Procedimento di diniego di rinnovazione (art. 30 l. 392/1978)

08 Aprile 2019

La procedura di cui all'art. 30 l. n. 392/78 per il “diniego di rinnovo” alla prima scadenza contrattuale costituisce un ibrido tra il procedimento speciale di convalida e il procedimento a cognizione piena con rito locatizio ex art.447-bis c.p.c.. Va esperita in tutti i casi in cui il locatore, in assenza di spontaneo rilascio del conduttore, intenda far valere giudizialmente uno dei motivi legali tipizzati di recesso alla prima scadenza contrattuale di cui agli artt. 28 e 29 l. n. 392/1978, per le locazioni ad uso diverso, e di cui all'art. 3 della l. n. 431/1998 per quelle ad uso abitativo.
Inquadramento

Nel caso in cui il conduttore, avendo ricevuto la notificazione del diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza contrattuale, con le modalità e i termini di cui all'art.29 l. n.392/78 – per le locazioni di immobili adibiti ad uno degli usi indicati nell'art.27 l. n. 392/1978 – e di cui all'art.3 della l. n.431/98, per le locazioni ad uso abitativo, non abbia spontaneamente adempiuto al rilascio, il locatore, non potrà esperire l'ordinario procedimento per convalida di sfratto per finita locazione, dovendosi avvalere della procedura di cui all'art.30 L. n. 392/1978

Detta disposizione, di carattere processuale, richiamata espressamente anche per gli usi abitativi dall'art.3, comma 4, della l. n.431/98, disciplina le modalità dell'esercizio dell'azione di recupero del bene nella disponibilità del locatore, attraverso la proposizione di una domanda di rilascio da introdursi con un ricorso ex art.447-bis c.p.c. e non attraverso una normale intimazione di sfratto o licenza per finita locazione.

Il procedimento presuppone l'avvenuta notificazione dal parte del locatore – 12 o 18 mesi prima della scadenza contrattuale, a seconda della tipologia di locazione – del diniego di rinnovazione del contratto con allegazione dei motivi di cui all'art.29 l. n. 392/1978.

Concorrendo l'istanza del locatore e la comparizione, senza opposizione, del conduttore, il giudice potrà emettere ordinanza di rilascio che definisce il giudizio e costituisce titolo esecutivo.

In caso di assenza del conduttore o di opposizione del predetto, il giudizio proseguirà nelle forme del rito locatizio, salva la possibilità per il giudice, su istanza del locatore, di emettere ordinanza provvisoria di rilascio in corso di causa.

Il diniego di rinnovo della locazione alla prima scadenza

La regolamentazione della durata delle locazioni è contenuta, per quelle ad uso diverso, nell'art.27 della l. n.392/1978 e, per le abitative, nell'art.2 della l. n.431/98.

L'art.27 della l. n.392/78 – “durata della locazione” – stabilisce il minimo inderogabile di sei anni, se gli immobili sono destinati ad attività «industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili». Tale durata è estesa anche ai contratti relativi ad immobili adibiti all'esercizio abituale e professionale di qualsiasi attività di lavoro autonomo. Invece la durata minima non può essere inferiore a nove anni se l'immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all'esercizio di imprese assimilate ai sensi dell'art.1786 c.c. (imprenditori di case di cura, stabilimenti di pubblici spettacoli, stabilimenti balneari, pensioni, trattorie, carrozze letto e simili) o all'esercizio di attività teatrali.

Quanto alle locazioni ad uso abitativo, l'art.2 della l. n.431/1998 individua la durata minima inderogabile per legge in quattro anni per i contratti a canone libero, decorsi i quali i contratti si rinnovano automaticamente per un ulteriore quadriennio (art.2, comma 1, l. n.431/98) e in tre anni per i contratti a canone concordato (art.2 comma 3 l. n.431/98) con proroga di diritto di due anni «ove le parti non concordino sul rinnovo».

In tutti i predetti casi la rinnovazione tacita del rapporto alla prima scadenza non avviene se sopravviene la disdetta motivata nel termine che l'art. 29 l. n. 392/1978 fissa in dodici e diciotto mesi prima della scadenza, rispettivamente per le locazioni di immobili di cui al primo e secondo comma dell'art. 27 l. n. 392/1978 e per le attività alberghiere ed assimilate, e che l'art.3 l. n.431/98 fissa in sei mesi per le locazioni ad uso abitativo.

Il diniego di rinnovazione dei contratti di locazione alla prima scadenza, costituisce una figura speciale di disdetta del contratto di locazione che condivide, con la più generale figura di cui all'art.1596 c.c., la natura di atto negoziale unilaterale recettizio idoneo a rivelare la volontà di negare la rinnovazione del contratto alla scadenza, in presenza di uno dei motivi tassativi previsti dalla legge.

La indicazione delle ragioni del diniego di rinnovo è prevista a pena di nullità della disdetta, rilevabile d'ufficio (Cass.civ.,sez.III, 6 settembre 1995, n. 9373). La specificazione dei motivi, nella comunicazione da inviare al conduttore, fra quelli tassativamente indicati sui quali la disdetta è fondata è finalizzata a consentire la verifica preventiva della serietà e della pratica realizzabilità dell'intento dichiarato ed il controllo successivo circa l'effettiva destinazione dell'immobile agli usi indicati (Cass. civ., sez.III, 4 aprile 2017 n.8669; Cass. civ., sez.III, 16 gennaio 2013, n. 3936). A tale fine è considerata non sufficiente l'indicazione cumulativa di una pluralità di destinazioni dell'immobile e inammissibile un cambiamento successivo ovvero una specificazione del motivo della disdetta nel corso del giudizio (Cass. civ., sez.III, 25 ottobre 2004, n. 22382).

La nullità della disdetta per difetto di specificazione dei motivi di diniego determinerà la conversione del diniego in disdetta semplice, valida non già per la prima, ma per la successiva scadenza contrattuale.

La disciplina dell'art.29 l. n. 392/1978 per gli su diversi, e l'art.3 l. n.431/98 per gli usi abitativi, specificano le singole ipotesi di diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza.

Pertanto, è consentito al locatore di recedere anticipatamente alla prima scadenza ove intenda:

  • Adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;
  • Adibire l'immobile all'esercizio, in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, di una delle attività indicate nell'art. 27 o – se si tratta di Pubbliche Amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico – all'esercizio delle attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali;
  • Demolire l'immobile per ricostruirlo ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro ovvero eseguire, su di esso, un intervento sulla base di un programma pluriennale di attuazione;
  • Ristrutturare l'immobile ai fini di rendere la superficie dei locali adibiti alla vendita.

In chiave giudiziale l'invio della disdetta motivata è stata ritenuta dalla giurisprudenza – argomentando dal dato letterale dell'art. 30 cit. – come condizione di procedibilità della domanda di rilascio, la cui mancanza è rilevabile d'ufficio e che deve, necessariamente, precedere la introduzione del giudizio, non potendo sopravvenire in corso di causa (Cass. civ., sez.III, 30 gennaio 2008, n.2115 e Cass. civ., sez.III, sent., n. 15547/2002; Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2003, n. 2777) né potrebbe essere sostituita dall'atto introduttivo del giudizio di rilascio (come invece possibile per l'intimazione di licenza per finita locazione di cui all'art.657 c.p.c., che possiede tutti i requisiti per essere validamente considerato come formale disdetta, essendo un atto di natura complessa, di carattere negoziale, in quanto diretto ad impedire la tacita rinnovazione del contratto, e di carattere processuale, in quanto esplicante una vocatio in ius del conduttore per la convalida).

Inoltre il successivo ricorso introduttivo del giudizio deve essere fondato sulla medesima situazione in precedenza prospettata e non può indicare un motivo diverso e un atto introduttivo, che contenesse motivi nuovi rispetto a quelli espressi nella disdetta, costituirebbe atto autonomo facendo venir meno il nesso di necessaria coincidenza voluto dal legislatore a garanzia del conduttore, allo stesso modo di come una specificazione del motivo, formulata nel corso del giudizio, non varrebbe a sanare la iniziale nullità della disdetta medesima. Pertanto il locatore non potrebbe limitarsi a fare generico riferimento al proprio intendimento di svolgere all'interno dell'immobile un'attività non meglio specificata, dovendo precisare in cosa questa consista. Diversamente, invece, ove la data indicata sia erronea perchè antecedente o successiva a quella di scadenza effettiva del rapporto, ciò non impedirà al giudice di pronunciare il rilascio per la data corretta essendo questi tenuto a pronunciare il rilascio per l'effettiva scadenza del contratto, prescindendo dalle inesatte prospettazioni delle parti. Parimenti una disdetta chenon sia idonea a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore ha l'efficacia di produrre la cessazione del rapporto per la successiva scadenza (Cass. civ.,sez.III,2 agosto 1995,n.8443 e Cass. civ., sez. III,8 agosto 1997,n.7352).

Sul punto Cass. civ., sez.III, 7 gennaio 2011, n. 263 ha ritenuto applicabile l'art.1424 c.c. sulla conversione dei contratti nulli, anche ai negozi unilaterali, in virtù del richiamo operato dall'art.1324 c.c., a condizione che il fatto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell'atto diverso e che l'atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo. Su tali premesse la Corte ha ritenuto che il diniego di rinnovazione della locazione ex art.29, l. n. 392/1978, nullo in relazione alla prima scadenza, ben può convertirsi in una disdetta valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione o rinnovazione del rapporto.

I motivi di diniego: casi pratici

Attività professionale del locatore

Si è negato valore al generico intento dichiarato di destinare l'immobile locato all'esercizio di attività professionale del locatore (Cass. civ., 12 agosto 1991, n.8775) ai fini istituzionali del predetto senza menzionare la concreta attività da svolgere nell'immobile: Cass. civ., 13 dicembre 2000, n.15752).

Interventi edilizi

Con riguardo all'intenzione di attuare interventi edilizi, non è stato considerato sufficiente il semplice riferimento al “completo restauro” senza precisazione nel dettaglio delle opere (Cass. civ., 6 novembre 2002, n. 15547)

Attività commerciale

Ritenuta generica la manifestata intenzione di adibire l'immobile ad uso ufficio (Pret. Rimini, 25 febbraio 1988); di destinarlo all'esercizio di attività commerciali non specificate (Trib. Firenze, 4 dicembre 1986, così il richiamo alla propria attività aziendale senza atra specificazione (Trib. Napoli, 26 luglio 2001)

Uso personale

Ritenuto generico il richiamo alla destinazione ad uso personale ai sensi dell'art. 29 lett. a) e b): Cass. civ., 1 aprile 1993, n.3894)

Mancata specificazione del riferimento normativo

É irrilevante che la comunicazione contenga un più o meno esteso riferimento all'articolo, comma e lettera sotto i quali la fattispecie è enunciata

Pluralità di destinazioni

La indicazione di una pluralità di indicazioni tra loro diverse e contrastanti si risolve in una mancata specificazione (Cass. civ., 1 aprile 1993, n. 3891)

La competenza e l'atto introduttivo

Il comma 4 dell'art. 3 espressamente dispone che per le “procedure di diniego” si applica l'art. 30 della l.n. 392/78. L'azione è assoggettata, giusta quanto previsto dall'art. 447-bis c.p.c., al «rito del lavoro» di cui agli artt. 414 e ss. c.p.c..

La domanda introduttiva dovrà quindi essere proposta con ricorso, che, dovendo contenere “l'esposizione dei fatti” (art.414 n.4 c.p.c ) deve menzionare la raccomandata con cui il diniego è stato esercitato (in mancanza della quale il contratto si intende rinnovato). La stessa raccomandata deve essere prodotta unitamente al ricorso (art.414 n.5 c.p.c) come per gli altri documenti preesistenti al giudizio e di cui il ricorrente voglia avvalersi a fini probatori, operando lo sbarramento preclusivo di cui al combinato disposto degli artt.414 e 416 c.p.c..

L'erronea proposizione di un'istanza di rilascio ai sensi dell'art. 30 l. n. 392/78 con le forme del procedimento per convalida non assurge, tuttavia, a causa di nullità dell'atto introduttivo o inammissibilità procedimentale, dovendosi considerare, secondo la giurisprudenza, alla stregua di una mera irregolarità sanabile mediante il mutamento di rito con fissazione di nuova udienza ai sensi degli artt. 48 e 49 l. n. 392/78, che rappresenterà la prima udienza del procedimento ex art. 30 cit., nella quale le parti potranno esercitare i poteri e le facoltà processuali previste dalla norma (Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 1997, n. 9776 e Trib. Roma, sez. VI, 13 aprile 2017, n. 7574).

La competenza, che lo stesso comma 2 dell'art.30 definisce come inderogabile, appartiene al giudice nella cui circoscrizione è posto l'immobile. Sono nulle le clausole derogative della competenza per territorio.

Il ricorso introduttivo potrà anche essere depositato prima della decorrenza del termine e sarà in questo caso finalizzato ad ottenere una condanna in futuro, assimilabile a quella emessa all'esito del procedimento di licenza per finita locazione.

Il ricorso introduttivo, presupponendo l'invio della disdetta, dovrà fondarsi sulla medesima situazione prospettata stragiudizialmente; né la specificazione del motivo nel corso del giudizio varrebbe a sanare la inziale nullità della disdetta medesima (Cass. civ., sez. III, 6 novembre 2001, n. 15547).

È onere della parte ricorrente notificare all'altra parte copia del ricorso e del decreto di comparizione, almeno trenta giorni prima dell'udienza stabilita.

Il convenuto-resistente dovrà a sua volta costituirsi in cancelleria almeno dieci giorni prima della suddetta udienza depositando memoria difensiva, nella quale devono essere proposte eventuali domande riconvenzionali (con richiesta di differimento della prima udienza ai sensi dell'art.418 c.p.c), le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio e proposti i mezzi di prova. La costituzione oltre tale termine determinerà la decadenza dalla possibilità di richiedere mezzi istruttori a propria difesa.

Pur in assenza di pronunce espressamente riferibili al procedimento di cui all'art. 30, è possibile applicare alla procedura di rilascio, modellata sulla base del procedimento di cognizione ordinaria in materia locativa, il principio secondo cui l'omessa indicazione nell'atto introduttivo del giudizio, ovvero nella memoria difensiva del convenuto, di documenti, nonché il mancato deposito unitamente a detti atti, anche se in questi espressamente indicati, determinano la decadenza dal diritto alla produzione dei documenti stessi, fatto salvo l'esercizio dei poteri istruttori d'ufficio da parte del giudice.

La comparizione non oppositiva del locatore

Come per i procedimenti di intimazione, in assenza di opposizione da parte del resistente in giudizio, il giudice, su istanza del locatore, esplicitata in sede di ricorso ovvero in sede di prima udienza, pronuncia ordinanza di rilascio per la prima scadenza che costituisce titolo esecutivo e definisce il giudizio.

Ciò anche ove il conduttore compaia direttamente in udienza senza opporsi e pur senza essersi preventivamente “costituito” in cancelleria.

Gli effetti della manifestazione di volontà del conduttore di non opporsi, permangono anche in caso di differimento della prima udienza.

L'ordinanza di rilascio definitiva del giudizio

L'ordinanza di rilascio, emessa alla prima udienza, ove il convenuto comparso non si sia opposto, costituisce titolo esecutivo per la scadenza di cui alla comunicazione prevista dall'art. 29. L'ordinanza è modellata su quella di convalida di licenza o di sfratto di cui all'art. 663 c.p.c. e, analogamente alla detta, prevede la liquidazione delle spese di lite e la fissazione di un termine per il rilascio ex art.56 della l. n.392/78. L'ordinanza di rilascio emessa ai sensi dell'art.30, comma 4,l. n.392/78 condivide con quella di convalida di cui all'art.663 c.p.c. l'attitudine al giudicato e la natura di provvedimento avente valore sostanziale di sentenza impugnabile con l'appello, nel caso di sua emissione al di fuori dei presupposti di legge – ove ad esempio pronunciata malgrado l'assenza del conduttore – e con l'opposizione di terzo ai sensi dell'art. 404 c.p.c. come sancito dalla Corte costituzionale (Corte cost.,7 giugno 1984, n.167).

Non è previsto invece il rimedio dell'opposizione tardiva di cui all'art.668 c.p.c né è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione di cui all'art.111, comma 7, c.p.c. (Cass. civ., sez.III, 23 gennaio 1998, n.566) né la revocazione.

La mancata comparizione del resistente e l'opposizione del conduttore

La diversità della disciplina rispetto alla procedura di sfratto si individua nel diverso valore della “mancata comparizione” o costituzione del conduttore (Cass.civ., sez.III, 6 novembre 2009, n. 23553; Cass. civ., sez.III, 16 gennaio 2009, n. 986) cui solo nel procedimento per convalida è attribuito valore di ficta confessio e vale a definire il procedimento.

Il tratto per cui le due discipline si differenziano, infatti, non è la diversa forma dell'atto introduttivo del procedimento, ma la diversa rilevanza della mancata comparizione, che solo nella disciplina ordinaria consente la convalida della licenza, mentre in quella speciale in esame ha lo stesso valore della comparizione seguita da contestazione e apre all'esame del merito della domanda (Cass. civ., sez. III, 07 giugno 2000, n.7672).

Nel caso di opposizione del conduttore il giudice esperisce il tentativo di conciliazione che nel procedimento disciplinato dall'art. 30 l. 392/78, pur costituendo un adempimento doveroso per il giudice di primo grado, non è prescritto né a pena di nullità, né a pena di improcedibilità. La sua omissione, infatti, non produce effetti invalidanti sullo svolgimento del rapporto processuale (Cass. civ., sez. III, 6 novembre 1996, n. 1468). Se il tentativo di conciliazione ha esito positivo viene redatto verbale che costituisce titolo esecutivo. In caso contrario, come nell'ipotesi di contumacia, il giudizio procede a norma degli artt. 420 e ss. c.p.c. al fine di verificare la fondatezza della domanda e pronunciare sentenza, fatta salva la possibilità di emettere, su istanza di parte, ordinanza provvisoria di rilascio in corso di causa ai sensi dell'art.30, ult. comma,l. n. 392/1978.

Se malgrado l' assenza del conduttore, il giudice pronunzia ordinanza di rilascio di un immobile ai sensi dell' art. 30 legge 27 luglio 1978, n. 392, tale provvedimento, definitivo del giudizio, ha natura di sentenza ed è perciò irrevocabile ed impugnabile soltanto con l' appello; altrimenti passa in giudicato (Cass civ., sez.III, 3 luglio 1997, n.5996).

La fase di cognizione

La fase che segue alla mancata comparizione o all'opposizione del conduttore si articola come un ordinario procedimento di cognizione in materia locatizia (salva la possibilità eccezionale di emettere ordinanza provvisoria di rilascio).

Il convenuto deve costituirsi nelle forme e termini dell'art.416 c.p.c. e operano le preclusioni tipiche del rito del lavoro.

Il convenuto potrà anche costituirsi ed opporsi tardivamente, incorrendo negli sbarramenti preclusivi previsti.

La sanzione di nullità comminata dall'art. 29 comma 4 cit. e la natura giuridica di condizione di procedibilità dell'azione, assegnata dalla legge alla precedente comunicazione, escludono la possibilità per il ricorrente di modificare la domanda nel corso del giudizio: la nullità della comunicazione deve, infatti, essere rilevata d'ufficio dal giudice (art. 1421 c.c.: norma da ritenersi applicabile anche agli atti unilaterali, quale la comunicazione in questione) e lo stesso giudice, del pari d'ufficio, deve verificare se sussista la condizione di procedibilità dell'azione.

Ne procedimento in esame l'esperimento del tentativo di conciliazione, in caso di opposizione del convenuto, costituisce un adempimento doveroso per il giudice, tuttavia non prescritto a pena di nullità. Se il tentativo di conciliazione riesce ne viene redatto verbale che costituisce titolo esecutivo; se non riesce o è impedito dalla contumacia del convenuto il giudizio prosegue.

Quanto agli oneri probatori incombenti sul ricorrente la giurisprudenza ha precisato che il locatore ha l'onere di provare la serietà della dedotta intenzione di adibire l'immobile ai motivi specificamente indicati nella disdetta e, quindi, la realizzabilità tecnica e giuridica, ma non anche la effettiva e concreta realizzazione di quell'intento (Cass.civ., sez.III, 22 giugno 2016, n. 12891).

L'ordinanza provvisoria di rilascio

Alla prima udienza e in ogni stato del giudizio il locatore può chiedere ordine provvisorio di rilascio.

Il provvedimento, modellato sull'ordinanza di cui all'art.665 c.p.c. si differenzia quanto ai tempi e ai presupposti per la concessione.

Mentre il provvedimento di cui all'art.665 c.p.c. viene emesso in limine litis ovvero nella fase sommaria della convalida sul presupposto della verosimile fondatezza della domanda e sull'assenza di forma scritta dell'opposizione, l'ordine di rilascio di cui all'art.30, ult. comma,l. n. 392/1978 può essere emesso in ogni fase del giudizio di primo grado dal giudice al quale è riservato un maggior potere discrezionale, potendo, anche in presenza di un quadro probatorio univoco, negare il provvedimento «valutate le ragioni addotte dalle parti a sostegno della richiesta e dell'opposizione, ed alla luce delle risultanze dell'istruttoria».

L'ordinanza è irrevocabile, avendo funzione anticipatoria interinale (Cass. civ., sez. III, 26 luglio 1986, n.4803). In particolare la giurisprudenza individua nell'ordinanza in parola un potere di tutela sommaria, espressione di un'esigenza di tutela anticipatoria sulla base di una cognizione sommaria (Cass.civ., sez.III, ord., 26 aprile 2009, n.26435: addirittura esercitabile doverosamente prima che si eserciti il potere di sospensione. Sul punto ritenendo applicabili i principi affermati da Cass.civ., sez.III, ord., 22 maggio 2008,n. 13194, in quanto ricorrenti le stesse ragioni enunciate a proposito della fase sommaria del procedimento di sfratto o licenza per finita locazione o per morosità). In giurisprudenza si nega la impugnabilità dell'ordinanza con appello o ricorso per cassazione, attesa la natura interinale del provvedimento (Cass. civ., sez. III , 23 febbraio 1982, n. 1124); né il provvedimento è assoggettabile a reclamo ex art.669-terdecies c.p.c. stante l'assenza di natura cautelare.

Riferimenti
  • Carrato – Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Giuffrè 2016;
  • Di Marzio – Di Mauro, Il processo locatizio dalla formazione all'esecuzione del titolo, Milano 2007;
  • Di Marzio – Falabella, La locazione, Torino, 2011;
  • Lombardi A., Il procedimento per convalida di sfratto, Giuffrè 2013.
Sommario