Sistemi di amministrazione di s.r.l.

Giulia Terranova
10 Luglio 2017

Con la riforma del 2003 la disciplina dell'amministrazione della società a responsabilità limitata è stata profondamente modificata, dando grande rilievo all'autonomia statutaria che può oggi prevedere numerose varianti al modello organizzativo adottato dalla singola società. La riforma, in particolare, ha attuato il principio della libertà delle forme organizzative, tanto che oggi si può parlare di sistemi di amministrazione, più che di sistema di amministrazione nelle s.r.l.
Inquadramento

Con la riforma del 2003 la disciplina dell'amministrazione della società a responsabilità limitata è stata profondamente modificata, dando grande rilievo all'autonomia statutaria che può oggi prevedere numerose varianti al modello organizzativo adottato dalla singola società. La riforma, in particolare, ha attuato il principio sancito dalla legge delega all'art. 3, comma 1, lett. c), comma 2, lett. e) della libertà delle forme organizzative (“prevedere la libertà di forme organizzative, nel rispetto del principio di certezza nei rapporti con i terzi; riconoscere ampia autonomia statutaria riguardo alle strutture organizzative, ai procedimenti decisionali della società e agli strumenti di tutela degli interessi dei soci, con particolare riferimento alle azioni di responsabilità”), tanto che oggi si può parlare di sistemi di amministrazione, più che di sistema di amministrazione nelle s.r.l., potendo gli stessi avere le più differenti caratteristiche nell'ambito delle (poche) norme inderogabili previste dal legislatore. La società a responsabilità limitata, quindi, non può più essere qualificata come una piccola società per azioni senza azioni, avendo assunto, piuttosto, delle caratteristiche originali che consentono di collocarla al confine tra le società personali e le società per azioni. Con le prime, infatti, condivide la flessibilità della struttura organizzativa, con le seconde, invece, la responsabilità limitata dei soci.

Di seguito si analizzeranno le principali caratteristiche dei sistemi di amministrazione nelle s.r.l. e i confini entro i quali potranno essere modellati dall'autonomia statutaria.

Il sistema di amministrazione dopo la riforma del 2003

Il sistema di amministrazione delle s.r.l. prima della riforma del diritto societario del 2003 si limitava a stabilire, all'art. 2487 c.c., che l'amministrazione della società doveva essere affidata a uno o più soci e per il resto rinviava alle disposizioni dettate in materia di s.p.a. Oggi la disciplina è profondamente mutata e si distingue per molti aspetti da quella dettata in materia di società per azioni, pur optando il legislatore, a monte, anche con riferimento alla s.r.l. per un sistema corporativo che richiede, cioè, l'esistenza di più organi, tra cui, quello amministrativo, distinto dall'assemblea. La dottrina, in particolare, con riferimento alla s.r.l., ha parlato di sistema corporativo attenuato che si avvicina a quello delle società di persone (M. Bianchini, Nomina degli amministratori e cause di inellegibilità, in S.r.l. Commentario, A. Dolmetta-G. Presti (a cura di), Milano, 2011, 524; G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, in Il Codice civile. Commentario, Tomo II, F. Busnelli (diretto da), Milano, 2010, 931).

Innanzitutto, la necessaria sussistenza di un organo amministrativo si desume dall'art. 2475 c.c., che all'ultimo comma prevede la competenza inderogabile dell'organo amministrativo in relazione alla redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di aumento di capitale, ex art. 2481 c.c. Al di fuori di queste materie, l'autonomia statutaria può attribuire ai soci la funzione gestoria. L'art. 2468, comma 3, c.c., inoltre, prevede la possibilità che l'atto costitutivo attribuisca a singoli soci particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società.

L'art. 2479 c.c., invece, prevede al secondo comma l'inderogabile competenza dei soci con riferimento all'approvazione del bilancio e della distribuzione degli utili; la nomina, se prevista nell'atto costitutivo, degli amministratori; la nomina nei casi previsti dall'art. 2477 c.c. dei sindaci e del presidente del collegio sindacale o del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti; le modificazioni dell'atto costitutivo e la decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci.

La designazione degli amministratori

L'autonomia statutaria si manifesta, ancora, nella possibilità riconosciuta dall'art. 2475, comma 1, c.c., di derogare alla regola generale in forza della quale gli amministratori devono essere necessariamente soci. La disposizione, infatti, prevede che, salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci. La giurisprudenza, anche pre-riforma, ha concluso, tuttavia, per l'annullabilità della nomina di un non socio in assenza di apposita clausola statutaria. (Trib. Novara, 23 novembre 1988, in Giur. it., 1989, I, 367; Trib. Milano, 27 giugno 1988, in Giur. it. 1988, I, 727).

In evidenza: Tribunale di Milano, 27 giugno 1988

La delibera di una società a responsabilità limitata con cui venga nominato amministratore della società stessa un non socio, in mancanza di una specifica previsione in tal senso da parte dell'atto costitutivo ed in violazione quindi del divieto di cui all'art. 2487 c.c., è annullabile in quanto tale divieto è da ritenersi posto nell'esclusivo interesse dei soci.

I primi amministratori devono essere necessariamente nominati nell'atto costitutivo, ai sensi dell'art. 2463, comma 2, n. 8 (L. Salvatore, Commento all'art. 2475 c.c., in Società a responsabilità limitata, Commentario del Codice Civile e codici allegati, Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2014, 443), atto che, secondo l'opzione ermeneutica oggi maggioritaria, può anche solo limitarsi ad indicare il numero minimo e massimo degli amministratori, analogamente da quanto previsto dall'art. 2380-bis c.c. Dopo la riforma, infatti, sarebbero venute meno le ragioni giustificative di quella tesi interpretativa che negava questa facoltà per le s.r.l. (A. Carestia, Commento all'art. 2475 c.c., in Società a responsabilità limitata, in La riforma del diritto societario, G. Lo Cascio (diretto da), Milano, 2003, 180).

La nomina degli amministratori, ai sensi del combinato disposto dell'art. 2475, comma 1, e dell'art. 2479, comma 2, n. 2), c.c. rientra nella competenza dei soci e deve essere presa a maggioranza, salvo diversa previsione dell'atto costitutivo. La nomina in quest'ultimo caso può essere sottratta alla competenza collegiale dei soci, attribuendo al singolo socio il diritto di nominare gli amministratori, ex art. 2468, comma 3, c.c. Deve, tuttavia, escludersi che il diritto di nomina sia attribuito a soggetti non soci (G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, cit., 948; M. Bianchini, Nomina degli amministratori e cause di inellegibilità, cit., 527).

La carica di amministratore può essere rivestita anche da una persona giuridica: la dottrina (G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, cit., 945; L. Salvatore, Commento all'art. 2475 c.c., cit., 444) e la giurisprudenza (Trib. Milano, sentenza del 27 febbraio 2012) lo hanno confermato a più riprese, in particolare, si veda, da ultimo:

In evidenza: Amministratore persona giuridica (Tribunale di Milano, 27 marzo 2017, in questo portale, con nota di Cengia-Mascia, Società di capitali amministratore di S.r.l.: ammissibilità e disciplina applicabile)

Nella specifica materia societaria, la principale obiezione [alla tesi che ammetteva la persona giuridica come amministratore] era rimasta però quella della imperatività del principio per il quale la nomina dell'amministratore deve promanare dai soci quale atto organizzativo primario, che sarebbe stata illecitamente aggirata laddove la nomina della persona fisica concretamente gerente fosse stata invece effettuata da altro soggetto societario cui fosse stata conferita -pur sempre dai soci- l'amministrazione; in un sistema che riteneva ricostruibile, anche e proprio per contrarietà alle regole sulla responsabilità degli amministratori, una norma-cardine tale da fulminare di nullità l'atto costitutivo di società personali in cui fossero intervenute, come soci illimitatamente responsabili dotate del connesso potere gestorio, una o più società di capitali. Dette obiezioni non hanno oggi più ragion d'essere: - la seconda, perché quel divieto è stato eliminato (si direbbe, con un tratto di penna) dal secondo comma dell'art. 2361 c.c. come novellato a decorrere dal 1°/1/2004, che ora richiede -quale condizione necessaria e sufficiente per l'assunzione da parte di una S.p.A. di partecipazioni “in altre imprese comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime”- l'autorizzazione dell'assemblea degli azionisti; - e la prima, perché il sistema di amministrazione delle società a responsabilità limitata, disegnato tipologicamente in termini di ampia flessibilità, consente ora la previsione statutaria di meccanismi di individuazione e nomina dell'amministratore derogatori rispetto alla decisione dei soci prevista quale naturale negotii dall'art. 2475 c.c.: al punto che la designazione dell'amministratore ben può costituire statutariamente l'oggetto di un diritto particolare di un socio. Tali considerazioni, tenuto altresì conto della vigenza anche in Italia di norme di fonte europea che espressamente o implicitamente consentono che una persona giuridica amministri un altro ente collettivo (e segnatamente dell'art. 5 del d. lgs. n. 240 del 23/7/1991 di attuazione del regolamento comunitario sul Gruppo europeo di interesse economico nonché, per quanto specificamente riguarda le società di capitali, dell'art. 47 del Reg. UE/2057/2001 disciplinante la società europea), convincono della piena liceità nelle società a responsabilità limitata della nomina quale amministratore di altra società di capitali.

Per quanto riguarda, infine, la sussistenza di eventuali cause di ineleggibilità degli amministratori, autorevole dottrina ritiene applicabile analogicamente l'art. 2382 c.c., che disciplina le cause di ineleggibilità e di decadenza nella s.p.a., nonostante manchi un espresso rinvio nell'art. 2475 c.c., ben potendo in ogni caso l'atto costitutivo prevedere ulteriori requisiti necessari o cause ostative alla nomina di amministratore (G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, cit., 946).

Metodo collegiale, amministrazione congiuntiva e disgiuntiva

Ai sensi dell'art. 2475 c.c., l'amministrazione della società può essere affidata a uno o più amministratori e, in quest'ultimo caso, gli stessi formano, in assenza di diversa previsione statutaria, il consiglio di amministrazione. A fronte del silenzio del legislatore in merito alle regole di funzionamento del metodo collegiale, la dottrina ha ritenuto di estendere analogicamente, in quanto compatibili, le disposizioni previste in materia di s.p.a e, in particolare, con riferimento alla convocazione da parte del presidente, nonché ai poteri spettanti a quest'ultimo, ai quorum deliberativi e costitutivi e alle invalidità delle deliberazioni consiliari, questi ultimi derogabili dall'autonomia statutaria (G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, cit., 971).

La giurisprudenza, in particolare, si è recentemente espressa sull'applicabilità analogica alle s.r.l. dell'art. 2388 c.c., previsto espressamente per le s.p.a. e che regola la validità delle delibere del consiglio di amministrazione e le regole di impugnazione delle stesse (quarto comma) (Tribunale di Milano, 1 marzo 2012 e Tribunale di Roma 8 gennaio 2016).

In evidenza: applicabilità dell'art. 2388 c.c. (Tribunale di Milano, 1 marzo 2012)

Deve ritenersi applicabile anche alle s.r.l. l'art. 2388 c.c., che disciplina per le s.p.a. l'invalidità delle delibere del consiglio di amministrazione. Anche in relazione a tale tipo sociale dunque ciascun amministratore assente, dissenziente o astenuto è legittimato ad impugnare entro il termine di novanta giorni le deliberazioni assunte in contrasto con la legge o con lo statuto, anche al di fuori della sola ipotesi prevista espressamente dalla legge all'art. 2475-ter.

L'art. 2475, comma 4, c.c. prevede la possibilità che le decisioni consiliari siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso per iscritto, in assenza di tale previsione, quindi, deve ritenersi necessario lo svolgimento di una riunione in modo tale che tutti gli amministratori siano messi in grado di partecipare alla decisione, tramite un avviso di convocazione.

È possibile, d'altra parte, che il consiglio deleghi ad un suo membro determinate attività; ai sensi dell'art. 2479, comma 1, uno o più amministratori possono sottoporre determinati argomenti all'approvazione dei soci; in forza dell'art. 2479, comma 4, c.c., inoltre, possono sollecitare l'adozione in assemblea della decisione dei soci anche in presenza di una clausola autorizzante la medesima adozione mediante consultazione scritta o consenso espresso per iscritto; ciascun amministratore, infine, ai sensi dell'art. 2479-ter c.c. può impugnare le decisioni dei soci non prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo.

L'atto costitutivo può del resto prevedere che l'amministrazione sia affidata agli amministratori disgiuntamente o congiuntamente, in tali casi l'art. 2475 c.c. sancisce l'applicazione degli artt. 2257 e 2258 c.c. Nel caso della scelta del sistema di amministrazione congiuntiva è possibile prevedere che le deliberazioni siano adottate all'unanimità o a maggioranza: in quest'ultima ipotesi, tuttavia, il secondo comma dell'art. 2258 c.c., che richiama a sua volta l'u.c. dell'art. 2257 c.c. e che è previsto per le società di persone in cui vi è necessaria coincidenza tra soci e amministratori, presenta dei problemi applicativi, stabilendo, infatti, che la maggioranza si calcola secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili. La disposizione, in particolare, non potrebbe trovare applicazione nel caso, ben possibile, in cui, gli amministratori non siano soci. La dottrina ha risolto il problema interpretativo concludendo che in questi casi la maggioranza debba calcolarsi per teste e non per quote (G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, cit., 982).

L'amministrazione congiuntiva comporta la disapplicazione del metodo collegiale: la volontà degli amministratori, in particolare, può essere espressa anche non contestualmente e, nel caso di adozione a maggioranza, non sarebbe necessario consultare tutti gli amministratori, essendo necessario raccogliere i voti necessari per il raggiungimento della maggioranza (L. Picardi, L'amministrazione congiuntiva, in S.r.l. Commentario, cit. 556).

In caso di amministrazione disgiuntiva, è prevista l'applicazione dell'art. 2257 c.c.; anche in questo caso con alcuni adattamenti. Il secondo comma della predetta disposizione, infatti, deve essere inteso nel senso che il diritto di veto ivi previsto spetti a ciascun amministratore, ancorchè non socio, ben potendo, come già sottolineato, essere nominati amministratori anche non soci; per quanto riguarda il terzo comma, che dispone che “la maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili, decide sull'opposizione”, secondo una tesi, sull'opposizione devono decidere i soci ancorchè non amministratori: in questo modo dunque, di fatto, i soci decideranno su una decisione di competenza amministrativa (G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, cit., 980). Una differente tesi ermeneutica, invece, ritiene che il rinvio di cui al terzo comma dell'art. 2257 c.c., debba ritenersi riferito alla maggioranza degli amministratori (Colombo, Amministrazione e controllo, ne Il nuovo ordinamento delle società. Lezioni sulla riforma e modelli statutari, Milano, 2003, 205).

L'art. 2475 c.c., tuttavia, nel caso in cui venga adottato il sistema di amministrazione disgiuntiva o congiuntiva, fa salva l'applicazione dell'u.c. che dispone che determinate attività (redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione e le decisioni di aumento di capitale ai sensi dell'art. 2481 c.c.) sono comunque di competenza dell' “organo amministrativo”, distinguendosi dalla formulazione originaria che si riferiva, invece, al consiglio di amministrazione. La norma, così come letteralmente formulata, non è facilmente comprensibile poiché gli amministratori, ancorchè operanti disgiuntamente o congiuntamente, sono già di per sé qualificabili come organo amministrativo.

La dottrina, quindi, ha risolto l'impasse interpretativo concludendo che il riferimento all'organo amministrativo di cui all'art. 2475 c.c. deve essere inteso come al collegio amministrativo: di conseguenza, per le predette attività vi sarebbe una inderogabile competenza collegiale.

Sistemi alternativi di amministrazione

Con riferimento al sistema di amministrazione dualistico, si deve concludere, in linea con la dottrina maggioritaria (V. Cariello, Il sistema dualistico, Torino, 2012, 142) per la incompatibilità dello stesso con la s.r.l. sia, da un lato, per il silenzio del legislatore sul punto, sia, dall'altro, per l'incompatibilità della struttura propria della s.r.l. con il sistema amministrativo in esame, come ad esempio la competenza inderogabile dei soci ex art. 2479, comma 2, n. 1) all'approvazione del bilancio, attività che nel sistema dualistico è di competenza del consiglio di sorveglianza, ex art. 2409-terdecies, comma 1, lett. b) c.c.

La medesima conclusione deve essere svolta anche con riferimento al modello monistico, incompatibile con la s.r.l., per lo meno nei casi in cui la nomina del collegio sindacale sia obbligatoria, ai sensi dell'art. 2477, commi 2 e 3. Parte della dottrina lo ritiene invece ammissibile nei casi in cui la nomina del collegio sia facoltativa (Ambrosini, Commento all'art. 2475 c.c., in Società di capitali. Commentario, Niccolini-Stagno d'Alcontres (a cura di), Napoli, 2004).

Riferimenti

Normativi

  • Art. 2475 c.c.;
  • Art. 2479 c.c.;
  • Artt. 2257, 2258 c.c.

Giurisprudenza

  • Trib. Novara, 23 novembre 1988;
  • Trib. Milano, 27 giugno 1988;
  • Trib. Milano, 27 febbraio 2012;
  • Trib. Milano, 1 marzo 2012;
  • Trib. Roma 8 gennaio 2016;
  • Trib. Milano, 27 marzo 2017

Prassi

  • Massima n. 100, 18 maggio 2007, del Consiglio Notarile di Milano. Amministratore persona giuridica di società di capitali (artt. 2380-bis e 2475 c.c.)

Dottrina.

S.r.l. Commentario, A. Dolmetta-G. Presti (a cura di), Milano, 2011; G. Zanarone, Commento all'art. 2475 c.c., in Della società a responsabilità limitata, in Il Codice civile. Commentario, Tomo II, F. Busnelli (diretto da), Milano, 2010; L. Salvatore, Commento all'art. 2475 c.c., in Società a responsabilità limitata, Commentario del Codice Civile e codici allegati, Scialoja-Branca-Galgano, Bologna, 2014, 443

Sommario