Decisioni dei soci di s.r.l.Fonte: Cod. Civ. Articolo 2479
06 Ottobre 2015
Introduzione
La riforma delle s.r.l. ha lasciato notevole autonomia ai soci già in ordine alla ripartizione delle materie riservate alle decisioni dei soci e delle materie riservate all'organo gestorio.
Con riferimento alle materie rimesse ai soci il legislatore ha optato per un “modello binario” delle decisioni (in senso ampio). Al tradizionale metodo assembleare, infatti, è stato affiancato un modello di formazione della volontà della compagine (le “decisioni” in senso stretto) caratterizzato dall'assenza della contestualità delle dichiarazioni di volontà dei singoli soci e dall'adozione di un modello libero che prevede o l'adesione scritta ad una proposta di deliberato indirizzata a tutti i soci, o la comunicazione, da parte di ogni singolo socio della volontà o meno di adottare una determinata decisione. Si tratta, in ogni caso, di un modello molto libero sul piano delle forme, fermo restando il carattere essenziale costituito dalla espressione di volontà per iscritto, e ampiamente modulabile in sede di atto costitutivo.
La definizione dei rapporti tra “delibere” (assembleari) e “decisioni” (non assembleari) è lasciata dal legislatore alla piena autonomia dei soci in sede di formazione dell'atto costitutivo, salvi alcuni casi sporadici in cui l'adozione del metodo assembleare è obbligatoria. Una preferenza del legislatore per il metodo assembleare è poi data sia dalla scelta come meccanismo di default in caso di assenza di previsioni statutarie, sia dalla presenza di un meccanismo in virtù del quale i soggetti legittimati possono chiedere in ogni caso l'adozione di tale metodo anche in deroga alle previsioni statutarie. La scelta della riforma del 2003 è stata nel senso della elasticità organizzativa della s.r.l., lasciando ampio spazio alle scelte operate dai soci in sede di atto costitutivo. In tale sede ai soci è data la possibilità di determinare l'assetto gestionale della società, risultando in tal modo la rilevanza centrale al socio, di cui viene privilegiato anche il successivo coinvolgimento nella gestione. Nello stesso tempo, la riforma ha cercato di dare forte impulso verso la semplificazione e l'autonomia del funzionamento della s.r.l., lasciando ai soci ampia facoltà di dettare una disciplina negoziale modellata sulle esigenze della singola compagine. In questo senso si assiste anche ad una eliminazione del monopolio dell'assemblea, che rimane la modalità standard di funzionamento della s.r.l. ma che può essere sostituita del metodo extrassembleare; nonché alla derogabilità pressoché generalizzata delle previsioni normative, in ossequio al principio di libertà delle forme organizzative cui è ispirata la riforma delle s.r.l.
Il principio di autonomia statutaria comporta che le competenze dei soci sono stabilite dall'atto costitutivo, ma che ai medesimi può essere rimessa qualunque materia, se richiesto dagli amministratori o da un quorum di soci. In tal modo i soci possono essere chiamati in ogni momento a decidere direttamente su atti inerenti l'amministrazione della società. L'atto costitutivo può, optare tra una prevalenza della gestione degli amministratori ed un modello che privilegia la gestione dei soci.
Rispetto allo statuto la disciplina legale detta regole di default in gran parte derogabili con l'unico limite dello snaturamento del tipo sociale, non essendo ammissibile una disciplina negoziale che sia ricalcata integralmente o sulle s.p.a. o sulle società di persone. Anche per quanto riguarda il procedimento di formazione della volontà dei soci, la legge concede ampi spazi all'autonomia dell'atto costitutivo con pochi limiti stabiliti dalla legge. L'art. 2479 c.c. stabilisce che sono rimesse alle decisioni dei soci le “materie riservate alla loro competenza dall'atto costitutivo, nonché [su]gli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione”. Quindi la competenza dei soci è specifica e non è regolata dal principio di residualità, ma alle fonti individuate dalla norma in esame dovranno comunque aggiungersi le singole, specifiche, previsioni di legge, costituendo l'elenco contenuto all'art. 2479, comma 2, una lista solo parziale. Rispetto a tale elenco il modello assemblare resta il modello legale in assenza di diverse disposizioni dell'atto costitutivo. Nell'ambito delle decisioni riservate alla competenza dei soci, possono poi essere individuate ipotesi di riserva inderogabile di competenza all'assemblea ed ipotesi in cui la competenza dei soci viene stabilita per default dalla legge salvo previsione contraria dell'atto costitutivo.
Nell'ambito complessivo di tutte tali ipotesi, poi, andranno distinti i casi in cui la delibera deve essere inderogabilmente assunta con il metodo assembleare ed i casi in cui la volontà dei soci può essere espressa con il metodo non assembleare. Come detto, fonte primaria per individuare i casi di decisioni rimesse ai soci è data dall'atto costitutivo, il quale incontra un limite nelle previsioni legali che individuano alcune materie riservate necessariamente alla competenza degli amministratori e che sono stabilite dall'art. 2475. Vi sono, poi, le previsioni di legge sia di tipo generale, cioè l'art. 2479, sia di tipo speciale, contenute nel codice o nelle leggi speciali. L'art. 2479, comma 2 riserva in ogni caso alla competenza dei soci
Nel codice, poi, è prevista che i soci decidano: lo scioglimento anticipato della società (art. 2484, comma 1, n. 6); la determinazione del numero di liquidatori e delle modalità di funzionamento dell'organo liquidatorio, se collegiale; la nomina dei liquidatori; individuazione dei criteri secondo i quali si deve svolgere la liquidazione (art. 2487); la modificazione dei diritti particolari attribuiti a singoli soci. Occorre non confondere il profilo dell'individuazione dell'ambito delle decisioni rimesse ai soci col profilo della metodologia di adozione di tali decisioni (delibera assembleare o decisione non assembleare), anche in considerazione del fatto che per le norme dettate ante-riforma il riferimento all'assemblea ben potrebbe essere letto in senso compatibile con l'adozione della consultazione extrassembleare; o del fatto che lo statuto potrebbe espressamente prevedere che l'adozione delle decisioni avvenga con questa seconda metodologia.
Vi sono poi decisioni che non sono riservate in via assoluta ai soci, ma che la legge rimette ai medesimi in mancanza di diverse previsioni dell'atto costitutivo. Si tratta, tuttavia, di una categoria dai contorni meno netti, che pone in alcuni casi problemi di tipo interpretativo: si possono qui citare le autorizzazioni all'acquisto per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di beni o crediti dei soci fondatori, dei soci o degli amministratori nel biennio dall'iscrizione della società nel registro delle imprese: i c.d. “acquisti pericolosi” (artt. 2465, comma 2 - 2479); l'emissione di titoli di debito, se l'atto costitutivo rimette tale decisione ai soci (art. 2483); lo scioglimento della società e la nomina dei liquidatori (artt. 2484 – 2487); la fusione e scissione (artt. 2502 – 2506-ter); l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori (art. 2476, comma 3) e dell'azione di responsabilità contro i soci (art. 2476, comma 7), qualora – accanto alla indubbia legittimazione dei singoli soci – si affermi una legittimazione dell'assemblea (Vigo, op. cit., pag. 467 – 468). Al di là delle ipotesi statutarie e legali di rimessione della decisione ai soci vi è, poi, la previsione di cui all'art. 2479, comma 1, seconda parte, che rimette alla decisione dei soci anche gli argomenti – estranei a quelli già per legge o statuto riservati - che uno o più amministratori o tanti soci, che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, sottopongono alla “approvazione”.
Le ipotesi di “avocazione” (da parte della minoranza dei soci) / “rimessione” (da parte degli amministratori) non sono subordinate ad alcun obbligo di motivazione, e si connettono ad un potere pienamente discrezionale ed insindacabile, cui consegue il blocco della potestà decisionale dell'organo gestorio, il quale dovrà astenersi dal compimento dell'atto rimesso alla decisione dei soci È da ritenersi che l'atto costitutivo possa prevedere una quota inferiore rispetto al terzo stabilito dalla legge, mentre la fissazione di un quorum superiore potrebbe di fatto rendere eccessivamente arduo il ricorso al meccanismo in questione. Rimane aperta la discussione sulla possibilità di limitare il potere di avocazione dei soci a specifiche materie.
Tra deliberazioni assembleari e decisioni non assembleari
La riforma del 2003 ha affiancato al metodo assembleare, anche un metodo decisorio extrassembleare, caratterizzato da manifestazioni di volontà dei soci non espresse in contestualità di tempo e luogo. La scelta si giustifica anche con ragioni pratiche nei casi in cui il ridotto numero di soci – o addirittura il carattere unipersonale della s.r.l. – rende inutile il ricorso alla convocazione dell'assemblea.
La distinzione dei due modelli decisionali viene riscontrata (tendenzialmente) anche dal codice, che usa “deliberazioni” per le sole determinazioni assunte con metodo assembleare e il termine “decisioni” per ogni tipo di determinazione.
La scelta tra i due metodi viene rimessa in primo luogo alle determinazioni assunte nell'atto costitutivo (art. 2479, comma 3 c.c.), rispetto alle quali il legislatore detta delle regole generali di chiusura, stabilendo, delle ipotesi di ricorso obbligatorio alla delibera assembleare, e delle ipotesi in cui tale metodo viene indicato solo default ma con facoltà di deroga, controbilanciata dal potere di un quorum qualificato di soci di rimettere comunque la decisone all'assemblea. Come è dato vedere la leggecontinua ad adottare come modello decisionale standard quello assembleare, cui occorre far ricorso nel silenzio dello statuto e, comunque, obbligatoriamente, in alcuni casi di legge. Il ricorso alla decisione non assembleare presuppone, quindi, imprescindibilmente la specifica previsione statutaria.
Le decisioni che vanno deliberate in assemblea, salva diversa previsione dello statuto sono: 1) l'approvazione del bilancio e la distribuzione degli utili (cfr. art. 2490 sul bilancio intermedio di esercizio); 2) la nomina degli amministratori; 3) la nomina nei casi previsti dall'articolo 2477 dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del revisore.
Per contro il metodo assembleare è obbligatorio per: 1) le modificazioni dell'atto costitutivo; 2) la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci; 3) le deliberazioni di riduzione del capitale per perdite oltre il terzo (art. 2482-bis). Focus sulle decisioni non assembleari
L'art. 2479 sembra immaginare due metodologie di decisione extrassembleare, in quanto menziona una “consultazione scritta” (basata su uno scambio “proposta (inviata a tutti i soci) – adesione o diniego dei soci”) accanto un “consenso espresso per iscritto” (mera comunicazione unilaterale dei soci). Sembra tuttavia che le due espressioni abbiano carattere meramente esemplificativo di una fattispecie dai contorni vari. Va chiarito che da tale metodo va tenuto distinto il caso dell'impiego di mezzi di mezzi di comunicazione a distanza (telefonici, videoconferenza, etc.) per partecipare alle delibere assembleari vere e proprie, giacché in questi casi il metodo assembleare viene conservato. Nel caso della decisione extrassembleare viene meno la contestualità e simultaneità della discussione e della delibera, tipiche del modello assembleare.
Mancando una convocazione la legittimazione ad attivare il procedimento decisionale sembra da ricondursi ad amministratori e soci. Peraltro è vero che nel momento in cui la decisione risulta formata risulta persino irrilevante l'individuazione della sua origine (salvi profili particolari come il conflitto di interessi). Il dato essenziale è che la proposta di decisione dovrà essere indirizzata a tutti i soci, a pena l'invalidità ex art. 2379-ter, nonché agli stessi soggetti che hanno diritto a partecipare all'assemblea e quindi (sindaci, sequestratari, creditori pignoratizi, usufruttuari). Ovviamente dovrà essere possibile documentare l'invio della proposta a tutti i soggetti aventi diritto a partecipare alla decisione. Non risulta invece in alcun modo previsto un termine per la comunicazione, con la conseguenza che potranno cominciare a riceversi approvazioni prima ancora che tutti i soci risultino informati. In ogni caso la decisione non potrà intendersi approvata prima che tutti i soci siano stati informati, quand'anche siano già pervenuti consensi dalla maggioranza dei soci.
In ogni caso la proposta deve presentare un contenuto completo ed analitico e quindi il testo vero e proprio della delibera, o comunque un testo puntuale non essendo ammissibili proposte generiche nei contenuti. La legge invece non prevede meccanismi di dibattito scritto, sicchè il socio può solo fornire o negare adesione. L'adesione alla proposta deve quindi essere manifestata per iscritto e menzionare con chiarezza l'oggetto dell'adesione, pena la invalidità della medesima.
Per quanto riguarda il quorum deliberativo si deve registrare una differenza tra l'art. 2479 ultimo comma e l'art. 2479-bis, comma 3, da cui si deduce la diversità dei quorum a seconda del tipo di decisione assunto, con l'introduzione di un quorum più elevato (necessariamente la metà del capitale sociale e non la mera maggioranza assoluta dei votanti) per le decisioni assunte con il metodo non assembleare. Rimane questione aperta se si renda necessario un atto finale che contenga in modo formale la decisione con natura ricognitiva.
La trascrizione della decisione nel libro sociale potrà essere effettuata da uno qualsiasi degli amministratori e dovrà indicare anche la data della trascrizione medesima, atteso che è da tale data che decorrono i termini per le azioni di annullamento e nullità. L'efficacia della decisione nei confronti dei terzi sarà subordinata al rispetto dell'adempimento dell'iscrizione nel registro delle imprese. Tutte le problematiche sopra evidenziate dovranno essere risolte, a seconda delle esigenze manifestate dai soci, nella clausola o nelle clausole statutarie che prevedono oggetto e modalità delle decisioni extrassembleari ed ovviamente in tale sede si potranno apportare modifiche ed integrazioni alladisciplina di legge in tema di quorum, di rappresentanza, etc.
Il quarto comma dell'art. 2479 prevede l'obbligatorio ricorso alla delibera assembleare anche per le decisioni per le quali lo statuto consenta il ricorso al metodo extrassemblare “quando lo richiedono uno o più amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale”. Si tratta di una espressione del favor del legislatore per il metodo assembleare “puro”, al punto che la norma non prevede alcuna specifica formalità e non richiede neppure motivazione, trattandosi dell'esercizio di un potere insindacabile. Riferimenti
Normativi:
Giurisprudenza: Tribunale di Milano, 7 marzo 2013 |