Con gli artt. 1, comma 1, lett. m; 29, comma 1, lett. a, nn. 1 e 2, lett. b, lett. c, nonché 41, comma 1, lett. r, lett. s, d. lgs. n. 150 del 2022 è stata esercitata la delega nella parte in cui è previsto che «la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato possa essere proposta anche dal pubblico ministero» e l'intervento è stato realizzato modificando l'art. 168-bis c.p. (con l'art. 1, comma 1, lett. m, d. lgs. n. 150 del 2022); l'art. 464-bis c.p.p. (mediante l'art. 29, comma 1, lett. a, nn. 1 e 2 d.lgs. cit); l'art. 464-ter.1 c.p.p., (inserito ex novo dall'art. 29, comma 1, lett. b, d. lgs. cit); l'art. 464-septies c.p.p. (mediante l'art. 29, comma 1, lett. c, d. lgs cit); l'art. 141-bis disp. att. c.p.p. (con l'art. 41, comma 1, lett. r, d. lgs. cit); l'art. 141-ter disp att. c.p.p. (con l'art. 41, comma 1, lett. s, d. lgs. cit.).
Nell'attuare la modifica richiesta, il legislatore delegato doveva fronteggiare una sfida in qualche modo duplice: da un lato, coinvolgere attivamente anche il pubblico ministero “nell'altra metà del diritto penale”, ossia in quel diritto penale alternativo alla pena ed al processo che ha visto fino ad ora agire più il giudice che il pubblico ministero; dall'altro, evitare di aggravare ulteriormente (e irrimediabilmente) gli uffici di esecuzione penale esterna, che tanto oggi (quanto allora, quando entrò in vigore la messa alla prova) hanno un ruolo cruciale e sono il punto nevralgico di tutta la riforma, ricadendo su di loro una serie di incombenze che vanno molto oltre la messa alla prova.
Saranno infatti gli uffici di esecuzione penale esterna ad occuparsi di tutte le pene sostitutive delle pene detentive brevi, fatta eccezione per la pena pecuniaria principale o sostitutiva, affidata, nella sua fase esecutiva, al pubblico ministero, sempre che non venga a sua volta convertita in pena sostitutiva diversa da quella pecuniaria: questo spiega la ragione per la quale il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità del Ministero della giustizia ha già diramato una circolare (la n. 3/2022 del 26 ottobre 2022) per regolamentare la gestione del carico di lavoro da parte dei singoli uffici, e prim'ancora con il decreto-legge 30 aprile 2022 n. 36, convertito con modificazione dalla legge 29 giugno 2022 n. 79, recante “Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” è stato previsto il potenziamento dell'esecuzione penale esterna e la rideterminazione della pianta organica del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità (con un aumento di 1.092 unità di personale amministrativo non dirigenziale del comparto funzioni centrali e di ulteriori 11 dirigenti penitenziali, che andranno tuttavia “formati”).
Il potenziamento dell'u.e.p.e. è andato, dunque, di pari passo con una modalità che renda agevole per il pubblico ministero la sua possibile proposta.
E' evidente che avendo il legislatore delegante previsto che venisse contemplata la possibilità di una “proposta” del pubblico ministero, essa non potesse che essere diversa dall'avviso, che già è contemplato dal legislatore all'art. 141-bis disp att. c.p.p.: doveva (e deve) necessariamente trattarsi di una forma di iniziativa del pubblico ministero, rispetto alla quale occorre l'adesione dell'indagato, il cui consenso è elemento essenziale ed imprescindibile, in ossequio ai principi espressi dalla giurisprudenza della Suprema Corte e dalla Corte costituzionale (significativa in tal senso la sentenza n. 91 del 2018).
Il legislatore delegato ha quindi previsto che qualora la proposta del pubblico ministero venga formulata in udienza, l'imputato può chiedere un termine non superiore a venti giorni per presentare la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 646-bis c.p.p.).
Tuttavia, il luogo per così dire fisiologico in cui la proposta può essere formulata, in ossequio anche alle finalità deflative che connotano l'istituto, non può che essere quella che vede il pubblico ministero protagonista, ossia la fase delle indagini preliminari e la scelta dell'atto con cui formularla è caduta sull'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. (che richiama in qualche modo l'archiviazione meritata, prevista a suo tempo della Commissione Lattanzi e non più contemplata nella legge delega), perché in quel momento la parte, con la discovery degli atti, è in grado di prendere visione di tutti gli elementi e di valutare con obiettività quale strada percorrere, nell'ambito delle possibili alternative processuali che la chiusura delle indagini preliminari gli offre.
Ai sensi del nuovo art. 464-ter.1 c.p.p. e dell'art. 141-bis disp att. c.p.p., con l'avviso ex art. 415-bis c.p.p. il pubblico ministero può quindi indicare durata e contenuti essenziali del programma, eventualmente (e non necessariamente, evitandosi così aggravi inutili) avvalendosi dell'u.e.p.e. che sarà chiamato a fornire indicazioni entro trenta giorni (termine evidentemente non perentorio, per il chiaro disposto normativo, come si ricava dall'art. 141-ter disp. att. c.p.p.).
Entro i successivi venti giorni l'indagato potrà aderire alla proposta formulata (personalmente, con procura speciale e con atto depositato in segreteria anche ex art. 111-bis c.p.p), esprimendo in questo modo il suo consenso; a quel punto il pubblico ministero formula l'imputazione e trasmette gli atti al gip, dando avviso alla persona offesa della facoltà di depositare memorie entro dieci giorni. Anche con il nuovo art. 464-ter.1 c.p.p. la persona offesa non ha alcun potere di veto sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova (e neanche sul contenuto del programma di trattamento).
Quali siano i provvedimenti adottabili dal giudice delle indagini preliminari viene indicato ai commi 3 e segg del nuovo articolo 464-ter.1 c.p.p. e nella relazione illustrativa che accompagna il decreto.
Il giudice delle indagini preliminari avrà tre strade: il rigetto; l'accoglimento; il contraddittorio.
Rigetterà se vi siano i presupposti per emettere sentenza ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; o per mancanza dei requisiti formali e sostanziali di ammissione alla prova o perché formula una prognosi di recidivanza. Nella relazione illustrativa si fa espressa menzione della ritenuta sussistenza da parte del giudice della particolare tenuità del fatto, ma le ipotesi di rigetto potrebbero anche essere diverse, potendosi discutere se tra di esse rientri la diversa qualificazione giuridica del fatto o anche la ragionevole previsione di condanna, che è oggi la nuova regola di giudizio che permea tutta la fase delle indagini preliminari.
In caso di rigetto, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero che o eserciterà l'azione penale o chiederà l'archiviazione (nella relazione illustrativa si fa espresso riferimento alla archiviazione per la particolare tenuità del fatto).
Il giudice potrà invece ritenere che la proposta cui ha aderito l'indagato sia ammissibile e in questo caso il legislatore delegato predilige un contradditorio essenzialmente cartolare e ricalca quanto accade in via di fatto nelle ammissioni alla prova (così come contemplate, sempre in via di fatto, dai vari protocolli e linee-guida adottati dagli uffici giudiziari), con il correttivo della mancanza di una udienza apposita: il giudice chiede all'u.ep.e. di elaborare il programma trattamentale; il programma viene elaborato dall'u.e.p.e., di intesa con l'indagato; quindi l'u.e.p.e. nel termine di novanta giorni (termine anche questo non perentorio) provvede alla trasmissione del programma all'autorità giudiziaria; infine il giudice adotta l'ordinanza di sospensione del procedimento.
La terza via, considerata eventuale, in quanto si predilige un contraddittorio cartolare evitando aggravi nel lavoro da parte del giudice (la fissazione e la celebrazione dell'udienza nell'attività del giudice per le indagini preliminari non giova alla deflazione processuale), è quella del contraddittorio in udienza: qualora infatti il giudice non abbia elementi certi per rigettare o accogliere la richiesta, viene previsto che possa fissare udienza ex art. 127 c.p.p. ai fini della decisione e disporre la comparizione dell'imputato per valutare la volontarietà o per integrare o modificare il programma (ma sempre) con il consenso dell'imputato.