L'identità professionale del mediatore familiare: le novità della Riforma
02 Dicembre 2022
Inquadramento
Con l'approvazione della legge delega 26 novembre 2021, n. 206, il Legislatore ha assunto il considerevole impegno di realizzare una definitiva riforma dell'impianto della giustizia italiana per garantire maggiore efficienza, efficacia e capacità di risposta alle esigenze della comunità. A settembre 2022 le Commissioni Giustizia della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, conformemente alle previsioni di cui all'art. 1 comma 2° della legge delega, hanno espresso parere favorevole agli schemi del decreto legislativo di attuazione dei principi e criteri direttivi contenuti nella 206/2021 i quali, oltre a porsi l'imponente traguardo di riformare il rito per le controversie in materia di famiglia, minorenni e persone, sono caratterizzati dall'intenzione di diffondere e imprimere una rinnovata cultura della separazione, ispirata a nuove virtuose prassi che coinvolgano non solo il nucleo familiare ma tutti coloro che, a vario titolo, intervengono nella vicenda separativa. Su tale punto, la riforma, tra i suoi molteplici obiettivi, si propone di promuovere e incentivare la ricerca di soluzioni specifiche e non stereotipate per le famiglie che attraversano il momento della separazione e del divorzio. Muovendosi in questa direzione, l'intervento riformativo prevede di sistematizzare lo strumento della mediazione familiare e di regolamentare la professione di coloro che la praticano, pur rilevandosi che nelle disposizioni della legge delega e successivo decreto attuativo n. 149/2022 non viene riportata una specifica definizione di cosa sia la mediazione familiare. Potrà così risultare pratico che nel presente approfondimento si tratteggi che cosa sia il percorso di mediazione familiare, conferendo a tale strumento una precisa cornice descrittiva oltre che normativa, e che si delinei chi sia il mediatore familiare, per fare chiarezza rispetto alla funzione specifica che tale professionista riveste all'interno del conflitto familiare e poter comprendere più compiutamente le innovazioni legislative apportate dalla riforma del processo civile, contenute nel decreto legislativo n. 149/2022. Secondo l'Associazione GeA – Genitori Anco′ra, che da più di trent'anni si occupa attivamente di mediazione familiare e che per prima in Italia, alla fine anni '80 con l'impegno del Prof. Fulvio Scaparro e della dott.ssa Irene Bernardini, ha introdotto nel nostro paese questo strumento di gestione del conflitto, la mediazione familiare è “un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o a seguito di una separazione o di un divorzio. Il mediatore familiare, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall'ambito giudiziario, si adopera affinché padre e madre, insieme, elaborino in prima persona un programma di separazione (che tenga conto degli aspetti psicologici, relazionali, patrimoniali e organizzativi)soddisfacente per sé e per i figli in cui possano esercitare la comune responsabilità”. In tale definizione è contenuta l'essenza di ciò in cui consiste la mediazione familiare e di chi è il mediatore familiare. Per comprendere ancor meglio la natura di questo strumento è di aiuto l'esperienza del Prof. Fulvio Scaparro che così integra la definizione di mediazione:«Il mediatore ha l'obiettivo di promuovere e facilitare l'autonoma negoziazione tra le parti per agevolare il raggiungimento di accordi condivisi e durevoli. I genitori potranno così sperimentare un metodo di composizione dei conflitti che potrà essere riutilizzato nel futuro». E soprattutto, spiega cosa non è la mediazione familiare: - non è psicoterapia, anche se un buon intervento di mediazione familiare può avere effetti terapeutici; - non è soluzione di conflitti:non è un mezzo per stabilire chi ha ragione e chi ha torto, essa punta invece a mettere le parti in condizione di uscire da momenti di impasse che le vede bloccate in situazioni stagnanti; -non è un arbitrato né consulenza legale, finanziaria, psicopedagogica o comunque “tecnica”. Comprendiamo, quindi, come il mediatore familiare non sia un consulente ma sia un facilitatore della comunicazione tra i genitori; darà il suo contributo per aiutarli a lavorare su aspetti affettivi, legali e finanziari che sono spesso tra di loro intrecciati, senza sostituirsi ad avvocati, giudici, medici, consulenti finanziari, psicologi e psicoterapeuti. Il mediatore familiare si adopera così affinché i genitori riattivino la comunicazione e raggiungano in prima persona accordi direttamente negoziati, rispetto a bisogni e interessi da loro stessi individuati e definiti, con particolare attenzione ai figli, per agevolare il mantenimento e l'esercizio della comune responsabilità genitoriale. Egli è imparziale, indipendente ed è tenuto al segreto professionale, rispetta i principi di buona fede, della correttezza ed esercita la propria attività con rigore e trasparenza. Con l'aiuto del mediatore familiare, anziché delegare un giudice di assumere decisioni riguardo alla loro vita futura, sono i genitori stessi a individuare e definire le condizioni del loro nuovo ricercato equilibrio familiare e questo fa si che, durante la fase di negoziazione, essi si riapproprino di un di maggiore consapevolezza e di un positivo senso di dignità. È importante sapere che il percorso di mediazione familiare ha una durata limitata nel tempo (massimo 10/12 incontri), si inscrive in un sistema sul quale è già intervenuto un cambiamento, o quantomeno una decisione (separazione o divorzio) e ha come obiettivo quello di creare un nuovo equilibrio tra i genitori. L'intervento è circoscritto a obiettivi predefiniti, gli argomenti sono trattati in successione e si lavora sul presente per organizzare al meglio e in modo duraturo i rapporti nel futuro. Ha, quindi, finalità pratiche, per questo ci si concentra sui pensieri comuni, in particolare sui problemi da risolvere e non sulle cause della rottura del rapporto. Nel periodo di svolgimento degli incontri ogni azione legale o procedimento giudiziario va sospeso. Si tratta, quindi, di un percorso volontario in cui i due genitori siedono insieme nella stanza di mediazione per riprogettare insieme il loro futuro a seguito della separazione attraverso la condivisione di accordi riguardanti qualunque aspetto della loro vita familiare che sia da loro comunemente individuato. È, pertanto, uno strumento per la cura delle relazioni familiari al venir meno di quella solidarietà di intenti, di affetti e di unitaria progettualità della famiglia che aveva in precedenza contraddistinto e sorretto il percorso di vita dei due genitori. L'esperienza vissuta nelle aule di giustizia insegna che la vicenda separativa è sempre produttiva di un evento vissuto dai genitori come il fallimento di un progetto di vita inizialmente condiviso e sulla buona riuscita del quale entrambi i genitori hanno creduto, profuso sforzi e investito emotivamente. La capacità di elaborazione di questo passaggio varia da soggetto a soggetto in funzione delle risorse personali di cui ciascuno è dotato, ma si può ragionevolmente escludere che vi sia qualcuno in grado di passare del tutto indenne dall'esperienza di una separazione: anche chi l'ha voluta fortemente non potrà ritenersi libero dai nodi che si presentano quando le relazioni familiari debbano essere riorganizzate. È normale che i genitori incontrino difficoltà nel gestire la loro crisi relazionale e che rancori e recriminazioni tendano a prendere il sopravvento impedendo loro di comporre efficacemente il conflitto attraverso un reciproco confronto e rispetto. In tale scenario è altamente probabile che i genitori si ritrovino, per svariate ragioni, a delegare le proprie funzioni, anche genitoriali, in particolare ad avvocati e giudici e altre figure professionali che gravitano attorno a loro. I genitori che affrontano la crisi relazionale e decidono dunque di separarsi devono puntare, come prima cosa, a ricostituire un nuovo canale di comunicazione per recuperare e valorizzare le risorse in essa già presenti. I numerosi fascicoli che occupano i tavoli dei Giudici non possono che confermare che la maggior parte delle coppie che si separano, anche consensualmente, si trovano a dover ricorrere nuovamente al Tribunale a distanza anche di pochi mesi, sperimentando l'ulteriore fallimento di quegli accordi non realmente condivisi e accettati. Giudici, avvocati o Servizi Sociali sono così chiamati a intervenire sulla coppia genitoriale, svolgendo una funzione che non gli competerebbe, e cioè quella di ricostituire un “ponte” tra quei genitori che versano in una situazione di emergenza e di conflitto spesso estremamente elevato. Valorizzare le componenti positive e le capacità genitoriali comunque presenti nella coppia è una funzione che può invece essere svolta efficacemente dal mediatore familiare, quale professionista che opera come terzo imparziale e dotato di una formazione specifica. Ricordiamo, peraltro, che la mediazione familiare non è sostitutiva del sistema giudiziario, né è la sua ancella ma rappresenta un intervento che ottiene i migliori risultati quando è il frutto di un'integrazione tra competenze del mediatore e quelle degli avvocati dei genitori, laddove tali figure rispettino le funzioni e i confini solcati delle proprie specifiche competenze professionali. Il mediatore familiare, infatti, a differenza di ciò che è tenuto a fare l'avvocato nello svolgimento del suo mandato, non è di certo chiamato a difendere le posizioni di uno o dell'altro genitore, ed è quindi nella condizione di poter guidare in modo equanime la gestione del conflitto. La mediazione familiare, quindi, va pensata in termini di affiancamento e complementarietà rispetto al sistema legale e giudiziale, senza immaginarla come sostitutiva o alternativa ad esso. Un esempio concreto della complementarietà delle professioni di mediatore e avvocato la troviamo nel fatto che un percorso di mediazione familiare efficace e ben condotto porta, auspicabilmente, i genitori al raggiungimento di accordi di vario genere. Sarà poi rigorosamente solo l'avvocato a trasfondere tali accordi, se confermati dai genitori, nel ricorso per separazione o divorzio che verrà depositato successivamente in Tribunale. Si comprende, quindi, che la mediazione familiare ottenga i migliori risultati quando è frutto di una collaborazione tra le diverse competenze (avvocati, psicologici, magistrati, solo per fare degli esempi), che rispettano modi e tempi del proprio mandato, nella piena considerazione delle reciproche autonomie e specificità, atteso che la separazione (e il divorzio) è un evento che coinvolge sia la sfera relazionale che giuridica. Tale strumento, oltre a essere un'efficace tecnica d'intervento, è l'espressione di una nuova cultura, tesa a considerare in modo diverso i conflitti tra le persone e a ricercarne specifiche soluzioni, cucite su misura in base alle diverse esigenze della singola famiglia a cui si riferiscono. Il contesto delle relazioni familiari, infatti, è un terreno in cui non esistono, nè devono esistere soluzioni “preconfezionate” e su quale invece è necessario che i genitori compiano un'elaborazione accurata e personale volta all'individuazione delle migliori soluzioni organizzative che possono essere diverse da famiglia a famiglia, tanto quanto sono diversi, per caratteristiche personali, sociali, culturali e antropologiche, gli esseri umani che compongo un nucleo familiare. Possiamo definire il mediatore familiare, innanzitutto, come un esperto nella gestione dei conflitti. Come detto, la sua funzione consiste nell'aiutare la coppia genitoriale a riaprire i canali di comunicazione interrotti dal conflitto, non prendendo mai la difesa di un genitore sull'altro, né schierandosi a favore di uno, e mantenendo equidistanza (o meglio, equiprossimità) rispetto a entrambi. Egli non dà giudizi sull'adeguatezza delle proposte avanzate dai genitori e non fornisce una soluzione ai problemi avanzati, ma si limita a favorire forme di cooperazione tra di loro, stimolandoli ad esplorare soluzioni alternative, innovative e personalizzate non valutate prima. In mediazione familiare sono i genitori ad agire direttamente, seppur a seguito della sollecitazione del mediatore. Tra le altre cose, compito del mediatore è quello di organizzare questo spazio-tempo di confronto attraverso delle precise regole di ascolto e di collaborazione, innanzitutto ponendosi come terzo all'interno di una contrapposizione duale. È proprio la presenza di un terzo che non ha alcun interesse in comune con i genitori né motivo di ostilità nei loro confronti a rompere lo schema binario, simmetrico, in cui si inscrive solitamente la contrapposizione della coppia, proponendo così una modalità basata sulla triangolazione, di per sé più aperta, complessa e potenzialmente in evoluzione. L'ascolto attivo, il rispetto e l'accettazione delle richieste di entrambi i genitori fondano i presupposti per un rapporto di fiducia all'interno del quale gli scambi interpersonali diventano proficui e fonte di cambiamento, senza bisogno di coercizioni o pressioni. Per poter lavorare efficacemente è indispensabile che il mediatore utilizzi tutte le risorse a sua disposizione per stringere una solida alleanza con avvocati, magistrati, psicologi, assistenti sociali e tutti coloro che si occupano delle persone coinvolte nella vicenda separativa, integrando le sue competenze con altre, in una nuova ottica multidisciplinare che favorisca l'interazione delle specifiche esperienze professionali. Alla luce di quanto sin qui detto e in considerazione della delicatezza del ruolo svolto dal mediatore familiare, risulta evidente l'importanza della sua formazione, impegnato com'è in un'area di lavoro costituita da “materiale umano”. Ora che abbiamo affrontato descrittivamente che cosa è la mediazione familiare e chi è il mediatore familiare possiamo passare alle novità apportate dal decreto legislativo n. 149/2022 in relazione alla sua figura professionale, comprendendone meglio la ratio. Sistematizzazione della figura del mediatore familiare alla luce del d. lgs. 149/2022
All'interno delle disposizioni di attuazione del c.p.c. il legislatore delegato inserisce ex novo il Titolo II, Capo I-bis intitolandolo “Dei mediatori familiari” con il preciso intento di sistematizzare tale figura professionale all'interno del nostro codice di procedura civile. Introdotto con il decreto legislativo 149/2022 e in linea con quanto tracciato nella lettera o), comma 23, art. 1, legge n. 206/21, l'art. 12-bis delle disposizioni attuative del c.p.c. disciplina l'elenco dei mediatori familiari prevedendo che ne sia istituito uno presso ogni Tribunale. Ai sensi dell'art. 12-ter delle stesse disposizioni attuative l'elenco è tenuto dal Presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal Procuratore della Repubblica e da un mediatore familiare, designato dalle associazioni professionali di mediatori familiari inserite nell'elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, che esercita la propria attività nel circondario del Tribunale. Le funzioni di segretario del comitato sono esercitate dal cancelliere del tribunale. Si dà inoltre atto che l'elenco è permanente e che ogni quadriennio il comitato provvede alla sua revisione per eliminare coloro per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti nell'art. 12-quater o è sorto un impedimento a esercitare l'ufficio. Ai sensi dell'art. 12-quater disp. att. c.p.c. possono chiedere l'iscrizione nell'elenco coloro che sono iscritti da almeno cinque anni a una delle associazioni professionali di mediatori familiari, inserite nell'elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, sono forniti di adeguata formazione e di specifica competenza nella disciplina giuridica della famiglia nonché in materia di tutela dei minori e di violenza domestica e di genere e sono di condotta morale specchiata. Sulle domande di iscrizione decide il comitato previsto dall'art. 12-ter. Contro il provvedimento del comitato è ammesso reclamo, entro quindici giorni dalla notificazione, al comitato previsto dall'art. 5. L'art. 12-quinques disp. att. c.p.c. disciplina le domande di iscrizione, prevedendo che coloro che aspirano all'iscrizione nell'elenco devono presentare domanda al presidente del tribunale, corredata di alcuni specifici documenti quali: - l'estratto dell'atto di nascita; - certificato generale del casellario giudiziario di data non anteriore ai tre medi dalla presentazione; - certificato di residenza nella circoscrizione del Tribunale; - attestazione rilasciata dall'associazione professionale ai sensi dell'art. 7, l. n. 4/2013; - i titoli e i documenti che l'aspirante intende allegare per dimostrare la sua formazione e specifica competenza. L'art. 12-sexies disp. att. c.p.c. stabilisce, infine, che per l'attività professionale del mediatore familiare, la disciplina della formazione, le regole deontologiche e le tariffe applicabili, siano demandate a un successivo decreto del MISE, di concerto con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'economia e delle finanze, nel rispetto delle disposizioni di cui alla legge n. 4/2013. Lo scopo della disposizione è quella di valorizzare l'esperienza dei mediatori familiari e delle loro associazioni riconosciute attualmente dalla legge, demandando al regolamento interministeriale più puntuali e specifiche determinazioni circa l'attività, la formazione e le correlate competenze necessarie, le regole deontologiche nonché la determinazione tramite tariffe degli onorari applicabili, in modo da assicurare buone pratiche e professionalità. Si evidenzia, altresì, che per garantire la fruibilità da parte dell'utenza e degli avvocati dell'elenco dei mediatori familiari, sarebbe opportuno individuarne logisticamente la miglior collocazione, tenendo conto delle dissimili realtà dei Tribunali del territorio italiano; si reputa che, a tal fine, lo Spazio Informativo sulla mediazione familiare, nei contesti in cui è presente, è il luogo più adeguato poiché raggiunge la cittadinanza e non solo le parti del processo. In mancanza, il luogo adatto è l'ufficio del processo, e ancora, in subordine, la cancelleria. Sarà inoltre indispensabile dare mandato alle Associazioni nazionali di categorie iscritte al MISE di inviare annualmente al Tribunale l'elenco aggiornato dei mediatori familiari professionisti. Tali Associazioni nazionali, ai fini di aggiornare l'elenco dei propri iscritti da comunicare al tribunale, saranno tenute a verificare la sussistenza di tale formazione integrativa in capo ai propri iscritti (sia consentito un rimando a La Mediazione familiare nel nuovo processo civile: una lettura critica della riforma, C. Vendramini - M. Fiorendi – Focus tratto da IUS FAMIGLIE (www.ius.giuffrefl.it) del 10 gennaio 2022). Dall'analisi di questi passaggi del decreto attuativo ricaviamo che l'attività professionale del mediatore familiare, la disciplina della sua formazione, le regole deontologiche e le tariffe applicabili, sono demandate a un successivo decreto del MISE, di concerto con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell'economia e delle finanze ed in raccordo alla legge 14 gennaio 2013, n. 4 sulle professioni non riconosciute, senza albo o ordine di categoria. Atteso il rimando che viene fatto a tale legge, una particolare attenzione va dedicata all'art. 6, comma 2, della stessa laddove si cristallizza il valore di stella polare costituita dalla “norma tecnica UNI” rispetto alla regolamentazione della figura del mediatore familiare. Il citato articolo, infatti, stabilisce che la qualificazione della prestazione professionale del mediatore familiare si basa sulla conformità della legge n. 4/2013 a varie norme tecniche, denominate “normativa tecnica UNI”, di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, e sulla base delle linee CEN 14 del 2010. Altra fondamentale previsione è quella dettata dall'art. 7, comma 1, della suddetta legge, laddove avverte che, al fine di tutelare i consumatori e di garantire la trasparenza del mercato dei servizi professionali, le associazioni professionali possono rilasciare ai propri iscritti, previe le necessarie verifiche e sotto la responsabilità del proprio rappresentante legale, un'attestazione relativa a diversi aspetti, quali, tra i più salienti, la regolare iscrizione del professionista all'associazione, i requisiti necessari alla partecipazione all'associazione stessa, gli standard qualitativi e di qualificazione professionale ai fini del mantenimento dell'iscrizione all'associazione, le garanzie date dall'associazione all'utente e l'eventuale possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale stipulata dal professionista Nel dettaglio, è la norma tecnica UNI 11644:2016 che definisce i requisiti relativi all'attività professionale del mediatore familiare, specificandoli in termini di conoscenza, abilità e competenza e descrivendo (all'art. 3.3) la figura del mediatore familiare come “figura professionale terza imparziale e con una formazione specifica che interviene nei casi di cessazione di un rapporto di coppia costituita di fatto o di diritto, prima, durante o dopo l'evento separativo. Non rientra nei compiti del mediatore familiare formulare giudizi, diagnosi, consulenze legali, pedagogiche o psicologiche”. Identifica, altresì, alcune caratteristiche del profilo professionale del mediatore familiare, tra le quali che lo stesso deve essere sollecitato direttamente dai genitori per coadiuvarli nella gestione dei conflitti parentali e nella riorganizzazione delle relazioni familiari, adoperandosi nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dal procedimento giudiziario affinché i genitori raggiungano personalmente, rispetto ai bisogni e interessi da loro stessi individuati, su un piano di parità e in un ambiente neutrale, un accordo direttamente e responsabilmente negoziato, con particolare attenzione verso i figli. La Norma Tecnica UNI 11644:2016 delinea pure i principi etici e deontologici cui il mediatore familiare deve attenersi ed elenca compiti e attività specifiche del mediatore familiare correlandole alle conoscenze e stabilendo, altresì, un obbligo di aggiornamento professionale continuo e di supervisione. Il comportamento del mediatore familiare in casi di violenza domestica o di genere secondo il d. lgs 149/2022
Con le modifiche apportate dal decreto legislativo 149/2022, l'art. 473-bis.40 c.p.c. rubricato “Ambito di applicazione”, introduce nel Capo III, che disciplina le Disposizioni particolari, una sezione interamente dedicata alle violenze domestiche o di genere. La preoccupante diffusione della violenza di genere e domestica ha indotto il legislatore delegante a prevedere numerosi principi di delega finalizzati a evitare il verificarsi, nell'ambito dei procedimenti civili e minorili, aventi ad oggetto la disciplina delle relazioni familiari, ed in particolare l'affidamento dei figli minori, di fenomeni di vittimizzazione secondaria che si verifica quando “le stesse autorità chiamate a reprimere il fenomeno della violenza, non riconoscendolo o sottovalutandolo, non adottano nei confronti della vittima le necessarie tutele per proteggerla da possibili condizionamenti e reiterazioni della violenza(cfr. relazione sulla vittimizzazione secondaria approvata il 20 aprile 2022 dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, del Senato della Repubblica, Doc. XXII bis n. 10). In tal senso, l'art. 473-bis.43 c.p.c. (Mediazione familiare) stabilisce che “è fatto divieto di iniziare il percorso della mediazione familiare quando è stata pronunciata sentenza di condanna o di applicazione della pena, anche in primo grado, ovvero è pendente un procedimento penale in una fase successiva ai termini di cui all'art. 415-bis c.p.p…nonché quando tali condotte sono allegate o comunque emergono in corso di causa. Il mediatore interrompe immediatamente il percorso di mediazione familiare intrapreso, se nel corso di esso emerge notizia di abusi o violenze”. Tale passaggio del decreto legislativo pare indissolubilmente correlato al tema della formazione integrativa in tema di violenza domestica o di genere richiesta oggi al mediatore familiare (cristallizzata nella lettera p), comma 23, art. 1, legge 206/21 e ora richiamata dal d. lgs. 149/2022 nell'art. 12-sexies disp. att. c.p.c.) Vale la pena rammentare che la seconda parte della lettera p), comma 23, art. 1, della legge delega tocca tale sostanzioso tema disponendo “[…] che i mediatori familiari siano dotati di adeguata formazione e specifiche competenze nella disciplina giuridica della famiglia nonché in materia di tutela dei minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica”. Rispetto alla formazione già richiesta al mediatore familiare di cui alla norma tecnica UNI, con la legge delega il legislatore richiede ora un'integrazione formativa prescrivendo che questi acquisisca specifiche conoscenze e competenze proprio sul tema della violenza, sul quale sente l'urgenza di un intervento fermo e mirato in un'ottica di massima prevenzione di questo fenomeno, nonché di una delle sue più insidiose e dirette conseguenze, quello della vittimizzazione secondaria a cui ho accennato poco fa. Il legislatore richiede, pertanto, al mediatore familiare di acquisire conoscenze su due aree: quella relativa alla disciplina giuridica della famiglia, così' da comprendere aspetti sostanziali e processuali della vicenda separativa e quella in materia di tutela del minore e di violenza contro le donne e di violenza domestica. In merito a questo secondo aspetto pare che l'intento del legislatore voglia essere quello di ordinare al mediatore una formazione che gli consenta di distinguere fra quelle situazioni a elevata carica conflittuale ma che restano, potenzialmente, mediabili da quelle in cui la violenza gli impone l'interruzione del percorso. Nell'impianto della riforma Cartabia, in quei passaggi relativi alla mediazione familiare, si coglie come prema al legislatore sottolineare con forza che tale strumento di gestione della crisi familiare è del tutto incompatibile con la presenza del fenomeno della violenza intrafamiliare e, più in generale, con tutte quelle situazioni di relazioni familiari “asimmetriche” dove un genitore prevale o predomina sull'altro. Il farodi questo principio è costituito dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la cosiddetta Convenzione di Istanbul, sottoscritta l'11 maggio 2011, e recepita dall'Italia con legge 27 giugno 2013, n. 77, alla quale la riforma Cartabia rinvia ove si fa riferimento a preclusioni e divieti in tema di mediazione familiare (dal divieto a rendere l'informativa imposto al giudice, all'obbligo di interruzione del percorso a cui è chiamato il mediatore familiare), quando tale strumento di gestione del conflitto si scontra con l'aspetto della violenza intrafamiliare, presunta o vera che sia. Ricordiamo che uno degli obiettivi primari del Consiglio d'Europa è proprio la salvaguardia e la protezione dei diritti umani, con il precipuo scopo di combattere il fenomeno della violenza di genere e la violenza domestica, attraverso un significativo impulso, a livello mondiale, alle azioni di prevenzione e punizione della violenza nei confronti delle donne e a tutela della violenza domestica. Tali principi, peraltro, ben si conciliano con una delle peculiarità che contraddistingue la figura professionale del mediatore familiare e che esclude per lui competenze valutative di questo tipo e meno che meno poteri inquisitori che possano renderlo protagonista di un'indagine sulla veridicità di notizie di reato apprese nella stanza di mediazione. Nel caso in cui uno o l'altro genitore, o entrambi, riportino nella stanza di mediazione un racconto di violenza subìta o agita nei confronti dell'altro, ovvero verso i figli, o qualunque altro componente della famiglia (convivente o meno), come detto, il mediatore familiare deve limitarsi a non avviare o interrompere il percorso. Forte della sua formazione multidisciplinare e delle sue competenze nella disciplina giuridica della famiglia, deve maneggiare con cura questo passaggio, non prestandosi al rischio di essere strumentalizzato nel caso in cui quel genitore, potenziale autore di reato, si immagini che la mediazione familiare possa rappresentare strumento di riavvicinamento al genitore vittima della sua violenza, con l'obiettivo di tenerlo legato a sè. Infine, una considerazione: se da un lato è indispensabile per il mediatore familiare avere conoscenze adeguate negli ambiti di cui sopra, è altresì vero che, attualmente, il medesimo, se adeguatamente formato, possiede già le competenze per svolgere un'attenta valutazione nella cosiddetta fase di premediazione che, secondo il modello dell'Assoziazione GeA, prevede una serie di colloqui individuali con i genitori durante i quali il mediatore ha l'opportunità di conoscerli e, quindi, di valutare con attenzione diverse e importanti aree e poter così stabilire se sia il caso di attivare il percorso di mediazione familiare come strumento adeguato a quella coppia genitoriale ovvero se la stessa necessiti di altra tipologia di aiuto e intervento professionale. Per un'adeguata garanzia dell'utenza, presso il Ministero dello Sviluppo economico, è istituito un elenco delle associazioni che rilasciano l'attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci: tra queste associazioni, per citarne alcune, annoveriamo A.I.Me.F., S.I.Me.F., MEDEFItalia, A.I.M.S., Associazione Europea Mediatori Familiari (A.E.Me.F.). In conclusione
La mediazione familiare rappresenta un valido ed efficace strumento di pacificazione delle relazioni familiari, ma per essere compresa e, quindi, più utilizzata nella pratica, spetta a tutti noi professionisti coinvolti a vario livello nel conflitto familiare di creare condizioni favorevoli all'uso di questa pratica. Ciò deve passare, innanzitutto, attraverso la conoscenza di tale opportunità, così contribuendo ad aiutare i genitori in fase di separazione a orientarsi al meglio rispetto ai loro specifici bisogni e mettendoli nelle migliori condizioni di poter fare scelte informate e quindi consapevoli. Nel corso degli anni gli addetti ai lavori hanno potuto constatare che, se un giudizio non è stato ancora radicato, la consapevole scelta di affrontare un percorso di mediazione familiare, intervenuta dopo una seria e corretta informativa, può avere notevoli benefici sull'evoluzione dei rapporti tra i genitori. Come detto, un provvedimento del giudice potrà pure stabilire un ordine, ma non necessariamente porterà con sè la pace fra i genitori; anzi potrebbe essere destinato a enfatizzare quella dicotomia vincitore/vinto proprio del processo che molto spesso inasprisce il conflitto tra di essi. Concretamente, si corre il rischio che il Tribunale non dia risposte nell'area della microconflittualità che spesso accompagna il quotidiano, così comportando che tali risposte intervengano in tempi spesso inconciliabili, per la loro lunghezza, rispetto alle richieste e alle esigenze della famiglia in crisi. Per contribuire a somministrare agli utenti una corretta informativa sulla mediazione familiare e a diffondere la cultura che le appartiene, dall'Aprile del 2019, presso il Tribunale di Milano è stato aperto uno spazio informativo esclusivamente dedicato a dare informazioni sulla mediazione familiare a tutti coloro che ne sono interessati attraverso l'intervento di mediatori familiari professionisti. È stato un passaggio importante, avvenuto in linea con l'orientamento assunto dagli stessi magistrati della sezione specializzata di famiglia del Tribunale di Milano, che ormai da qualche tempo nei loro provvedimenti invitano i genitori che si stanno separando a rivolgersi a un mediatore familiare. L'auspicio è che il “modello milanese”, nel frattempo raccolto come esempio anche da altri Tribunali d'Italia, possa essere replicato in molteplici realtà giudiziarie. Riferimenti
F. Scaparro - C. Vendramini (a cura di) - Pacificare le relazioni familiari. Tecniche ed esperienze di mediazione familiare, Trento, 2018; AA.VV. - C. Vendramini (a cura di) - La Mediazione Familiare all'interno della Riforma Cartabia: comporre i conflitti e ritessere le relazioni, Milano, 2022, ebook; Codice Etico, Deontologico e di Condotta del Mediatore Familiare di MEDEFitalia, Associazione nazionale professionale iscritta presso il MISE ai sensi della legge 4/2013); C. Vendramini - M. Fiorendi, La Mediazione familiare nel nuovo processo civile: una lettura critica della riforma, IUS FAMIGLIE (www.ius.giuffrefl.it) del 10 gennaio 2022; Relazione illustrativa al Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in attuazione della Legge delega 206/2021; Relazione sulla vittimizzazione secondaria approvata il 20 aprile 2022 dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul femminicidio, del Senato della Repubblica, Doc. XXII bis n. 10. |