Procedimento: la prima udienza

Caterina Costabile
01 Febbraio 2023

L'art. 473-bis.21 c.p.c. disciplina la prima udienza del nuovo rito unitario in materia di persone, minorenni e famiglie e costituisce lo snodo centrale del giudizio risultando nella stessa concentrate non solo le attività proprie dell'udienza presidenziale, ma anche quelle dell'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. ed, eventualmente, quelle dell'udienza di precisazione delle conclusioni.
Inquadramento

L'art. 473-bis.21 c.p.c. disciplina la prima udienza del nuovo rito unitario in materia di persone, minorenni e famiglie configurandola in maniera analoga alla tradizionale udienza presidenziale dei procedimenti di separazione e divorzio prevedendo la comparizione personale delle parti (salvo gravi e comprovati motivi), il tentativo di conciliazione e l'eventuale formulazione di una proposta conciliativa da parte del giudice istruttore.

Nell'ottica del legislatore della riforma la prima udienza nel nuovo rito per le persone, per i minorenni e per le famiglie diventa lo snodo centrale del giudizio risultando nella stessa concentrate non solo le attività proprie dell'udienza presidenziale di cui all'art. 708 c.p.c., ma anche quelle dell'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. ed, eventualmente, quelle dell'udienza di precisazione delle conclusioni.

Invero il giudice, dopo aver sentito le parti e i rispettivi difensori e assunte ove occorra sommarie informazioni, deve in primo luogo emettere con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni nell'interesse delle parti, nei limiti delle domande da queste proposte, e dei figli.

In secondo luogo, sempre alla prima udienza, con lo stesso provvedimento, il giudice istruttore ammette i mezzi di prova e fissa l'udienza per la relativa assunzione.

In ultimo, la prima udienza di comparizione può avere anche un esito anche definitorio in tutti i casi in cui la causa si presenti matura per la decisione senza necessità di ulteriore istruttoria.

Le attività del giudice istruttore

Il legislatore della novella ha deciso di valorizzare la comparizione personale delle parti alla prima udienza in quanto finalizzata non solo a prendere atto delle loro volontà di non volersi riconciliare, ma anche per consentire al giudice di sentirle direttamente e formulare loro una motivata proposta conciliativa involgente l'intera controversia, valutando tutto il materiale probatorio già acquisito agli atti del processo.

Il primo comma dell'art. 473-bis.21 c.p.c. prevede che se il ricorrente non compare alla prima udienza o rinuncia e il convenuto costituito non chiede che si proceda in sua assenza, il procedimento si estingue, facendo salvi ovviamente i casi in cui il procedimento sia stato instaurato su ricorso del pubblico ministero, giacché in tali ipotesi l'impulso delle parti diviene irrilevante.

Nel nuovo rito unitario, alla prima udienza il giudice dovrà anche procedere alla verifica della integrità del contraddittorio e della regolarità del rapporto processuale: va all'uopo ricordato che se i processi familiari hanno tendenzialmente una dimensione bilaterale con due parti soltanto, non può tuttavia escludersi la presenza di più parti a volte qualificate anche dalla legge come litisconsorti necessari (ad esempio nelle azioni di disconoscimento di paternità ovvero di dichiarazione giudiziale di paternità).

Il giudice, in considerazione della natura della causa e delle particolarità di ogni fattispecie, può optare per l'audizione congiunta o separata delle parti alla presenza dei rispettivi difensori.

Ai sensi dell'art. 473-bis.16 c.p.c. il convenuto deve costituirsi mediante il deposito della comparsa e, dunque, mediante un difensore: non può, tuttavia, escludersi che la parte compaia personalmente alla prima udienza. In tal caso appare corretto ritenere che il giudice istruttore debba comunque dare atto a verbale della comparizione personale della parte, procedere alla sua audizione ed effettuare il tentativo di conciliazione.

In ordine alla valenza probatoria delle dichiarazioni rese dalle parti, deve rammentarsi che la S.C. ha evidenziato che le ammissioni delle parti all'udienza presidenziale, vertendosi in materia di diritti indisponibili, non possono assumere valore di confessione in senso stretto, a norma dell'art. 2730 c.c., ma possono essere utilizzate - unitamente ad altri elementi probatori - quali presunzioni ed indizi liberamente valutabili, sempre che esprimano non opinioni o giudizi o stati d'animo personali, ma fatti obiettivi, suscettibili, in quanto tali, di essere valutati giuridicamente come indice della violazione di specifici doveri coniugali (Cass. civ., sez. I, 04 aprile 2014, n. 7998). Ne deriva che l'omessa valutazione di dette dichiarazioni non integra il vizio di cui all'art. 112 c.p.c. in quanto si tratta soltanto elementi di fatto concorrenti alla complessiva valutazione finale da parte del giudice di merito (Cass. civ., sez. VI, 24 febbraio 2017, n. 4860).

L'art. 473-bis.10, comma 2, c.p.c. prevede che il giudice, qualora ne ravvisi l'opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l'adozione dei provvedimenti di provvisori ed urgenti per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell'interesse morale e materiale dei figli.

Il Giudice può, inoltre, formulare una motivata proposta conciliativa e se le parti vi aderiscono, assunti i provvedimenti temporanei e urgenti che si rendono necessari, rimette la causa in decisione, per la pronuncia di sentenza che prenda atto ovvero omologhi gli accordi raggiunti dalle parti, in modo analogo alla disciplina prevista per i procedimenti su domanda congiunta.

Deve, tuttavia, evidenziarsi come in concreto sia difficilmente ipotizzabile la necessità di emettere dei provvedimenti temporanei ed urgenti in presenza di un accordo delle parti, atteso che la causa può essere rimessa alla decisione del collegio alla stessa udienza e considerato che le parti hanno normalmente interesse ad ottenere nel più breve tempo possibile una sentenza che prenda atto ovvero omologhi gli accordi raggiunti dalle parti in modo analogo alla disciplina prevista per i procedimenti su domanda congiunta.

L'ascolto del minore

Risulta sempre più frequente nella prassi la necessità di procedere all'ascolto del minore ultradodicenne – o anche di età inferiore purché dotato di capacità di discernimento – nella fase iniziale del procedimento, risultando indispensabile acquisire la sua opinione prima di emettere i provvedimenti provvisori ed urgenti.

L'ascolto del minore costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse (Cass. civ., sez. I, 07 maggio 2019, n. 12018; Cass. civ., sez. I, 17 aprile 2019, n. 10776).

L'art. 473-bis.4, primo comma, c.p.c. ha introdotto la previsione secondo cui le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione dal giudice avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità.

L'art. 473-bis.5 c.p.c. disciplina le modalità di ascolto del minore attuando quanto previsto a livello sovranazionale in ordine all'introduzione di una serie di garanzie e di accorgimenti che il giudice dovrà adottare ai fini dell'ascolto, durante il quale potrà farsi assistere da esperti e altri ausiliari. La norma dispone che il giudice debba fissare l'udienza tenuto conto degli impegni scolastici del minore, rendendolo edotto della natura del procedimento e degli effetti dell'ascolto tenuto conto della maturità e dell'età del minore e procedendo all'adempimento con modalità che garantiscano la serenità e la riservatezza del minore. Se il procedimento riguarda più minori, si prevede che di regola il giudice proceda ad ascolti separati degli stessi.

Il minore deve essere informato delle ragioni, della natura del procedimento in cui l'audizione si inserisce, degli effetti e delle conseguenze dell'ascolto medesimo, nonché della possibilità di chiedere la nomina di un curatore speciale se trattasi di minore che ha compiuto i quattordici anni.

Il Giudice può condurre in prima persona l'ascolto (c.d. ascolto diretto) o ascoltare il minore con l'assistenza di un ausiliario o esperto in psicologia o psichiatria infantile (c.d. ascolto assistito) ma, a differenza del disposto dell'art. 336-bis c.c., il legislatore della riforma ha escluso che l'audizione del minore possa essere delegata dal giudice relatore ad altri soggetti (cd. ascolto indiretto) quali i servizi sociali ed il consulente tecnico di ufficio (e neanche ai giudici onorari in servizio presso il Tribunale per i minorenni: art. 473-bis.1, comma 2, c.p.c.).

I poteri del giudice istruttore in caso di mancato raggiungimento di un accordo

L'art. 473-bis.22 c.p.c. disciplina il prosieguo del giudizio ed i poteri del giudice istruttore in caso di mancato raggiungimento di un accordo tra le parti alla prima udienza.

Il legislatore della novella ha previsto una concentrazione di poteri in capo al giudice istruttore, sia di natura tipicamente decisoria, attraverso l'adozione dei provvedimenti temporanei e urgenti, sia quelli istruttori di valutazione e ammissione dei mezzi di prova, le cui richieste devono essere state definitivamente formulate dalle parti negli atti introduttivi e nelle successive memorie difensive, depositate nei termini indicati dall'art. 473-bis.17 c.p.c.

Il giudice, dopo aver sentito le parti e i rispettivi difensori e assunte ove occorra sommarie informazioni, deve emettere con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che ritiene opportuni nell'interesse delle parti, nei limiti delle domande da queste proposte, e dei figli.

Tali provvedimenti possono essere adottati anche quando uno dei coniugi non compare all'udienza.

In secondo luogo, sempre alla prima udienza, con lo stesso provvedimento, il giudice istruttore ammette i mezzi di prova e fissa l'udienza per la relativa assunzione, da tenersi entro novanta giorni, predisponendo, al contempo il calendario del processo.

Viene, dunque, meno l'attuale struttura bifasica del procedimento di separazione e divorzio non essendo più necessaria la fissazione di termini per il deposito delle memorie integrative, con gli avvertimenti sulle decadenze collegate al mancato rispetto di tali termini, atteso che di regola le istanze istruttorie sulle domande relative a diritti disponibili dovranno essere formulate dalle parti negli atti introduttivi (artt. 473-bis.12, 473-bis.16 e 473-bis.17 c.p.c.).

Infine, in terzo luogo, il legislatore della riforma ha previsto che la prima udienza di comparizione possa avere un esito anche definitorio in tutti i casi in cui la causa si presenti matura per la decisione senza necessità di ulteriore istruttoria. In questo caso, il giudice invita le parti a precisare le conclusioni e dispone la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un'udienza successiva e, all'esito, si riserva di riferire al collegio per la decisione. Modulo decisorio da utilizzare anche per il caso in cui debba essere decisa la domanda relativa allo stato delle persone e il procedimento debba continuare per la definizione delle ulteriori domande (art. 473-bis.22, ult. comma, c.p.c.).

Lo svolgimento della prima udienza in presenza di allegazione di abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere

L'allarmante diffusione della violenza di genere e domestica ha indotto il legislatore della riforma a prevedere nella l. n. 206/2021 numerosi principi di delega finalizzati a evitare il verificarsi di fenomeni di cd. vittimizzazione secondaria nell'ambito dei procedimenti civili e minorili aventi ad oggetto la disciplina delle relazioni familiari, ed in particolare l'affidamento dei figli minori.

Per dare attuazione ai principi di delega richiamati è stata introdotta, nel Capo III, dedicato alle “Disposizioni speciali”, una intera Sezione, intitolata “Della violenza di genere e domestica”, per disciplinare i procedimenti nei quali una delle parti alleghi di essere vittima di violenza agita dal partner o dall'ex partner, o alleghi che vittima di violenza – anche nella forma della violenza assistita - o di abuso sia il figlio minore delle parti stesse.

Per quanto in questa sede di specifico interesse, l'art. 473-bis. 42, comma 5, c.p.c. ha in primo luogo previsto che con il decreto di fissazione di udienza, il giudice deve richiedere, anche d'ufficio e senza ritardo, al pubblico ministero ovvero alle altre autorità competenti (giudice penale, giudice minorile, autorità amministrativa) informazioni in merito ai diversi procedimenti pendenti, con trasmissione degli atti (ove ostensibili, perché non coperti da segreto istruttorio) entro il termine di quindici giorni.

La norma disciplina anche lo svolgimento dell'udienza per evitare che si realizzino forme di vittimizzazione secondaria, prevedendo al secondo comma che il Giudice deve tutelare la sfera personale, la dignità e la personalità della vittima e la sua sicurezza, anche evitando, se ritenuto opportuno, la contemporanea presenza delle parti.

In deroga alla previsione dell'art. 473-bis.21, il legislatore ha previsto che le parti non sono tenute a comparire personalmente alla prima udienza (art. 473-bis. 42, ult. comma, c.p.c.).

Quanto alla necessità di evitare contatti diretti, il giudice potrà in ogni caso ricorrere all'udienza da remoto, ovvero a scansioni orarie della comparizione delle parti che, ferma la presenza dei difensori per assicurare la pienezza del contraddittorio, potranno evitare contatti diretti tra presunta vittima e presunto autore della condotta.

Si prevede, per le medesime finalità, la possibilità di disporre, a tutela della vittima la secretazione dell'indirizzo di residenza, quando la stessa sia collocata in struttura protetta e in presenza di esigenze di sicurezza (art. 473-bis. 42, comma 4, c.p.c.).

Nel caso in cui le parti compaiano alla prima udienza, il giudice non dovrà compiere il tentativo di conciliazione e non dovrà invitare le parti a ricorrere alla mediazione, vietata in presenza di allegazioni di violenza domestica o abuso. È stata, tuttavia, fatta salva la possibilità per il giudice di disporre l'invito alla mediazione e la conciliazione nel caso in cui nel corso del giudizio si ravvisi l'insussistenza dei fatti di violenza.

Il legislatore della riforma ha, inoltre, deciso di dettagliare l'attività istruttoria che il giudice deve compiere senza ritardo, anche di ufficio, in presenza di allegazione di episodi di violenza domestica o di abusi familiari prima di emettere i provvedimenti provvisori (art. 473-bis.46 c.p.c.)

La finalità delle previsioni è quella di anticipare l'accertamento sulla fondatezza o meno delle allegazioni di violenza alle fasi preliminari del giudizio, al fine di garantire che l'adozione dei provvedimenti, anche provvisori, avvenga sulla base di riscontri, seppure sommari.

Il primo comma dell'art. 473-bis.44 c.p.c. prevede che il giudice proceda all'interrogatorio libero delle parti sui fatti allegati, avvalendosi se necessario di esperti per tutelare la presunta vittima, e adottando le idonee modalità di tenuta dell'udienza a garanzia della vittima, ovvero su richiesta della stessa.

Il giudice può disporre senza ritardo e di ufficio mezzi di prova anche di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice civile, garantendo in ogni caso il rispetto del principio del contraddittorio ed il diritto alla prova contraria onde assicurare il giusto processo.

La norma richiamata indica, a titolo esemplificativo, la possibilità di escutere soggetti che potrebbero aver assistito a fatti di violenza o abuso, ovvero acquisiti documenti presso uffici pubblici (ad esempio referti di pronto soccorso) o uffici delle Forze dell'Ordine (ad esempio i verbali di accesso o relazioni di servizio degli operatori chiamati per interventi sui luoghi), sempre previo rispetto dell'eventuale segreto istruttorio quando siano in corso indagini penali.

Il giudice deve, inoltre, procedere all'ascolto del minore personalmente e senza ritardo ed avendo cura di evitare ogni contatto diretto tra il minore e il presunto autore della violenza e dell'abuso (art. 473-bis.45 c.p.c.).

L'impugnazione dell'ordinanza

Avvero i provvedimenti provvisori ed urgenti emessi dal G.I. all'esito della prima udienza è stato mantenuto il rimedio del reclamo dinanzi alla Corte di Appello, da proporsi entro il termine perentorio di dieci giorni dalla pronuncia del provvedimento in udienza ovvero dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore (art 473-bis.24 c.p.c.).

In effetti, la legge delega n. 206/2021 si limitava a prevedere che il giudice dovesse decidere in composizione collegiale (art. 1, comma 23, lett. r) atteso che, come chiarito dalla stessa la relazione illustrativa al decreto legislativo n. 149/2022, l'originaria intenzione del legislatore (quale risultante anche dai lavori della Commissione Luiso) era volta all'introduzione di una generale reclamabilità sempre di fronte al Tribunale, del cui collegio ovviamente non avrebbe dovuto far parte il giudice che aveva emanato il provvedimento impugnato.

Ragioni di prudenza hanno, invece, consigliato di confermare (ed estendere in via generale) l'attuale regime proprio dei provvedimenti presidenziali emanati nella separazione e del divorzio, che prevede ex art. 708, quarto comma, c.p.c. il reclamo alla Corte d'Appello, e ciò per non introdurre una modifica eccessiva per il sistema ed esorbitante rispetto ai numeri dei processi e ai ruoli giudiziari.

Una significativa novità introdotta dalla riforma è data dalla previsione della regolamentazione delle spese di lite della fase di reclamo da parte della Corte di Appello atteso che costituisce principio pacifico nell'attuale giurisprudenza che il giudice del reclamo non deve statuire sulle spese del procedimento in quanto, trattandosi di provvedimento cautelare adottato in pendenza della lite, spetta al tribunale provvedere sulle spese con la sentenza (Cass. civ., sez. VI, 27 giugno 2022, n. 20585).

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