Prime riflessioni sulla riforma Cartabia. Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica
16 Gennaio 2023
Premessa
I dati relativi ai processi che si svolgono davanti al Tribunale monocratico non sono confortanti. La percentuale dei proscioglimenti si aggira intorno al 50%.
Se si aggiungono i numeri dei reati che si prescrivono nella fase delle indagini preliminari e finiscono nel cestino delle archiviazioni, si comprende come la situazione sia critica.
Indagare le cause di queste anomalie non è agevole, ma è inevitabile pensare al rapporto tra elevato numero delle notizie di reato (anche perché in questo Paese è molto più semplice creare una nuova figura di reato che esplorare strade diverse e sperimentare nuove soluzioni di tutela) e incapacità delle Procure, con le forze a disposizione, di gestirlo; la riflessione si sposta, poi, sul numero dei proscioglimenti e approda alla convinzione che l'azione penale davanti al tribunale monocratico sia esercitata senza essere stata preceduta da idonei accertamenti sulla notizia di reato e sull'attribuibilità di esso all'imputato.
Il Parlamento si è proposto di riorganizzare questo procedimento, destinato ad accogliere altri reati prima destinati all'udienza preliminare.
Sono numerose le direttive che la l. 27 settembre 2021, n. 134 (di seguito, legge delega) ha dedicato al procedimento in questione. I procedimenti a citazione diretta
a) Come si è detto in un precedente intervento su questa rivista, i casi in cui il pubblico ministero deve esercitare l'azione penale con citazione diretta a giudizio (art. 550 c.p.p.) sono aumentati.
Il Parlamento aveva, invero, chiesto al Governo di estendere il catalogo dei reati di competenza del tribunale in composizione monocratica «a delitti da individuare tra quelli puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, anche se congiunta alla pena della multa, che non presentino rilevanti difficoltà di accertamento», in modo da ridurre il ricorso alla richiesta di rinvio a giudizio e alla conseguente udienza preliminare.
b) Con l'intervento del legislatore delegato (art. 32, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, di seguito d.lgs. 150) l'azione penale è ora esercitata con citazione diretta a giudizio quando si procede (fermo restando che, ai sensi dell'art. 551 c.p.p., nel caso di procedimenti connessi, se la citazione diretta a giudizio è ammessa solo per alcuni di essi, il pubblico ministero presenta per tutti la richiesta di rinvio a giudizio a norma dell'art. 416 c.p.p.):
a) dall'art. 291-bis del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (contrabbandodi tabacchi lavorati esteri);
b) dagli artt. 4, quarto comma, 10, terzo comma, e 12, quinto comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (delitti in materia di armi: porto di arma in riunione pubblica da parte di persona non munita di licenza, trasferimento illecito di armi, importazione di armi senza licenza e detenzione di armi clandestine);
c) dagli artt. 82, comma 1, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (delitto di istigazione pubblica, proselitismo e induzione all'utilizzo di stupefacenti);
d) dagli artt. 75, comma 2, 75-bis e 76, commi 1, 5, 7 e 8, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (inosservanza di obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, la violazione del divieto di espatrio, il mancato rientro nel termine stabilito nel comune di soggiorno obbligato, l'elusione della amministrazione giudiziaria dei beni personali, l'omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali e la violazione del divieto di svolgere attività di propaganda elettorale per i sottoposti a sorveglianza speciale previsti dal Codice antimafia);
e) dall'art. 55-quinquies, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (falsa attestazione della presenza in servizio e giustificazione dell'assenza con certificato medico falso);
f) dagli artt. 5, comma 8-bis, 10, comma 2-quater, 13, comma 13-bis, e 26-bis, comma 9 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (contraffazione e alterazione del visto, del permesso di soggiorno o dei documenti necessari per il loro rilascio; seconda violazione del divieto di rientrare nel territorio dello Stato dopo un respingimento o dopo l'espulsione disposta dal giudice; produzione di documenti falsi nelle procedure di ingresso e soggiorno);
g) dagli artt. 5, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (omessa dichiarazione dei redditio IVA). Udienza predibattimentale in camera di consiglio
a) Nei procedimenti a citazione diretta la legge delega ha previsto l'introduzione di una udienza predibattimentalein camera di consiglio, analoga all'udienza preliminare.
La fase in cui va a collocarsi questa udienza è quella degli atti premessi alla fase dibattimentale (fase degli atti preliminari al dibattimento).
Questa fase ha inizio con la ricezione da parte del giudice del decreto di citazione e degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento (art. 553 c.p.p.) e il contenuto tipico di essa consiste nell'anticipazione eventuale dell'udienza (art. 465 c.p.p. applicabile in virtù dell'art. 549 c.p.p.); nell'eventuale assunzione di atti urgenti «a norma dell'articolo 467», alla quale tuttavia provvede il giudice per le indagini preliminari (art. 554 c.p.p.); nel deposito in cancelleria delle liste dei testimoni, periti, ecc. (art. 555, comma 1 c.p.p.) e, soprattutto, nella sentenza di non doversi procedere di cui all'art. 469 c.p.p. (applicabile anche al rito monocratico, in virtù del rinvio disposto dall'art. 549 c.p.p.), sulla quale si tornerà più avanti (v. infra lett. f), punto 2).
b) In particolare, le lettere b), c) ed e) dell'art. 32 del d.lgs. 150 intervengono sugli artt. 552, 553 e 555 c.p.p. per coordinarli con la disciplina della nuova dell'udienza predibattimentale dettata dagli artt. 554-bis, 554-ter, 554-quater e 554-quinquies c.p.p. inseriti dalla lett. d) dell'art. 32 (ai sensi dell'art. 89-bisdel medesimo d.lgs. le disposizioni, da ultimo indicate, relative all'udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta, “si applicano nei procedimenti penali nei quali il decreto di citazione a giudizio è emesso in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto”).
c) Muta il contenuto del decreto di citazione a giudizio (art. 552 c.p.p.).
Ora, oltre alle parti immutate, il decreto contiene:
Nella segreteria del pubblico ministero viene depositato, ai sensi del comma 4, il decreto di citazione (non più «unitamente al fascicolo contenente la documentazione, gli atti e le cose indicati nell'articolo 416, comma 2»), che va notificato (comma 3) all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa (recte persona offesa dal reato) almeno sessanta giorni prima (come in passato; termine che, nei casi di motivata urgenza, è ridotto a quarantacinque giorni) della data fissata per la comparizione all'udienza predibattimentale.
L'inosservanza del termine di comparizione è espressamente prevista «a pena di nullità» (da ritenersi a regime intermedio ex art. 180).
Non è così, nel codice di rito, per gli altri decreti di citazione a giudizio (v., ad es., artt. 429, comma 3, 450, comma 3, 456, comma 3, 464, comma 1, 554-ter, comma 4, 557, comma 3, 558, comma 9, 558-bis, 601, comma 3, 610, comma 5, 611, comma 2-quinquies) e ciò ha generato svarioni giurisprudenziali (sul punto, R. Bricchetti, Oscurità giurisprudenziali in tema di nullità. L'inosservanza del termine di comparizione nel giudizio di appello, nota a Cass. pen., Sez. II, 17 settembre 2019, n. 45107, in IUS Penale (ius.giuffrefl.it), 15 gennaio 2020).
In ogni caso, questa nullità speciale va ad aggiungersi a quelle già previste dal comma 2 (anch'esse da ritenersi a regime intermedio) per i casi in cui i) l'imputato non sia identificato in modo certo, ii) manchi o sia insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lett. c) (imputazione), d), e) (l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio) ed f) del comma 1 e iii) il decreto non sia stato preceduto dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.), nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375, comma 3 c.p.p., qualora l'indagato lo abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 dell'art. 415-bis c.p.p. (per un esauriente commento all'art. 552, v. S. Beltrani, in Canzio – Bricchetti, in Codice di procedura penale – Le fonti del diritto italiano – Giuffrè Francis Lebefevre2017).
Il legislatore delegato ha, infine, soppresso, il comma 1-bis che prevedeva che, qualora si procedesse per i reati di cui agli artt. 590, terzo comma c.p.p. (lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), e 590-bis c.p.p. (lesioni personali stradali gravi o gravissime) c.p. il decreto di citazione doveva essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.
La soppressione è correlata ai consistenti mutamenti riguardanti il titolo VIII del codice dedicato alla chiusura delle indagini preliminari (artt. 405 ss. c.p.p.).
È rimasto immutato il comma 1-ter secondo il quale qualora si proceda per i reati anzidetti la data di comparizione (ora all'udienza predibattimentale) di cui al comma 1, lett. d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto. L'inosservanza del termine non è prevista a pena di nullità (a meno che non si ritenga ad esso riferibile il comma 2), né sembra integrare una nullità di ordine generale ex art. 178.
d) L'art. 553 c.p.p. riguarda ora la trasmissione degli atti al giudice dell'udienza di comparizione predibattimentale, non più al dibattimento: il pubblico ministero forma il fascicolo per il dibattimento (art. 431 c.p.p.) e lo trasmette al giudice unitamente al fascicolo del pubblico ministero e al decreto di citazione, immediatamente dopo la notificazione.
Delle modifiche all'art. 555 c.p.p. si darà conto dopo avere tratto degli articoli dedicati alla udienza predibattimentale e ai suoi sviluppi (v. infra, lett, i) punto 2).
e) L'udienza di comparizione predibattimentale a seguito di citazione diretta è disciplinata dall'art. 554-bis c.p.p.
L'udienza deve svolgersi – così ha voluto il Parlamento - innanzi a un giudice diverso da quello davanti al quale, eventualmente, si terrà il dibattimento e si propone gli scopi, riconducibili all'idea di migliorare la funzionalità dell'organizzazione del sistema, delineati nelle disposizioni successive.
I contenuti dell'udienza (controllo dell'imputazione, riti alternativi, sentenza di non luogo a procedere) e le norme applicabili evocano – come subito si vedrà – l'udienza preliminare e l'impegno che ne deriva può essere affidato solo ad un giudice di esperienza e adeguatamente attrezzato.
Il rischio di problemi organizzativi, nei tribunali di piccole -medie dimensioni dove l'incompatibilità ex art. 34 imperversa (ne parla Triggiani, Riflessioni sull'udienza predibattimentale monocratica prefigurata nella proposta di riforma della “Commissione Lattanzi”, in Archivio penale (web) – fasc. 2 – luglio 2021), non è difficile predizione. Ma se si riuscirà a non celebrare dibattimenti inutili e superflui, in altre parole a organizzare in modo razionale e a svolgere bene il lavoro predibattimentale, la situazione, Che continua a scontare carenza di risorse, potrebbe alleggerirsi.
Si tratta di udienza camerale “partecipata” (partecipazione “necessaria” del pubblico ministero e del difensore dell'imputato) (comma 1), il cui verbale è redatto in forma riassuntiva a norma dell'art. 140, comma 2 (comma 8), che si compone di tre fasi.
La prima (comma 2) è dedicata agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti.
All'esito di essi il giudice, se del caso, ordina la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità e, se l'imputato non è presente, applica le disposizioni di cui agli articoli 420, 420-bis, 420-ter, 420-quater, 420-quinquies e 420-sexies c.p.p. (di cui ci siamo occupati, su questa rivista, trattando in generale del processo in absentia).
La seconda fase (comma 3) è dedicata:
Dette questioni restano precluse se non vengono proposte subito dopo compiuto, per la prima volta, l'accertamento della costituzione delle parti, sono decise immediatamente e non possono essere riproposte nell'udienza dibattimentale.
Si applicano i commi 3, 4 e 5 dell'art. 491 c.p.p. [in altre parole, le questioni sono discusse dal pubblico ministero e da un difensore per ogni parte privata e la discussione deve essere contenuta nei limiti di tempo strettamente necessari alla illustrazione delle questioni, sicché non sono ammesse repliche. Il giudice provvede in merito agli atti che devono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento ovvero eliminati da esso (ai sensi dell'art. 148 disp. att., gli atti dei quali il giudice ha disposto l'eliminazione sono restituiti al pubblico ministero) e sulle questioni preliminari decide con ordinanza (il cui regime di impugnabilità è dettato dall'art. 586 c.p.p.)].
Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, verifica se il querelante, ove presente, è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione (comma 4).
Questa nuova collocazione delle disposizioni appena esaminate ha determinato l'abrogazione dei commi 2 e 3 dell'art. 555 c.p.p. (v. infra lett. i), punto 2).
La terza fase (comma 5) è riservata al controllo dell'imputazione, quindi a definire l'oggetto del giudizio (se ne è già parlato, in questa rivista, con riguardo all'udienza preliminare).
La legge delega aveva imposto al Governo di prevedere che:
Si tratta delle medesime direttive dettate per l'udienza preliminare.
Non resta, pertanto, che rinviare alle considerazioni già svolte trattando della stessa (in particolare, dell'art. 423 c.p.p.) in questa rivista.
In ogni caso, il legislatore delegato ha osservato alla lettera le direttive ricevute.
Con il comma 5 dell'art. 554-bis c.p.p. ha stabilito che, in caso di violazione della disposizione di cui all'art. 552, comma 1, lett. c) c.p.p. (che impone l'enunciazione, in forma chiara e precisa, dell'imputazione, vale a dire «del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge»), il giudice, anche d'ufficio, sentite le parti, invita il pubblico ministero a riformulare l'imputazione e, ove lo stesso non vi provveda, dichiara, con ordinanza, la nullità dell'imputazione e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero. L'ordinanza dovrebbe essere impugnabile, con ricorso per cassazione, solo se abnorme.
Inoltre, al fine di consentire che il fatto, la definizione giuridica, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, siano indicati in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice, anche d'ufficio, sentite le parti, invita il pubblico ministero ad apportare le necessarie modifiche e, ove lo stesso non vi provveda, dispone, con ordinanza, la restituzione degli atti al pubblico ministero (comma 6). Anche in tal caso l'ordinanza dovrebbe essere impugnabile, con ricorso per cassazione, solo se abnorme.
Quando il pubblico ministero modifica l'imputazione, procede alla relativa contestazione e la modifica dell'imputazione è inserita nel verbale di udienza. Quando l'imputato non è presente in aula, neppure mediante collegamento a distanza, il giudice sospende il processo, rinvia a una nuova udienza e dispone che il verbale sia notificato all'imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza (comma 6).
Se, a seguito della modifica dell'imputazione, il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nel caso indicato nell'ultimo periodo del comma 6, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma del medesimo comma. Se, a seguito della modifica, risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, la relativa eccezione è proposta, a pena di decadenza, entro gli stessi termini indicati nel periodo che precede (comma 7).
f) L'art. 554-ter c.p.p. tratta dei provvedimenti che il giudice può adottare nell'udienza predibattimentale.
La sequenza è scolpita nei primi tre commi: sentenza di non luogo a procedere (comma 1); definizioni alternative (comma 2); udienza dibattimentale: in assenza di sentenza di non luogo a procedere o di definizioni alternative (comma 3).
1) Il giudice può, anzi tutto, pronunciare sentenza di non luogo a procedere nel caso in cui, sulla base degli atti trasmessi ai sensi dell'art. 553 (comma 1):
Si tratta degli stessi casi previsti per l'udienza preliminare nei commi 1 e 3 (come modificato dal d.lgs. 150) dell'art. 425.
A conferma che il modello è quello della sentenza di non luogo a procedere resa all'esito dell'udienza preliminare, le altre disposizioni della delega hanno imposto al Governo di prevedere che:
E così il Governo ha fatto.
Continua, infatti, il comma 1 dell'art. 554-ter prevedendo che alla sentenza si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 425, comma 2 (il giudice deve tenere conto delle circostanze attenuanti e si applicano le disposizioni dell'art. 69 c.p. sul giudizio di comparazione delle opposte circostanze), 426 (sul contenuto e sulle cause di nullità della sentenza) e 427 (sulla condanna del querelante alle spese e ai danni) e che il giudice non può pronunciare la sentenza se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca (disposizione identica a quella contenuta nell'art. 425, comma 4).
Anche a questa sentenza (non solo alla sentenza di non luogo a procedere resa nell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 425) dovrebbero, di conseguenza, riferirsi gli artt. 300, comma 1, e 131-bis disp. att. in tema di perdita di efficacia delle misure cautelari personali e l'art. 314, comma 3, in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione.
2) Prima di passare all'esame del comma 2 dell'art. 554-ter, bisogna dar conto di un possibile problema: quello dell'applicabilità dell'art. 469 (se n'è accennato sopra), che, a sua volta, prevede una sentenza di non doversi procedere da adottarsi, nella fase del predibattimento, con rito camerale “partecipato”.
Una premessa: il procedimento dinanzi al Tribunale in composizione monocratica è disciplinato, oltre che dagli articoli da 550 a 559, dalle altre disposizioni evocate dall'art. 459, in particolare dalle disposizioni di attuazione dedicate al procedimento (artt. 157-163-ter), dalle disposizioni in materia di pene sostitutive dettate dalla l. 24 novembre 1981, n. 689) e, soprattutto (almeno per quanto qui interessa), dalle disposizioni, «in quanto applicabili», che regolano il procedimento dinanzi al tribunale in composizione collegiale.
L'applicabilità di queste ultime disposizioni è subordinata alla condizione che la materia disciplinata dalle stesse non sia già regolata dalle fonti sopra indicate e che, in caso negativo, siano compatibili con il procedimento dinanzi al giudice monocratico.
Ciò premesso, sembra che la sentenza prevista dall'art. 469, che ha prospettive limitate, sia una sentenza in parte diversa da quella prevista dal comma 1, primo periodo, dell'art. 554-ter (totalmente diversa da quella prevista nel secondo periodo).
La sentenza prevista dall'art. 469 può essere pronunciata solo se: i) l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita; ii) il reato è estinto; iii) l'imputato non è punibile per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). E, soprattutto, solo se:
Si tratta, in sostanza, di un accordo trilaterale promosso dal tribunale (lo stesso davanti al quale si terrebbe il dibattimento) avente ad oggetto la sentenza di non doversi procedere che, proprio per tale ragione, è soltanto ricorribile per cassazione (un inciso: sarebbe stato opportuno individuare i casi di ricorso, come si è fatto, per la sentenza concordata di applicazione della pena, con il comma 2-bis dell'art. 448).
Detto questo, il dubbio resta, non potendosi negare un'ampia sovrapposizione tra la sentenza in questione e quella prevista dal primo periodo del comma 1 dell'art. 554-ter c.p.p.
Un dubbio alimentato anche dal fatto che - come si è detto – la sentenza pronunciata ai sensi dell'art. 469 c.p.p. è il frutto di un accordo e non è appellabile, mentre la sentenza di non luogo a procedere di cui al primo periodo del comma 1 dell'art. 554-ter è – come tra breve si dirà – appellabile (salvo eccezioni di non particolare rilevanza) e non ha come preludio un accordo.
E, per concludere, se si ritenesse l'art. 469 applicabile, sarebbe il giudice dell'udienza predibattimentale a doverlo fare, non certo quello del dibattimento.
3) Tornando all'art. 554-ter c.p.p., il comma 2 tratta delle possibili definizioni alternative.
Le richieste di giudizio abbreviato, di patteggiamento, di sospensione del processo con messa alla prova e di oblazione vanno proposte, a pena di decadenza - come si è detto - prima della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere (in altre parole subito dopo il controllo sull'imputazione).
La disposizione non è, tuttavia, di agevole interpretazione perché l'art. 554-ter, comma 1, prevede, nei primi due periodi, due diverse sentenze di non luogo a procedere e la legge delega aveva imposto al Governo di «prevedere che, in assenza di richieste di definizioni alternative […] il giudice valuti, sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, se sussistono le condizioni per pronunciare sentenza di non luogo a procedere perché gli elementi acquisiti non consentono una ragionevole previsione di condanna».
Volendo osservare la direttiva del Parlamento, si dovrebbe affermare che la disposizione intenda riferirsi alla sola sentenza di non luogo a procedere di cui al primo periodo del comma 1 dell'art. 554-ter.
In ogni caso le parole «in assenza di richieste di definizioni alternative» impongono di ritenere che sia il giudice di questa udienza ad incamerare e trattare le richieste di definizione alternativa.
Entro lo stesso termine, se l'imputato e il pubblico ministero concordano per l'applicazione di una pena sostitutiva di cui all'art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria), il giudice, qualora non sia possibile decidere immediatamente, sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna (di seguito UEPE) competente.
Si applica, in quanto compatibile, l'art. 545-bis, commi 2 e 3 c.p.p.; in altre parole, al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva con il potere discrezionale descritto nell'art. 58 della legge n. 689/1981, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall'UEPE e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell'imputato.
Il giudice può richiedere, altresì, all'UEPE, il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell'ente. Agli stessi fini, il giudice può acquisire altresì, dai soggetti indicati dall'art. 94 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (responsabili delle strutture pubbliche o private “accreditata” per il tipo di diagnosi ed attestazioni), la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d'azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi. Le parti possono depositare documentazione all'UEPE e, fino a cinque giorni prima dell'udienza, possono presentare memorie in cancelleria (comma 2).
Acquisiti gli atti, i documenti e le informazioni, il giudice, all'udienza fissata, sentite le parti presenti, se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti; si applicano gli artt. 57 (che disciplina la durata delle pene sostitutive, gli effetti delle stesse e i criteri di ragguaglio) e 61 (che stabilisce che, nel dispositivo della sentenza di condanna, della sentenza di applicazione della pena e del decreto penale, il giudice deve indicare la specie e la durata della pena detentiva sostituita e la specie, la durata ovvero l'ammontare della pena sostitutiva) della legge n. 689/1981.
In caso contrario, il giudice conferma il dispositivo. Del dispositivo integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell'art. 545(comma 3) c.p.p.; in altre parole tale modo di pubblicazione equivale a notificazione della sentenza per le parti che sono o devono considerarsi presenti all'udienza.
4) Il comma 3 dell'art. 554-ter stabilisce, poi, che il giudice, in assenza di sentenza di non luogo a procedere o di definizioni alternative, deve fissare, per la prosecuzione del giudizio, la data dell'udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso e disporre la restituzione del fascicolo del pubblico ministero.
5) L'articolo si chiude con il comma 4 che stabilisce il termine di comparizione: «tra la data del provvedimento e la data fissata per l'udienza dibattimentale deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni». Come già si è detto manca un'espressa previsione di nullità in caso di inosservanza di detto termine, ma è ragionevole ritenere che essa integri una nullità di ordine generale a regime intermedio (artt. 178, comma 1, lett. c), e 180)
g) L'art. 554-quater disciplina l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere.
Contro la stessa possono, ai sensi del comma 1, proporre appello (sono, peraltro inappellabili, quindi solo ricorribili per cassazione – come voluto dalla legge delega - le sentenze relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa: comma 8):
Sull'impugnazione (comma 3) è la corte di appello a decidere decide in camera di consiglio “partecipata” («con le forme previste dall'art. 127»).
In caso di appello del pubblico ministero, la corte, se non conferma la sentenza di non luogo a procedere, i) fissa la data per l'udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso da quello che ha pronunciato la sentenza o ii) pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula meno favorevole all'imputato.
In caso di appello dell'imputato, la corte, se non conferma la sentenza, pronuncia sentenza di non luogo a procedere con formula più favorevole all'imputato.
Contro la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in grado di appello possono ricorrere per cassazione l'imputato e il procuratore generale solo per i motivi di cui alle lett. a) (esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri), b) (inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale) e c) (inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza) del comma 1 dell'art. 606 (comma 4).
Sull'impugnazione la Corte di cassazione decide in camera di consiglio “non partecipata” («con le forme previste dall'articolo 611») (comma 5).
h) L'art. 554-quinquies c.p.p. prevede la revoca, da parte del giudice della sentenza di non luogo a procedere qualora, dopo la pronuncia, sopravvengano o si scoprano nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possano determinare l'utile svolgimento del giudizio (comma 1).
Serve la richiesta del pubblico ministero con trasmissione alla cancelleria del giudice degli atti relativi alle nuove fonti di prova (comma 2).
Il giudice può:
oppure
In tale ultimo caso, il procedimento si svolge in udienza camerale “partecipata” («nelle forme previste dall'art. 127») (comma 3).
Sulla richiesta di revoca il giudice provvede con ordinanza (comma 4).
Se revoca la sentenza di non luogo a procedere, fissa la data dell'udienza per la prosecuzione del giudizio ai sensi dell'art. 554-ter, commi 3 e 4 (v. supra, punto f) n. 4 e 5). In questo caso, le istanze di definizione alternativa di cui all'art. 554-ter, comma 2, sono proposte, a pena di decadenza, prima dell'apertura del dibattimento.
Si applica l'art. 437 (comma 5): in altre parole, contro l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione solamente per i motivi indicati all'art. 606, comma 1, lett. b) (inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale), d) (mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'art. 495, comma 2, vale a dire, per l'imputato, in caso di prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico e, per il pubblico ministero, in caso di prove a carico dell'imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico), ed e) (mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame).
i) Qualora nell'udienza predibattimentale non si sia giunti a definire il processo, si entra nella fase del dibattimento.
Si riparte dalla citazione, questa volta ad opera del giudice, non del pubblico ministero.
1. Il legislatore delegato doveva prevedere la fissazione, da parte del giudice, della data per una nuova udienza, da tenersi non prima di venti giorni di fronte a un altro giudice, per l'apertura e la celebrazione del dibattimento e a “coordinare” la disciplina dell'art. 468 in materia di citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici.
Come si era detto in questa rivista (R. Bricchetti, Riforma processo penale. Dalla delega ai decreti delegati: punti fermi… e non (Parte III), 29 novembre 2021), il Governo doveva, in particolare, intervenire sull'art. 555 che dettava disposizioni sull'udienza di comparizione a seguito della citazione diretta.
Stabiliva– è opportuno trascriverlo (con qualche licenza semplificatoria) – nei cinque commi che lo componevano, che:
Ebbene:
Su questa materia “preliminare al dibattimento” dovevano concentrarsi gli interventi di adeguamento del legislatore delegato, tenuto conto che l'art. 468 disciplina altresì il decreto di autorizzazione alla citazione dei testimoni e degli altri soggetti sopra indicati (comma 2); la presentazione diretta al dibattimento dei testimoni e dei consulenti tecnici indicati nelle liste (comma 3); la richiesta di citazione a prova contraria (comma 4); la richiesta di acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale (comma 4-bis); la citazione del perito nominato nell'incidente probatorio a norma dell'art. 392, comma 2 (comma 5).
2. Il legislatore delegato è intervenuto modificando l'art. 555 c.p.p., destinato a disciplinare l'udienza dibattimentale.
Il comma 1 è rimasto in sostanza inalterato e continua a prevedere che, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza «dibattimentale», le parti devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'art. 210 (persone imputate in un procedimento connesso) di cui intendono chiedere l'esame.
I commi 2 e 3 sono stati - come si è detto - giustamente soppressi.
Il comma 4 è stato rimodulato: le parti, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 492), indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove, illustrandone esclusivamente l'ammissibilità, ai sensi degli artt. 189 (prove non disciplinate dalla legge) e 190, comma 1 (prove vietate dalla legge e prove manifestamente superflue o irrilevanti); inoltre, le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento (art. 431) di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (art. 433), nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva (art. 327-bis).
Il comma 5 è rimasto immutato: «Per tutto ciò che non è espressamente previsto si osservano le disposizioni contenute nel libro settimo, in quanto compatibili» (artt. 465 ss.
l) L'ultimo punto da prendere in considerazione riguarda il nuovo art. 558-bis c.p.p. dedicato al giudizio immediato.
In assenza di disposizioni in materia (fatto salvo l'art. 549: «Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili»), la giurisprudenza ha sempre escluso l'applicabilità del giudizio immediato ai reati per i quali era previsto l'esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio.
Questa giurisprudenza è, dunque, superata dal nuovo art. 558-bis che, al comma 1, prevede il giudizio immediato anche per i reati anzidetti, stabilendo che devono osservarsi le disposizioni degli articoli da 453 a 458 «in quanto compatibili».
In caso di decreto di giudizio immediato non si procede all'udienza predibattimentale prevista dall'art. 554-bis. |