Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: i procedimenti speciali. Il giudizio abbreviato

Renato Bricchetti
23 Dicembre 2022

Come contropartita per la sua volontaria rinunzia al procedimento ordinario, il codice di rito riconosce all'imputato che abbia richiesto il giudizio abbreviato un trattamento sanzionatorio di “favore”.
Premessa

L'art. 442, comma 2, c.p.p. prevede, infatti, che in caso di condanna la pena detentiva temporanea o pecuniaria determinata dal giudice venga diminuita di un terzo.

Come si è detto, la riforma Orlando ha, per le contravvenzioni, elevato la diminuzione alla metà.

Questo ampliamento, privo di senso, ha segnato - come già si è avuto modo di dire - la definitiva scomparsa, con riferimento alle contravvenzioni, di ogni incentivazione ad avvalersi del patteggiamento.

Richiesta “condizionata” di giudizio abbreviato e art. 438 c.p.p.

a) L'art. 438, comma 5, c.p.p. prevede che l'imputato possa subordinare la richiesta di giudizio abbreviato ad integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. La stessa disposizione prevede che l'ammissibilità della richiesta sia subordinata alla verifica della effettiva necessità dell'integrazione probatoria e della sua «compatibilità con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili».

La clausola apposta dall'imputato impedisce l'automatica instaurazione del rito alternativo, giacché la richiesta comporta una preventiva delibazione da parte dell'organo giudicante sui presupposti di ammissibilità dell'integrazione probatoria dedotta in condizione.

Di conseguenza al giudice non è consentito rigettare la richiesta sulla base di una valutazione fondata su parametri diversi da quelli individuati dalla legge processuale, ma gli è invece assegnato il compito di verificare l'effettiva sussistenza di tali presupposti, impedendo l'accesso al rito solo quando tale verifica abbia esito negativo.

In tal senso la discrezionalità del giudice presenta un contenuto fortemente predeterminato dalla traccia normativa.

b) La legge delega (n. 134/2021) ha chiesto al Governo di modificare le condizioni per l'accoglimento della richiesta; in particolare, di prevedere l'ammissione del giudizio abbreviato se l'integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e «se il procedimento speciale produce un'economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale».

La prima condizione è stata oggetto di elaborazione da parte della S.C. (Cass. pen., sez. un., 27 ottobre 2004, n. 44711, Wajib) che ha chiarito che l'imputato ha soltanto la facoltà di ottenere, mediante il meccanismo delle ulteriori acquisizioni probatorie, un completamento del quadro probatorio destinato a fondare la decisione di merito, a fronte di uno stato degli atti insufficiente o lacunoso, di piattaforma investigativa inadeguata e da completare. Le ulteriori acquisizioni probatorie devono, pertanto, essere soltanto integrative, e non sostitutive, del materiale già acquisito e utilizzabile come base cognitiva, in quanto strumentali ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio. In altre parole, la valutazione della necessità della integrazione non si identifica con la impossibilità di decidere o con la incertezza della prova, ma presuppone, da un lato, la incompletezza di una informazione probatoria in atti, e, dall'altro, una prognosi di positivo completamento del materiale cognitivo per mezzo della attività integrativa richiesta.

La seconda condizione («compatibilità con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili») deve essere modificata dal legislatore delegato, o meglio adeguata alla interpretazione datane dalla Corte costituzionale che, con la sentenza 7 maggio 2001, n. 115, ha affermato che, ai fini della valutazione di detta condizione, il nuovo giudizio abbreviato doveva essere «posto a raffronto con l'ordinario giudizio dibattimentale».

c) Il legislatore delegato (art. 24, comma 1, lett. a), n. 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) ha recepito la direttiva e modificato l'art. 438, comma 5, nel senso che, in caso di richiesta subordinata a integrazione probatoria, il giudice disporrà il giudizio abbreviato se, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili, l'integrazione richiesta risulti necessaria ai fini della decisione e il giudizio abbreviato realizzi comunque una economia processuale (così si è specificata la precedente versione «compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento»), in relazione ai prevedibili tempi dell'istruzione dibattimentale.

d) L'art. 438 è interessato anche dalle modifiche ai commi 3 e 6-ter (art. 24, comma 1, lett. a), n. 2 e 3).

Nel comma 3 il legislatore delegato si limita a confermare che la volontà dell'imputato deve essere espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale, precisando tuttavia che la sottoscrizione va autenticata «da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore».

e) Venendo al comma 6-ter, va premesso che il comma 6 dell'art. 438 stabilisce che la richiesta incondizionata può essere proposta anche successivamente al rigetto di una richiesta condizionata purché non sia preclusa dall'avvenuto spirare del termine generale per la presentazione della richiesta del rito.

Si è poi affermata la prassi di presentare, con unico atto, la richiesta di accesso all'abbreviato non condizionato subordinata ad altra principale, rappresentata da una richiesta condizionata o da una richiesta di applicazione concordata della pena. Richiesta subordinata ammissibile anche nell'ipotesi di rigetto di precedente richiesta di patteggiamento cui il pubblico ministero aveva prestato il consenso.

Tali prassi sono diventate norme con la Riforma Orlando che ha inserito nell'art. 438 il comma 5-bis che espressamente prevede la possibilità di presentare richieste subordinate di abbreviato non condizionato e di patteggiamento per il caso del rigetto di quella di abbreviato condizionato.

Il comma 6-ter prevede che se la richiesta di giudizio abbreviato presentata nell'udienza preliminare è stata dichiarata inammissibile ai sensi del comma 1-bis (perché proposta con riguardo a delitti puniti con la pena dell'ergastolo), il giudice, se all'esito del dibattimento ritiene che per il fatto accertato il giudizio abbreviato sia ammissibile (ad es. perché si è accertato che il fatto non integra un delitto punito con l'ergastolo), applica la riduzione della pena prevista dall'art. 442, comma 2.

Ebbene, il legislatore delegato ha aggiunto, nel comma 6-ter, un secondo periodo nel quale ha stabilito che in ogni altro caso, diverso da quello previsto dal comma 1-bis, in cui la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile o rigettata, l'imputato può riproporre la richiesta prima dell'apertura del dibattimento e il giudice, se ritiene illegittima la dichiarazione di inammissibilità o ingiustificato il rigetto, ammette il giudizio abbreviato.

Si ricorda al riguardo la sentenza della Corte costituzionale 23 maggio 2003 n. 169, con la quale è stata riconosciuta la possibilità per l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, di riproporre la richiesta, già rigettata dal giudice per le indagini preliminari, di giudizio abbreviato condizionata a una integrazione probatoria.

La riduzione della pena

a) In caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è - come si è detto - diminuita della metà se si procede per una contravvenzione e di un terzo se si procede per un delitto (art. 442, comma 2 c.p.p.).

b) Il Parlamento ha ritenuto di aumentare la capacità attrattiva del rito e, al tempo stesso, di alimentarne la funzione deflativa, invitando il legislatore delegato a prevedere che la pena irrogata sia ulteriormente ridotta di un sesto nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell'imputato e a stabilire che la riduzione sia applicata dal giudice dell'esecuzione.

Insomma: un'ulteriore riduzione della pena all'imputato che non appella o non ricorre per cassazione.

c) Il legislatore delegato (art. 24, comma 1, lett. c) ha inserito, a tal fine, nell'art. 442 il comma 2-bis, che stabilisce che quando né l'imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell'esecuzione.

Dunque, se non si impugna (con appello o ricorso per cassazione, immediato o contro sentenza inappellabile) la sentenza di condanna pronunciata in giudizio abbreviato, si beneficia di un altro sesto di riduzione, che va ad aggiungersi al terzo per i delitti e alla metà per le contravvenzioni (comma 2). In sostanza per i delitti si arriva quasi alla metà (es. 6 anni, meno un terzo 4 anni, meno un sesto 3 anni e 4 mesi); per le contravvenzioni si va oltre (es. 6 mesi, meno la metà 3 mesi, meno un sesto 2 mesi e 15 giorni).

Un dubbio in ordine all'applicazione dell'ulteriore diminuente si ha nel caso in cui l'imputato, che abbia proposto appello contro la sentenza di condanna, non proponga ricorso per cassazione contro la sentenza di appello che la conferma (anche solo in parte).

Una risposta affermativa non è scontata, anche se avallata dall'uso della parola “impugnazione”. Ma va detto anche, sempre per restare aderenti alla lettera della disposizione, che la sentenza di conferma del giudice d'appello non è “la sentenza di condanna”, benché la motivazione della sentenza del giudice di appello abbia una funzione integrativa di quella del giudice di primo grado che ne costituisce il presupposto. La struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico, complesso, corpo argomentativo (così Cass. pen., sez. un., 4 febbraio 1992,p.m. in proc. Musumeci); inoltre, qualora la sentenza di primo grado non sia sufficientemente o correttamente motivata, può essere integrata o sostituita nel suo apparato argomentativo dalla sentenza d'appello che ne dispone la conferma.

La risposta negativa ha dalla sua, però, la collocazione della nuova disposizione nell'art. 442 dedicato alla decisione nel giudizio, subito dopo il comma 2 che prevede le diminuenti (per delitti e contravvenzioni) “in caso di condanna”.

In altre parole, l'incentivo si applica solo se l'imputato non propone appello o direttamente ricorso per cassazione. Se lo fa, non ha più diritto all'aumento. Questa potrebbe essere la ratio legis.

d) Altri contraccolpi, dunque, per il patteggiamento. Resta ancorato alla riduzione «fino a un terzo». La sua versione large è carica di preclusioni oggettive. La sentenza è, salvo insignificanti eccezioni, soltanto ricorribile per cassazione e passa in giudicato in breve tempo con aggravio di 4.000 euro di sanzione in favore della Cassa delle ammende dato che il ricorso è di regola inammissibile.

Unico reale nuovo incentivo del patteggiamento è la previsione di inefficacia e di inutilizzabilità a fini di prova della sentenza nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l'accertamento della responsabilità contabile. Inoltre, se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza di patteggiamento a quella di condanna.

Ulteriori interventi del legislatore delegato

a) Il comma 3 dell'art. 442 continuava a stabilire che la sentenza emessa nel giudizio abbreviato dovesse essere notificata all'imputato non comparso. E l'art. 134 disp. att. c.p.p. specificava che la notificazione doveva avvenire «per estratto», unitamente all'avviso di deposito della sentenza medesima.

Le disposizioni erano nate perché nel giudizio abbreviato non era originariamente prevista la dichiarazione di contumacia e, quindi, il comma 3 dell'art. 548 (nel testo dell'epoca) sarebbe stato inapplicabile.

Oggi, però, soppressa la contumacia dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, queste disposizioni sono superate, considerato che nemmeno per la sentenza emessa all'esito del dibattimento è più prevista notificazione in favore dell'imputato nei cui confronti si sia proceduto in assenza.

Il Parlamento ha preso atto della situazione, autorevolmente confermata da Cass. pen., sez. un., 24 ottobre 2019, n. 698/20, Sinito (la Corte ha precisato che, a seguito della riforma della disciplina sulla contumacia, non trovano più applicazione le disposizioni di cui agli artt. 442, comma 3, e 134 disp. att., già tacitamente abrogate dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 che, estendendo al giudizio abbreviato l'istituto della contumacia, ne aveva determinato la sostituzione con la previsione dell'art. 548, comma 3, c.p.p. in seguito espressamente abrogata dalla disciplina del processo in absentia, introdotta con legge 28 aprile 2014, n. 67) e ha chiesto al Governo di abrogare il comma 3 dell'art. 442 e l'art. 134 disp. att.

Il legislatore delegato (art. 98, comma 1, lett. a) e b) ha abrogato sia il comma 3 dell'art. 442, sia l'art. 134 disp. att.

b) Con riferimento all'assunzione delle prove nel giudizio abbreviato condizionato, l'art. 24, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 150/2022 ha aggiunto un periodo al comma 6 dell'art. 441 per stabilire che «le prove dichiarative sono documentate nelle forme previste dall'articolo 510», vale a dire nelle forme previste per l'istruzione dibattimentale.

Anche l'art. 510 c.p.p. è stato modificato, con l'inserimento dei commi 2-bis e 3-bis, dall'art. 30, comma 1, lett. i), n. 1 e 2, disposizioni destinate ad applicarsi, ai sensi dell'art. 94, comma 1, decorso un anno dalla data di entrata in vigore del d.lgs. anzidetto.

c) Il legislatore delegato ha sostituito (con l'art. 34, comma 1, lett. i), n. 1) il comma 3-bis dell'art. 603 c.p.p. che ora prevede che «Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, ferme le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all'esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato» a norma degli artt. 438, comma 5, e 441, comma 5.

Si è esclusa, dunque, la sentenza assolutoria emessa all'esito di un giudizio abbreviato non condizionato.

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