Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: i procedimenti speciali. Nuove contestazioni

Renato Bricchetti
30 Dicembre 2022

Il primo compito del legislatore delegato era quello di tradurre in specifiche disposizioni le dichiarazioni di illegittimità pronunciate in questi anni dalla Corte costituzionale. Il Governo deve disciplinare la facoltà dell'imputato di presentare la richiesta in ordine all'imputazione modificata, al reato concorrente ovvero al reato diversamente circostanziato, sia in caso di contestazione patologica, sia in caso di contestazione fisiologica. Tale disciplina va armonizzata con i termini di presentazione delle richieste.

a) In relazione all'art. 516 c.p.p. dedicato alla modifica, da parte del pubblico ministero, dell'imputazione perché “il fatto risulta diverso da quello descritto” nel capo d'imputazione e alla relativa nuova contestazione, la Corte, attraverso le dichiarazioni di illegittimità costituzionale, ha previsto la facoltà dell'imputato:

  • di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444:
  1. relativamente al fatto diverso, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale (contestazione patologica) ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni(C. cost. 30 giugno 1994, n. 265);
  2. relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione (fisiologica) (C. cost. 17 luglio 2017, n. 206);

  • di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato:
  1. relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale (C. cost. 18 dicembre 2009, n. 333);
  2. relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione (C. cost. 5 dicembre 2014, n. 273);

  • di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova, in seguito alla modifica dell'originaria imputazione (C. cost. 11 febbraio 2020 n. 14);

  • di proporre domanda di oblazione, ai sensi degli artt. 162 e 162-bis c.p., relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento (C. cost. 29 dicembre 1995, n. 530).

b) In relazione all'art. 517 c.p.p. dedicato alla nuova contestazione, da parte del pubblico ministero, del reato concorrente e delle circostanze aggravanti, la Corte, attraverso le dichiarazioni di illegittimità costituzionale, ha previsto la facoltà dell'imputato:

  • di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 c.p.p.:
  1. relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni(C. cost. 30 giugno 1994, n. 265);
  2. in seguito alla contestazione nel dibattimento di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale (C. cost. 25 giugno 2014, n. 184);
  3. relativamente al reato concorrente emerso nel corso del dibattimento e che forma oggetto di nuova contestazione (C. cost. 11 aprile 2019, n. 82).
  • di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato:
  1. relativamente al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento di esercizio dell'azione penale (C. cost. 18 dicembre 2009, n. 333);
  2. relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell'istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione (C. cost. 26 ottobre 2012 n. 237);
  3. nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione (C. cost. 9 luglio 2015, n. 139);
  • di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova:
  1. nel caso di contestazione di una circostanza aggravante (C. cost. 5 luglio 2018, n. 141);
  2. relativamente a tutti i reati contestatigli connessi a norma dell'art. 12, comma 1, lett. b) (cioè in concorso formale o continuazione) (C. cost. 14 giugno 2022, n. 146).

a) Il Governo è tenuto a:

  • coordinare la disciplina delle nuove contestazioni in dibattimento (artt. 516 ss. c.p.p.) con la disciplina dei termini per la presentazione della richiesta di procedimenti speciali (lett. e);
  • prevedere che, in caso di nuove contestazioni ai sensi degli artt. 516 ss. c.p.p., l'imputato possa chiedere la definizione del processo ai sensi degli artt. 444 ss. o 438 ss. c.p.p. (lett. f);
  • prevedere che tale facoltà possa essere esercitata nell'udienza successiva a quella in cui è avvenuta la nuova contestazione (lett. f).

Il primo compito che attende il legislatore delegato è quello di tradurre in specifiche disposizioni le dichiarazioni di illegittimità pronunciate in questi anni dalla Corte costituzionale.

Il Governo deve disciplinare la facoltà dell'imputato di presentare la richiesta in ordine all'imputazione modificata, al reato concorrente ovvero al reato diversamente circostanziato, sia in caso di contestazione patologica, sia in caso di contestazione fisiologica.

Tale disciplina va armonizzata con i termini di presentazione delle richieste e il Governo è tenuto a prevedere che la facoltà debba essere esercitata nell'udienza successiva a quella in cui è avvenuta la nuova contestazione. A pena di inammissibilità della richiesta – benché la delega non lo richieda espressamente.

c) L'art. 30, comma 1, lett. l), n. 1 e 2, del d.lgs. n. 150/2022 è intervenuto sui commi 1 e 2 dell'art. 519 c.p.p.

Il legislatore delegato ridisegna in questo modo i diritti dell'imputato nel caso di modificazione dell'imputazione prevista dall'art. 516 c.p.p. (fatto diverso da quello descritto nell'imputazione) e nei casi di contestazioni suppletive di cui all'art. 517 c.p.p. (contestazione di reato connesso ex art. 12, comma 1, lett. b), vale a dire reato in concorso formale o in continuazione, o di circostanza aggravante, esclusa la recidiva) e 518, comma 2 c.p.p. (contestazione di un fatto nuovo non enunciato nell'imputazione):

  • il presidente informa l'imputato che i) può chiedere un termine per la difesa, ii) che può formulare richiesta di giudizio abbreviato, di patteggiamento o di sospensione del procedimento con messa alla prova e iii) può richiedere l'ammissione di nuove prove (comma 1);
  • il presidente, se l'imputato chiede un termine per la difesa, sospende il dibattimento per un tempo non inferiore al termine per comparire previsto dall'art. 429 c.p.p. (non inferiore a venti giorni), ma comunque non superiore a quaranta giorni;
  • in ogni caso l'imputato può, a pena di decadenza, entro l'udienza successiva, formulare richiesta di giudizio abbreviato, di patteggiamento o di sospensione del procedimento con messa alla prova, nonché richiedere l'ammissione di nuove prove (comma 2).

d) Il legislatore delegato non chiarisce se le richieste riguardano solo il reato oggetto della contestazione suppletiva o anche i reati oggetto dell'originaria imputazione.

La Corte costituzionale ha, ad es., recentemente ribadito (sentenza 14 giugno 2022, n. 146, che conferma sul punto la sentenza n. 237 del 2012) che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato solo per il reato oggetto della contestazione suppletiva, non per il reato oggetto dell'originaria contestazione, mentre la sospensione del procedimento con messa alla prova può riguardare tutti i reati.

La sentenza n. 237 del 2012 era stata categorica: «l'imputato [non può] recuperare, a dibattimento inoltrato, gli effetti premiali del rito alternativo anche in rapporto all'intera platea delle imputazioni originarie, rispetto alle quali ha consapevolmente lasciato spirare il termine utile per la richiesta».

La sentenza n. 146 del 2022 spiega le ragioni del diverso trattamento riservato alla messa alla prova: «Diversamente da quanto accade nel rito abbreviato, nella messa alla prova convivono un'anima processuale e una sostanziale. Da un lato, l'istituto è uno strumento di definizione alternativa del procedimento, che si inquadra a buon diritto tra i riti alternativi (sentenze n. 14 del 2020, n. 91 del 2018 e n. 240 del 2015); al contempo, esso disegna un percorso rieducativo e riparativo, alternativo al processo e alla pena, ma con innegabili connotazioni sanzionatorie (sentenza n. 68 del 2019), che conduce, in caso di esito positivo, all'estinzione del reato».

e) La conclusione è discutibile, soprattutto con riferimento alla contestazione suppletiva patologica.

Invero, se l'azione penale fosse stata esercitata in modo corretto e completo, l'imputato avrebbe potuto determinarsi diversamente (si pensi, ad esempio, alla contestazione suppletiva tardiva di un reato concorrente più grave di quello oggetto dell'imputazione originaria).

La Corte, dopo avere più volte ripetuto che l'effettività del diritto di difesa si misura soprattutto in materia di riti alternativi e in particolare di giudizio abbreviato, non sembra considerare che la scelta di tale rito risponde spesso a strategie difensive che necessitano, per essere adeguatamente elaborate ed esplicitate, della assoluta completezza del quadro accusatorio, con riferimento a capi, punti e contenuti dell'imputazione.

Nel rito abbreviato – così si esprime la Corte - non «convivono un'anima processuale e una sostanziale».

Aumentano i dubbi: nel rito abbreviato la diminuente (che certo ha un'”anima” processuale) interferisce con il profilo di legalità della pena.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione (Cass. pen., sez. un., 25 ottobre 2007, P.G. in proc. V.) hanno evidenziato come la disciplina dell'art. 442, comma 2, realizzi «una commistione assolutamente originale tra condotte processuali ed effetti indiretti, ma automatici, sul trattamento sanzionatorio».

E ancora (Cass. pen., sez. un., 6 marzo 1992, P.G. in proc. Piccillo): gli «aspetti sostanziali» di quello che indiscutibilmente si risolve in «un trattamento penale di favore» vanno riconosciuti a prescindere dalla risoluzione della questione relativa alla natura della diminuente.

L'interferenza della diminuzione di pena con gli istituti di diritto sostanziale va affrontata confrontandosi con il concreto profilo di questi ultimi.

In coerenza con questa impostazione i giudici di legittimità hanno di frequente esaltato il rilievo sostanziale della diminuente al fine di risolvere questioni particolari.

La Suprema Corte, nello stabilire quale fosse l'impatto sui procedimenti pendenti della sentenza n. 176 del 1991 (con cui la Corte Costituzionale aveva dichiarato l'illegittimità del comma 2 dell'art. 442 c.p.p. nella parte in cui consentiva l'accesso all'abbreviato anche nei procedimenti per reati puniti con l'ergastolo), ha invocato proprio l'“anima” sostanziale della fattispecie diminuente per rifarsi al secondo comma dell'art. 25 Cost. ed affermare l'irretroattività dell'effetto sfavorevole determinato dalla pronunzia del giudice delle leggi (Cass. pen., sez. un., 6 marzo 1992, P.G. in proc. Piccillo e Cass. pen., sez. un., 6 marzo 1992, Merletti).

Proprio i riflessi sostanziali dello sconto di pena sono stati valorizzati dalla giurisprudenza costituzionale per correggere l'impostazione dell'originario impianto codicistico che non contemplava la sindacabilità, rispettivamente, del dissenso opposto dal pubblico ministero alla richiesta dell'imputato di accedere al rito alternativo e del provvedimento del giudice con cui tale richiesta veniva respinta in ragione della non definibilità allo stato degli atti del processo.

Con riguardo all'indulto devono certamente essere considerati i riflessi sostanziali della premialità.

Infatti, il provvedimento di clemenza guarda, per estinguerla, alla pena in concreto irrogata al condannato e non v'è dubbio che alla sua determinazione concorre anche la diminuente processuale.

La giurisprudenza ha sottolineato in maniera esplicita che l'affermata natura processuale della riduzione della pena non può essere sopravalutata al punto da vanificare gli effetti dell'indulto.

Con coerenza è stato dunque escluso che, ai fini della revoca dell'indulto precedentemente concesso, debba guardarsi esclusivamente al trattamento sanzionatorio determinato prima dell'applicazione della diminuente (Cass. pen., sez. I, 14 maggio 1996, P.M. in proc. Fadda, Rv. 201475).

E lo stesso principio è stato applicato dai giudici di legittimità anche con riguardo alle misure di sicurezza (Cass. pen., sez. I, 30 marzo 2004, C., Rv. 228290).

I riflessi sostanziali della diminuente processuale sono stati posti in evidenza anche dalla Corte EDU, la quale ha ritenuto che l'art. 442 c.p.p., nella parte in cui concorre a determinare la pena irrogabile, sia da considerare norma di diritto sostanziale e non processuale, con la conseguente applicazione retroattiva delle eventuali modifiche più favorevoli all'imputato che la vengano ad interessare (Corte EDU, 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia).

Il nuovo comma 2 dell'art. 442 c.p.p., come modificato dall'art. 1, comma 44, della l. 23 giugno 2017, n. 103, stabilisce che quando si procede in giudizio abbreviato per una contravvenzione la pena va diminuita, in caso di condanna, della metà e non più come in precedenza soltanto di un terzo. E l'applicazione della più favorevole diminuente è giustificata dalla natura composita della diminuente. In particolare, la natura processuale della riduzione di pena non può annullarne gli indubbi riflessi sostanziali, considerato che la diminuente, influendo sul trattamento sanzionatorio riservato all'imputato, interferisce con il profilo della legalità della pena (cfr. Cass. pen., sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 832/18, Del Prete).

Il principio di legalità delle pene ha ad oggetto, non solo le pene principali, accessorie, sostitutive delle pene detentive, nonché le misure alternative alla detenzione, le pene applicabili in caso di conversione della pena pecuniaria, gli effetti penali della condanna, ma anche la diminuente del giudizio abbreviato.

Detta diminuente è un aspetto della pena “legale”; la relativa violazione determina una pena illegale.

Va dato atto, tuttavia, che ultimamente le Sezioni unite della Corte di cassazione non sembrano (o non sembrano più) pensarla così.

La motivazione della sentenza non è ancora stata depositata ma, all'udienza del 31 marzo 2022 – così si legge nell'informazione provvisoria – le Sezioni Unite (in proc. Savini) hanno, invero, affermato che nel caso in cui il giudice, in tema di reati contravvenzionali, riduca la pena, per il rito abbreviato, nella misura di un terzo anziché della metà, come previsto dall'art. 442, comma 2, la Corte di Cassazione non può disporne la riduzione in tale ultima misura se la questione, non prospettata con l'atto di appello, sia stata dedotta col ricorso per cassazione.

Qualora, insomma, la pena concretamente irrogata rientri nei limiti edittali, l'erronea applicazione da parte del giudice di merito della misura della diminuente, prevista per reato contravvenzionale giudicato con rito abbreviato, integra un'ipotesi di violazione di legge che, ove non dedotta nell'appello, resta preclusa dalla inammissibilità del motivo di ricorso.

Non si sarebbe in presenza, dunque, di una pena illegale per il solo fatto che è stata violata, con esito in malam partem, la regola sulla diminuente per il rito.

Detto in altre parole, nessuno a quel punto può farci nulla, neppure la Corte di cassazione, perché si tratta semplicemente di una violazione di legge, non dell'applicazione di una pena illegale.

f) Vanno segnalate anche le modifiche apportate all'art. 520 c.p.p. e all'art. 141 disp. att. c.p.p.

L'art. 520, comma 1, c.p.p. tratta delle nuove contestazioni non più all'imputato dichiarato assente che, salvo che la legge disponga altrimenti, è rappresentato dal difensore (art. 420-bis, comma 4) ma all'imputato «non […] presente in aula, neppure mediante collegamento a distanza» per affermare che il pubblico ministero, quando modifica l'imputazione ai sensi degli artt. 516 e 517 chiede al presidente che la nuova contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all'imputato, con l'avvertimento che entro l'udienza successiva può formulare richiesta di giudizio abbreviato, di patteggiamento o di sospensione del procedimento con messa alla prova, nonché richiedere l'ammissione di nuove prove (2).

L'art. 141, comma 4, disp. att. c.p.p., che disciplina il procedimento di oblazione, è stato modificato nel senso che anche nel caso di nuove contestazioni ex artt. 517 e 518 c.p.p. il giudice, se è proposta domanda di oblazione, acquisisce il parere e (se non rigetta la domanda) ammette all'oblazione e fissa con ordinanza la somma da versare.