Esecuzione «diretta» delle pronunce in tema di esercizio del diritto di visita e di trasferimento illecito del minore (reg. ce n. 2201/2003)

Sergio Matteini Chiari
26 Luglio 2016

Il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 richiama ed integra la Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

Nel disciplinare la materia in esame, il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del 27 novembre 2003 (in seguito: Regolamento o Reg.) richiama (facendone propri i disposti) ed integra la Convenzione fatta a L'Aja il 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori (resa esecutiva in Italia con l. n. 64 del 1994 – in seguito: Convenzione o Conv.).

Ciò stante, la trattazione che segue terrà in conto entrambe le suddette fonti.

Va chiarito che, per ciò che attiene ai rapporti fra il Regolamento e la Convenzione citata (in ordine a cui si veda anche il paragrafo conclusivo della presente «bussola»), è statuito, nell'art. 60 Reg., che esso prevale, nella misura in cui la Convenzione riguardi materie da esso disciplinate.

Tale prevalenza si ha, ovviamente, esclusivamente con riguardo agli Stati membri dell'Unione Europea (in seguito: UE), fatta eccezione per la Danimarca, cui il Regolamento non è applicabile, non avendo tale Stato partecipato alla sua adozione.

Va ulteriormente chiarito che, nel dare attuazione alla Convenzione, la l. n. 64 del 1994 ha dettato norme procedurali speciali (art. 7), che, pertanto, prevalgono su quelle del codice di rito.

Le norme previste da tale legge sono state integrate dal Regolamento.

In forza del primato del diritto comunitario, la norma processuale comunitaria prevale su quella nazionale, ovviamente con valenza unicamente nelle vicende in cui siano «protagonisti» Stati membri UE.

RINVIO

Sul primato del diritto comunitario rispetto alla normativa interna, si veda la «bussola» denominata «Notificazione e comunicazione di atti in materia civile e commerciale nello spazio giudiziario europeo (Reg. CE n. 1393/2007)».

Diritto di affidamento, trasferimento illecito del minore e diritto di visita

Per «diritto di affidamento» si intendono «i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza» (art. 2, par. 9, Reg.; art. 5 Conv.).

Ai sensi dell'art. 2, par. 11, Reg. e dell'art. 3 Conv., si ha «trasferimento illecito o mancato ritorno» del minore quando esso avvenga «in violazione dei diritti di affidamento (n.d.r: denominati «diritti di custodia» nella Convenzione) derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro», sempre che – trattasi di presupposto indispensabile perché possa essere disposto il rimpatrio - al momento del trasferimento o del mancato rientro, il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato, nessun rilievo potendo essere accordato alle ragioni del mancato esercizio dello stesso (ex multis, Cass., sez. I, 26 giugno 2014, n. 14561).

Il «diritto di visita» è definito come il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo (art. 2, par. 10, Reg.; art. 5 Conv.).

Autorità Centrali

Ciascuno degli Stati membri dell'U.E. o aderenti alla Convenzione deve designare l'Autorità Centrale (che può essere plurima – peraltro sempre con designazione di un'unica Autorità ricevente - in caso di Stati federali o in cui siano vigenti molteplici ordinamenti legislativi oppure assetti territoriali autonomi), quale organo attivo e passivo (in seguito: A.C.).

Nel nostro ordinamento, l'A.C. è stata individuata nel Ministero della Giustizia, Dipartimento della Giustizia minorile.

Le attribuzioni dell'A.C. sono indicate in dettaglio nell'art. 7 Conv.

Una volta individuato il luogo in cui si trova il minore asseritamente illecitamente trasferito o non fatto rientrare, deve essere avviata la procedura di rimpatrio, con interessamento delle autorità competenti.

In evidenza

Ai sensi dell'art. 2 Reg., con la locuzione «autorità giurisdizionale» si fa riferimento a «tutte le autorità degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione» del Regolamento, mentre con il termine «giudice» si intende «il giudice o il titolare di competenze equivalenti a quelle del giudice» nelle materie testé ricordate.

Trasferimento illecito del minore. Fase introduttiva della procedura

Il Regolamento integra ed innova per alcuni aspetti i disposti della Convenzione.

Di conseguenza, a seconda che si tratti di Stato membro o non membro dell'UE, la disciplina da applicare sarà quella del Regolamento oppure quella della Convenzione, la quale si applica anche in rapporto alla Danimarca.

Ai sensi dell'art. 11, par. 1, Reg., la legittimazione ad agire compete ad «ogni persona, istituzione od ente» che adduca che un minore è stato trasferito o trattenuto in violazione di un diritto di affidamento.

E' legittimo porsi il quesito se, giusta le diverse espressioni letterali usate da Convenzione (domanda da inoltrare all'A.C. dello Stato di «residenza abituale» del minore od all'A.C. di ogni altro Stato contraente) e legge attuativa n. 64 del 1994 (domanda da proporre per il tramite dell'A.C., con salvezza della facoltà di adire direttamente le competenti autorità) da un lato e Regolamento dall'altro («… adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento …»), debba ritenersi che, nel caso del Regolamento, la domanda possa essere proposta soltanto direttamente all'autorità (id est: l'a.g.) competente ad emanare il provvedimento di rimpatrio.

Nulla sembra ostare a che la locuzione recata dal Regolamento sia da interpretare nel senso che entrambe le suddette vie siano percorribili e che, pertanto, sia consentito sia adire in via diretta l'a.g. competente, sia segnalare la vicenda all'A.C. per il conseguente impulso all'azione.

In questo secondo caso, legittimato a promuovere l'azione, in quanto investito del relativo incarico dall'A.C., è il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni (P.M.M.) (art. 7 l. n. 64 del 1994).

Per ciò che attiene ai requisiti della domanda, gli stessi sono descritti nell'art. 8 Conv., cui si fa rinvio.

Secondo i disposti della legge n. 64 del 1994, l'a.g. competente nel nostro Paese in ordine alle istanze di rimpatrio del minore, è il Tribunale per i minorenni (in seguito: T.M.) del luogo in cui al momento si trova il minore.

L'atto introduttivo della procedura deve assumere la forma del ricorso.

Competenza a provvedere

Nel Regolamento vengono dettate specifiche regole in tema di competenza a conoscere delle vicende in esame, parzialmente differenti da quelle dettate dalla Convenzione (artt. 8 ss.).

In questa sede ci si limita a rammentare che il criterio di collegamento su cui si fonda il riparto di giurisdizione tra a.g. di Stati membri dell'U.E. è, in base all'art. 8 Reg., quello della residenza abituale del minore e che sono previste varie eccezioni a tale regola generale.

RINVIO

Sia per la nozione di «residenza abituale» del minore, sia per le regole in materia di competenza a provvedere, onde evitare inutili duplicazioni, si fa rinvio alla «bussola» intitolata «Criteri di collegamento della giurisdizione nelle controversie europee in tema di responsabilità genitoriale (Reg. CE n. 2201/2003)».

(segue) Procedura

La procedura promossa con ricorso diretto dell'interessato o proposto dal P.M.M. deve svolgersi con il rito camerale, ferme dovendo, comunque, sempre restare le regole del «giusto processo» (Cass. civ., sez. un., 19 giugno 1996, n. 5629, secondo cui, qualora il rito camerale venga utilizzato per la tutela di diritti, la scarna disciplina dettata dagli artt. 737 ss. c.p.c. deve essere integrata con quella dettata per il contenzioso ordinario, onde garantire tutela piena ed effettiva del contraddittorio e del diritto di difesa).

Ai sensi dell'art. 7 della l. n. 64 del 1994, il presidente del T.M., assunte, «se del caso», sommarie informazioni (tramite Servizi sociali od organi di Polizia), fissa con decreto l'udienza in camera di consiglio, dandone comunicazione all'A.C.

In assenza di specifica disciplina, è da ritenere che ricorso e decreto debbano essere notificati a cura del soggetto ricorrente, quindi o del P.M.M. (in tal caso, tuttavia, la comunicazione della data di udienza all'interessato deve essere data dall'A.C.) o del soggetto istante.

All'udienza, devono essere sentiti la persona presso cui si trova il minore, il P.M.M. e, ove ne abbia fatto richiesta, la persona istante, nonché, «se del caso», il minore (l'inciso deve ritenersi tamquam non esset, giacché la regola dell'ascolto del minore ha ormai assunto valenza generale giusta i disposti dell'art. 315-bis c.c., derogabile, ai sensi degli artt. 336-bis e 337-octies c.c., soltanto qualora l'ascolto sia in contrasto con l'interesse del minore medesimo o sia manifestamente superfluo).

Il T.M. deve decidere con decreto entro non oltre 6 settimane dalla data di ricezione del ricorso (art. 11, par. 3, Reg., da ritenere, per tale aspetto e limitatamente alle vicende aventi a teatro l'area comunitaria, sostitutivo dell'art. 7 della legge n. 64 del 1994, ove il termine è fissato in 30 giorni).

Trattasi di termine ordinatorio (da ultimo, Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2014, n. 7479).

In assenza di disposizioni regolamentari incompatibili, deve ritenersi operativo il disposto dell'art. 11 Conv., secondo cui, ove la delibera non sia intervenuta entro il termine di 6 settimane dalla data d'inizio del procedimento, il richiedente (o l'A.C. dello Stato richiesto), di sua iniziativa o su richiesta dell'A.C. dello Stato richiedente, può chiedere all'a.g. procedente una dichiarazione in cui siano esposti i motivi del ritardo, dandone, poi, informazione all'A.C. dello Stato richiedente.

Il decreto conclusivo della procedura è immediatamente esecutivo e contro di esso può essere proposto ricorso per cassazione. La presentazione del ricorso non sospende l'esecuzione del decreto.

Il P.M.M. cura l'esecuzione delle decisioni anche avvalendosi dei Servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia, e ne dà immediatamente avviso all'A.C.

(segue) Parti della procedura

Non è discusso che parti necessarie della procedura siano il P.M.M., il soggetto richiedente e quello che ha allontanato il minore dalla sua residenza abituale o che lo ha “illecitamente” trattenuto.

Per ciò che attiene al minore, non è dubitabile che al medesimo, certamente parte in senso sostanziale, debba essere riconosciuta anche la qualità di parte in senso formale. A tale riguardo, debbono essere richiamati gli «arresti» della Consulta n. 1 del 2002, n. 179 del 2009 e n. 83 del 2011, nonché Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2010, n. 7281, ove il minore viene dichiarato parte necessaria sia sostanziale, in quanto titolare del rapporto sostanziale oggetto del processo, sia processuale, con argomenti aventi valenza per tutte le procedure riguardanti un minore.

In assenza di contrarie disposizioni specifiche, le parti, proprio perché tali, debbono stare in giudizio con il ministero o con l'assistenza di un difensore (art. 82 c.p.c.).

RINVIO

Per ciò che attiene alla posizione processuale del minore ed alla sua rappresentanza in giudizio, si fa rinvio alla «bussola» intitolata «Curatore speciale».

(segue) Regole poste dall'art. 11 del regolamento

Ai sensi dell'art. 12 Conv., ove un minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto, e sia trascorso un periodo inferiore ad un anno − dies a quo quello dell'illecito; dies ad quem quello della presentazione dell'istanza di rimpatrio −, l'autorità adita ordina il suo ritorno immediato. Identico provvedimento deve essere emesso anche nel caso in cui la procedura sia stata promossa dopo la scadenza annuale, in tal caso, peraltro, a condizione che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente.

L'art. 13 Conv. detta alcune deroghe all'obbligo dell'autorità adita di ordinare il ritorno immediato:

L'obbligo può non essere osservato:

i) qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al ritorno, dimostri:

  • che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; oppure
  • che sussiste un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile [è indiscusso in giurisprudenza che occorra, in proposito, prova specifica del rischio «grave», non potendosi dar peso a inconvenienti quali il mero trauma psicologico o la semplice sofferenza morale per il distacco dal genitore autore della sottrazione abusiva, salvo che non raggiungano il grado del pericolo psichico o dell'effettiva intollerabilità (Cass. civ., sez. I, 14 luglio 2010, n. 16549); fermo restando, nei casi di dubbio, il «principio della prevalenza della tutela del minore» (Cass. civ., sez. VI, ord., 5 ottobre 2011, n. 20365). In ogni caso, il ritorno del minore può essere rifiutato nelle ipotesi in cui il rientro non sia consentito dai principi fondamentali dello Stato richiesto relativi alla protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (art. 20 Conv.)];

ii) qualora l'autorità adita accerti che il minore si oppone al ritorno e che ha raggiunto un'età ed un grado di maturità tali che appaia opportuno tenere conto del suo parere.

Nel richiamare e considerare, pertanto, applicabili i disposti testé riportati, il Regolamento (art. 11, par. 2 e 4) stabilisce, peraltro, che nell'applicarli l'a.g. competente dovrà assicurarsi che il minore «possa essere ascoltato» durante il procedimento se ciò non appaia inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità e che un'a.g. non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in base all'art. 13 lett. b) Conv. [v. sub i), lett. b)] qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.

L'art. 11 Reg. detta ulteriori regole.

Nel par. 5 sistabilisce che l'a.g. richiesta non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilità di essere ascoltata.

I paragrafi da 6 a 8 disciplinano il giudizio di «riesame» del provvedimento di rigetto della domanda di rimpatrio.

In tale ipotesi, il «giudice naturale» del «riesame» risulta essere designato nel giudice (in Italia: T.M.) della «residenza abituale del minore immediatamente prima del suo trasferimento illecito o mancato rientro», in quanto il più prossimo all'ambiente familiare e sociale vissuto dal minore prima dell'illecito trasferimento.

L'a.g. del luogo in cui il minore «si trova» e che ha emanato un provvedimento contro il ritorno del minore è tenuta agli adempimenti di cui al par. 6: deve immediatamente trasmettere, direttamente o tramite la sua A.C., una copia del provvedimento giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti, in particolare una trascrizione delle audizioni dinanzi «al giudice», all'a.g. competente o all'A.C. dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell'illecito trasferimento o mancato ritorno.

Rilevano, a tal punto, due ipotesi (par. 7): i) che l'a.g. dello Stato in cui il minore aveva la residenza abituale sia già stata adita da una delle parti; ii) che, invece, nessun giudizio sia pendente innanzi a tale a.g.

In tale secondo caso, l'autorità che abbia ricevuto i documenti di cui al par. 6 deve informarne le parti, invitandole a presentare all'a.g. avente sede nella residenza abituale del minore le proprie conclusioni entro 3 mesi dalla data della notifica, onde consentire che l'a.g. stessa esamini «la questione dell'affidamento del minore».

In caso di mancato ricevimento delle conclusioni entro il suddetto termine, il procedimento dovrà essere archiviato.

Par. 8: Nonostante l'emanazione di un provvedimento contro il ritorno in base all'art. 13 Conv., una successiva decisione che prescriva il ritorno del minore emanata da un giudice competente a tal fine ai sensi del Regolamento è esecutiva conformemente ai disposti degli artt. 40 ss. Reg.

Nei casi in cui non rilevino cause ostative al procedere del giudizio, l'a.g. della pregressa residenza abituale del minore potrà concludere la procedura, tenuto conto delle conclusioni formulate dalle parti e previa nuova e globale valutazione degli elementi probatori acquisiti dall'a.g. che ha negato il rientro ed eventualmente integrandoli con quelli da lui ulteriormente acquisiti a seguito di sommarie informazioni (Cass. civ., sez. I, 27 luglio 2007 n. 16753), con pronuncia di accoglimento della domanda di rientro o con pronuncia confermativa del provvedimento di diniego del ritorno, eventualmente anche per ragioni diverse od ulteriori rispetto a quelle addotte dall'altro giudice (v. Cass. civ., sez. I, 14 luglio 2010, n. 16549, che si occupa dell'argomento del «riesame» a tutto campo).

La decisione che, in sede di riesame, prescriva il ritorno è esecutiva, «allo scopo di assicurare il ritorno del minore», anche qualora non sia preceduta da una decisione definitiva adottata dal medesimo giudice decidente sul diritto di affidamento del minore (C.G.U.E., 1 luglio 2010, in causa C- 211/10).

A parere della S.C., è ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto della domanda di rientro nella residenza abituale del minore, illecitamente trasferito in altro Stato, emesso dal T.M. in sede di riesame del precedente diniego dell'a.g. dello Stato membro U.E. nel quale il minore è stato condotto. in quanto il relativo giudizio «si configura come un procedimento di riesame completo ed esaustivo del provvedimento impugnato» (Cass. civ., sez. I, 14 luglio 2010, n. 16549).

Esercizio del diritto di visita

Le regole descritte nei precedenti paragrafi, eccezion fatta per i disposti degli artt. 10 e 11 Reg. (afferenti unicamente alle vicende di «sottrazione» di minori), si applicano senza modifiche anche con riguardo all'esercizio (ripristino o differenti modalità di attuazione) del diritto di visita.

Vengono in rilievo le ipotesi in cui difetti il presupposto dell'illiceità del trasferimento e sia compromesso il diritto di visita del genitore non collocatario o non affidatario (ipotesi entrambe previste dall'art. 2 n. 11 Reg.).

L'art. 21 Conv. dispone che sia garantita a quest'ultimo, con l'ausilio dell'A.C., l'effettività dell'esercizio del diritto di visita, anche attraverso una ridefinizione delle relative modalità.

Viene in rilievo non soltanto il diritto-dovere del genitore non collocatario o non affidatario di mantenere relazioni adeguate con il figlio minore, ma anche il diritto di quest'ultimo ad avere contatto diretto con entrambi i genitori.

Può venire in rilievo, inoltre, il diritto dei nonni di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni (art. 317-bis c.c.).

RINVIO

Per ciò che attiene all'immediata, senza exequatur, eseguibilità delle decisioni sul rimpatrio del minore e sull'esercizio del diritto di visita, si fa rinvio alla «bussola» intitolata «Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale (Reg. CE n. 2201/2003)».

Rapporti tra regolamento e convenzione fatta a l'Aja il 25 ottobre 1980

Con riguardo al rapporto tra Regolamento e Convenzione fatta a L'Aja il 25 ottobre 1980, deve essere posto in massima evidenza che, con «parere» in data 14 ottobre 2014 nel procedimento di parere 1/13, ai sensi dell'art. 218, par. 11, del TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), la Grande Sezione della C.G.U.E., dopo avere rammentato che la Convenzione prevede due procedure, quella di ritorno dei minori illecitamente trasferiti e quella intesa a garantire l'esercizio del diritto di visita, ha affermato

i) che, per quanto riguarda la procedura di ritorno dei minori illecitamente trasferiti, il Regolamento (in particolare, art. 11) «completa e precisa» le norme pattizie (articoli da 8 a 20 Conv.) dettando disposizioni che sono fondate su norme della Convenzione oppure che prevedono conseguenze che occorre trarre dall'applicazione di queste ultime, venendosi così a costituire «un insieme normativo indivisibile» che si applica alle procedure di ritorno dei minori illecitamente trasferiti all'interno dell'Unione;

ii) che la Convenzione, inoltre, reca disposizioni generali (articoli da 24 a 26) che sono comuni ai procedimenti riguardanti il ritorno del minore illecitamente trasferito e l'esercizio del diritto di visita;

iii) che il Regolamento prevede (artt. 41, 42, 48, 50 e 57) modalità simili applicabili al procedimento di ritorno del minore illecitamente trasferito e a quello che garantisce l'esercizio del diritto di visita;

iv) che da tali constatazioni deriva che l'insieme della Convenzione «deve considerarsi ricompreso nella disciplina delle norme dell'Unione» e che le disposizioni della Convenzione possono incidere sul significato, sulla portata e sull'efficacia delle norme del Regolamento.

Riferimenti

COACCIOLI A., Manuale di diritto internazionale privato e processuale, vol. I, Milano, 2011; DISTEFANO M., Interesse superiore del minore e sottrazione internazionale di minori, Padova, 2012;

MATTEINI CHIARI S., Il minore nel processo, Milano 2014;

MOLE' R., Il Regolamento CE N. 2201/2003 (Bruxelles II bis): i criteri di riparto della giurisdizione e la disciplina della sottrazione internazionale dei minori, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2012, 4, 1036;

ROVACCHI M., Il diritto di visita del genitore, Milano, 2011

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