Con riguardo all'individuazione dei soggetti attivi del reato che, come si è appena visto, possono essere soltanto coloro che organizzano o promuovono l'invasione, può anzitutto richiamarsi, per quanto concerne la figura del promotore, la definizione che di essa è stata data, con riferimento all'aggravante di cui all'art. 112, comma primo, n. 2, c.p., dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui «il promotore è colui che ha ideato l'impresa delittuosa, perché ne ha avuto l'iniziativa, riuscendo a persuadere altri dell'opportunità di attuarla» (così, in particolare, Cass. pen., sez. V, n. 32422/2019; conforme, Cass. pen., sez. I, n. 2645/2012). Quanto alla figura dell'organizzatore, essa è pure prevista dal citato art. 112, comma primo, n. 2, c.p., ma non si rinviene, nella giurisprudenza di legittimità, una sua precisa definizione riferita a detta norma; definizione che si trova, invece, in talune pronunce relative all'analoga figura contemplata nelle norme in materia di reati associativi, tra cui, in particolare, quello di cui all'art. 416-bis c.p. Si è, ad esempio, affermato, da Cass. pen., sez. II, n. 20098/2020, che spetta il ruolo di organizzatore «a chi sia posto a capo di un settore delle attività illecite del gruppo criminale con poteri decisionali e deliberativi autonomi». E, in epoca più remota, si è ritenuto, da Cass. pen., sez. VI, n. 1793/1994, che sia investito del ruolo in questione «l'affiliato che, sia pure nell'ambito delle direttive impartite dai capi, esplica con autonomia la funzione di curare il coordinamento dell'attività degli altri aderenti, l'impiego razionale delle strutture e delle risorse associative, nonché di reperire i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso». Tali definizioni, tuttavia, presupponendo l'esistenza di strutture associative caratterizzate, in quanto tali, da una certa stabilità e durata nel tempo, difficilmente possono considerarsi adattabili a figure di reato aventi una diversa natura, ivi compresa, quindi, anche quella di cui all'art. 633-bis c.p. Con riguardo a quest'ultima, quindi, sembra potersi ritenere che assuma ruolo di organizzatore colui che, ad esempio, diffonda ad un numero indeterminato di destinatari la notizia della progettata invasione e delle relative finalità, indichi gli itinerari da seguire, suggerisca gli accorgimenti opportuni per evitare o superare eventuali controlli di polizia, provveda all'allestimento dei locali e di quant'altro necessario per le attività musicali o di altra natura da effettuare nei terreni o negli edifici invasi, raccolga e custodisca l'eventuale provento di tali attività, e così via.
Va da sé, poi, che del reato in questione, siccome concepito come reato proprio di chi abbia assunto la veste di organizzatore o promotore, non possano essere chiamati a rispondere i semplici partecipanti. Al riguardo si è dato, tuttavia, per scontato, già nella relazione che accompagnava l'emendamento governativo all'originaria formulazione dell'art. 5 d.l. n. 162/2022, che i semplici partecipanti dovessero comunque rispondere del già esistente reato di cui all'art. 633 c.p., aggravato e perseguibile d'ufficio, ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, qualora il loro numero fosse superiore a cinque (Sulla stessa linea, v. anche Ruga Riva C., op. loc. cit.). Qualche dubbio, sul punto, sembrerebbe, però, legittimo. In forza, infatti, del principio di specialità di cui all'art. 15 c.p., sembrerebbe potersi sostenere che quanti materialmente concorrano nell'invasione, condividendo la specifica finalità che caratterizza il reato di cui all'art. 633-bis, ma essendo privi della necessaria qualifica soggettiva, non possano essere chiamati a rispondere del diverso reato di cui all'art. 633 (V. anche, al riguardo, quanto giustamente affermato, sia pure ad altro proposito, dallo stesso Ruga Riva, op. loc. cit., secondo cui: «Il dolo di raduno musicale, elemento specializzante dell'art. 633-bis c.p., esclude in radice l'applicabilità dell'art. 633 c.p., il quale esige un più generico dolo di occupazione o di profitto»). In altri termini, l'alternativa potrebbe essere la seguente: o l'invasione ha come sua riconosciuta finalità quella specificamente prevista dall'art. 633-bis, e allora, essendo questa e non altra la norma penale applicabile, i semplici partecipi non possono rispondere né di questo né di altro reato che, per la medesima condotta ma in assenza di quella finalità, sarebbe astrattamente configurabile; oppure la finalità perseguita è quella, più generica, di “occupare” il terreno o l'edificio altrui ovvero di “trarne altrimenti profitto”, per cui si renda configurabile il reato previsto dall'art. 633, e allora di esso debbono rispondere, secondo le regole generali, tutti coloro che, a qualsiasi titolo, vi abbiano concorso, salva l'eventuale configurabilità, per i promotori ed organizzatori, dell'aggravante comune prevista dall'art. 112, comma primo, n. 2, c.p. Tutto ciò vale, tuttavia, ovviamente, solo a condizione che i semplici “partecipi” dell'invasione siano veramente tali, e non abbiano invece in qualsiasi modo sostenuto o incoraggiato l'attività degli organizzatori o promotori. In tal caso, infatti, sempre secondo le regole generali, anch'essi sarebbero penalmente perseguibili, quali concorrenti estranei nel reato proprio dei soggetti attivi specificamente indicati dalla norma incriminatrice.