Deposito delle impugnazioni: i chiarimenti del Ministero

Paolo Grillo
07 Febbraio 2023

L'attuale regime transitorio, conseguente alla Riforma c.d. Cartabia (d.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), continua a suscitare notevoli perplessità, in particolare in merito alla sopravvivenza di parte della vecchia disciplina in concomitanza con le norme di nuova introduzione.
Introduzione

La data fatidica era inizialmente fissata per il primo novembre 2022, festa di Ognissanti. Ma un intervento del Governo ha spostato tutto allo scorso 30 dicembre.

Frattanto si sono susseguite le festività natalizie, e il segmento temporale si è ristretto sempre di più.

Il primo gennaio tutti si sono dovuti adeguare ai cambiamenti della Riforma, in particolare il decreto-legge c.d. rave party. Hanno destato particolare scalpore le diverse norme transitorie che il precedente testo della riforma non conteneva: sotto il profilo del diritto intertemporale l'impianto generale della riforma ha la stessa fulminea progressività di una ghigliottina, la cui lama – precipitando sulle teste dei giuristi – separa in un istante il prima dal dopo e non si preoccupa molto della transizione. Oggi restano parecchi dubbi.

A qualcuno di questi, per fortuna, ogni tanto viene data confortante risposta.

Il deposito delle impugnazioni

Per un penalista poche cose generano tanta angoscia come il confezionamento e il deposito di un atto di impugnazione: dall'opposizione al decreto penale fino al ricorso per cassazione i crucci sono sempre gli stessi: l'atto soddisfa i requisiti di ammissibilità? Quando scade il termine di deposito? Oggi se ne è aggiunta un'altra: in che modo si deve depositare?

La Riforma ha stabilito il principio generale sia del confezionamento, sia del deposito degli atti in formato digitale. L'atto ha forma normalmente digitale e va depositato telematicamente.

Le nuove norme sul deposito degli atti

L'art. 33, comma 1, lett. e) del d.lgs 150/2022 ha modificato l'art. 582 c.p.p. (presentazione dell'impugnazione), introducendo un doppio binario per il deposito degli atti nel quale la differenza operativa dipende dal soggetto firmatario dell'atto da depositare: le parti private possono continuare a depositare secondo le modalità tradizionali, i difensori, invece, devono avvalersi esclusivamente del deposito telematico. Non sarà più possibile depositare le impugnazioni in formato analogico presso le cancellerie, né spedirli con raccomandata o depositarli presso l'agente consolare all'estero. Queste modalità alternative, ci si chiede, sono immediatamente operative? La risposta è negativa: con provvedimento del 26 gennaio 2023 il Ministero della Giustizia ha chiarito che l'art. 87 della Riforma ha differito l'entrata in vigore dell'art. 582 c.p.p. riformato prevedendo che con apposito decreto del Ministro della Giustizia, da emanarsi entro il 31 dicembre 2023, dovranno dettarsi le discipline operative del processo penale telematico.

Fino a quindici giorni dall'entrata in vigore del (futuro) regolamento avremo un triplo binario: il primo binario prevede l'ultrattività del “vecchio” art. 582, comma 1, c.p.p. che consente a tutti – avvocati compresi – di depositare le impugnazioni in formato cartaceo presso la cancelleria del giudice a quo. Il secondo binario è quello della disciplina “Covid”, con deposito a mezzo PEC secondo le norme del decreto n. 137/2020 (c.d. Decreto Ristori), la cui efficacia è stata prolungata dal d.l. 162/2022, poi convertito. Il terzo binario, in ultimo, consente alle sole parti private il deposito dell'atto di impugnazione presso l'agente consolare all'estero.

Conclusioni. Il regime delle eccezioni

Si potrebbe pensare che l'ultrattività del vecchio regime sia totale. Tuttavia, la disciplina transitoria non ha prolungato l'operatività della norma che consentiva il deposito delle impugnazioni cartacee “fuori sede”, per le quali – a meno che non ci si voglia recare fisicamente presso l'autorità giudiziaria a quo, si dovrà procedere con invio a mezzo PEC. E nell'ultrattività temporanea del decreto Ristori, non viene fatto alcun cenno alla causa di inammissibilità legata all'invio dell'impugnazione da una PEC non riferibile al difensore, né alla mancata sottoscrizione digitale degli eventuali allegati per attestarne la conformità agli originali.

Dovrà essere, quindi, messa alla prova la durata dell'attuale regime temporaneo, in attesa di ulteriori indicazioni ministeriali.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.