Conto corrente cointestato: prova contraria alla presunzione di contitolarità delle somme

13 Ottobre 2022

È sufficiente a superare la presunzione di contitolarità delle somme derivanti da rapporti bancari intestati a più persone la circostanza che i versamenti siano stati eseguiti materialmente solo da uno dei contitolari?

Massima

Il giudizio sul superamento della presunzione di contitolarità, nel quale assume valore decisivo la prova del titolo di acquisto delle somme versate, sarà condizionato dal grado di sufficienza delle evidenze processuali relative al caso concreto.

Il caso

L'erede universale di uno dei cointestatari di un libretto di deposito nominativo evocava in giudizio la banca e gli altri tre cointestatari deducendo che l'importo di euro 100.000,00 presente sul libretto al momento della morte del de cuius era il frutto di due ingenti versamenti di denaro appartenenti al suo dante causa, con conseguente diritto alla restituzione dell'intera somma.

Il Tribunale e la Corte d'appello rigettavano la domanda attorea sul presupposto che non era stata superata la presunzione di cui all'art. 1298, comma 2, c.c. che regola i rapporti interni tra i cointestatari di contratti bancari. In particolare, i giudici di merito non riconoscevano carattere concludente alla dedotta circostanza che almeno l'importo di euro 30.000,00 fosse di pertinenza esclusiva del de cuius perché derivante dalla vendita di un suo immobile, tenuto conto sia della divergenza di tale somma dall'importo in seguito depositato dal cointestatario, pari a euro 60.000,00, sia del rilevante periodo intercorso tra la vendita e il versamento in questione.

La Corte di Cassazione rigettava il ricorso condividendo le argomentazioni svolte dai giudici di merito ed evidenziando che per il superamento della presunzione di cui all'art. 1298, comma 2, c.c. non era sufficiente dimostrare che il versamento fosse stato materialmente eseguito dal de cuius, essendo, invece, dirimente la prova della pertinenza esclusiva, in base al titolo di acquisto, del denaro versato in capo all'originario cointestatario del libretto, nella specie non fornita dal suo avente causa.

La questione

È sufficiente a superarela presunzione ex art. 1298, comma 2, c.c. di contitolarità delle somme derivanti da rapporti bancari intestati a più persone la circostanza che i versamenti siano stati eseguiti materialmente solo da uno dei contitolari?

Le soluzioni giuridiche

La risposta della Corte di Cassazione è negativa per le seguenti ragioni.

La decisione che si annota, partendo dal consolidato principio secondo cui «nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall'art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall'art. 1298, comma 2, c.c., in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente», e valorizzando il fatto che trattasi di presunzione legale “iuris tantum che dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, superabile attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, ha affermato che tale prova contraria presuppone la dimostrazione non solo che la materiale operazione di versamento sia stata effettuata da un solo dei cointestatari, ma soprattutto che la stessa abbia avuto ad oggetto somme di pertinenza esclusiva dello stesso.

In sostanza, secondo la Suprema Corte, il versamento materialmente effettuato da uno dei contitolari non comprova di per sé la titolarità esclusiva delle somme versate, non potendosi escludere, in assenza di elementi di senso contrario, che tale versamento abbia avuto come oggetto somme di pertinenza dell'altro cointestatario.

In conformità a tali principi, la sentenza in commento ha, altresì, affermato che nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se titolare della facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell'altro, della somma versata in misura eccedente la quota di sua spettanza, in relazione sia al saldo finale del conto che all'intero svolgimento del rapporto, mentre, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, l'altro, nel rapporto interno, non può avanzare pretese su tale saldo.

Osservazioni

L'unica disposizione dedicata al fenomeno della cointestazione dei rapporti bancari si rinviene nell'art. 1854 c.c., che, per l'ipotesi di contratto di conto corrente con firma disgiunta, stabilisce il principio della solidarietà sia attiva che passiva dei cointestatari.

Tale norma regola i rapporti esterni tra banca e clienti.

Diversamente, per i rapporti interni, come evidenziato dalla pronuncia che si annota, trova applicazione l'art. 1298, comma 2, c.c., secondo cui l'obbligazione in solido si divide in parti uguali tra i diversi cointestatari, se non risulta diversamente (Cass. n. 77/2018; Cass. n. 18777/2015; Cass. n. 26991/2013; Cass. n. 4066/2009; Cass. n. 8758/1993; Cass. n. 8718/1994 riguardo al “conto provvisorio”).

In dottrina si è evidenziato che il legislatore, consentendo la prova contraria alla contitolarità, ammette che gli interessi negoziali possano divergere dalla funzione tipica del meccanismo contabile comune delineato dall'art. 1854 c.c., rappresentato dallo svolgimento del servizio di cassa in favore di tutti i contitolari del conto corrente bancario.

Pertanto, nell'esercizio dell'autonomia privata, l'operazione di cointestazione può essere usata per soddisfare le più disparate esigenze delle parti, così da integrare, secondo i casi, gli effetti giuridici di una liberalità non donativa - che può giustificare l'arricchimento di uno dei cointestatari in presenza di versamenti in denaro di pertinenza esclusiva dell'altro contitolare, - di un contratto solutorio - ove la cointestazione si colleghi ad un diverso rapporto patrimoniale delle parti -, o di un contratto di mandato concluso nell'esclusivo interesse del titolare delle somme depositate.

Ecco allora che, attraverso l'esame della funzione in concreto del contratto, la presunzione della comproprietà di cui all'art. 1298, comma 2, c.c. potrà essere vinta o confermata.

In tale prospettiva, assume particolare rilievo la verifica della reale titolarità delle somme e degli interessi negoziali sottesi all'operazione economica, specie allorquando avvenga la morte di uno dei cointestatari e vi siano contestazioni sulla quota di spettanza degli eredi e degli altri contitolari.

Secondo alcuni autori, gli eredi dell'originario correntista possono dimostrare con ogni mezzo, anche tramite presunzioni, la reale funzione sottesa al meccanismo contabile di cointestazione e perfino impedire l'operatività della solidarietà dal lato attivo attraverso la prova dell'esistenza di un'obbligazione a interesse unisoggettivo, cui potrebbe essere sottesa una funzione meramente gestoria della cointestazione, riscontrabile ove la stessa sia stata strutturata dalle parti come un mandato senza rappresentanza all'amministrazione di fondi di esclusiva pertinenza di uno dei cointestatari (in senso contrario v. Cass., n. 19305/2006; Cass., n. 886/2004).

In tal caso, si è osservato che l'assenza di solidarietà attiva discende dalla previsione contenuta nel primo comma dell'art. 1298 c.c., con possibilità per gli eredi di pretendere la restituzione dal cointestatario sia del saldo attivo sia delle somme prelevate durante il rapporto.

In caso contrario, l'obbligazione solidale deve considerarsi d'interesse comune e le pretese degli eredi possono essere soddisfatte solo sulla quota che, in mancanza di prova contraria, si presume uguale agli altri in forza del secondo comma dell'art. 1298 c.c. (Trib. Milano, n. 487/2022; Trib. Pavia, n. 1437/2021; Trib. L'Aquila, n. 426/2021; Trib. Savona, 3.8.2020; Trib. Monza, n. 2788/2019).

Ecco allora che, come evidenziato dalla decisione che si annota, nei rapporti interni, salvo prova contraria, i cointestatari non possono appropriarsi dell'intera somma depositata sul conto in misura eccedente la loro quota, in relazione sia al saldo finale del conto che all'intero svolgimento del rapporto (Cass. n. 77/2018; Cass. n. 18777/2015; Cass. n. 26991/2013; Cass. n. 4066/2009; Cass. n. 1087/2000; Cass., n. 3241/1989), mentre, ove il saldo attivo discenda dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare diritti sul saldo medesimo (Cass. n. 23403/2022; Cass. n. 29324/2021; Cass. n. 4838/2021).

Alla luce di tali principi recepiti dalla giurisprudenza prevalente, va respinta l'idea di una correlazione assoluta tra la cointestazione del conto e la titolarità in eguale percentuale in capo a ciascun cointestatario delle somme in esso contenute, essendo ammessa la prova di un diverso assetto delle quote di spettanza da parte di chi rivendichi una titolarità maggiore o esclusiva delle stesse. Né, in termini generali, può ritenersi che la mera cointestazione possa essere interpretata come volontà dell'originario intestatario di attribuire la proprietà di somme agli altri cointestatari, in assenza di prova di una chiara manifestazione in tal senso (Cass. n. 25648/2021; Cass. n. 15966/2020; Trib. Roma, n. 8546/2021).

Come visto, la presunzione di contitolarità sancita dall'art. 1298, comma 2, c.c. può essere superata attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti (Cass. n. 1087/2000).

Con riferimento a ciò, la pronuncia in commento, in conformità all'orientamento giurisprudenziale prevalente, ha fatto notare che «la dimostrazione di avere avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro versato sul conto corrente non è sufficiente a vincere la presunzione, perché la cointestazione vale a rendere solidale il credito o il debito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno solo dei cointestatari o da un terzo a favore dell'uno, dell'altro o di entrambi, essendo, al contrario, dirimente la prova che il titolo di acquisto di quel denaro rendeva lo stesso di pertinenza esclusiva del solo cointestatario che lo ha poi versato» (Cass. n. 4496/2010).

Nel caso esaminato, la Suprema Corte ha evidenziato che la circostanza che gli altri cointestatari risiedevano all'estero, in assenza di elementi di segno contrario circa la provenienza delle somme depositate, ben poteva giustificare che i versamenti erano stati eseguiti materialmente dal dante causa del ricorrente.

Tale conclusione si basa sulla constatazione che i versamenti compiuti da uno dei cointestatari possono giustificarsi sulla base di diverse esigenze delle parti (personali o organizzative), sicché non può escludersi che un contitolare versi sul conto somme appartenenti in via esclusiva all'altro cointestatario.

Posto che la cointestazione rende il credito solidale, il versamento materialmente effettuato da uno dei correntisti, ove non corroborato da altri elementi probatori atti a rappresentare il titolo di acquisto delle somme versate, non è, quindi, sufficiente a superare la presunzione di contitolarità ex art. 1298, comma 2, c.c..

In adesione a tale principio, la giurisprudenza ha ritenuto idonei al raggiungimento della prova contraria i seguenti elementi presuntivi: conto corrente alimentato per la quasi totalità con denaro proveniente dal conto corrente e dagli investimenti che uno dei cointestatari aveva presso altra banca (Trib. Torino, n. 3794/2020); contestualità del prelievo dal libretto intestato al de cuius e del versamento sul libretto cointestato e corrispondenza della somma prelevata rispetto a quella versata, unite all'assenza di elementi di segno contrario riguardo alla provenienza degli importi in contesa (Trib. Rieti, n. 494/2021); precedente intestazione al marito di un conto con depositi di importi superiori, brevissima durata del matrimonio e impossibilità di risparmi familiari apprezzabili (Cass., n. 1087/2001); titolarità in capo al coniuge legalmente separato di un conto corrente personale utilizzato per l'accredito dello stipendio e il pagamento delle utenze (Cass., n. 18777/2015).

In conclusione, può affermarsi che il giudizio sul superamento della presunzione di contitolarità, nel quale assume valore decisivo la prova del titolo di acquisto delle somme versate, sarà condizionato dal grado di sufficienza delle evidenze processuali relative al caso concreto.

Riferimenti
  • Ferri, voce Conto corrente di corrispondenza, in Enc. dir., IX, Milano, 1961;
  • Salnitro, Conto corrente bancario, in Dig. Comm., Torino, 1989;
  • Renda, La contitolarità dei depositi bancari, Cedam,1981;
  • Rubino De Ritis, La cointestazione del conto corrente bancario, Giappichelli, 2008;
  • Costa, Conte corrente bancario cointestato e morte del contitolare, in Contratti, 2021, 2, 216;
  • Mazzariol, Conto corrente cointestato e morte di un correntista: alle soglie di in nuovo contrasto?,in Nuova giur. civ., 2020, 5, 1999;
  • Minervini, In tema di conto corrente bancario cointestato e di morte del cointestatario, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, 746;
  • Musto, Il conto corrente cointestato: da fattispecie <tipica> a <tipologia> di liberalità non donativa, in Nuova giur. civ., 2012, 9, 20549;
  • Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Giuffrè, 1996.

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