La Corte di appello di Bologna è tornata sul dibattuto tema dell'estensibilità o meno del blocco dei licenziamenti, durante il periodo emergenziale, anche al lavoratore-dirigente.
La difficoltà nel rinvenire una soluzione alla questione si presenta evidente, ad esempio, nel rapido revirement che ha interessato il Tribunale di Roma: nonostante un'iniziale apertura a favore dei dirigenti, infatti, pochi mesi dopo è stata accolta la tesi opposta, confermata ulteriormente di recente (Trib. Roma ord. 22 ottobre 2022).
La diversità delle posizioni è il risultato di una scelta a monte, consistente nella predilezione di una interpretazione strettamente legata al dato testuale ovvero teleologicamente orientata.
La disposizione normativa, infatti, ha mantenuto invariato il richiamo all'art. 3 l. n. 604/1966. Tale Legge, com'è noto, non trova applicazione per i dirigenti, diversamente dalla l in materia di licenziamento collettivo. Ci si è domandati, pertanto, se il richiamo normativo debba essere limitato alle ragioni fondanti il recesso datoriale o se debba estendersi al testo legislativo nella sua interezza e, nello specifico, all'art. 10 l. n. 604/1966.
Tuttavia, pur volendo seguire la prima ipotesi, non è possibile ignorare la netta distinzione giurisprudenziale tra la nozione di giustificatezza - costituente connotato peculiare del rapporto di lavoro dirigenziale - ed il significato di giustificato motivo oggettivo, abbracciando la prima un perimetro concettuale più esteso e condizionato dal rapporto di fiducia esistente tra il datore ed il dirigente. Secondo taluni, però, sussisterebbe un rapporto di continenza tra giustificatezza e g.m.o., il che consentirebbe di porre a fondamento del recesso datoriale le medesime ragioni giustificative, con mutamento, per il dirigente, della sola tutela riconosciuta.
Nella decisione in commento, la Corte bolognese, accogliendo la tesi dell'inapplicabilità del divieto, ha ritenuto ragionevole la distinzione di tutela operante per i dirigenti nell'ipotesi di licenziamento collettivo. Quest'ultima fattispecie, infatti, presenta caratteri propri che lo stesso Legislatore non ha ignorato, disponendo all'art. 11 l. n. 604/1966 che “la materia dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale è esclusa dalle disposizioni della presente legge.” Secondo un ulteriore orientamento, d'altronde, il blocco non opererebbe per i dirigenti neppure in ipotesi di licenziamenti collettivi in quanto il divieto, di per sé, sarebbe giustificato dalla possibilità per il datore di poter accedere agli ammortizzatori sociali. Mancando tale possibilità con riferimento ai dirigenti, il divieto dovrebbe ritenersi inapplicabile anche in caso di licenziamento collettivo. Ciononostante la l. n. 223/1991 è espressamente applicabile al dirigente e, difettando un espresso dato normativo in tal senso, l'esclusione si presenta alquanto opinabile.
In linea generale, proprio suddetto condizionamento del divieto di licenziamenti alla fruizione degli ammortizzatori sociali ha costituto un ulteriore elemento a sostegno della tesi accolta dal giudice bolognese. Non potendo i dirigenti accedere a queste forme di sostegno dell'occupazione, la tutela del posto di lavoro non sarebbe a carico della collettività ma del solo datore, la cui libertà economica verrebbe così lesa.
I sostenitori della estensibilità del divieto anche ai dirigenti fondano la propria posizione principalmente su una lettura teologicamente orientata del testo legislativo. In particolare, si è osservato che la limitazione della libertà economica datoriale sarebbe giustificata dall'esigenza di ordine pubblico di attenuare - seppur provvisoriamente - il concreto rischio di ricaduta automatica sui lavoratori delle conseguenze economiche derivanti dall'interruzione o dalla limitazione delle attività datoriali durante la pandemia. Un licenziamento per g.m.o., infatti, non avrebbe potuto essere contestato sotto il profilo della legittimità, in quanto determinato da effettive esigenze di riorganizzazione aziendale e/o di riduzione dei costi. Un'esigenza questa comune a tutti i lavoratori, compresi i dirigenti cui disciplina del licenziamento è meno rigorosa in punti di sindacato di legittimità. Seguendo tale lettura, dunque, sarebbe irragionevole (art. 3 Cost.) l'esclusione dei dirigenti dal perimetro operativo del blocco dei licenziamenti individuali.
Con riferimento agli ammortizzatori sociali, si è evidenziato che l'art. 1, co. 305, l. n. 178/2020, facendo generico riferimento ai “lavoratori” che risultino alle dipendenze dei datori richiedenti la prestazione al 1° gennaio 2021, consentirebbe di ritenere inclusi anche i dirigenti occupati a tale data. Sul punto, tuttavia, si è obiettato che la disposizione richiamata rinvia al comma 299 che, a sua volta, fa riferimento all'art. 19 d.l. n. 18/2020. In base al comma 8 dell'art. 19, i lavoratori destinatari delle disposizioni a sostegno dell'occupazione non solo devono risultare alle dipendenze dei datori richiedenti le prestazioni alla data del 23 febbraio 2020, ma per essi non trova applicazione solo l'art. 1, co. 2, d.lgs. n. 148/2015, non anche il primo comma del medesimo articolo, il quale non comprende, nell'ambito operativo della normativa, i dirigenti (ed i lavoratori a domicilio).
Anche il richiamo al messaggio INPS (n. 4464 del 26 novembre 2020), a sostegno dell'estensione del blocco dei licenziamenti anche al dirigente, è stato oggetto di critica. L'Istituto, infatti, si sarebbe limitato ad affermare che il personale dirigente può accedere alla NASpI in caso di adesione all'accordo sindacale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, ma gli accordi de quibus, pur precludendo l'operatività del divieto, non sono espressamente limitati ai soli lavoratori per i quali il divieto stesso opera.
Chi scrive si domanda, di nuovo, se oggi il dibattito sulla questione possa dirsi finalmente sopito.
Il Legislatore, anche nelle successive proroghe del blocco dei licenziamenti, ha continuato a non fare un generico riferimento al recesso datoriale economico tout court, seguitando nel rinvio ad una Legge espressamente non applicabile al lavoratore con qualifica dirigenziale.
Si osserva, infine, che la diversità di tutela riconosciuta al dirigente nelle ipotesi di licenziamento individuale e collettivo esiste ancor prima del periodo emergenziale, sicché l'inapplicabilità del blocco suddetto costituirebbe un mero effetto rifletto e non una conseguenza diretta della normativa in esame.