Il cumulo delle domande di separazione e divorzio nei procedimenti congiunti

Alessandro Simeone
13 Febbraio 2023

L'art. 473-bis. 49 c.p.c., introdotto dal d.lgs 149/2002, concede alle parti di formulare richiesta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio negli atti introduttivi (ricorso o comparsa di costituzione) del procedimento di separazione.L'Autore, partendo dall'analisi delle norme di nuovo conio (art. 473-bis.49 e art. 473-bis.51 c. p.c.) illustra i motivi per cui, a seguito della riforma, dovrebbe essere possibile il cumulo di domande di separazione e divorzio anche nei procedimenti su domanda congiunta.
I principi della legge delega

Con l'art. 1, comma 23, lett. bb) l. 206/2021 il legislatore delegante ha inviato il delegato a «prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente quanto il convenuto abbiano facoltà di proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponendo che quest'ultima sia procedibile solo all'esito del passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia pronunciato la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall'articolo 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e che sia ammissibile la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto queste domande qualora pendenti tra le stesse parti dinanzi al medesimo tribunale, assicurando in entrambi i casi l'autonomia dei diversi capi della sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti».

La delega a riformare i procedimenti su domanda congiunta era invece contenuta nell'art. 1, comma 17 lett. o), (“prevedere che nei procedimenti di separazione consensuale, di istanza congiunta di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio le parti possono formulare rinuncia alla partecipazione all'udienza, confermando nelle conclusioni del ricorso la volontà di non volersi riconciliare con l'altra parte purché offrano una descrizione riassuntiva delle disponibilità reddituali e patrimoniali relative al triennio antecedente e depositino la relativa documentazione”) e nell'art.1, comma 23 lett. hh) che richiedeva di “introdurre un unico rito per i procedimenti su domanda congiunta di separazione personale dei coniugi, di divorzio e di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, modellato sul procedimento previsto dall'articolo 711 del codice di procedura civile, disponendo che nel ricorso debba essere contenuta l'indicazione delle condizioni reddituali, patrimoniali e degli oneri a carico delle parti, prevedendo la possibilità che l'udienza per il tentativo di conciliazione delle parti si svolga con modalità di scambio di note scritte e che le parti possano a tal fine rilasciare dichiarazione contenente la volontà di non volersi riconciliare.

In applicazione dei principi di delega è stato introdotto l'art. 473-bis.51 che disciplina i procedimenti su domanda congiunta. Il legislatore delegato ha utilizzato come modello procedimentale quello della separazione consensuale, prevedendo però che tutti i procedimenti su domanda congiunta debbano concludersi con sentenza e non più (con riferimento alla separazione consensuale) con il decreto di omologazione.

* Il presente contributo anticipa quanto sarà approfondito nel libro di prossima pubblicazione: La riforma del diritto di famiglia: il nuovo processo (a cura di A. Simeone - R. Giordano).

Il cumulo delle domande di separazione e divorzio nel procedimento contenzioso

L'art. 473-bis.49 c.p.c. prevede che «Negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. Le domande così proposte sono procedibili decorso il termine a tal previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale».

Dunque sia il ricorrente, sia il resistente, dal 1°marzo 2023, potranno (non è un obbligo) proporre il divorzio, nonché le domande ad esso connesse, con il ricorso introduttivo o con la comparsa di costituzione di cui all'art. 473-bis.16 c.p.c. ma non con le successive memorie previste dall'art. 473-bis.17 c.p.c. (ulteriori difese) in ragione della chiara formulazione dell'art. 473-bis.49 c.p.c.

Nei casi di cumulo di domande, il giudice, emessi i provvedimenti provvisori di cui all'art.473-bis.21 e la sentenza non definitiva di separazione personale, potrà istruire la causa (sia con riferimento alle domande connesse alla separazione, sia con riferimento alle domande connesse al divorzio) e, decorso un anno dalla comparizione delle parti innanzi a lui, pronunziare sentenza che potrà essere non definitiva – qualora sia necessario continuare l'istruzione sulle domande proposte- oppure definitiva. Tutte le sentenze definitive, come previsto dall'ultimo comma dell'art. 473-bis.49 c.p.c., dovranno “contenere autonomi capi per le diverse domande” e la precisa indicazione della “decorrenza dei diversi contributi economici eventualmente previsti”.

Il cumulo delle domande di separazione e divorzio nei procedimenti congiunti: i perché di un sì

Anche se l'art. 473-bis. 49 non lo prevede espressamente, nulla osta al cumulo di separazione e divorzio anche nei procedimenti su domanda congiunta, in ragione dei rilievi che seguono

L'art. 473-bis.49 c.p.c. ha il fine di realizzare "economie processuali, considerata la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi (affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare, determinazione del contributo al mantenimento della prole) e, pur nella diversità della domanda, la analogia degli accertamenti istruttori da compiere ad altri fini (si pensi alle domande di contributo economico in favore del coniuge e di assegno divorzile per l'ex coniuge), con considerevole risparmio di tempo e di energie processuali"(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, in G.U. Supplemento straordinario n. 245 del 19 ottobre 2022 - Serie generale); non v'è ragione per impedire il risparmio di energie processuali nei procedimenti su domanda congiunta; d'altro canto sarebbe paradossale ammettere il cumulo quando il divorzio è chiesto solo da una parte (nel procedimento contenzioso) e negarlo quando la richiesta proviene da entrambi i coniugi (nel procedimento su domanda congiunta).

La norma, poi, non distingue tra ricorso e comparsa di costituzione (distinzione che, ove introdotta, avrebbe fatto propendere per la non applicazione della norma ai procedimenti congiunti); conseguentemente, anche sotto il profilo meramente letterale, essa non esclude che la domanda di divorzio possa essere presentata unitamente al ricorso per separazione su accordo delle parti che costituisce, nei procedimenti su domanda congiunta, l'atto introduttivo, ancorché unico, del giudizio.

Né potrebbe assumersi, in tesi, che l'art. 473-bis.51 c.p.c. introduce un autonomo sub rito speciale; la norma opera in deroga rispetto agli artt. 473-bis.47 c.p.c. e seguenti e alle disposizioni generali del Capo I, solo con riferimento a quelli aspetti procedimentali non espressamente regolati dalle norme generali. D'altra parte, sia i procedimenti contenziosi sia quelli su domanda congiunta si concludono entrambi con sentenza e, in entrambi i casi, il giudice deve provvedere (direttamente o sulla base delle domande concordi delle parti) valutando l'interesse dei figli minori.

Occorre anche considerare che "la contemporanea proposizione di domande di stato, tra le quali sussista rapporto di pregiudizialità, essendo necessario il passaggio in giudicato dell'una domanda perché ricorra la condizione per proporre l'altra, non è ostacolata dall'esistenza di un rapporto di pregiudizialità, potendo la seconda domanda essere decisa solo all'esito del passaggio in giudicato della prima" (Rel.Ill., cit.) e che, dunque, come previsto dal combinato disposto degli articoli 473-bis.49 e art. 3 l. 898/1970, anch'esso oggetto di riscrittura, la pronunzia di separazione non è (più) un presupposto processuale della domanda di divorzio ma condizione di procedibilità.

Il cumulo di domande e la (pregressa) giurisprudenza di legittimità

Si potrebbe ritenere impercorribile la strada del cumulo di domande nei procedimenti congiunti, in ragione dei rilievi in forza dei quali la Suprema Corte, con giurisprudenza pressocché costante, ha sempre tacciato di nullità, per illeceità della causa, gli accordi in vista del divorzio conclusi in separazione (ex plurimis Cass. 28 giugno 2022, n. 20745; Cass.30 gennaio 2017, n. 2224; Cass. 23 settembre 2013, n. 21736; cfr. anche Patti prematrimoniali, in IUS Famiglie).

Per i giudici di legittimità, infatti, "una preventiva pattuizione" di natura economica, conclusa in sede di separazione "potrebbe influenzare il consenso al successivo divorzio" andando a incidere su un diritto indisponibile quale è quello sullo status.

Il ragionamento dei giudici di legittimità poteva valere nel precedente quadro normativo, in cui la domanda di divorzio poteva essere presentata solo una volta decorso il termine (annuale o semestrale) previsto dall'art. 3 l. 898/70; Il quadro, però è mutato, con l'introduzione dell'art. 473-bis.49, in forza del quale le parti possono formulare domanda di scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio, prima del decorso del termine e prima ancora che sia pronunziata la sentenza -anche non definitiva- di separazione personale; viene dunque viene meno il rischio, paventato dai giudici di legittimità, che una parte presti, al di fuori del processo, con le garanzie che questo porta con sé, un consenso al futuro divorzio non libero, giacché inficiato dai vantaggi patrimoniali che potrebbero ad essa derivare; nel nuovo quadro normativo, lo si ripete, le parti possono chiedere il divorzio direttamente con gli atti introduttivi della separazione.

Un possibile modello

Da un punto di vista pratico lo schema procedimentale potrebbe dunque essere il seguente:

a) le parti sottoscrivono un ricorso congiunto chiedendo sia la separazione personale sia lo scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio;

b) il tribunale, pronunzia la sentenza di separazione personale accogliendo, se non in contrasto con l'interesse dei figli, le domande accessorie formulate dalle parti e, con ordinanza, rimette le parti innanzi al giudice relatore per una successiva udienza da tenersi nel termine non inferiore a 6 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di separazione;

c) alla successiva udienza il tribunale, verificato il decorso del termine di sei mesi, si pronuncia sulla richiesta di divorzio e sulle questioni accessorie.

L'alternativa, invero più macchinosa e comportante un probabilmente inutile dispendio di energie processuali (sia per le parti, sia per il giudice, sia per la cancelleria) potrebbe essere la seguente:

a) le parti sottoscrivono un ricorso congiunto chiedendo sia la separazione personale sia lo scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio con le domande connesse;

b) il tribunale, pronunzia la sentenza di separazione personale e sospende il processo con ordinanza sino al passaggio in giudicato della sentenza di separazione, che ciascuna delle parti avrà poi l'onere di riassumere ai fini di ottenere la sentenza di divorzio.

Conclusioni

L'introduzione del rito unico per le persone, i minorenni e le famiglie e la conseguente abolizione del rito camerale, nasce con l'obiettivo di dare norme processuali che coniugano il rispetto del diritto di difesa, il principio di concentrazione delle tutele e l'ottimizzazione dei tempi processuali. Si tratta di norme che, per funzionare, necessitano di una collaborazione continua tra tutte le categorie professionali coinvolte (magistrati e avvocati in primis, ma anche consulenti tecnici e operatori dei servizi sociali) ma anche di interpretazioni non eccessivamente formalistiche. Rientra in questo perimetro anche la proposta possibilità di cumulare, nei procedimenti su domanda congiunta, separazione e divorzio così da permettere alle coppie disgregate di definire, in un unico contesto processuale e in maniera tendenzialmente stabile (quid novi permettendo) i loro rapporti.

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