Revoca e rinuncia alla procuraFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 85
14 Settembre 2016
Inquadramento
La procura alle liti, ai sensi dell'art. 85 c.p.c., può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. La norma disciplina le vicende della procura alle liti diversamente dalla procura al compimento di atti di diritto sostanziale, perché, mentre nella disciplina sostanziale è previsto che chi ha conferito i poteri può revocarli (o chi li ha ricevuti, dismetterli) con efficacia immediata, invece né la revoca né la rinuncia privano, di per sé, il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti. La giustificazione di tale diversa disciplina consegue, appunto, dal fatto che i poteri attribuiti dalla legge processuale al procuratore non sono quelli che liberamente determina chi conferisce la procura, ma, come quelli in cui si concreta lo ius postulandi, sono attribuiti dalla legge al procuratore che la parte si limita a designare. E, in base all'art. 85 c.p.c., ciò che priva il procuratore della capacità di compiere o ricevere atti, non sono dunque la revoca o la rinuncia di per sé sole, bensì il fatto che alla revoca o alla rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore (Cass. civ., 29 ottobre 1997, n. 10643; Cass. civ., 28 luglio 2010, n. 17649). D'altro canto, la revocabilità del mandato può essere esclusa, entro determinati limiti, nel campo del diritto sostanziale, nel caso del mandato in rem propriam o nell'interesse dei terzi, il quale sopravvive alla morte del mandante (art. 1723, comma 2, c.c.): viceversa il carattere fiduciario che deve sempre assistere il rapporto tra la parte e il suo difensore (Cass. civ., 23 novembre 1979, n. 6113) fa sì che la revoca della procura alle liti da parte del conferente sia sempre ed in ogni caso consentita. La disposizione in questione, dettata al fine di evitare la paralisi del processo ed i possibili pregiudizi a carico dell'una come dell'altra parte, trova applicazione in ogni stato e grado del giudizio, ivi compreso il giudizio di cassazione. Forma ed efficacia della revoca e della rinuncia
Revoca e rinuncia alla procura hanno natura di dichiarazioni ricettizie a forma libera. Il carattere ricettizio comporta che l'una e l'altra producano effetto dal momento in cui vengono comunicate all'altra parte (Cass. civ., 29 agosto 1992, n. 9994). La libertà di forma fa sì che revoca e rinuncia possono aver luogo anche per fatti concludenti (Cass. civ., sez. un., 7 ottobre 1981, n. 5260).
A quest'ultimo riguardo occorrono alcune precisazioni. Pur potendo avvenire per facta concludentia, la rinuncia al mandato non è desumibile dalla sola assenza del difensore dalle udienze, occorrendo anche altri fatti i quali, considerati insieme a detta assenza, inducano a ritenere cessato il rapporto tra la parte ed il difensore, secondo l'apprezzamento del giudice del merito (Cass. civ., sez. un., 7 ottobre 1981, n. 5260; v pure C. Cost. 27 maggio 1996, n. 171). Secondo l'opinione prevalente, in particolare, la nomina nel corso del giudizio di un secondo procuratore non autorizza, di per sé sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo procuratore dovendosi invece presumere che sia stato aggiunto al primo un secondo procuratore, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall'art. 1716, comma 2, c.c. (Cass. civ., 4 maggio 2005, n. 9260, MGC, 2005; Cass. civ., 13 febbraio 2002, n. 2071). Non sembra invece persuasiva l'opposta opinione secondo cui la nomina di un nuovo difensore e domiciliatario nel corso del processo comporta la revoca tacita del precedente difensore e domiciliatario, salva diversa manifestazione di volontà (Cass. civ., 20 dicembre 2004, n. 23589). È quindi da tener fermo il principio che segue.
Se è pur vero che la rinuncia ha effetto come qualsiasi dichiarazione ricettizia, dal momento in cui essa sia stata comunicata al mandante, la S.C. ha chiarito che tale principio vale con riguardo agli effetti della revoca o rinuncia all'interno del processo, ma non nei rapporti diretti tra la parte ed il difensore. Quest'ultimo, perciò, una volta intervenuta la revoca o rinuncia, non ha titolo ad avanzare, ai sensi dell'art. 93 c.p.c., la richiesta di distrazione delle spese, ancorché la parte non abbia ancora provveduto alla sua sostituzione, atteso che la disposizione dell'art. 85 c.p.c., prevede l'inefficacia della revoca e della rinuncia alla procura sino alla sostituzione del difensore solo nei confronti della controparte, mentre nei rapporti interni, soccorrendo la disciplina del mandato, la rinuncia ha effetto come qualsiasi dichiarazione ricettizia, dal momento in cui essa sia stata comunicata al mandante (Cass. civ., 29 agosto 1992, n. 9994). Una volta intervenuta la revoca o rinuncia, non è pensabile un ripristino della procura per effetto della prosecuzione dell'attività svolta dal difensore revocato o rinunciante ormai sostituito. Qualora, dunque, il procuratore della parte rinunci al mandato conferitogli e siffatta rinuncia abbia spiegato effetto anche nei confronti dell'altra parte per la sua sostituzione con un altro procuratore, la circostanza che il procuratore rinunciante abbia continuato nella sua attività non importa la revoca della detta rinuncia, né surroga la prova del conferimento di una nuova procura, per cui è necessaria la forma scritta a pena di nullità, che non resta sanata dall'acquiescenza della controparte: conseguentemente è inesistente per difetto di mandato l'appello proposto dal detto difensore rinunciante, anche se presso di lui sia stata notificata la sentenza di primo grado (Cass. civ., 29 novembre 1985, n. 5923). Effetti della revoca e della rinuncia
La revoca come pure la rinuncia al mandato, quali atti di natura processuale — il secondo riferibile esclusivamente al difensore — inefficaci nei confronti dell'altra parte fino a che non sia avvenuta la sostituzione del difensore stesso, non implicano alcuna rinunzia all'azione, né pregiudizio alcuno per la parte rappresentata (Cass. civ., 16 maggio 1984, n. 3009). Al contrario, la revoca della procura da parte del cliente o la rinuncia da parte del difensore non fanno perdere al procuratore lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non sia avvenuta la sua sostituzione con altro procuratore (Cass. civ., 28 ottobre 1995, n. 11303; Cass. civ., 20 ottobre 1989, n. 4226). Da ciò discende che la revoca o la rinuncia non hanno efficacia alcuna nel processo e non determinano, a norma dell'art. 301 stesso codice, l'interruzione di esso fino a quando non sia avvenuta la sostituzione del difensore (Cass. civ., sez. un., 28 ottobre 1995, n. 11303). La regola si applica anche qualora una parte sia assistita da due difensori, autorizzati a rappresentarla in giudizio sia congiuntamente che disgiuntamente: in tal caso la comunicazione del decesso di uno dei due difensori, fatta in giudizio dall'altro difensore, il quale contemporaneamente dichiari di rinunziare al mandato, non determina la interruzione del processo, poiché la rappresentanza processuale della parte si concentra nel procuratore superstite, che, nonostante la rinuncia, continua a rappresentarla fino alla sua sostituzione con altro procuratore (Cass. civ., 21 aprile 1990, n. 3346). Revoca e rinuncia al mandato, insomma, non sono equiparati agli eventi interruttivi normativamente previsti, né è ritenuto, di conseguenza, che debba in tal caso trovare applicazione, a tutela della parte nei cui confronti l'evento della revoca o della rinuncia si è verificato, l'istituto dell'interruzione, posto a tutela del diritto di difesa della parte colpita dall'evento interruttivo. Anzi, la S.C. ha escluso in radice un'esigenza di tutela della parte a fronte delle conseguenze determinate dalla revoca o rinuncia al mandato. Poiché la revoca della procura al difensore o la sua rinunzia al mandato non hanno effetti nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore medesimo, il quale ha il dovere di svolgere con diligenza il mandato professionale sino al momento della sua sostituzione con altro procuratore, con la conseguenza che sue eventuali negligenze o dimenticanze si verificano e consumano nell'ambito del rapporto professionale con il cliente, senza riverberarsi sulla regolarità del processo, il giudice non è tenuto a concedere la rimessione in termini la parte costituita in giudizio e decaduta da un'attività istruttoria (Cass. civ., 29 maggio 1982, n. 3326, concernente errata comunicazione alla parte della data dell'udienza di precisazione delle conclusioni; ma v. pure, p. es., Cass. civ., 23 giugno 1969, n. 2260, che ha ritenuto legittima l'ordinanza di decadenza dalla prova, poiché la parte non aveva provveduto, dopo la rinuncia al mandato del proprio procuratore legale, alla citazione dei testi per l'udienza fissata dal giudice). La soluzione della rimessione in termini, al contrario, è ammessa dalla dottrina (v. Caponi, Rinuncia del difensore al mandato e rimessione in termini della parte, Foro it., 1998, I, 2517, in nota a Cass. civ., 29 ottobre 1997, n. 10643: ma si tratta di un'opinione difficilmente condivisibile, anche alla luce dell'attuale formulazione dell'art. 153, comma 2, c.p.c., giacché è da escludere la non imputabilità della decadenza in cui la parte sia eventualmente incorsa in dipendenza di un comportamento negligente del proprio difensore, il quale è tenuto allo svolgimento dell'attività difensiva fintanto che non sopraggiunga la sua sostituzione).
Poteri del difensore
Non paiono delineate in modo perfettamente chiaro, nella giurisprudenza della S.C., le ricadute della revoca e della rinuncia sui poteri spettanti al difensore. In generale, la rinuncia al mandato, al pari della revoca della procura, non esime il difensore rinunciante revocato dal compimento di quelle attività difensive immanenti, connesse alla funzione di procuratore presente in udienza (Cass. civ., 11 novembre 1986, n. 6605). Gli obblighi incombenti sul difensore, secondo una recente decisione della S.C. sopravviverebbero alla stessa revoca o rinuncia al mandato, nel caso in cui egli riveste anche la qualità di domiciliatario. In tal senso è stato affermato che la nomina di un nuovo difensore in sostituzione di quello precedente presso il quale la parte aveva eletto domicilio non fa venir meno a carico di quest'ultimo gli obblighi connessi alla ricezione degli atti per i quali sia avvenuta la domiciliazione, ivi compreso l'obbligo di informare il nuovo difensore dell'avvenuta notifica di sentenze emesse nei confronti della parte successivamente alla cessazione dell'incarico. Tale obbligo rientra infatti nel più generale dovere di diligenza professionale cui l'avvocato è tenuto nei confronti del cliente, anche in caso di rinuncia o revoca del mandato o risoluzione consensuale del rapporto, e dalla relativa responsabilità il domiciliatario non può essere esonerato se non in virtù della prova, posta a suo carico, di avere dato notizia della notifica al nuovo difensore (Cass. civ., 12 ottobre 2009, n. 21589, in Giust. civ., 2010, 613, con nota di Morozzo della Rocca, Domiciliazione presso il difensore e revoca del mandato professionale; Resp. civ. prev., 2010, 1324, con nota di Musolino, La responsabilità dell'avvocato per inosservanza dell'obbligo di informazione). La dottrina ha posto in evidenza la singolarità della fattispecie, collocata in tempo successivo non solamente alla revoca del mandato professionale, ma anche al conferimento dell'incarico al nuovo difensore: conferimento che segna il momento in cui il precedente difensore revocato è liberato, di regola, da ogni obbligo di attività di difesa ai sensi dell'art. 85 c.p.c.. Sicché — è stato posto in luce — la pronuncia ricordata suscita un interrogativo, concernente l'individuazione « di quale strumento disponga l'avvocato rinunciante, o revocato, per far cessare una domiciliazione, alla quale non ha più alcun interesse e dalla quale continuano a derivargli obblighi e responsabilità. La sentenza, pur nel suo silenzio, sembra dare al quesito una risposta totalmente negativa, suggerendo, quale unico rimedio a un'impossibile liberazione, il puntuale adempimento degli obblighi derivanti dalla domiciliazione, con particolare attenzione all'opportunità di documentarlo in forma idonea » (Morozzo della Rocca, op. cit.). Si trova inoltre affermato che il difensore che abbia rinunciato al mandato, o al quale il mandato sia stato revocato dal cliente, mentre conserva, fino alla sua sostituzione, la legittimazione a ricevere gli atti indirizzati dalla controparte al suo assistito, non è più legittimato a compiere atti nell'interesse del mandante, in quanto la revoca o la rinuncia hanno pieno effetto tra il cliente ed il difensore e determinano il venir meno del rapporto di prestazione d'opera intellettuale instauratosi con il c.d. contratto di patrocinio (Cass. civ., 13 febbraio 1996, n. 1085).
Da ciò la S.C. ha ad esempio tratto la conseguenza che, per la circoscritta attività di ricevimento degli atti, spettano al difensore non sostituito i diritti di procuratore in base alle tariffe vigenti al momento dei singoli atti, nonché gli onorari di avvocato in base alla tariffa in vigore al momento della rinuncia o della revoca, a nulla rilevando che dopo la cessazione dell'incarico sia intervenuta altra tariffa professionale. Tuttavia, ove il difensore, nonostante la revoca o la rinuncia, abbia svolto in concreto attività difensive, dette attività, in assenza di elementi da cui desumere il ripristino del rapporto di patrocinio e salvo ratifica, possono essere inquadrate soltanto nell'istituto della gestione di affari, con conseguente applicabilità della relativa disciplina e, in particolare, dell'art. 2031 c.c. (Cass. civ., 13 febbraio 1996, n. 1085). Sembrerebbe, dunque, secondo la ricostruzione fino ad ora riassunta, che il procuratore revocato o rinunciante conservi una posizione meramente passiva, salvo non operi non già nella sua qualità di difensore, bensì, ricorrendone i presupposti, quale gestore di affari. Tuttavia, è stato anche affermato che l'art. 85 c.p.c., nello stabilire che la revoca e la rinuncia alla procura non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore, va interpretato nel senso che fino alla sostituzione il difensore conserva le sue funzioni con riguardo alle vicende del processo sia per quanto riguarda la legittimazione a ricevere gli atti nell'interesse del mandante, sia per quanto riguarda la legittimazione a compiere gli atti nel suo interesse (Cass. civ., 20 ottobre 1989, n. 4226): sicché la S.C. ha rilevato che il difensore « munito di procura che lo abilitava a proporre appello ed a difendere la parte in secondo grado, poteva, pur dopo la revoca implicita del mandato e la successiva rinuncia, compiere gli atti utili alla parte e, quindi, era legittimato a proporre appello ed a richiedere all'ufficiale giudiziario la notifica del ricorso di appello ». È stata ritenuta parimenti produttiva di effetti interruttivi la dichiarazione di morte di uno degli assistiti effettuata da difensore che, ancorché avesse rinunciato al mandato, non era ancora stato sostituito (Cass. civ., 10 febbraio 1987, n. 1383). La cosiddetta perpetuatio dell'ufficio di difensore revocato o rinunciante comporta fondamentali ricadute sul piano dell'individuazione del destinatario dell'impugnazione. Difatti, poiché ai sensi dell'art. 85 c.p.c., la revoca della procura e la rinuncia al mandato non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore, la notifica dell'impugnazione deve, in siffatta situazione, essere compiuta al difensore non ancora sostituito e non alla parte personalmente (Cass. civ., 23 aprile 2004, n. 7771; Cass. civ., 25 maggio 1984, n. 3227). In quest'ottica, è nulla la notificazione dell'atto di appello eseguita presso il nuovo difensore per il quale non risulti però ancora rilasciato il mandato in sostituzione del precedente che abbia rinunciato al mandato medesimo (Cass. civ., 11 aprile 2001, n. 5410). Parimenti, in caso di inesistenza o nullità della procura al difensore nominato in sostituzione, la parte deve ritenersi ancora difesa dal procuratore revocato (Cass. civ., 13 luglio 2000, n. 9294), con quanto ne consegue anche in tema di individuazione del destinatario della notificazione. Al contrario, poiché con la revoca o rinuncia al mandato ogni rapporto tra la parte del difensore cessa, la notifica della impugnazione eseguita presso il procuratore che sia stato revocato dal mandato e sostituito deve considerarsi non già nulla, bensì inesistente, una volta che nel giudizio la controparte abbia avuto conoscenza legale di tale sostituzione: in tal caso, infatti, la notifica effettuata al precedente difensore si compie presso persona ed in luogo non aventi alcun riferimento con il destinatario dell'atto, giacché, una volta intervenuta la sostituzione del difensore revocato, si interrompe ogni rapporto tra la parte ed il procuratore cessato (Cass. civ., 11 febbraio 2009, n. 3338; Cass. civ., 18 febbraio 2008, n. 3964; Cass. civ., 8 maggio 1981, n. 3016). Inoltre, per effetto del principio della perpetuatio dell'ufficio di difensore revocato o rinunciante: i) erroneamente il giudice dichiara l'improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell'articolo 647 c.p.c. per il fatto che il difensore dell'opponente, dopo l'avvenuta costituzione, abbia rinunciato al mandato senza essere sostituito (Cass. civ., 4 agosto 2005, n. 16336); ii) legittimamente il giudice dichiara la decadenza dalla prova per mancata tempestiva indicazione dei testi benché nelle more del decorso del termine fosse stata revocata la procura al difensore e questi non avesse comunicato il termine alla parte (Cass. civ., 28 luglio 2010, n. 17649); iii) legittimamente, in caso di rinunziare al mandato, il giudice nega il rinvio della trattazione della causa, essendo solo in facoltà del giudice di concederlo, ove ne ravvisi l'opportunità, qualora la rinunzia sia avvenuta all'udienza o in tempo immediatamente precedente (Cass. civ., 28 maggio 2004, n. 10273, MGC, 2004, riferita al giudizio di cassazione. Ma Cass. civ., 7 aprile 1982, n. 2142, Giust. civ., 1983, I, 238 nega tout court la legittimità del rinvio motivato dalla revoca o rinuncia al mandato); ma la facoltà del giudice di rinviare la causa non sussiste se l'udienza è destinata all'assunzione di una prova testimoniale, giacché, a norma dell'art. 208 c.p.c., se in tale udienza non si presenta la parte che l'ha dedotta, il giudice, sulla precisa istanza della parte comparsa, deve dichiarare la decadenza di quella assente dal diritto di farla assumere (Cass. civ., 9 febbraio 1987, n. 1374); iv) non è legittima richiesta di termini a difesa da parte del nuovo difensore che abbia sostituito quello rinunciante al mandato, né il deposito di « una comparsa di costituzione » ad hoc, trattandosi di Atti non previsti dalle norme processuali e non consentiti dalle medesime (Cass. civ., 26 febbraio 1982, n. 1265); v) legittimamente una domanda nuova è introdotta in giudizio, nei limiti in cui ciò è possibile, in un'udienza tenuta successivamente alla revoca o rinuncia al mandato e prima della sostituzione del difensore, quantunque il difensore revocato o rinunciante non sia comparso (Cass. civ., 20 febbraio 1992, n. 2091); vi) nessuna efficacia dispiega, nell'ambito del giudizio di cassazione, tanto più perché caratterizzato da uno svolgimento per impulso d'ufficio, la sopravvenuta rinuncia che il difensore del ricorrente abbia comunicato alla Corte prima dell'udienza di discussione già fissata (Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2014, n. 22235; Cass. civ., 9 luglio 2009, n. 16121; Cass. civ., 2 marzo 2000, n. 2309; Cass. civ., 14 febbraio 2000, n. 1596); vii) legittimamente il giudice disattende la domanda di equa riparazione per l'eccessiva durata di un processo in quanto determinata non già da disfunzioni di sistema, bensì da comportamenti negligenti del difensore rinunciante al mandato, dal momento che la rinuncia non comporta di per sé la perdita dello ius postulandi (Cass. civ., 17 novembre 2006, n. 24507). Riferimenti
COMOGLIO, Procura (diritto processuale civile), in Enc. dir., Aggiornamento IV, Milano, 2000, 1043; DI MARZIO, La procura alle liti. Poteri, obblighi e responsabilità dell'avvocato, Milano, 2013; MANDRIOLI, Delle parti e dei difensori, in Comm. c.p.c. diretto da Allorio, I, 2, Torino, 1973; MAZZARELLA, Avvocato e procuratore, in Enc. giur. Treccani, IV, Roma, 1988; PUNZI, La difesa nel processo civile e l'assetto dell'avvocatura in Italia, in Riv. dir. proc., 2006, 813.
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