Né vale di per sé l'argomento secondo il quale agli enti e alle associazioni non profit sia già riconosciuta, in vari settori dell'ordinamento, un'ampia gamma di benefici a sostegno della funzione sociale che svolgono (sentt. nn. 287 del 2008, 237 del 2015, 178, 219 del 2017, 16 del 2018) (Corte Costituzionale, 6 marzo 2019, n.35).

Segue: gli effetti dell'ammissione al gratuito patrocinio

L'ammissione al benefìcio del patrocinio a spese dello Stato comporta la gratuità della prestazione professionale espletata nel processo, le cui spese (in parte anticipate, in parte prenotate a debito) sono poste a carico dell'Erario.

Ne consegue che chi è ammesso al patrocinio può nominare un difensore scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso i consigli dell'ordine del distretto di Corte di appello nel quale ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo (art. 80, comma 1, T.U.), per quanto chi è ammesso al patrocinio può anche nominare un difensore iscritto negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato scelto al di fuori del distretto individuato secondo le regole stabilite dai commi 1 e 2 dell'art. 80 T.U. (art. 80, comma 3).

Va rammentato che la revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio provvisoriamente concessa dalla Commissione e disposta dal Giudice ai sensi dell'art. 136 T.U., non incide sulla validità della procura alle liti e dell'attività processuale svolta, ma ha l'unico effetto di ripristinare l'obbligo della parte assistita in giudizio di sopportare personalmente le spese della sua difesa (Cass. I, n. 5364/2010).

L'onorario e le spese spettanti al difensore che assiste il soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato sono infatti liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento (art. 82, comma 1, T.U.), ed il successivo art. 83 del t.u., al comma 2, dispone che “la liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all'atto della cessazione dell'incarico dal giudice che ha proceduto”.

Al riguardo va evidenziato che il comma 3 bis della norma in parola, introdotto dall'art. 1, co. 783 della l. 208/2015, ha precisato che “il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”.

Alla luce di ciò è stato affermato che se l'ordinanza cautelare emessa dal T.A.R. viene appellata, il giudice che procede va individuato nel Consiglio di Stato, non avendo rilievo il richiamo alla circostanza che il giudice di primo grado è quello che pronuncia la sentenza che definisce il grado di giudizio, perché il legislatore, al fine dell'individuazione del “giudice che ha proceduto”, dà rilievo all'interno del grado di giudizio alle singola fase del processo (Parere dell'Ufficio Studi della GA in tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo amministrativo del 29/08/2019).

Va tuttavia segnalata una precedente e più risalente pronuncia del Consiglio di Stato, che ha invece ritenuto che la competenza ad effettuare la liquidazione definitiva spetti, in relazione all'incidente cautelare, al giudice di primo grado anche quando sia intervenuta una pronuncia cautelare del giudice di appello, tanto sul presupposto che l'organo giudicante che procede debba essere individuato nel giudice che pronuncia la sentenza che definisce il grado di giudizio (Cons. Stato, sez. IV, ord. n. 5626/2012).

Sempre in punto di liquidazione va rammentato che l'art. 130-bis T.U., introdotto dal d.l. n. 113/2018, mutuando una norma già dettata per il processo penale dal precedente art. 106, oggi dispone, in tema di onorario al difensore della parte ammessa al gratuito patrocinio, che “Quando l'impugnazione, anche incidentale, è dichiarata inammissibile, al difensore non è liquidato alcun compenso”.

Al riguardo deve peraltro sottolinearsi che la Corte Costituzionale, nel pronunciarsi sull'art. 106 T.U. citato, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione alla menzionata norma, perché, in tema di patrocinio a spese dello Stato, “è cruciale l'individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia. In questa prospettiva la citata norma, che nega il compenso dell'avvocato quando il ricorso è inammissibile, è volta a scoraggiare la proposizione, a spese dello Stato, di impugnazioni superflue, il cui esito di inammissibilità sia largamente prevedibile” (Corte Costituzionale, 30 gennaio 2018, n. 16).

Quanto all'ulteriore questione del se la locuzione di legge “al difensore non è liquidato alcun compenso” in caso di inammissibilità̀, imponga anche di procedere alla revoca delle somme già liquidate per la fase cautelare, o per il giudizio di primo grado, quando l'esito finale del giudizio è la inammissibilità, è stato osservato che in tali ipotesi - in applicazione del generale principio della ripetizione dell'indebito (art. 2033 c.c.) — è necessario senz'altro procedere alla revoca del provvedimento di liquidazione delle somme già liquidate e conseguente recupero delle stesse ( Parere dell'Ufficio Studi della GA in tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo amministrativo del 29/08/2019)

Va infine rammentato che In caso di liquidazione delle spettanze al difensore, trovano applicazione i criteri di cui all'art. 82, commi 1 e 2, T.U. e che contro il decreto di pagamento, l'art. 84 T.U. consente l'opposizione a norma dell'art. 170 del medesimo decreto.

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