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Il mantenimento e il rimborso delle spese straordinarie dei figli

Paola Silvia Colombo
13 Marzo 2023

La maggiore litigiosità tra i coniugi riguarda proprio la natura delle spese da rimborsare al genitore anticipatario, in questo focus l'autrice fa un recap di tutte le novità giurisprudenziali e dottrinali succedutesi nel tempo.
Il quadro normativo

L'obbligo dei genitori (senza distinzione tra genitori coniugati o non coniugati) di mantenere i figli trova il suo fondamento nell'art. 30 della Costituzione (“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”) e sorge direttamente dal rapporto di filiazione.

Il mantenimento si sostanzia nel dovere dei genitori a non far mancare alla prole i mezzi necessari per condurre una vita dignitosa, in riferimento non solo al basilare sostentamento bensì a tutto ciò che occorre per poter sviluppare la propria personalità, coltivare i propri interessi e, più in generale, ad essere pronti ad affrontare autonomamente la propria vita.

Tale disposizione viene confermata ed attuata dal legislatore attraverso differenti norme dettate all'interno del codice come modificato dall'importante riforma dettata con legge n. 219/2012, finalizzata a garantire una totale equiparazione tra figli legittimi e figli naturali.

Il dovere di mantenere i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, come la giurisprudenza ha più volte sottolineato (Cass., sez. I, 22 novembre 2000, n. 15063; Cass. civ., sez. I, 26 maggio 2004, n. 10124; Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2005, n. 6197), trova il proprio fondamento nel fatto stesso della procreazione e non certo nel tipo di legame sentimentale e giuridico sussistente tra i genitori.

Si tratta di principio fondante il vigente sistema giuridico (art. 315-bis c.c.; art. 316-bis; art 337-ter c.c.) da considerarsi operante sia in costanza di matrimonio o di convivenza, sia nella fase di disgregazione dell'unione per separazione, divorzio o cessazione della convivenza: entrambi i genitori sono quindi chiamati a provvedervi proporzionalmente alle loro sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Fino a quando il figlio non raggiunga l'autosufficienza economica, i genitori devono garantirgli i mezzi di sussistenza necessari, per assecondare le sue aspirazioni (di studio e professionali). L'obbligo concerne sia il padre che la madre: ogni genitore - in proporzione alle proprie capacità reddituali e di patrimonio - deve concorrere a mantenere il figlio.

Il mantenimento rappresenta poi anche un diritto del figlio che gli viene riconosciuto per il solo fatto di essere nato e decorre dalla nascita.

L'art. 315-bis c.c. stabilisce infatti espressamente che il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Nessuno dei genitori può, quindi, essere esonerato dal mantenimento del figlio e non sono ammesse eccezioni. Tanto che la giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che anche il genitore disoccupato e/o decaduto dalla responsabilità genitoriale sia obbligato a mantenere i figli (Cass. civ. n. 39411/2017; Cass. civ. n. 22678/2010).

Il mantenimento diretto e indiretto

L'ordinamento (art. 337-ter c.c.) prevede anche la misura e il modo con cui ciascuno dei genitori deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli.

La modalità primaria di assolvimento dell'obbligo è certamente quella del mantenimento diretto.

Mediante tale forma di mantenimento ciascun genitore provvede in prima persona all'acquisto di ciò che serve ai figli o, comunque, fornendo direttamente a loro ciò di cui hanno bisogno sostenendo tutte le loro relative spese nei periodi in cui li hanno con sé.

Trattasi, in altre parole, di un'assistenza economica che il genitore separato dà ai propri figli provvedendo direttamente a soddisfare le loro esigenze senza versare un assegno periodico all'altro genitore.

Attraverso tale modalità - introdotta dalla riforma del 2006 sull'affidamento condiviso come strumento per una migliore attuazione del principio di bigenitorialità - il minore percepisce maggiormente la vicinanza di entrambi i genitori dato che ciascuno di essi è chiamato a provvedere direttamente ai bisogni dello stesso, al suo concreto sostentamento, proprio come avviene normalmente nella famiglia unita.

La giurisprudenza ha tuttavia escluso l'automatica corrispondenza tra affidamento condiviso e mantenimento diretto evidenziando l'ampia discrezionalità del Giudice nello stabilire la modalità di mantenimento, con il limite della sola salvaguardia dell'interesse morale materiale della prole (Cass. civ. n. 26060/2014).

Tuttavia, occorre considerare che la disgregazione della famiglia conseguente alla separazione, al divorzio e all'interruzione della convivenza, può comportare la necessità di ristabilire la misura della proporzionalità contributiva dei genitori nei confronti della prole.

Benché entrambi i genitori continueranno a provvedere alle esigenze e alle spese connesse alla crescita dei figli in via diretta (ossia quando li hanno con sé) nondimeno si potrà verificare la necessità di riequilibrare la proporzionalità degli oneri che su ciascuno debbono gravare attraverso la previsione di un assegno di mantenimento.

La corresponsione dell'assegno è la modalità con cui un genitore, generalmente quello non collocatario in via prevalente, provvede indirettamente e periodicamente alle spese connesse alle esigenze dei figli somministrando all'altro un importo con lo scopo di assicurare alla prole il soddisfacimento delle attuali esigenze e ad assicurargli uno standard di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di convivenza dei genitori.

Questo assegno viene chiamato “assegno perequativo” in quanto esso ha la funzione di equilibrare il peso economico e personale che grava su ciascun genitore per far fronte alle esigenze di vita dei figli.

Per capire se nel caso concreto debba essere previsto questo assegno, occorre considerare una serie di elementi indicati nel codice civile.

Non esiste, infatti, un criterio fisso predeterminato diretto a stabilire ex ante la misura dell'assegno a cui il genitore sia tenuto. Il sistema normativo non prevede, infatti, che una quota fissa dei redditi dell'obbligato sia destinata al mantenimento della prole.

L'art. 337-ter c.c. individua, tuttavia, quali primari parametri di riferimento ai fini della determinazione dell'assegno:

a) le attuali esigenze del figlio

I genitori devono garantire il soddisfacimento dei vari aspetti della sua vita: dalla scuola allo sport, occupandosi di ogni necessità relativa alla cura e all'educazione della prole.

Al riguardo si ricorda che il mantenimento, anche ai fini della quantificazione, deve essere inteso nell'accezione più ampia nel senso che è deputato al soddisfacimento di molteplici esigenze che non possono essere ricondotte esclusivamente all'obbligo alimentare, ma che riguardano numerosi altri aspetti, quali quello abitativo, quello scolastico, quello medico, quello sportivo e quello sociale, e si estendono anche all'assistenza morale e alla garanzia di un'organizzazione domestica idonea a rispondere alle esigenze di cura ed educazione dei figli (Cfr. Cass. civ.. n. 25134/2018; Cass. civ. n. 6197/2005; Cass civ., n. 21273/2013)

b) il tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori

I figli non devono subire pregiudizio dalla separazione dei genitori, per questo è importante che mantengano, per quanto possibile, il tenore di vita che conducevano quando la coppia era unita.

c) i tempi di permanenza presso ciascun genitore (e quindi il mantenimento diretto)

Nella quantificazione dell'assegno occorre inevitabilmente considerare anche il tempo che il minore trascorre con il genitore tenuto a versarlo dovendo quest'ultimo, in tale arco temporale, anche farsi carico del mantenimento diretto.

d) le risorse economiche di entrambi i genitori

Occorre, quindi, considerare non solo i redditi ma anche il patrimonio dell'obbligato (Cass. civ., sez. I, 24 aprile 2007, n. 9915) come i conti correnti, i risparmi, gli investimenti, le polizze assicurative e i cespiti produttivi di reddito (come immobili in locazione).

Sul punto si è pronunciata anche la giurisprudenza chiarendo che il Giudice, nel quantificare l'ammontare del contributo di mantenimento dei figli dovuto dal genitore all'altro, deve osservare il principio di proporzionalità il quale richiede un raffronto tra i redditi dei due genitori e la considerazione delle attuali esigenze dei figli e del tenore di vita da essi goduto (Cass. civ. n. 19299/2020; Cass. civ. n. 1722/2021).

Il contributo non potrà comunque essere quantificato in una somma inferiore a quella necessaria per assicurare il “minimo essenziale per la vita e la crescita” della prole (Cass. civ. n. 11025/1997).

e) La valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore

Il giudice deve considerare anche il lavoro domestico che, spesso, è difficile da valutare. Si tratta di tutte le attività consistenti nella cura della casa, nel tempo speso per accompagnare i figli a scuola, alle lezioni di sport, ad esempio, di pallavolo, all'aiuto prestato al bambino nei compiti scolastici e così via.

La previsione di un assegno di mantenimento in favore del figlio contribuisce, quindi, a “riequilibrare” gli oneri di ciascun genitore nei casi di separazione, divorzio o cessazione della convivenza.

La debenza dell'assegno indiretto/perequativo non è comunque mai automatica: il dovere di mantenimento dei figli potrebbe infatti essere pienamente ed adeguatamente assolto anche solo in via diretta.

La corresponsione di un importo perequativo sarà tendenzialmente disposta dal Giudice solo nel caso in cui, stante il divario reddituale e patrimoniale esistente tra i genitori, considerati i costi connessi al mantenimento diretto della prole anche in relazione ai tempi di permanenza dei figli presso ciascun genitore, si renda necessario riequilibrare la proporzionalità degli oneri di spesa a carico degli stessi.

Si ricorda, inoltre, che nei procedimenti di separazione o di divorzio, si deroga al principio della domanda (artt. 2907 c.c. e 99 c.p.c.) e al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), al fine di assicurare che i diritti e gli interessi del minore siano adeguatamente salvaguardati. Per cui si attribuisce al giudice una più ampia modalità di intervento. Il ruolo del giudice, quindi, funge anche da controllore e garante della tutela dell'interesse superiore del minore, supportato in tale veste anche dalla necessaria presenza del Pubblico ministero (Cfr. Danovi, Declinazioni e mutazioni dei principi generali del processo per i figli (anche) maggiorenni, in Famiglia e diritto, 3/2021, 280).

In questo tipo di giudizi, quindi, il Giudice è competente anche ultra petita ad assumere provvedimenti relativi alla prole, non essendo vincolato né alla domanda né agli accordi raggiunti dai coniugi, dovendo compiere un adeguato accertamento sulle condizioni patrimoniali dei genitori.

Le spese ordinarie e straordinarie dei figli. Gli orientamenti della giurisprudenza a confronto

Ponendo particolare attenzione al dovere che i genitori hanno di contribuire al mantenimento della prole si evidenzia facilmente come la regolamentazione dello stesso sia uno tra i temi più dibattuti. Non mancano, infatti, profili poco chiari che sollevano problematiche e dubbi di vario genere a cui la giurisprudenza cerca, per quanto possibile, di fornire adeguate risposte ma non sempre costanti e concordanti. Una tra le questioni più discusse in proposito resta ancora oggi quella sulla qualificazione e precisa distinzione tra ‘‘spese ordinarie'' e ‘‘spese straordinarie''.

Le spese per i figli sono numerose e variegate.

La legge non specifica tuttavia quali spese debbano rientrare nel contributo ordinario al mantenimento (spese ordinarie) e quali fuoriescano dall'importo mensile forfettizzato (spese straordinarie) ma prevede solo in generale l'obbligo di mantenimento che grava in capo ai genitori.

Tanto che la distinzione tra spese ordinarie e straordinarie continua a essere ancora oggi oggetto di accesi conflitti tra i genitori sia in ordine alla loro specifica qualificazione e regolamentazione delle modalità di contribuzione da parte di ciascuno di loro sia riguardo la necessità o meno di una preventiva concertazione tra le parti sulla spesa da affrontare.

È frequente, infatti, che il genitore al quale spetta il rimborso delle spese straordinarie tende a far rientrare poche spese nell'assegno ordinario e considerarne molte quali “straordinarie”. Viceversa il genitore tenuto al rimborso tende a far rientrare la maggior parte delle spese nell'assegno ordinario, salvo rimborsare poche spese imprevedibili ed eccezionali, e previo suo assenso alla spesa.

Nel silenzio del legislatore, è sempre stata quindi la giurisprudenza prima (e i Protocolli siglati dai Tribunali dopo) a dover sopperire alle lacune normative trovando risposte adeguate ai casi concreti.

È compito del giudice individuare, per quanto possibile in modo analitico e dettagliato lì dove sorgano contrasti tra i genitori, quali spese vadano ascritte all'una o all'altra categoria.

Andando con ordine:

a) Le spese di natura ordinaria

Il contributo al mantenimento fissato in sede di separazione, divorzio o regolamentazione dei rapporti con i figli, soddisfa solo le esigenze periodiche fisse della prole (il c.d. ménage quotidiano).

Per giurisprudenza costante (Cass. civ., 19 luglio 1999, n. 7672; Cass. civ., 13 marzo 2009, n. 6201; Cass. civ., n. 23411/2009) sono infatti da ritenersi ordinarie, e quindi già comprese nell'assegno, solo quelle spese destinate a soddisfare i bisogni e le normali esigenze di vita quotidiana della prole.

Esse hanno le seguenti caratteristiche: prevedibilità, frequenza e ripetibilità, nonché valore economico adeguato al tenore di vita della famiglia.

Le spese ordinarie, già ricomprese nell'assegno, riguardano comunque esigenze attuali e prevedibili dei figli e che essendo legate alla soddisfazione delle esigenze di vita quotidiana di una persona normale.

b) Le spese straordinarie

L'assegno perequativo mensile non è di per sé idoneo a fronteggiare tutte le necessità sopravvenute dei figli.

La realtà quotidiana, infatti, fa venire in evidenza esigenze della prole imprevedibili ed eccezionali che comportano l'esborso di rilevanti somme di denaro rispetto alla misura del contributo di mantenimento.

Pertanto, si manifesta sovente la necessità di sostenere spese ulteriori, spesso onerose, che si aggiungono agli importi versati a titolo di assegno di mantenimento versato dal genitore non collocatario.

Trattasi delle c.d. spese straordinarie da intendersi come le spese occasionali, gravose quanto ad esborso, ossia quelle che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli, il cui ammontare esorbita rispetto alle ordinaria possibilità dei genitori ed altera in modo sensibile la regolamentazione stabilita con la determinazione dell'assegno di mantenimento ordinario; esse presentano carattere eccezionale o episodico, la cui necessità sorge improvvisamente o non abitualmente e di cui non è possibile predeterminarne in anticipo l'importo (Cass. civ., 19 luglio 1999, n. 7672; Cass. civ., 13 marzo 2009, n. 6201; Cass. civ., 4 novembre 2009, n. 23411; tra le pronunce dei giudici di merito v. a titolo esemplificativo Trib. Firenze, n. 3204/ 2005; Trib. Taranto, 22 febbraio 2010, n. 321; Trib. Palermo, 9 ottobre 2012, n. 4214; Cass. n. 9372/2012; Cass. n. 11894/2015).

Esse sono, quindi, determinate da circostanze occasionali e legate ad eventi non ricorrenti i bisogni economici routinari (ad esempio le rette di scuole private, le ripetizioni, i viaggi di istruzione organizzati dalla scuola; i centri estivi, i viaggi di istruzione o le vacanze trascorse autonomamente senza i genitori, l'acquisto della macchina o del motorino, le spese per l'attività sportiva, quelle per interventi chirurgici, per l'oculista o il dentista, per visite mediche specialistiche).

Il provvedimento giudiziario che definisce la separazione, il divorzio o la cessazione della convivenza tra genitori non coniugati stabilisce la misura in cui ogni genitore partecipa alle spese straordinarie.

Esse, per loro natura, devono considerarsi separatamente rispetto all'assegno periodico di mantenimento (c.d. spese extra assegno) e non possono esservi incluse in via forfettaria, nel rispetto del principio di proporzionalità e di adeguatezza del mantenimento, nonché di interesse della prole.

Tali spese possono essere poste a carico di ciascun obbligato per una quota paritetica, per quote differenti in considerazione della maggiore capacità contributiva e di mantenimento, ovvero anche integralmente a carico di un solo genitore.

La suddivisione è, nella maggior parte dei casi, determinata nella misura del 50%, soprattutto quando vi è una rilevante differenza tra le situazioni economiche dei due genitori (Cass. n. 18869/2014).

Mentre, quindi, le spese ordinarie sono finalizzate a soddisfare i bisogni quotidiani, quelle straordinarie sono quegli esborsi di importo rilevante che recidono ogni legame con i caratteri di ordinarietà del contributo al mantenimento (Cass. 34100/2021; Cfr. Tribunale Prato, sent. 22 novembre 2011; Tribunale Messina, sez. I, 14 giugno 2005; App. Napoli, 6 giugno 2008, n. 2201; Trib. Firenze, sent. 27 settembre 2006; Tribunale Grosseto, 14 gennaio 2019, n.19; Trib. Savona, 11 gennaio 2019, n.34; Trib. Catania 4 dicembre 2008).

Quanto alle diverse tipologie di spese straordinarie possiamo sinteticamente menzionare le seguenti voci:

  • Le spese scolastiche

Sono da ritenersi di natura straordinaria le spese per tasse scolastiche, tasse universitarie, corsi di specializzazione, lezioni di sostegno per carenze scolastiche, corsi di lingue o viaggi all'estero, anch'essi per motivi di studio o di perfezionamento (Trib. Pisa, 20 febbraio 2010, Cass. n. 19040/2003; Cass. civ., n. 19607/2011; Trib. Roma, n. 147/ 2013), costi di viaggio per gli studenti fuori sede, spese per l'acquisto di un personal computer (Trib. Modena 1° dicembre 2005, n. 2051).

Vengono, invece, per lo più fatte rientrare nelle spese ordinarie quelle relative all'acquisto di libri scolastici, materiale di cancelleria, abbigliamento per lo svolgimento dell'attività fisica a scuola e della quota di iscrizione alle gite scolastiche (Cass. n. 16664/2012; Cass. n. 11316/2011).

Anche la mensa scolastica viene considerata dalla giurisprudenza prevalente un costo già compreso nell' assegno mensile al pari del vitto domestico (Trib. Milano 27 novembre 2013; Trib. Novara, 26 marzo 2009; Trib. Roma, 9 ottobre 2009). Dall'ordinarietà della necessità deriva, quindi, l'ordinarietà della spesa.

  • Le spese mediche

L'altra categoria di esborsi particolarmente rilevante è quella concernete le esigenze sanitarie della prole le quali, a seconda della loro natura, vengono a volte ricomprese nelle ''spese ordinarie'' ed altre volte qualificate come ''spese straordinarie''.

Rientrano tra le prime, le c.d. ''cure ordinarie'', come le visite pediatriche, l'acquisto di medicinali da banco o comunque di uso frequente (quali antibiotico, antipiretico, sciroppo espettorante) e necessari per fronteggiare situazioni che rientrano nella normale gestione di vita quotidiana di un minore, visite di controllo routinarie (Trib. Catania, 4 dicembre 2008; Trib. Catania 4 dicembre 2008; App. Catania, 29 maggio 2008 e App. Catania 5 dicembre 2011). Anche quanto necessario a garantire cura ed assistenza al proprio figlio disabile non può che ritenersi ''spesa ordinaria'' essendo destinata, invero, a soddisfare i bisogni quotidiani del ragazzo in relazione alla specificità della sua situazione (Cass. civ., n. 18618/2011).Sono invece considerate ''straordinarie'' le spese affrontate per le cure odontoiatriche, per l'acquisto di occhiali da vista o di farmaci particolari, visite specialistiche, interventi chirurgici, pratica di particolari terapie, quali inalazioni termali, fisioterapie, trattamenti psicoterapeutici, nonché spese per un improvviso e necessario intervento chirurgico, o per medicinali necessari per fronteggiare situazioni che non rientrano nella normale gestione di vita quotidiana del figlio (cfr. Cass. n. 8995/1992).

  • Le spese extrascolastiche e sportive

Tra le spese del minore rientrano anche quelle sportive e per i momenti ludici e di svago che i genitori, nei limiti ovviamente della loro situazione economico-reddituale, sono chiamati a soddisfare. Basti pensare all'acquisto di un computer o quello di un motorino, qualificate come ''spese straordinarie'', od anche le somme necessarie per giungere a conseguire la patente di guida ed a pagare, successivamente, eventuali contravvenzioni dovute a violazione del codice della strada da parte dei figli (Trib. Ragusa, n. 278/2011; n. 243/2011).
Se l'apporto della giurisprudenza di legittimità è stato quello di fornire i criteri di massima per distinguere fra spese ordinarie e straordinarie, i giudici di merito hanno cercato individuare, in modo sempre più analitico, le varie voci da includere nell'una o nell'altra tipologia attraverso l'elaborazione dei protocolli di intesa, spesso trasfusi negli stessi provvedimenti giudiziari, i quali contengono un'elencazione specifica e dettagliata anche di tutte le spese da ritenersi straordinarie in modo da cercare di ridurre i possibili contrasti fra i genitori in ordine al pagamento di quanto dovuto “extra – assegno” (Cass. n. 11316/2011).

In detti protocolli (vengono indicate alcune prescrizioni idonee a determinare, con chiarezza e in via preventiva, non solo le tipologie di spese di carattere ordinario ma anche quelle di carattere “straordinario” con specifica dei criteri e delle condizioni per la loro rimborsabilità in favore del genitore che le ha anticipate.

La preventiva concertazione delle spese straordinarie

Le voci di spesa che non rientrano nel mantenimento ordinario debbono essere generalmente concordate preventivamente tra i genitori e possono essere rimborsate solo previa presentazione dei documenti giustificativi.

Anche su questo fronte gli indirizzi giurisprudenziali non sono mai stati uniformi.

Parte della giurisprudenza sostiene che la necessità di un accordo tra i genitori sia limitato ai soli casi in cui le spese non implichino decisioni di maggior interesse per i figli (Cass. n. 6297/2014; Cass. n. 9376/2011).

Ciò sulla base del criterio guida del “prevalente interesse del minore”

In altri termini, se si tratta di spesa necessaria, indifferibile, urgente e/o fondamentale per l'interesse e le esigenze del figlio, l'intesa preventiva non è richiesta.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16175/2015 ha stabilito, infatti, che la mancata preventiva concertazione delle spese straordinarie da sostenere nell'interesse dei figli, in caso di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del genitore che non le ha anticipate, impone la verifica giudiziale della rispondenza delle spese all'interesse del minore, mediante la valutazione, riservata al giudice di merito, della commisurazione dell'entità della spesa rispetto all'utilità per il minore e della sostenibilità della stessa rapportata alle condizioni economiche dei genitori.

Questo orientamento è stato poi ripreso anche nella sentenza della Suprema Corte n. 2127/2016 che ha evidenziato come non sia configurabile a carico del coniuge affidatario o presso il quale sono normalmente residenti i figli, anche nel caso di decisioni di maggiore interesse per questi ultimi, un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l'altro genitore in ordine alla effettuazione e determinazione delle spese straordinarie che, se non adempiuto, comporti la perdita del diritto al rimborso.

Anche la giurisprudenza di merito ha chiarito che in caso di mancata concertazione preventiva delle spese straordinarie e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, le stesse sono dovute se corrispondono all'interesse del minore. (Cfr. Tribunale Monza n. 208/2020).

È quindi riconosciuto il principio per il quale il genitore è tenuto a contribuire alle spese straordinarie effettuate nell'interesse dei minori se utili e proporzionate rispetto al tenore di vita e, in caso di mancata concertazione preventiva con l'altro coniuge e di rifiuto a provvedere al rimborso, sarà il Giudice a dover verificare la rispondenza delle spese all'interesse del minore, commisurando anche l'entità della spese rispetto alla sua utilità e sostenibilità con le condizioni dei genitori, valutando così anche la ragionevolezza del dissenso. (Cass. n. 4753/2017).

Questo perché sulle spese straordinarie prevale l'interesse del minore rispetto all'obbligo di concertazione. (Cfr. anche Cass. 6 settembre 2018 n. 21726; Trib. Palermo sez. I, 06 novembre 2018, n.4778 ;Cass. civ., 15 febbraio 2017, n. 4060; Cass. civ. 3 febbraio 2016, n. 2127.

Diversamente basterebbe l'opposizione di un genitore per «paralizzare» l'adozione di qualsiasi iniziativa fondamentale che riguardi la vita del figlio, specie se di rilevante interesse.

Indubbiamente, ci sono alcune voci di spesa che non sono discutibili e che vanno in ogni caso pagate. Si pensi alle spese per i libri scolastici o l'abbonamento ai mezzi pubblici o l'assicurazione scolastica. Sono spese in qualche modo necessarie, che si considerano di per sé rispondenti all'interesse dei figli.

Devono, quindi, comunque essere comunque rimborsate tutte quelle spese che non siano superflue e che corrispondano ad un interesse del figlio beneficiario del diritto di mantenimento, purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori (Cfr. Cass., ord. 10 giugno 2016 n. 12013) e salvo che non siano stati manifestati tempestivamente validi motivi di dissenso (Cass., 26 settembre 2011 n. 19607; Trib. Udine, 2 settembre 2016).

L'elemento fondamentale da valutare risiede, perciò, nella "necessarietà" o non "necessarietà" della spesa, i cui fattori di riferimento sono senza dubbio l'interesse del minore ed il contesto economico della famiglia.

Il Giudice dovrà valutare:

a) se le spese corrispondano all'interesse del minore, in rapporto all'utilità derivante al figlio da tale spesa;

b) se le spese siano sostenibili in relazione alla situazione economica dei genitori.

Bisogna, tuttavia, anche considerare che tale criterio non sempre è stato ritenuto attendibile dal momento che i concetti di “maggior interesse” e di “spesa straordinaria” non sempre sono sovrapponibili (non può ritenersi scontato che una questione di maggior importanza implichi spese straordinarie o che, in presenza di decisioni di minore importanza, non possano aversi spese significative: cfr. F. Picardi, Le decisioni di maggiore interesse nell'affidamento del minore, in IUS Famiglie (www.ius.giuffrefl.it), che richiama Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2009, n. 2182 e Cass. civ., sez. I, 27 aprile 2011, n. 9376).

Inoltre, non sono mancati anche orientamenti più “rigidi” che non hanno ritenuto vincolante il criterio del superiore interesse del minore stabilendo che ogni spesa di natura straordinaria debba comunque essere sempre concordata tra i genitori al fine di evitare eventuali fonti di contenzioso tra loro (Cfr. Cass. civ., sez. I, ord. n. 25055/2017).

Una impostazione questa che è peraltro in linea anche con il disposto dell'art. 337-ter c.c. secondo cui le “decisioni di maggior interesse per i figli” debbano essere sempre assunte di comune accordo.

La norma individua infatti un nucleo di decisioni di particolare rilievo (fondamentali per la vita della prole) concernenti l'istruzione, l'educazione, la salute, in relazione alle quali la compartecipazione di entrambi i genitori è essenziale e irrinunciabile, anche indipendentemente dal tipo di affidamento (condiviso o esclusivo).

Su questi ambiti vi deve essere quindi sempre e comunque un dovere di consultazione reciproca e discussione preventiva.

Ciò è stato anche ribadito da una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Cfr. Cass. civ. 12 gennaio 2023, n. 793) la quale ha evidenziato che in assenza di accordo tra i genitori è escluso il rimborso delle spese straordinarie per i figli.

L'obbligo di preventiva concertazione è requisito imprescindibile ai fini del rimborso delle spese straordinarie soprattutto nel caso in cui la previa concertazione dei costi extra assegno trova fondamento nel provvedimento dell'autorità giudiziaria da ritenersi vincolante per le parti.

Il valore e l'efficacia dei Protocolli

Atteso che gli orientamenti della giurisprudenza sulla ripartizione delle spese straordinarie sono sempre stati variegati (soprattutto per quanto riguarda la necessarietà o meno del preventivo accordo tra i genitori sugli esborsi da affrontare) è ciò, come detto, è stato motivo di crescente conflittualità, quasi tutti i Tribunali d'Italia –in concerto con l'Ordine degli Avvocati del relativo Foro, piuttosto che con Associazioni di Avvocati di diritto di famiglia (AIAF in primis) – si sono dotati di specifici Protocolli funzionali a prevenire i conflitti tra i genitori sulla ripartizione delle spese poiché:

a) indicano le prescrizioni idonee a determinare, con chiarezza e in via preventiva, le tipologie di esborsi di carattere “straordinario”, al fine di distinguerle da quelle “ordinarie” che rientrano nell'assegno di mantenimento, nonché i criteri e le condizioni per la loro rimborsabilità in favore del genitore che le ha anticipate.

b) distinguono analiticamente le categorie di spese straordinarie il cui rimborso pro quota è subordinato al preventivo accordo fra i genitori (per alcune è sufficiente anche la mancata risposta dell'altro genitore) e quelle per le quali detto accordo non è necessario (in quanto, ad esempio, ritenute presuntivamente necessarie ed utili per i figli, non surrogabili con alternative meno onerose e conseguenti a decisioni da adottare con una certa tempestività).

Il protocollo del Tribunale di Milano, ad esempio, lascia ben pochi margini per innescare dubbi interpretativi, conflitti e/o incomprensioni in quanto:

  • chiarisce che l'assegno di mantenimento copre unicamente i costi connessi alle esigenze ordinarie di vita del minore quali il vitto, la mensa scolastica, il concorso alle spese di casa (canone di locazione, utenze, consumi), l'abbigliamento ordinario inclusi i cambi di stagione, le spese di cancelleria scolastica ricorrenti nell'anno, i medicinali da banco.
  • descrive i requisiti delle spese straordinarie (extra assegno) ovvero l'occasionalità, la sporadicità, la gravosità o la voluttuarietà;
  • precisa che tutte le spese straordinarie devono essere documentate;
  • distingue le spese straordinarie mediche, scolastiche ed extrascolastiche che richiedono il preventivo accordo da quelle che non richiedono la preventiva concertazione.

Occorre però evidenziare che il Protocollo può avere valore “precettivo” solo quando il Giudice lo condivide e lo richiama espressamente nel suo provvedimento (si veda ad es. Trib. Roma, sez. I, 5 maggio 2017) o quando le parti vi aderiscano nell'accordo raggiunto.

Diversamente prevalgono le pattuizioni intercorse tra le parti (che possono individuare le spese straordinarie e disciplinare il loro rimborso in modo differente da quanto previsto dai Protocolli) o le statuizioni del Giudice.

Se l'autorità giudiziaria impone nel provvedimento assunto un obbligo inderogabile di concertazione preventiva tra i coniugi di alcune spese straordinarie da sostenere nell'interesse dei figli, le parti, a prescindere da quanto previsto dai Protocolli sul rimborso delle stesse, sono comunque tenute ad attenersi alle statuizioni del Giudice essendo il titolo giudiziale vincolante per. In assenza di accordo, il genitore che le ha anticipate non potrà rivendicare il diritto al rimborso. (Cass. civ. sez. VI – 1, ord., 12 gennaio 2023, n. 793)

I protocolli possono, quindi, qualificarsi come dei semplici documenti ricognitivi, certamente utili - in quanto esplicitano delle linee guida chiare elaborate anche sulla base dei più consolidati orientamenti della giurisprudenza – ma senza efficacia vincolante tout court atteso che spetta sempre al Giudice (o alle parti in caso di accordo) stabilire - di volta in volta e secondo le specifiche le caratteristiche del caso concreto - come ripartire gli oneri di mantenimento dei figli

Tale impostazione è del resto facilmente desumibile anche da quanto riportato nel preambolo delle linee guida per la regolamentazione delle modalità di mantenimento dei figli nelle cause di diritto familiare elaborato dal C.N.F. il 29 novembre 2017: «a solo fine di scongiurare le controversie in materia è fatto, in ogni caso, espresso invito alle parti ….di riservare ampia trattazione, all'interno degli eventuali accordi di separazione e/o divorzio, alla disciplina delle spese straordinarie , con precisa e puntuale elencazione delle spese che esulano dalla contribuzione ordinaria al mantenimento della prole».

Conclusioni

È risaputo come la maggiore litigiosità tra i coniugi riguardi proprio la natura delle spese da rimborsare al genitore anticipatario.

In questo ambito, dove gli orientamenti della giurisprudenza non sono sempre uniformi, è sempre alto il rischio non solo di discussioni e/o fraintendimenti tra le parti ma anche di possibili opposizioni strumentali, da parte del genitore chiamato a rimborsare all'altro la quota di spesa di sua spettanza, che arrecherebbero inevitabilmente pregiudizio ai figli.

Per tale motivo, al fine di non veder vanificato il diritto al rimborso, è necessario attenersi scrupolosamente, anche in relazione alle modalità di concertazione, alle indicazioni previsto dai Protocolli, se richiamati espressamente nel provvedimento del Giudice e/o nell'accordo raggiunto. Diversamente le parti dovranno rispettare puntualmente le diverse intese raggiunte o le statuizioni dell'autorità giudiziaria il cui contenuto deve ritenersi sempre prevalente sui Protocolli e vincolante.

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