Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: durata delle indagini e controlli

Renato Bricchetti
18 Gennaio 2023

Approfondimento aggiornato al d.l. n. 162/2022 convertito con modificazioni nella l. n. 199/2022 (che ha introdotto modifiche a talune previsioni transitorie della riforma Cartabia penale). Nel presente contributo verranno esaminati: i termini per la conclusione delle indagini preliminari (proroga e termini di durata massima), i termini per l'esercizio dell'azione penale o per la richiesta di archiviazione e i rimedi contro l'inosservanza.
Termini per la conclusione delle indagini preliminari

a) L'art. 405, comma 2, c.p.p. prevede attualmente che il termine di durata delle indagini preliminari, decorrente dalla data in cui il nome della persona, alla quale il reato è attribuito, è iscritto nel registro delle notizie di reato, sia di 6 mesi tranne che per i delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a) (1 anno). E l'elenco di questi delitti è molto vasto: devastazione, saccheggio e strage (art. 285 c.p.); guerra civile (art. 286); associazioni di tipo mafioso anche straniere (art. 416-bis c.p.); strage (art. 422 c.p.); contrabbando di tabacchi lavorati esteri aggravato e ipotesi aggravata dell'associazione per delinquere finalizzata al medesimo contrabbando (artt. 291-ter, comma 2, lett. a). d) ed e), e 291-quater, comma 4. del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43); delitti consumati o tentati, di omicidio (art. 575 c.p.), rapina (art. 628 c.p.), estorsione (art. 629 c.p.) e sequestro di persona (art. 630 c.p.); delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (art. 416-bis.1 c.p.); delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale con pena minima non inferiore a 5 anni e massima non inferiore a 10; associazioni sovversive nell'ipotesi di cui all'art. 270, comma 3 c.p.; formazione e partecipazione a banda armata (art. 306, comma 2, c.p.); delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine e di più armi comuni da sparo; delitti di cui agli artt. 73 (traffico illecito di sostanze stupefacenti), se aggravato dalla circostanza di cui all'art. 80, comma 2 (quantitativi ingenti), e 74 (associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti) del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; associazione per delinquere (art. 416 c.p.) nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza; delitti previsti dagli artt. 600 c.p. (riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù), 600-bis, primo comma c.p. (prostituzione minorile), 600-ter, primo e secondo comma c.p. (pornografia minorile), 601 c.p. (tratta di persone), 602 c.p. (acquisto e alienazione di schiavi), 609-bis c.p. (violenza sessuale) aggravato da una delle circostanze di cui all'art. 609-ter c.p.; 609-quater c.p. (atti sessuali con minorenne, 609-octies (violenza sessuale di gruppo; delitti di immigrazione clandestina di cui all'art. 12, comma 3, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

b) Il Parlamento, con la l. 27 settembre 2021, n. 134 (di seguito, legge delega), ha chiesto al Governo di rideterminare la durata in:

  • 1 anno e 6 mesi per le indagini preliminari riguardanti i delitti indicati «nell'art. 407, comma 2 c.p.p.».

Quindi non solo per le indagini relative ai sopra indicati delitti di cui alla lett. a), ma anche per quelle previste dalle lett. b) («notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese»), c) («indagini che richiedono il compimento di atti all'estero» e d) («procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma dell'articolo 371»);

  • 1 anno per le indagini riguardanti tutti gli altri delitti;
  • 6 mesi per le indagini riguardanti le contravvenzioni.

c) Il Governo lo ha fatto con l'art. 22, comma 1, lett. a), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (di seguito, d.lgs. 150), modificando la rubrica (ora «Termini per la conclusione delle indagini preliminari»), abrogando il comma 1 (art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. anzidetto) e sostituendo il comma 2 dell'art. 405 c.p.p.

La precedente rubrica («Inizio dell'azione penale. Forme e termini») è ora la rubrica dell'art. 407-bis c.p.p., così come l'abrogato comma 1 («Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio») è diventato il comma 1 dell'art. 407-bis c.p.p.

Il nuovo comma 2 riproduce il volere del Parlamento: «salvo quanto previsto dagli articoli 406 e 415-bis c.p.p.», il pubblico ministero conclude le indagini preliminari entro il termine di 1 anno dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato (sull'individuazione della quale avranno incidenza i controlli giurisdizionali introdotti sull'iscrizione). Il termine è di 6 mesi, se si procede per una contravvenzione, e di 1 anno e 6 mesi, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2.

A completamento va solo aggiunto, per dare un contenuto alla clausola di salvezza, che:

  • l'art. 406 c.p.p. disciplina la proroga dei termini (v. infra);
  • l'art. 415-bis c.p.p. contiene la disciplina dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari che il pubblico ministero (che non intenda richiedere l'archiviazione) deve far notificare prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'art. 405, anche se prorogato.

Nella nuova versione (art. 22, comma 1, lett. l), d.lgs. 150) l'art. 415-bis contempla, nel comma 5-bis, la possibilità per il pubblico ministero di richiedere al procuratore generale, prima della scadenza del termine anzidetto, il differimento della notifica dell'avviso.

Il differimento può essere concesso per un periodo complessivamente non superiore a 6 mesi o, per i delitti indicati nell'art. 407, comma 2, c.p.p. non superiore a 1 anno (comma 5-ter, primo periodo) soltanto nei casi tassativamente previsti nelle lett. a) e b) del comma 5-bis, ossia:

  • quando è stata richiesta l'applicazione della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari e il giudice non ha ancora provveduto (lett. a);
  • quando, fuori dai casi di latitanza, la misura applicata non è stata ancora eseguita (lett. a);
  • quando la conoscenza degli atti d'indagine può concretamente mettere in pericolo la vita o l'incolumitàdi una persona (lett. b);
  • quando la conoscenza degli atti d'indagine può concretamente mettere in pericolo la sicurezza dello Stato (lett. b);
  • quando la conoscenza degli atti d'indagine può, nei procedimenti per i delitti indicati nell'art. 407, comma 2, c.p.p. arrecare un concreto pregiudizio (non evitabile attraverso la separazione dei procedimenti o in altro modo) per atti o attività di indagine specificamente individuati, rispetto ai quali non siano scaduti i termini di indagine e che siano diretti all'accertamento dei fatti, all'individuazione o alla cattura dei responsabili o al sequestro di denaro, beni o altre utilità di cui è obbligatoria la confisca (lett. b).
Proroga dei termini

a) L'art. 406 c.p.p. prevede, nel testo (ancora per poco) vigente, possibilità di proroghe per non più di 6 mesi (comma 2-bis): una prima proroga, su richiesta del pubblico ministero, per “giusta causa” (comma 1); ulteriori proroghe nei casi di “particolare complessità delle indagini” o di “oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato” (comma 2) con espressa esclusione delle indagini per i reati di cui agli artt. 572 c.p. (maltrattamenti contro familiari e conviventi), 589, secondo comma c.p. (omicidio colposo per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, 589-bis c.p. (omicidio stradale), 590, terzo comma c.p. (lesioni personali colpose per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, 590-bis c.p. (lesioni personali stradali gravi o gravissime) e 612-bis c.p. (atti persecutori) (comma 2-ter)

b) Il Parlamento ha delegato il Governo aprevedere che il pubblico ministero possa chiedere al giudice per le indagini preliminari la proroga dei termini una sola volta, prima della scadenza di essi, per un tempo non superiore a 6 mesi, quando la proroga sia giustificata dalla complessità delle indagini.

c) Il legislatore delegato (art. 22, comma 1, lett. b), d.lgs. 150), eliminata la «giusta causa», soppressi i commi 2-bis e 2-ter (art. 98, comma 1, lett. a), del d.lgs. anzidetto) ha modificato commi 1 e 2 dell'art. 406 c.p.p., prevedendo che il pubblico ministero, prima della scadenza, possa richiedere al giudice la proroga dei termini «quando le indagini sono complesse» e che la proroga dei termini di cui all'art. 405 (1 anno 6 mesi per i delitti e i casi di cui all'art. 407, comma 2; 1 anno per gli altri delitti; 6 mesi per le contravvenzioni) «non può essere autorizzata per più di una volta, né per un tempo complessivamente superiore a sei mesi».

I restanti commi dell'art. 406 non hanno subito modifiche. È rimasto intatto, in particolare, l'asimmetrico e ineffettivo contraddittorio che precede l'inoppugnabile ordinanza del giudice per le indagini preliminari che decide sulla richiesta di proroga.

Termine di durata massima delle indagini preliminari

Il termine di durata massima delle indagini preliminari riguardanti i delitti e i casi di cui all'art. 407, comma 2, è, dunque, di 2 anni; per le indagini riguardanti gli altri delitti è di 1 anno e 6 mesi; per le indagini relative alle contravvenzioni è di 1 anno.

E questo è quanto si ritrova nell'art. 407 c.p.p. che non è cambiato se non con riguardo alle contravvenzioni, in relazione alle quali si esplicita al comma 1 (come modificato dall'art. 22, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 150) che la durata delle indagini preliminari non può comunque superare un anno (con significativa riduzione rispetto alla normativa precedente in cui il termine di sei mesi era prorogabile fino a diciotto mesi) e la modifica lessicale del comma 3 così ora congegnato: «Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, non possono essere utilizzati gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari stabilito dalla legge o prorogato dal giudice».

È confermata, dunque, l'inutilizzabilità degli atti di indagine out of time, inutilizzabilità che la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto non equiparabile a quelle rientranti nel paradigma dell'art. 191 c.p.p. (prove vietate dalla legge) e, quindi, non rilevabile d'ufficio, ma solo su richiesta di parte.

Termini per l'esercizio dell'azione penale o per la richiesta di archiviazione

a) Il comma 3-bis dell'art. 407 c.p.p., prodotto della l. 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. riforma Orlando), stabilisce che, in ogni caso, il pubblico ministero è tenuto a esercitare l'azione penale o a richiedere l'archiviazione entro il termine di 3 mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini e comunque dalla scadenza dei termini di cui all'articolo 415-bis c.p.p.

Il termine è di quindici mesi per i reati di cui al comma 2, lett. a), n. 1), 3) e 4), dell'art. 407.

Nel caso di cui al comma 2, lett. b), dell'art. 407 il procuratore generale, se accoglie la richiesta presentata dal pubblico ministero prima della scadenza dei termini anzidetti, può prorogare il termine per non più di tre mesi, dandone notizia al richiedente.

Il pubblico ministero, qualora non assuma le proprie determinazioni in ordine all'azione penale nei termini di cui sopra deve darne immediata comunicazione al procuratore generale che ha potere di avocazione delle indagini preliminari (art. 412 c.p.p.).

b) La legge delega ha stabilito che, decorsi i termini di durata delle indagini, il Governo è tenuto a prevedere che il pubblico ministero eserciti l'azione penale o richieda l'archiviazione entro un termine fissato in misura diversa, in base alla gravità del reato e alla complessità delle indagini preliminari.

c) La direttiva si è tradotta nella soppressione del comma 3-bis dell'art. 407 c.p.p. (art. 98, comma 1, lett. a), d.lgs. 150) e nell'introduzione dell'art. 407-bis c.p.p. (art. 22, comma 1, lett. d).

L'art. 88-bis del d.lgs. 150, introdotto dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (art. 5-sexies), ha introdotto disposizioni transitorie.

Stabilisce, in particolare, nel comma 1, che le disposizioni dell'art. 407-bis (e – come più avanti si ribadirà – dell'art. 415-ter c.p.p.) non si applicano nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. (30 dicembre 2022)

  • in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l'iscrizione nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.;
  • in relazione alle notizie di reato iscritte successivamente

quando ricorrono le condizioni previste dall'art. 12 c.p.p. (vale a dire quando si ha connessione di procedimenti);

quando ricorrono, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, c.p.p. (se ne è parlato in Prime riflessioni sulla riforma: durata delle indagini e controlli, in questa rivista), le condizioni previste dall'art. 371, comma 2, lett. b) e c), c.p.p. [indagini collegate: b) per reati in connessione occasionale, consequenziale-sostanziale, per reciprocità e consequenziale-probatoria; c) in connessione probatoria piena].

In tali procedimenti continuano ad applicarsi le disposizioni degli artt. 405, 406, 407, 412 e 415-bis c.p.p. e dell'art. 127 disp. att. c.p.p., nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del d.lgs.

Replicata - come si è detto - la rubrica del precedente art. 405 c.p.p. («Inizio dell'azione penale. Forme e termini»), l'art. 407-bis c.p.p. stabilisce, nel comma 2, primo periodo, che il pubblico ministero deve esercitare l'azione penale o richiedere l'archiviazione:

  1. entro tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all'art. 405, comma 2 (1 anno e 6 mesi o 1 anno o 6 mesi: v. supra);
  2. entro 3 mesi dalla scadenza dei termini di cui all'art. 415-bis, commi 3 e 4, se ha disposto la notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari.

Aggiunge il secondo periodo: il termine è di nove mesi nei casi di cui all'art. 407, comma 2. La disposizione non è del tutto chiara, ma, a parte l'uso del singolare “termine”, la collocazione in un periodo autonomo induce a ritenere che essa si riferisca ad entrambe le ipotesi di cui ai punti 1) e 2). E anche la Relazione illustrativa parla al plurale di “termini”, riferendo la disposizione ad entrambe le ipotesi.

In altre parole, sia nell'ipotesi 1) (tre mesi dalla scadenza dei termini di cui all'art. 405, comma 2), sia nell'ipotesi 2) (3 mesi dalla scadenza dei termini di cui all'art. 415-bis, commi 3 e 4), il termine per esercitare l'azione penale o richiedere l'archiviazione è di 9 mesi nei casi di cui all'art. 407, comma 2.

Inosservanza da parte del pubblico ministero dei termini di cui all'art. 407-bis, comma 2: diritti e facoltà della persona sottoposta alle indagini e della persona offesa dal reato

a) Per il caso che il pubblico ministero, scaduti i termini per la conclusione delle indagini preliminari, non assuma le proprie determinazioni in ordine all'azione penale, il Parlamento ha invitato il Governo a predisporre meccanismi procedurali idonei a consentire all'indagato e alla persona offesa dal reato (che nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia dichiarato di volerne essere informata) di prendere cognizione degli atti di indagine.

Il legislatore delegato è tenuto a considerare sia le esigenze di tutela del segreto investigativo nelle indagini relative ai reati di cui all'art. 407, comma 2, c.p.p. sia eventuali ulteriori esigenze di cui all'art. 7, par. 4, della direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012 sul diritto all'informazione nei procedimenti penali. Detta disposizione prevede il rifiuto all'accesso a “parte” della documentazione relativa all'indagine, sempre che ciò non pregiudichi il diritto a un processo equo, qualora possa «comportare una grave minaccia per la vita o per i diritti fondamentali di un'altra persona» o qualora sia «strettamente necessario per la salvaguardia di interessi pubblici importanti, come in casi in cui l'accesso possa mettere a repentaglio le indagini in corso, o qualora possa minacciare gravemente la sicurezza interna dello Stato membro in cui si svolge il procedimento penale.».

Al Governo è, infine, chiesto di stabilire se il provvedimento di rifiuto debba essere adottato dal giudice per le indagini preliminari o dal pubblico ministero con possibilità di successivo controllo giurisdizionale.

b) Il legislatore delegato (art. 22, comma 1, lett. m), d.lgs. 150) ha introdotto il voluminoso art. 415-terc.p.p. (al quale si applica la citata disposizione transitoria di cui all'art. 88-bis).

La regola: scaduti i termini di cui all'art. 407-bis, comma 2 (che – come si è visto – sono termini diversi da quelli per la conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 405, comma 2; la rubrica dell'articolo in esame parla, dunque, impropriamente di «inosservanza dei termini per la conclusione delle indagini preliminari»), gli atti dell'indagine devono essere depositati in segreteria, con avviso all'indagato e alla persona offesa dal reato dell'avvenuto deposito e della facoltà di esame (e di estrazione di copia) qualora il pubblico ministero non abbia disposto la notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, né abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione (comma 1, primo e secondo periodo).

L'avviso all'indagato e alla persona offesa dal reato, una copia del quale va comunicata al procuratore generale (comma 1, ultimo periodo), deve contenere anche l'indicazione della facoltà di chiedere al giudice, decorso 1 mese (3 mesi se si procede per uno dei reati di cui all'art. 407, comma 2) dalla notifica dell'avviso di deposito o del decreto indicato al comma 2 (con il quale il procuratore generale, qualora non riceva copia dell'avviso entro dieci giorni dalla scadenza dei termini, ordina, sempre che non decida di disporre l'avocazione, al procuratore della Repubblica di provvedere alla notifica dell'avviso di deposito entro un termine non superiore a venti giorni) senza che il pubblico ministero abbia assunto le determinazioni sull'azione penale, di ordinare al pubblico ministero di provvedere (commi 1, terzo periodo, e 3, primo e secondo periodo).

Si applicano il secondo, il terzo e il quarto periodo del comma 5-quater nonché il comma 5-quinquies dell'art. 415-bis c.p.p. (comma 3, terzo periodo).

In altre parole, il giudice provvede, nei venti giorni successivi e, in caso di accoglimento, ordina al procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni sull'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni. Copia del decreto va comunicata al pubblico ministero e al procuratore generale e notificata al richiedente (secondo, terzo e quarto periodo del comma 5-quater dell'art. 415-bis). Il pubblico ministero è, poi, tenuto a trasmettere al giudice e al procuratore generale copia dei provvedimenti assunti in conseguenza dell'ordine emesso (comma 5-quinquies dell'art. 415-bis).

Quando, in conseguenza dell'ordine emesso dal giudice, è notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, i termini di cui all'art. 407-bis, comma 2 (tre o nove mesi per i reati di cui all'art. 407, comma 2) sono ridotti di due terzi (comma 3, ultimo periodo).

Eccezione alla regola: è espressa, nell'incipit del comma 1, dalle parole «Salvo quanto previsto dal comma 4». E il comma 4 prevede che, prima della scadenza dei termini previsti dall'art. 407-bis, comma 2 (v. supra), se ricorrono le circostanze – delle quali si è detto - di cui al comma 5-bis dell'art. 415-bis, il pubblico ministero può presentare al procuratore generale richiesta di differimento del deposito e della notifica dell'avviso.

Sulla richiesta il procuratore generale provvede ai sensi del comma 5-ter dell'art. 415-bis, vale a dire entro venti giorni autorizza il differimento per il tempo strettamente necessario e, comunque, per un periodo complessivamente non superiore a sei mesi o, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, non superiore a un anno.

Se non autorizza, il procuratore generale ordina al procuratore della Repubblica di depositare e provvedere alla notifica dell'avviso entro un termine non superiore a venti giorni.

Tutto ciò sempre che il pubblico ministero non abbia già presentato la richiesta di differimento prevista dal già citato comma 5-bis dell'art. 415-bis.

Per completezza, è opportuno, infine, segnalare che il nuovo testo dell'art. 127 disp. att. c.p.p. (come sostituito dall'art. 41, comma 1, lett. n), del d.lgs. 150/2022) prevede, al comma 1, che la segreteria del pubblico ministero trasmetta ogni settimana al procuratore generale dati sulle persone e sui reati (specificati nel comma 3) relativi ai:

a) procedimenti nei quali il pubblico ministero non ha disposto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, né ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, entro i termini previsti dall'art. 407-bis, comma 2;

b) procedimenti nei quali il pubblico ministero non ha assunto le determinazioni sull'azione penale nei termini di cui all'art. 415-ter, comma 3, primo e secondo periodo;

c) procedimenti, diversi da quelli indicati alle lett. a) e b), nei quali il pubblico ministero non ha esercitato l'azione penale, né richiesto l'archiviazione, entro i termini previsti dagli artt. 407-bis, comma 2, e 415-ter, comma 3, quarto periodo.

Precisa il comma 2 che, per ciascuno dei procedimenti di cui alla lett. a), va specificato se il pubblico ministero ha formulato la richiesta di differimento di cui al comma 5-bis dell'art. 415-bis e, in caso affermativo, se il procuratore generale ha provveduto sulla richiesta e con quale esito.

Avocazione delle indagini preliminari da parte del Procuratore generale

Un'ultima considerazione va fatta con riguardo al sopra citato art. 412 c.p.p., sul quale è intervenuto il d.lgs. 150 (art. 22, comma 1, lett. g).

Disciplina l'avocazione delle indagini preliminari da parte del Procuratore generale per mancato esercizio dell'azione penale.

È stato riscritto il primo periodo ed aggiunto il terzo periodo del comma 1 ed è stato modificato il comma 2.

Ora, il primo periodo del comma 1 prevede che il Procuratore generale ha il potere (non il dovere) di disporre, con decreto motivato, l'avocazione se il pubblico ministero:

  • non ha disposto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari oppure,
  • non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione, entro i termini previsti dalle disposizioni di cui agli artt. 407-bis, comma 2 c.p.p. per l'esercizio dell'azione penale (v. supra), 415-bis, comma 5-quinquies e 415-ter, comma 3, c.p.p. per l'avviso di conclusione delle indagini preliminari (v. supra).

Disposta l'avocazione, il Procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dal decreto.

Il terzo periodo del comma 1 chiude il comma, stabilendo che si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 415-bis, commi 5-quater e 5-quinquies, (v. supra) e 415-ter, commi 1 e 3 c.p.p. (v. supra).

Ai sensi del comma 2, il procuratore generale può altresì disporre l'avocazione a seguito delle comunicazioni previste dagli artt. 409, comma 3 (comunicazione del decreto con cui il giudice per le indagini preliminari, ritenendo di non poter accogliere la richiesta di archiviazione, fissa udienza camerale) e 415-bis, comma 5-quater (comunicazione del decreto con cui il giudice per le indagini preliminari, su richiesta della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa dal reato, e ordina al procuratore della Repubblica di assumere le determinazioni sull'azione penale entro un termine non superiore a venti giorni).

Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato

a) Già lo si è detto trattando, in questa rivista, della regola di giudizio dell'udienza preliminare (art. 425, comma 3 c.p.p.), il Parlamento, con la legge 27 settembre 2021, n. 134 (di seguito, legge delega), ha invitato il Governo a modificare, negli stessi termini, anche la regola in materia di richiesta di archiviazione («modificare la regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, prevedendo che il pubblico ministero chieda l'archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna»).

Ha chiesto, poi, al legislatore delegato di «escludere l'obbligo di notificazione dell'avviso della richiesta di archiviazione», di cui all'art. 408, comma 2, «alla persona offesa che abbia rimesso la querela».

b) Il legislatore delegato ha eseguito le direttive, intervenendo sull'art. 408 c.p.p. (art. 22, comma 1, lett. e), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, di seguito d.lgs. 150).

1) Il comma 1 dell'art. 408 c.p.p. è cambiato in questi termini: «Quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca» («se la notizia di reato è infondata» diceva prima il comma 1 e l'art. 125 disp. att. c.p.p. – abrogato dall'art. 98, comma 1, lett. b), d.lgs. 150/2022 – specificava che il pubblico ministero era tenuto a presentare al giudice la richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato nel caso in cui gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non fossero stati idonei a sostenere l'accusa in giudizio), il pubblico ministero presenta al giudice per le indagini preliminari richiesta di archiviazione, trasmettendogli il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al medesimo.

Il pubblico ministero, per primo, dovrà interpretare lo spirito di questa previsione e agire di conseguenza.

La formula evoca quel “dubbio ragionevole” al di là del quale si situa, secondo l'art. 533, comma 1, c.p.p., l'affermazione che l'imputato è colpevole e la condanna dello stesso.

Si tratta di capire se lo stesso canone investa anche la fase delle indagini preliminari e la cultura del pubblico ministero.

Su questa regola e sui possibili scenari aperti dalla stessa, si rinvia a quanto detto trattandone, in questa rivista, nell'udienza preliminare e in quella predibattimentale.

2) L'attuazione della seconda direttiva ha determinato la modificazione del comma 2 dell'art. 408 c.p.p. (che disciplinala notificazione della richiesta alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, ha dichiarato di volere essere informata in ordine all'eventuale archiviazione), il cui incipit è ora: «Fuori dei casi di remissione della querela»., l'avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa ecc.

Il comma 3-bis specifica, poi, che per i delitti commessi con violenza alla persona e per il reato di cui all'art. 624-bis c.p. (furto in abitazione e furto con strappo) l'avviso della richiesta è in ogni caso notificato alla persona offesa dal reato.

Con riguardo all'art. 408 va ricordato, infine, che nel comma 3, il Governo ha previsto che, con l'avviso anzidetto, indagato e persona offesa dal reato devono essere informati della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa (v. art. 129-bis).

3) Analoga informazione è stata inserita nel comma 2 dell'art. 409 con riguardo all'avviso che indagato e persona offesa dal reato devono ricevere nel caso in cui il giudice, non accogliendo la richiesta di archiviazione, fissa l'udienza camerale.

Riapertura delle indagini

a) Il legislatore delegato è stato chiamato a prevedere criteri più stringenti ai fini dell'adozione del decreto di riapertura delle indagini di cui all'art. 414 c.p.p.

Oggi, la riapertura delle indagini dopo il provvedimento di archiviazione chiesta dal pubblico ministero è dal giudice per le indagini preliminari autorizzata (e si procede a nuova iscrizione nel registro) se vi è motivata “esigenza di nuove investigazioni”. E l'autorizzazione vale a rimuovere una condizione di improcedibilità dell'azione penale per la precedente archiviazione.

Per “criteri più stringenti” dovrebbero intendersi presupposti più rigorosi per l'adozione del decreto di riapertura.

Già è necessario che le indagini da riaprire abbiano ad oggetto la stessa notizia di reato archiviata, non altra, né altre persone; si richiede, inoltre, l'identità dell'autorità procedente (in tema Cass. S.U., 24 giugno 2010, Giuliani; Cass. S.U., 22 marzo 2000, Finocchiaro).

Ma effettivamente il requisito dell'esigenza di nuove investigazioni è generico per quanto atto a evocare qualcosa di nuovo.

Il Parlamento ha preteso, dunque, che fosse ampliata la strada per l'archiviazione della notizia di reato e ristretta quella per riaprire le indagini sulla medesima notizia di reato da parte del medesimo pubblico ministero.

b) L'art. 22, comma 1, lett. h), del d.lgs. 150 ha aggiunto un periodo al comma 1 e il comma 2-bis dell'art. 414.

La riapertura delle indagini, dopo il provvedimento di archiviazione, continua ad essere autorizzata, dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni. La richiesta, tuttavia, non può essere accolta quando non è ragionevolmente prevedibile la individuazione di nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare l'esercizio dell'azione penale (comma 1).

Quando è autorizzata, il pubblico ministero procede, ai sensi del comma 2, a nuova iscrizione a norma dell'art. 335 c.p.p.

In assenza di un provvedimento di riapertura, gli atti di indagine compiuti sono inutilizzabili (comma 2-bis).

È opportuno ricordare che la citata Cass. pen., sez. un., 24 giugno 2010, n. 33885, Giuliani, ha statuito che il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini determina l'inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e preclude l'esercizio dell'azione penale per lo stesso fatto di reato, oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio del pubblico ministero. La S.C. ha, inoltre, affermato che l'esercizio dell'azione penale è espressione di una scelta che il pubblico ministero compie, in relazione a una determinata notitia criminis, al termine delle indagini preliminari in alternativa alla richiesta di archiviazione, sicché, archiviato il procedimento, il pubblico ministero perde il potere di adottare ulteriori opzioni sul medesimo fatto, a meno che non chieda e ottenga il decreto di riapertura delle indagini, dal quale infatti consegue una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato.

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