L'obbligo di concorrere al mantenimento del figlio trova la sua ragione d'essere nello status di genitore
30 Marzo 2023
Massima
L'obbligo di concorrere al mantenimento del figlio trova la sua ragione d'essere nello status di genitore, la cui efficacia retroattiva risale al momento della nascita del figlio. Ne deriva che l'obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il fatto di averli generati e prescinde da qualsiasi domanda giudiziale. Il caso
La Corte d'Appello di Firenze conferma la decisione del Tribunale di Siena con la quale era stata accolta la domanda di accertamento giudiziale della paternità proposta da Sempronia nei confronti di Caio.
Nello specifico, il Tribunale aveva acclarato che Caio era il padre naturale di Caietto e con ciò lo aveva condannato a versare a Sempronia una certa somma di denaro a titolo di rimborso pro quota delle spese dalla stessa sostenute per il mantenimento del figlio, rispettivamente in via ordinaria e straordinaria, dalla nascita di Caietto sino all'instaurazione della domanda.
Contro tale decisione Caio ricorre in Appello sostenendo che l'attribuzione meccanica del ruolo paterno al genitore biologico, laddove il figlio sia cresciuto in un nucleo familiare estraneo a questi e alla sua famiglia legittima, non sarebbe coerente con l'art. 30, comma 1, Cost. e sostiene che “l'attribuzione del ruolo genitoriale non è un necessario portato del rapporto biologico”.
Il ricorso del padre viene respinto e così egli adisce la Suprema Corte che, in linea con quanto già definito nei primi due gradi di giudizio, respinge la domanda affermando il principio indicato nella massima. La questione
L'attribuzione del ruolo genitoriale, e tutti gli effetti che ne derivano, possono essere una necessaria conseguenza del rapporto biologico esistente tra un genitore e un figlio? Le soluzioni giuridiche
Per un corretto inquadramento della vicenda in esame va rammentato che la materia della filiazione è stata oggetto di ampia revisione ad opera del D. lgs. n. 154/2013 e che, in relazione alla disciplina applicabile a vicende connotate da intertemporalità, come quella in esame, va affermata l'immediata applicabilità dei novellati artt. 315 e ss. c.c., riguardanti gli istituti della filiazione e della responsabilità genitoriale e destinati ad esplicare i loro effetti vincolanti anche sui soggetti nati o divenuti genitori in epoca anteriore alla entrata in vigora della anzidetta revisione.
E' opportuno ricordare che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, l'obbligo del genitore naturale di concorrere al mantenimento del figlio nasce proprio al momento della sua nascita, anche se la procreazione sia stata successivamente accertata con sentenza.
Tale sentenza dichiarativa della filiazione naturale ex art. 277 c.c. produrrà gli effetti del riconoscimento e comporterà per il genitore - ai sensi degli artt. 315-bis e 316 c.c. che disciplinano la responsabilità genitoriale - tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento secondo quanto disposto dall'art. 316-bis c.c.
E' determinante osservare che quest'ultimo articolo, regolante il concorso al mantenimento, non opera alcuna distinzione tra il genitore che ha riconosciuto il figlio e il genitore che non lo ha riconosciuto, parificandoli quanto al dovere di mantenimento, a differenza di quanto stabilito dall'art. 316 c.c., che disciplina l'esercizio della responsabilità genitoriale e che distingue il genitore che ha riconosciuto il figlio e che esercita la responsabilità genitoriale (comma 4) dal genitore che non ha riconosciuto il figlio e che non esercita la responsabilità genitoriale, potendo solo vigilare sull'istruzione, sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio (comma 5).
L'obbligo di concorrere al mantenimento del figlio trova la sua ragione d'essere nel puro status di genitore, la cui efficacia retroattiva è datata al momento della nascita del figlio: l'obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il fatto di averli generati e prescinde da qualsiasi domanda giudiziale.
Da questo assunto deriva la conseguenza che, anche nell'ipotesi in cui al momento della nascita del figlio il medesimo sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, proprio perché il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato, nei confronti di entrambi i genitori, è sorto fin dalla sua nascita.
Ne' tale obbligo di concorrere al mantenimento trova deroga per la circostanza – quand'anche accertata – che non sia stato possibile da parte del genitore biologico, nel periodo intercorso tra la nascita e la data della dichiarazione giudiziale di paternità esercitare i compiti di vigilanza connessi al ruolo genitoriale in quanto le rispettive discipline operano in autonomia.
L'ammontare dell'obbligo va determinato ai sensi dell'art. 316-bis comma 1 c.c., in proporzione alle rispettive sostanze dei genitori e secondo la capacità del loro lavoro e apporto professionale e casalingo; senza dubbio, nella determinazione dell'assegno di mantenimento del figlio naturale può trovare accoglimento, se tempestivamente dedotta e provata, la circostanza che il genitore riconosciuto debba sostenere esborsi per altri figli nati dal matrimonio, tali da incidere sulla quantificazione dell'assegno di cui si discute.
Per consentire una lettura più ampia della questione, si segnala anche altra pronuncia della Suprema Corte, in caso simile a questo, che vede una madre chiedere la condanna alla corresponsione del mantenimento dell'ex convivente e padre di suo figlio a partire dalla cessazione della convivenza. Il padre si oppone sostenendo che l'obbligo al mantenimento decorra dall'emissione della sentenza. In tale caso, la Cassazione civile, con ordinanza n. 8816/2020, afferma che “la decisione del tribunale relativa all'obbligo di mantenimento del figlio naturale da parte del genitore non affidatario, retroagisce naturalmente al momento della domanda giudiziale, oppure – se successiva – all'effettiva cessazione della coabitazione”. Osservazioni
In tema di doveri verso i figli, l'art. 147 del c.c. prevede che “il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall'art. 315-bis c.c.”.
Ma al di là degli effetti dell'istituto del matrimonio, è l'art. 30 della Costituzione che prevede in forma solenne il dovere dei genitori, anche se non uniti in matrimonio, di mantenere, educare e istruire i figli, portando con sé che, se la coppia sposata si separa e poi divorzia o se la coppia di conviventi pone fine alla relazione, i figli non possono essere abbandonati e ricevere danno.
A questo fine il mantenimento dei figli viene regolato dalla legge.
Per affrontare in modo preciso l'argomento relativo al mantenimento dei figli, si deve partire dai diritti che la legge, all'articolo art. 315-bis del c.c., riconosce loro.
Tali diritti spettano a ogni figlio, indipendentemente dal fatto che sia nato da una coppia sposata oppure no.
Oltre al diritto di essere mantenuto, educato, istruito ed assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni, egli ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti, nonché di essere ascoltato in relazione alle questioni che lo riguardano se ha compiuto dodici anni e, nel caso sia capace di discernimento, anche se ha una età inferiore.
È importante ricordare, peraltro, cheaccanto ai diritti il figlio ha anche dei doveri.
L'articolo artt. 315-bis comma 4 del c.c. lo chiarisce in modo cristallino quando afferma che il figlio deve rispettare i genitori e contribuire, in relazione alle sue capacità, alle sue e sostanze e al suo reddito, al mantenimento della famiglia sino a quando convive con essa.
Sinteticamente, per concludere, ritorniamo alla questione specifica dei doveri dei genitori non sposati nei confronti dei figli, riassumendo che, quando nasce un figlio da una coppia non unita dal vincolo matrimoniale, è dovere di entrambi i genitori mantenerlo sino alla sua indipendenza economica e, a talriguardo,vengono applicate le stesse regole che valgono per marito e moglie.
Una possibile separazione dei genitori non può influire su tale dovere che vincola entrambi i genitori a contribuire alle spese per il figlio in relazione alle proprie possibilità economiche e alle necessità del figlio, così come sono tenuti a contribuire in via paritetica, di solito pari al 50%, alle spese straordinarie relative ai figli.
Se l'ammontare dell'assegno non viene determinato di comune accordo tra i genitori, come d'auspicio, tale importo viene stabilito dal giudice su ricorso del genitore. |