Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: l'appello

Renato Bricchetti
18 Gennaio 2023

Approfondimento aggiornato al d.l. n. 162/2022 convertito con modificazioni nella l. n. 199/2022 (che ha introdotto modifiche a talune previsioni transitorie della riforma Cartabia penale). Nel dare attuazione alla legge delega approvata dal Parlamento, il legislatore è intervenuto sul contenuto del comma 3 ed ha previsto l'inappellabilità — oltre che, come già disposto, delle sentenze di condanna con cui sia stata applicata la sola pena dell'ammenda — anche delle sentenze di condanna con cui sia stata applicata la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità nonché delle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa.
Inappellabilità

a) Il Parlamento ha delegato il Governo a prevedere l'inappellabilità:

  • delle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa;
  • delle sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa;
  • delle sentenze di condanna a pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità.

Queste sentenze dovranno essere, dunque, soltanto ricorribili per cassazione.

b) Attualmente l'art. 593, comma 3, c.p.p. dedicato ai casi di appello, stabilisce l'inappellabilità:

  • delle sentenze di condanna per contravvenzione per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda;
  • delle sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con la sola pena dell'ammenda o con pena alternativa (arresto o ammenda).

c) Con una delega così specifica, il Governo si è limitato a modificare:

  • il comma 3 dell'art. 593 c.p.p. (art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) che ora prevede che siano in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nonché le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda) o con pena alternativa (reclusione o multa; arresto o ammenda):
  • il comma 3-quater dell'art. 428 c.p.p. (art. 23, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 150/2022) che ripete quest'ultima formula: «Sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa».

Le novità riguardano, oltre alle sentenze di condanna per le quali è stata applicata la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, i delitti puniti con la sola multa o con la pena alternativa della multa e della reclusione.

Esclusi quelli di competenza del Giudice di pace sono puniti con pena alternativa alcuni delitti previsti dal codice penale, tra i quali: l'omissione di atti d'ufficio (art. 328, secondo comma, c.p.); la violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa (art. 335 c.p.); l'astensione dagli incanti (art. 354 c.p.); l'omessa denuncia di reato da parte del cittadino (art. 364 c.p.); il rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 c.p.); l'evasione per colpa del custode (art. 387 c.p.); la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.); l'adulterazione o contraffazione in danno della pubblica salute di cose destinate al commercio, diverse dalle sostanze alimentari (art. 441 c.p.); l'omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro (art. 451 c.p.); la frode nell'esercizio del commercio (art. 515 c.p.); maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.); la violazione degli obblighi di assistenza familiare (artt. 570, primo comma, e 570-bis c.p.); le lesioni personali colpose (art. 590 c.p.); l'omissione di soccorso (art. 593 c.p.); la propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa (art. 604-bis, primo comma, lett. a), c.p.); la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza (art. 616, primo comma, c.p.); la rivelazione del contenuto di corrispondenza (art. 618 c.p.); l'insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.).

Si tratta di reati per i quali l'azione penale è esercitata con citazione diretta a giudizio (art. 550 c.p.p.). Non è, quindi, prevista udienza preliminare, a meno che il pubblico ministero, in presenza di più imputazioni alcune delle quali impongano che l'azione penale sia promossa con richiesta di rinvio a giudizio, proceda in tal senso (art. 551 c.p.p.). L'epilogo dell'udienza preliminare con pronuncia della sentenza di non luogo a procedere determina in tal caso una diversificazione del mezzo di impugnazione: ricorso per cassazione per le imputazioni relative ai reati anzidetti; appello per tutte le altre. In tale evenienza è possibile, sussistendo tra le diverse imputazioni la connessione di cui all'art. 12, che il ricorso per cassazione si converta nell'appello (art. 580 c.p.p.).

Specificità dei motivi d'appello

a) Il Parlamento ha invitato il legislatore delegato a prevedere l'inammissibilità dell'appello per mancanza di specificità dei motivi quando nell'atto manchi la puntuale ed esplicita enunciazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto espresse nel provvedimento impugnato.

b) Già le Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. pen., sez. un. 27 ottobre 2016, Galtelli) hanno chiarito quali siano, ai fini dell'ammissibilità dell'atto di appello, i requisiti di specificità dei relativi motivi.

La Corte ha affermato in particolare che «l'appello (al pari del ricorso per cassazione) è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato».

In tal modo si è confermato che, in sede di appello, l'esigenza di specificità del motivo deve essere valutata come nel giudizio di legittimità; d'altra parte, l'inammissibilità dell'atto di appello per difetto di specificità dei motivi, che la Corte territoriale erroneamente non ha qualificato come tale, può essere rilevata anche in Cassazione ai sensi dell'art. 591, comma 4 c.p.p.

Il requisito della specificità del motivo deve, dunque, sempre essere valutato con il medesimo metro, costituendo requisito indefettibile sia dell'appello che del ricorso per cassazione, pena l'inammissibilità.

La parte più significativa della decisione in esame è quella in cui la Corte disattende l'affermazione secondo cui le differenze tra appello e ricorso per cassazione si dovrebbero cogliere sul piano della genericità “estrinseca” o “relazionale”.

In altre parole, anche per l'appello è generico il motivo che si caratterizza per l'omesso confronto argomentativo con la motivazione della sentenza impugnata.

L'onere di specificità dei motivi, proposti con riferimento ai singoli punti della decisione, è “direttamente proporzionale” alla specificità delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, con riferimento ai medesimi punti.

In altri termini: se la sentenza non argomenta sul punto o lo fa in termini generici, anche l'appello generico non è inammissibile.

Ma se la sentenza è specificamente argomentata sul punto l'appello, per non essere inammissibile, deve criticare specificamente quelle argomentazioni.

Se l'argomento del giudice sul punto o sulla questione manca o è aspecifico, il motivo d'appello sul punto o sulla questione potrà essere legittimamente aspecifico. Il dovere di ragionare grava sia sul giudice che decide e spiega, sia sul difensore che impugna e critica la spiegazione, ed è un dovere correlato proporzionalmente.

c) Poteva bastare il diritto vivente, ma il legislatore delegato non poteva esimersi dall'intervenire e lo ha fatto (art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2022) con il nuovo comma 1-bis dell'art. 581 c.p.p.: «L'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione.».

La collocazione sistematica della disposizione non è impeccabile, dato che la stessa riguarda l'appello, non le impugnazioni in generale.

In ogni caso, non sembra che il legislatore delegato sia fuoriuscito dai confini tracciati dalle Sezioni unite.

Decisioni in camera di consiglio

a) L'esperienza maturata nel periodo di emergenza pandemica ha suggerito al Parlamento di delegare al Governo la previsione che il giudizio di appello si svolga con rito camerale non partecipato.

In deroga a quanto previsto dall'art. 127 c.p.p., la Corte di appello dovrà, dunque, giudicare sui motivi del ricorrente, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori.

È fatto salvo, tuttavia, il diritto della parte appellante e, anche se non appellante, dell'imputato o del suo difensore (non, dunque, le altre parti private o il pubblico ministero non appellanti) di richiedere di partecipare all'udienza.

La richiesta di discussione orale deve essere insindacabile, ma il Governo dovrà regolamentarla, prevedendo un termine perentorio entro il quale presentarla da coordinare con i termini previsti per il deposito delle richieste del Procuratore generale.

b) Il Governo ha risposto introducendo (art. 34, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 150/2022), anzi tutto, l'art. 598-bis c.p.p.per disciplinare il rito camerale non partecipato e le alternative al medesimo.

La disposizione era destinata ad applicarsi (ai sensi dell'art. 94, comma 2, del d.lgs. n. 150/2022) a decorrere dalla scadenza del termine fissato dall'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv., con mod., dalla l. 25 febbraio 2022, n. 15, vale a dire dal 1° gennaio 2023.

Il comma 2 è stato, tuttavia, modificato dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 e ora stabilisce che:

  • per le impugnazioni proposte entro il 30 giugno 2023 continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'art. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo e 9, e all'art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con mod., dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176;
  • se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo il 30 giugno 2023, si fa riferimento all'atto di impugnazione proposto per primo.

All'appello si applica l'art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7: fuori dai casi di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale (art. 603 c.p.p.), per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello procede in camera di consiglio non partecipata (cioè senza l'intervento del pubblico ministero e dei difensori), salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l'imputato manifesti la volontà di comparire (comma 1). Entro il decimo giorno precedente l'udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi dell'art. 16, comma 4, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv., con mod., dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, o a mezzo dei sistemi che sono resi disponibili e individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati. La cancelleria invia l'atto immediatamente, per via telematica, ai sensi dell'art. 16, comma 4, del citato d.l., ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica, ai sensi dell'art. 24 del d.l. n. 137/2020 (comma 2). Alla deliberazione la corte di appello procede con le modalità di cui all'art. 23, comma 9 (le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto. Dopo la deliberazione, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l'ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell'inserimento nel fascicolo il prima possibile). Il dispositivo della decisione è comunicato alle parti (comma 3). La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l'imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all'udienza (comma 4).

Dette disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche nei procedimenti di cui agli artt. 10 (appello in materia di misure di prevenzione personali) e 27 (appello in materia di misure di prevenzione patrimoniali) del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159) e agli artt. 310 (appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali) e 322-bis c.p.p. (appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero). In quest'ultimo caso, la richiesta di discussione orale di cui al comma 4 deve essere formulata entro il termine perentorio di cinque giorni liberi prima dell'udienza (comma 7).

L'art. 598-bis, rubricato «Decisioni in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti» è così articolato:

Rito camerale non partecipato (comma 1)

I) Il giudice di appello, se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'art. 127 (norma generale per la camera di consiglio partecipata), provvede in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti.

II) Il confronto è cartolare (richieste scritte del procuratore generale fino a quindici giorni prima dell'udienza; motivi nuovi e memorie delle parti e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica).

III) Il provvedimento è depositato in cancelleria e il deposito equivale alla lettura in udienza ai fini della pubblicazione di cui all'art. 545 c.p.p.

Rito partecipato a richiesta di parte (comma 2)

IV) Appellante (solo il difensore se la parte è privata) e, in ogni caso, imputato o suo difensore possono chiedere di partecipare all'udienza con richiesta irrevocabile da presentarsi, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione (art. 601 c.p.p.) o dell'avviso della data fissata per il giudizio di appello.

V) Se la richiesta è ammissibile, il giudice dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione delle parti e indica se l'appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall'art. 127 c.p.p. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato ai difensori.

Rito partecipato disposto d'ufficio (commi 3 e 4)

VI) La partecipazione delle parti va disposta d'ufficio:

  • per la rilevanza delle questioni sottoposte (in tal caso la corte indica se l'appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall'art. 127 c.p.p.);
  • quando è necessario procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale a norma dell'art. 603 c.p.p.

Anche in tal caso, Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato ai difensori, salvo che ne sia stato dato avviso con il decreto di citazione di cui all'art. 601.

b) Gli adempimenti connessi all'udienza di cui all'art. 598-bis c.p.p. e al provvedimento che la definisce sono stati collocati (dall'art. 41, comma 1, lett. ee) nel nuovo art. 167-bis disp. att. che stabilisce che l'avviso di deposito del provvedimento emesso dalla Corte di appello in seguito alla camera di consiglio, contenente l'indicazione del dispositivo, è comunicato a cura della cancelleria al procuratore generale e ai difensori delle altre parti. Anche questa disposizione si applicherà dal 1° gennaio 2023.

c) Il legislatore delegato ha, poi, sostituito (art. 34, comma 1, lett. e) il comma 1 dell'art. 599 (Decisioni in camera di consiglio con la partecipazione delle parti), stabilendo che la corte, quando dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione delle parti, provvede con le forme previste dall'art. 127 c.p.p.:

  • nei casi particolarmente previsti dalla legge (senza pretesa di completezza, oltre a quanto si è detto trattando dell'art. 598-bis c.p.p., v. artt.41, comma 3, 130, comma 2, 263, comma 5, 315, comma 3, 428, comma 3, 443, comma 4, 547, 646, comma 1, 704, comma 2, 714, comma 2, 734, comma 1, 741, 743, comma 2 c.p.);
  • quando l'appello ha ad oggetto una sentenza pronunciata in giudizio abbreviato a norma dell'art. 442 c.p.p.;
  • quando l'appello ha esclusivamente per oggetto i) la specie (art. 17 c.p.) o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze (art. 69 c.p.), ii) l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), di pene sostitutive (art. 20-bis c.p.), della sospensione condizionale della pena (art. 163 c.p.) o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario a richiesta di privati (art. 175 c.p.).

d) Un cenno merita, pur non essendo questa la sede del tutto appropriata, un'altra importante novità: l'art. 598-ter c.p.p., introdotto dall'art. 34, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 150/2022.

Disciplina l'assenza dell'imputato in appello (l'assenza, nell'udienza preliminare e in primo grado, è stata oggetto di ampio intervento del legislatore delegato: v. gli artt. 175, da 420 a 420-sexies, 489, 581, 585, 603, 604 e 629-bis, oltre che l'art. 143-bis disp. att. c.p.p.).

Stabilisce, in particolare, che:

  • nel caso di imputato appellante che, accertata la regolarità delle notificazioni, non sia presente all'udienza camerale partecipata (art. 599 c.p.p.) o a quella dibattimentale (art. 602 c.p.p.) si procede e si giudica in assenza anche fuori dei casi di cui all'art. 420-bis (comma 1);
  • nel caso di imputato non appellante, non presente all'udienza camerale partecipata (art. 599 c.p.p.) o a quella dibattimentale (art. 602 c.p.p.), accertata la regolarità delle notificazioni, si deve verificare se le condizioni per procedere in assenza, ai sensi dell'art. 420-bis, commi 1, 2 e 3 c.p.p. (citazione notificata in mani proprie o di persona da lui delegata; espressa rinuncia a comparire o a far valere un impedimento; prova dell'effettiva conoscenza della pendenza del processo e volontarietà e consapevolezza della sua assenza; dichiarazione di latitanza; volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo), siano soddisfatte e, qualora non risultino soddisfatte, la corte deve sospendere il processo e ordinare le ricerche dell'imputato per notificargli il decreto di citazione (comma 2);
  • nel caso di imputato non appellante non presente all'udienza di cui all'art. 598-bis, la corte accerta la regolarità della notificazione e, quando le condizioni per procedere in assenza, ai sensi dell'art. 420-bis, commi 1, 2 e 3 c.p.p., non risultano soddisfatte, provvede ai sensi del comma 2 (comma 4);
  • durante la sospensione del processo la corte, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili (comma 3).
Concordato (anche con rinuncia ai motivi d'appello)

a) La delega prevede che siano eliminate le preclusioni di cui all'art. 599-bis, comma 2 c.p.p.

Detta disposizione attualmente esclude dall'applicazione del concordato:

  • i delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.;
  • i delitti di cui agli artt. 600-bis, 600-ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater.1 c.p., relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies c.p.;
  • i reati e i procedimenti contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

Le medesime preclusioni sono inspiegabilmente rimaste nel patteggiamento “allargato” (art. 444, comma 1-bis c.p.p.).

b) Il legislatore delegato (art. 98, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150/2022) ha abrogato, quindi, il comma 2 dell'art. 599-bis ed è intervenuto sul medesimo articolo (art. 34, comma 1, lett. f) d.lgs. n. 150/2022):

  • prevedendo, al comma 1, che la dichiarazione sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello e la rinuncia agli altri eventuali motivi sono presentate «nelle forme previste dall'art. 589 c.p.p.», cioè nelle forme e nei modi previsti dagli artt. 581 e 582 c.p.p. (art. 589, comma 3 c.p.p.) e nel termine, previsto a pena di decadenza, di quindici giorni prima dell'udienza;
  • sostituendo il comma 3 nel senso che la corte, quando procede nelle forme di cui all'art. 598-bis c.p.p., se ritiene di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione delle stesse e indica se l'appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall'art. 127 c.p.p. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato alle altre parti. La richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte in udienza;
  • inserendo il comma 3-bis secondo il quale, la corte, quando procede con udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, seritiene di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, dispone la prosecuzione del giudizio;
  • inserendo il comma 3-ter per stabilire che la richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se la corte decide in modo difforme dall'accordo.

Anche in tal caso le nuove disposizioni si applicano dal 1° gennaio 2023.

Atti preliminari al giudizio. Dibattimento

Per i necessari coordinamenti, il legislatore delegato è intervenuto sugli artt. 601 e 602 c.p.p., rispettivamente dedicati agli atti preliminari al giudizio e al dibattimento.

a) Quanto all'art. 601 c.p.p., nel comma 1 è stata esclusa la citazione dell'imputato non appellante se l'appello è proposto per i soli interessi civili

Inoltre, con decorrenza 1° gennaio 2023:

  • il comma 2, come sostituito, impone che nel decreto di citazione a giudizio si debba far menzione del fatto che la corte, anteriormente alla citazione, ha disposto lo svolgimento dell'udienza con la partecipazione delle parti e si debba indicare se l'appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio, con le forme previste dall'art. 127;
  • il comma 3, come sostituito, stabilisce che il decreto di citazione deve contenere i) i requisiti previsti, per il decreto che dispone il giudizio, dall'art. 429, comma 1, lett. a) (generalità delle parti private), d-bis) (avviso all'imputato e alla persona offesa, della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa), f) (luogo, giorno e ora dell'udienza), e g) (data e sottoscrizione del giudice e di chi lo assiste) nonché l'indicazione del giudice competente, ii) fuori dal caso previsto dal comma 2, l'avviso che si procederà con udienza camerale non partecipata a meno che l'appellante o, in ogni caso, l'imputato o il suo difensore chiedano, nel termine perentorio di quindici giorni dalla notifica del decreto, di partecipare (avvertimento rispettoso dei diritti delle parti, non previsto nella legislazione pandemica) e che la richiesta di partecipazione può essere presentata dalla parte privata esclusivamente a mezzo del difensore.

Il termine per comparire non può essere inferiore a quaranta giorni (non più venti, come prima);

  • il comma 5, come modificato, prevede, infine, che l'avviso ai difensori sia notificato almeno quaranta (non più venti) giorni prima della data fissata per il giudizio.

b) Quanto all'art. 602 c.p.p. si è stabilito, modificando il comma 1 (con decorrenza 1° gennaio 2023), che fuori dei casi previsti dall'art. 599 c.p.p., la corte, quando dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione delle parti, provvede in pubblica udienza.

La già esaminata modifica dell'art. 599-bis c.p.p. ha, poi, imposto la soppressione del comma 1-bis.

Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale

a) Da qualche anno l'art. 603 c.p.p. è tornato al centro dell'attenzione.

I) La prima tappa è segnata da Cass. pen., sez. un., 28 aprile 2016, Dasgupta che ha affermato che la previsione contenuta nell'art. 6, § 3, lett. d), CEDU, relativa al diritto dell'imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU, implica che:

  • il giudice di appello, investito della impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, anche se emessa all'esito del giudizio abbreviato, con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilità penale dell'imputato, senza avere proceduto, anche d'ufficio, ai sensi dell'art. 603, comma 3, c.p.p. a rinnovare l'istruzione dibattimentale attraverso l'esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado;
  • anche il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l'istruzione dibattimentale, anche d'ufficio;
  • la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell'imputato, in riforma di una sentenza assolutoria, operando una diversa valutazione di prove dichiarative, ritenute decisive, delle quali non sia stata disposta la rinnovazione a norma dell'art. 603, comma 3, c.p.p. è affetta da vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. per mancato rispetto del canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio", di cui all'art. 533, comma 1 c.p.p.

II) La seconda tappa è rappresentata da Cass. pen., sez.un., 19 gennaio 2017, n. 18620, Patalano che ha confermato la sussistenza della anzidetta nullità con riguardo alla sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero, affermi la responsabilità dell'imputato, «in riforma di una sentenza assolutoria emessa all'esito di un giudizio abbreviato non condizionato».

III) È, poi, arrivato il comma 3-bis, entrato in vigore il 3 agosto 2017 («Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale») del quale forse non c'era bisogno, ma che ha consentito alla dottrina di porsi domande, di darsi risposte, di affacciare critiche e ai giudici di appello di interrogarsi sul requisito di specificità dell'appello del pubblico ministero.

IV) Sono, infine, seguite altre quattro pronunce delle Sezioni unite: Cass. pen., sez. un., 12 dicembre 2017, P.G. in proc. Troise (non vi è obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale nel caso di riforma in senso assolutorio di una sentenza di condanna di primo grado); Cass. pen., sez. un., 28 gennaio 2019, Pavan (anche le dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico nel corso del dibattimento costituiscono prove dichiarative); Cass. pen., sez. un., 28 gennaio 2021, Cremonini (l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale riguarda anche il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado) e Cass. pen., sez. un., 30 settembre 2021, D. (la riforma, in grado di appello, della sentenza di assoluzione non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva sia divenuta impossibile per decesso del dichiarante), una della Corte costituzionale: C. cost. 23 maggio 2019, n. 124 (che, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale del comma 3-bis dell'art. 603 c.p.p., ha avallato l'interpretazione delle Sezioni unite) e una della Corte EDU: 25 marzo 2021, Di Martino e Molinari c. Italia (che ha affermato l'inesistenza di una copertura convenzionale del diritto alla rinnovazione delle testimonianze quando l'imputato ha rinunciato volontariamente al diritto al contraddittorio, scelta giustificata e bilanciata dalla concessione di un beneficio sanzionatorio, che esclude l'obbligo di rinnovare in appello testimonianze non assunte in primo grado, anche nel caso in cui riformi radicalmente la decisione assolutoria, ma non impedisce agli Stati di prevedere garanzie maggiori).

b) Il Parlamento ha imposto una modifica dell'art. 603, comma 3-bis, imponendo al legislatore delegato di prevedere che, nel caso di appello contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale sia limitata ai soli casi di prove dichiarative “assunte in udienza nel corso del giudizio di primo grado”.

c) Il legislatore delegato ha sostituito (con l'art. 34, comma 1, lett. i), n. 1, d.lgs. n. 150/2022) il citato comma 3-bis dell'art. 603 c.p.p. che ora prevede che «Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, ferme le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all'esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato» a norma degli artt. 438, comma 5, e 441, comma 5 c.p.p.

Si è esclusa, dunque, la sentenza assolutoria emessa all'esito di un giudizio abbreviato non condizionato.

d) Sempre con riguardo alla disciplina dell'assenza dell'imputato nel giudizio di appello il legislatore delegato (art. 34, comma 1, lett. i), n. 2) ha inserito, nell'art. 603 c.p.p., il comma 3-ter per prevedere che la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale deve essere disposta anche quando l'imputato ne fa richiesta ai sensi dell'art. 604, commi 5-ter e 5-quater c.p.p. (sul quale v. infra).

Ma se nel giudizio di primo grado si è proceduto in assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420-bis, comma 3 c.p.p. (dichiarazione di latitanza o, comunque, volontaria sottrazione alla conoscenza della pendenza del processo.), la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta ai sensi dell'art. 190-bis c.p.p.,che prevede che l'esame sia ammesso i) solo quando riguarda un testimone o una delle persone imputate in un processo connesso indicate nell'art. 210 che abbiano già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali siano stati acquisiti a norma dell'art. 238, ii) solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono sulla base di specifiche esigenze e iii) quando si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis c.p.p., nonché per uno dei reati previsti dagli artt. 600-bis, primo comma, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater c.p., anche se relativi al materiale pornografico di cui all'art. 600-quater.1, 609-quinquies e 609-octies c.p., se l'esame riguarda un testimone minore degli anni diciotto e, in ogni caso, quando l'esame testimoniale richiesto riguarda una persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità (art. 90-quater).

e) Venendo all'art. 604 c.p.p., che disciplina le questioni di nullità nel giudizio di appello, il legislatore delegato (con l'art. 34, comma 1, lett. l), n. 1 e 2, d.lgs. n. 150/2022) ha sostituito il comma 5-bis e aggiunto i commi 5-ter e 5-quater.

Il comma 5-bis stabilisce che il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza di primo grado (e disporre la trasmissione degli atti al giudice che procedeva quando si è verificata la nullità) qualora si sia proceduto in assenza dell'imputato nonostante la dichiarazione di assenza fosse avvenuta in mancanza dei già citati presupposti previsti dall'art. 420-bis, commi 1, 2 e 3 c.p.p.

È necessario, peraltro, che la questione di nullità sia sollevata nell'atto di appello. La nullità è altrimenti sanata (le sanatorie generali delle nullità sono previste dall'art. 183).

In ogni caso – così si chiude il comma - «la nullità non può essere rilevata o eccepita se risulta che l'imputato era a conoscenza della pendenza del processo ed era nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata».

Il divieto, nel caso anzidetto, di rilevare o eccepire la nullità strappa un sorriso; forse era più semplice dire che in tal caso non si verifica alcuna nullità.

Il comma 5-ter prevede, poi, che, fuori dai casi previsti dal comma 5-bis e ferma restando la validità degli atti regolarmente compiuti in precedenza, l'imputato è sempre restituito nel termine per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto a) se prova che, per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, si è trovato nell'assoluta impossibilità di comparire in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto e che non ha potuto trasmettere tempestivamente la prova dell'impedimento senza sua colpa, b) se prova, nei sopra indicati casi di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 420-bis c.p.p., di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non essere potuto intervenire senza sua colpa in tempo utile per esercitare le facoltà dalle quali è decaduto.

f) Collegata è la nuova lettera b-bis) inserita (con l'art. 35, comma 1, lett. b), n. 2, d.lgs. n. 150/2022) nel comma 1 dell'art. 623 c.p.p. dedicato all'annullamento con rinvio della Corte di cassazione.

La nuova disposizione prevede che, se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall'art. 604, comma 5-bis c.p.p. (dichiarazione di assenza in mancanza dei presupposti), la Corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice del grado e della fase in cui si è verificata la nullità o, nei casi previsti dall'art. 604, comma 5-ter c.p.p.(dichiarazione di assenza correttamente dichiarata alla quale fa seguito la dimostrazione da parte dell'imputato che una reale conoscenza del procedimento penale non c'era stata), al giudice del grado e della fase nella quale può essere esercitata la facoltà dalla quale l'imputato è decaduto, salvo risulti che l'imputato era a conoscenza della pendenza del processo e nelle condizioni di comparire in giudizio prima della pronuncia della sentenza impugnata

Infine, il comma 5-quater stabilisce che, in presenza di tali prove, la sentenza va annullata (con trasmissione degli atti al giudice della fase nella quale può essere esercitata la facoltà dalla quale l'imputato è decaduto) a meno che l'imputato chieda di patteggiare (art. 444 c.p.p.) oppure, in caso di contravvenzione, richieda l'oblazione (art. 141 disp. att. e artt. 162 e 162-bis c.p.) al fine di giungere all'estinzione del reato o formuli esclusivamente istanza (ecco il collegamento con l'art. 603) di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.

In questi casi è lo stesso giudice di appello a provvedere e, qualora decida di rigettare l'istanza, la stessa non può essere riproposta. E si procede oltre nel giudizio di appello. Resta da stabilire se l'imputato, vistasi rigettare una delle istanze, possa proporne una delle altre due. Una risposta che abbia un minimo di fondamento passa dal significato che si deve attribuire all'avverbio “esclusivamente” collegato alla sola richiesta di rinnovazione.

D'altro canto, sarebbe contrario all'economia del processo, non accogliere fondate richieste di patteggiamento o di oblazione solo perché la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale che le ha precedute è stata rigettata.

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