È inefficace il mandato c.d. in bianco al costruttore di modificare le tabelle millesimali

13 Aprile 2022

La Cassazione, per la prima volta e mutuando principi affermati nella fattispecie più frequente di incarico c.d. in bianco al costruttore volto alla redazione del regolamento di condominio, afferma che, per quanto riguarda le tabelle millesimali, sia che abbiano natura negoziale, sia che siano diretta applicazione dei criteri legali, il mandato generico allo stesso costruttore volto alla revisione delle stesse per la correzione di errori o per il miglior uso del bene comune, per ritenersi valido deve intendersi come limitato alla sola predisposizione tecnica di tali modifiche, da sottoporre, poi, alla necessaria approvazione da parte dell'assemblea dei condomini, o con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. oppure all'unanimità se si tratta di tabelle convenzionali.
Massima

Le modifiche apportate alle tabelle millesimali dal costruttore-venditore, in forza di un mandato irrevocabile conferito dai condomini allo scopo, genericamente enunciato, di correggere “eventuali errori” o di soddisfare l'esigenza di un “miglior uso delle cose comuni”, sono inefficaci se non approvate successivamente dall'assemblea del condominio secondo le prescrizioni dell'art. 69 disp. att. c.c.

Il caso

I giudizi di merito precedenti alla sentenza del Supremo Collegio - oggetto del presente commento - avevano registrato un esito concorde sfavorevole al condomino impugnante, rilevando, in buona sostanza, che bene aveva fatto l'assemblea ad approvare i bilanci preventivi ed il consuntivo relativo alla gestione del riscaldamento, relativi ad una data annualità, sulla base delle tabelle millesimali “originarie”, ossia quelle allegate al regolamento condominiale, aventi natura contrattuale.

Secondo il condomino, invece, le tabelle da applicare dovevano essere quelle “successivamente” redatte dal costruttore dello stabile, in conformità al mandato irrevocabile ricevuto dai proprietari degli appartamenti in sede di stipula dei singoli atti di acquisto e sancito, comunque, dal regolamento.

Infatti, una norma del regolamento condominiale conferiva al suddetto costruttore la facoltà di depositare atti modificativi delle tabelle millesimali che si fossero resi necessari per altre diverse esigenze che l'esperienza dei primi periodi di gestione condominiale avesse fatto emergere, e negli atti di acquisto delle singole unità immobiliari risultava che gli acquirenti avevano conferito alla parte venditrice un mandato irrevocabile, non oltre la vendita dell'ultimo bene rimasto in capo al costruttore, di apportare modifiche alle tabelle millesimali “ove necessario in conseguenza di errori ed omissioni” oppure “utili per un miglior uso dell'intero complesso”.

Quindi, il presupposto concordato era la necessità di provvedere ad una migliore gestione delle cose comuni e di porre riparo ad errori ed omissioni, sicché non era automatica la possibilità di modificare le tabelle millesimali.

In ossequio alla distribuzione dell'onere della prova, la parte che invocava l'applicazione delle nuove tabelle doveva dimostrare che la relativa approvazione era avvenuta nel rispetto dei requisiti previsti dal regolamento e dagli atti di acquisto, mentre, nel caso in esame, invece, gli asseriti errori che avrebbero giustificato la modifica delle tabelle non erano stati posti a base dell'impugnazione delle delibere, tanto che il ricorso introduttivo risultava incentrato sulla violazione della norma pattizia di conferimento del mandato irrevocabile. L'esigenza di rettificare le tabelle risultava dedotta solo in fase di appello e dalla relazione tecnica allegata nel giudizio di primo grado non era possibile trarre adeguati riscontri in merito all'effettiva necessità di modificare le tabelle.

La questione

In disparte la verifica, in concreto, dei presupposti di fatto legittimanti la modifica delle tabelle millesimali, ossia se vi fosse stato o meno l'errore da correggere, si trattava, a monte, di accertare la validità di un mandato irrevocabile al costruttore, rilasciato dai singoli condomini al momento dell'acquisto dell'appartamento, per la modifica delle medesime tabelle millesimali; di conseguenza, in caso di validità, se vi fosse l'obbligo da parte dei condomini della loro osservanza stante l'immediata efficacia delle nuove tabelle oppure se fosse richiesta una ratifica degli stessi condomini interessati.

In altri termini, la questione principale posta dal ricorso per cassazione riguardava l'immediata operatività delle modifiche alle tabelle predisposte dal costruttore oppure la necessità di una loro approvazione da parte dell'assemblea, ma ciò implicava necessariamente una pregiudiziale interpretazione della clausola con la quale i condomini, al momento dell'acquisto degli appartamenti, aveva dato “mandato irrevocabile” alla modifica.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che la suddetta clausola possa ritenersi valida solo se interpretata nel senso che il mandato che gli acquirenti degli appartamenti hanno dato al venditore sia limitato alla “mera predisposizione tecnica” di eventuali modifiche alle tabelle millesimali, modifiche che, tuttavia, per essere efficaci, necessitano dell'approvazione dei condomini.

Deve, infatti, farsi applicazione del criterio ermeneutico secondo il quale, nell'interpretazione di una clausola contrattuale, deve preferirsi il significato in relazione al quale la clausola acquisti un significato rispetto a quello che ne determini la nullità.

La suddetta clausola, interpretata come mandato irrevocabile a predisporre modifiche alle tabelle da intendersi già preventivamente approvate dai condomini, sarebbe nulla vista la sua genericità e, comunque, invalida e inopponibile ai medesimi condomini.

Invero, la delega conferita al costruttore dell'edificio per la successiva redazione del regolamento e delle tabelle millesimali, che sia contenuta nell'atto di acquisto dell'immobile, per essere valida, deve avere un contenuto specifico e determinato, mentre quella sottoposta all'esame degli ermellini, volta solo alla futura ed eventuale necessità di apportare modifiche, aveva un contenuto del tutto generico ed indeterminato.

La clausola de qua è, in parte, riproduttiva dell'art. 69 disp. att. c.c., con riferimento alla correzione degli errori e, in altra parte, è di contenuto assolutamente indeterminato, visto il generico riferimento al miglior uso dell'intero complesso.

Osservazioni

Va, al riguardo, richiamato il consolidato orientamento della magistratura di vertice, secondo cui la clausola con la quale gli acquirenti di un'unità immobiliare di un fabbricato assumono l'obbligo di rispettare il regolamento di condominio - del quale, peraltro, le tabelle costituiscono allegato ex art. 68, comma 1, disp. att. c.c. - che contestualmente incaricano il costruttore di predisporre, non può valere quale approvazione di un regolamento allo stato inesistente, in quanto è solo il concreto richiamo nei singoli atti di acquisto ad un determinato regolamento già esistente che consente di ritenere quest'ultimo come facente parte per relationem di ogni singolo atto, sicché quello predisposto dal costruttore in forza del mandato ad essa conferito non è opponibile agli acquirenti (v., ex plurimis, Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 2020, n. 3058).

A ben vedere, la clausola di conferimento del mandato irrevocabile non implica l'accettazione preventiva di una disciplina derogatrice non ancora venuta ad esistenza, mancando, al momento dell'acquisto da parte dei condomini, uno schema definitivo suscettibile di essere compreso, per comune volontà, nell'oggetto del negozio.

Se, dunque, non può darsi per approvato un regolamento inesistente, allo stesso modo non possono darsi per approvate modifiche future alle tabelle millesimali, anche in presenza di un generico mandato irrevocabile ad effettuarle per la correzione di errori o per un miglior uso dell'intero complesso.

Il riferimento del mandato a condizioni di modifiche che non rispecchiano le sole condizioni poste dall'art. 69 disp. att. c.c. e fanno riferimento al “miglior uso” dell'intero complesso determina una situazione analoga a quella dei condomini che assumono l'obbligo di rispettare le tabelle da predisporsi in futuro con un contenuto atipico potenzialmente anche limitativo dell'estensione dei poteri e delle facoltà che normalmente caratterizzano nel condominio degli edifici il diritto di ciascun condomino o l'applicazione di criteri che deroghino quelli legali.

In tali casi, si è ritenuta necessaria la preventiva predisposizione del regolamento da approvare perché il costruttore o venditore non ha il potere di redigere un qualunque regolamento, né è possibile approvare un regolamento - con le tabelle allegate - attualmente inesistente, atteso che solo il concreto richiamo nel singolo atto di acquisto di uno specifico regolamento, già esistente, consente di considerarlo, per relationem, parte di tale atto (Cass. civ., sez. II, 20 marzo 2015, n. 5657).

In proposito, i magistrati del Palazzaccio hanno avuto modo anche di chiarire che le pattuizioni, contenute nell'atto di acquisto di un'unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, che comportino restrizioni delle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva dei singoli condomini oppure di quelle relative alle parti condominiali dell'edificio, devono essere espressamente e chiaramente enunciate, atteso che il diritto del condomino di usare, di godere e di disporre di tali beni può essere convenzionalmente limitato soltanto in virtù di negozi che pongano in essere servitù reciproche, oneri reali o, quanto meno, obbligazioni propter rem, conseguendone che devono ritenersi invalide quelle clausole che, con formulazione del tutto generica, limitino il diritto dei condomini di usare, godere o disporre dei beni condominiali ed attribuiscano all'originario proprietario il diritto non sindacabile di apportare modifiche alle parti comuni (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2017, n. 5336).

La medesima statuizione di invalidità deve affermarsi, quindi, con riferimento al mandato c.d. in bianco, contenuto negli atti di acquisto di un'unità immobiliare compresa in un edificio condominiale, all'unica parte venditrice a modificare le tabelle già predisposte “per correggere errori tecnici o per un miglior uso della cosa comune”.

D'altra parte, le modifiche alle tabelle millesimali di un condominio devono essere effettuate nel rispetto dell'art. 69 disp. att. c.c., tanto più in un caso - come quello di specie - ove è invocato un mero errore nella redazione delle tabelle da modificare.

Infatti, secondo l'orientamento consolidatosi a partire da un datato intervento del supremo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 9 luglio 1997, n. 6222), l'errore che, ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali non coincide con l'errore vizio del consenso, disciplinato dagli artt. 1428 ss. c.c., ma consiste nell'obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle, senza che, in proposito, rilevi il carattere negoziale della formazione delle stesse (v., sull'abbrivio delle Sezioni Unite, tra le altre, Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 2010, n. 3001; Cass. civ., sez. II, 28 marzo 2001, n. 4528; Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2001, n. 4421).

Peraltro, si è evidenziato che, né dalla sentenza impugnata né dal ricorso introduttivo, emergeva la natura contrattuale o meno delle tabelle allegate al regolamento del condominio.

Sul punto, le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 9 agosto 2010, n. 18477) hanno statuito che, ai fini dell'attribuzione alle tabelle condominiali della natura contrattuale, non è sufficiente che le stesse siano allegate al regolamento di condominio e predisposte dall'unico originario proprietario ed accettate dagli iniziali acquirenti delle singole unità oppure che abbiano formato oggetto di accordo da parte di tutti i condomini (v., altresì, Cass. civ., sez. II, 25 agosto 2005, n. 17276; Cass. civ., sez. II, 28 giugno 2004, n. 11960).

La natura contrattuale delle tabelle millesimali discende dal fatto che risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, oppure approvare quella “diversa convenzione” di cui all'art. 1123, comma 1, c.c.: la sostanza di una tale diversa convenzione è quella di una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata, con cui i condomini programmano che la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio sia determinata in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c.

Negli altri casi, la tabella, anche se approvata nel modo sopraindicato - allegata al regolamento di condominio, predisposta dall'unico originario proprietario ed accettata dagli iniziali acquirenti - non ha comunque natura contrattuale, ma è meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, e quindi dell'esattezza delle operazioni tecniche di calcolo della proporzione tra la spesa ed il valore della quota o la misura dell'uso, conseguendone che, in queste ultime ipotesi, la modifica della tabella può avvenire anche a maggioranza (qualificata) e non è necessaria l'unanimità.

Nella specie - sottolinea il Supremo Collegio - non è stata dedotta la natura derogatoria e, quindi, contrattuale delle tabelle condominiali, poiché, al contrario, la pretesa del condomino ricorrente circa la necessità di apportare modifiche si fonda su presunti errori e, dunque, fa riferimento ai criteri legali, in conformità con quanto stabilito dall'art. 69 disp. att. c.c., il che lascerebbe intendere la natura non contrattuale delle tabelle in esame.

Il condomino ricorrente non può invocare l'operatività di modifiche alle tabelle condominiali di ripartizione delle spese del riscaldamento mai approvate dall'assemblea condominiale, peraltro senza neanche specificare se le stesse abbiano o meno natura contrattuale.

La Corte d'Appello, pertanto, sia pure in modo sintetico e fondandosi sulla decisione del Tribunale, il quale aveva ritenuto necessaria la ratifica dell'assemblea della modifica unilaterale predisposta dal costruttore, aveva correttamente affermato, in applicazione dell'onere probatorio ex art. 2697 c.c., che spettasse all'attore la prova della sussistenza delle condizioni che legittimavano la modifica delle tabelle.

Di conseguenza, risulta infondata anche la censura di violazione dell'art. 2697 c.c.: infatti, pur volendo interpretare l'originaria domanda del ricorrente di annullamento delle delibere condominiali come implicita richiesta di revisione delle tabelle perché errate, gravava sull'attore esso l'onere di dimostrare in giudizio la sussistenza delle condizioni che giustificavano la modifica invocata.

Il giudice distrettuale, peraltro, aveva espressamente affermato che gli asseriti errori che avrebbero giustificato la modifica delle tabelle non erano stati posti a base dell'originaria impugnazione delle delibere, perché il ricorso risultava incentrato sulla violazione della norma pattizia di conferimento del mandato irrevocabile.

Riferimenti

Triola, Ritorna il mandato a redigere il regolamento di condominio?, in Amministr. immobili, 2017, fasc. 212, 9;

Salciarini, Il costruttore e il regolamento: nullità per il mandato di redazione “in bianco”, in Immob. & proprietà, 2014, 484;

Stanchi, Tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio: approvazione, rettifica, modifica e opponibilità, in Ventiquattrore avvocato, 2013, suppl. al fasc. 4, 60;

Del Chicca, La disciplina della modifica delle tabelle millesimali contrattuali e assembleari, in Arch. loc. e cond., 2012, 144;

Terzago, Perché è nullo il mandato a redigere il regolamento esterno?, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 3, 122;

De Tilla, Sulla formazione e modifica delle tabelle millesimali, in Rass. loc. e cond., 1998, 388.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.