Azzardo a loot box chiusa

Giancarlo Marzo
08 Maggio 2023

Negli ultimi giorni è tornata alla ribalta la notizia della condanna della società nipponica Sony, da parte del tribunale austriaco della Carinzia (Tribunale distrettuale di Hemagor). La causa in questione è stata intentata ad opera di uno dei giocatori della piattaforma online Fifa Ultimate Team (brevemente “FUT”), in cui avrebbe “investito” la somma di 400 euro, al fine di acquisire “moneta virtuale” (c.d. Fifa Points) per poter, a propria volta, comprare loot boxes (“Pacchetti Fifa Ultimate Team). L'acquisto avveniva tramite il sistema Playstation Network della Sony, di conseguenza la Corte Austriaca ha intimato alla di lei divisione europea (Sony Interactive Entertainment Network Europe Limited) il rimborso a favore del consumatore [Report del sito tedesco Games Wirtschaft (www.gameswirtschaft.de)].
La sentenza austriaca condanna la Sony

La motivazione alla base di questa decisione è riprodotta in due punti:

  • il primo riguarda la violazione delle regole in materia di Diritto all'arricchimento (“Bereicherungsrecht” in Austria);
  • l'acquisto di moneta virtuale spendibile all'interno del sistema del gioco FIFA avviene nel server Playstation Network Store della multinazionale nipponica. Da qui la richiesta del tribunale austriaco di rimborso ai videogiocatori imposta loro; il secondo elemento dirimente della sentenza è quella della qualifica del sistema premio del gioco FIFA come equiparabile al “gioco d'azzardo”. Ai sensi della legge sul gioco d'azzardo austriaca (“Glücksspielgesetz”), è necessaria una precisa licenza al fine di poter disporre simili meccaniche di gioco. Il contenuto dei pacchetti FUT, dipendendo completamente dal caso, impone un limite, se non addirittura l'azzeramento, delle scelte dei giocatori (nel caso di specie, l'avvocato della parte lesa Ulrich Salburg, “ad una spesa in moneta reale fatta dai giocatori corrispondeva un valore quantomai incerto dei “packs” con conseguente violazione dell'Austrian Gaming Act, potendosi presumibilmente qualificare gli stessi alla stregua del gioco d'azzardo illegale”).

Il verdetto non è ancora definitivo, la società potrà ancora presentare ricorso, ma a detta di molti operatori del settore essa rappresenta una svolta epocale che si lega a stretto giro con i profondi cambiamenti in Europa riguardo il gaming online (Secondo Richard Eibl, manager director della finanziaria Padronus: “La sentenza è un colpo di fulmine per l'intero settore dei videogiochi. Né l'Austria né la Germania hanno sinora adottato una giurisprudenza sulla legalità dei lootbox e sulla recuperabilità dei pagamenti effettuati. Il risultato finale resta ovviamente da vedere, dato che la procedura potrebbe far saltare in aria le istanze, ma Sony e molte altre società di gioco d'ora in poi dovrebbero iniziare a scaldarsi”).

Il tema delle Loot boxes, infatti, non è uscito per la prima volta con questa sentenza, per quanto innovativa, poiché è ormai da decenni che all'interno dell'intero panorama legislativo europeo si discute riguardo tale componente dei videogiochi [È datato luglio 2020 il documento richiesto dal parlamento europeo in cui si è trattato il tema del rapporto tra loot boxes e gambling, per prendere visione completa: (https://www.europarl.europa.eu)].

Manca, però, ancora una legislazione uniforme e adottata da tutti gli Stati Membri dell'Unione, con conseguenti discordanze. Ne sono un esempio paesi come Olanda e Belgio, in cui – al contrario dell'Italia - tali ricompense di gioco sono state vietate, sulla base della preponderanza di elementi ulteriori come la possibilità che ne derivi un utile di qualunque tipo al giocatore (non necessariamente un guadagno in moneta reale) o il fatto che esse possano avere un valore di mercato e come tali cedibili.

Dipendenza da Loot Boxes

Le Loot boxes sono elementi strutturali del videogioco, consistenti in ricompense o premi, solitamente accessibili tramite gameplay o, opzionalmente (a scelta del giocatore) tramite pagamento con moneta reale. La peculiarità di tali “forzieri” è che il contenuto, nella maggior parte dei casi, è appositamente imprevedibile, per far presa, con il mistero dietro, sui consumatori.

Lo schema funzionale è tale per cui:

  1. vi sono delle condizioni di ottenimento (“eligibility conditions”) – il giocatore deve fare “qualcosa” per ottenere l'accesso al premio. Si tratta di dinamiche di gioco, necessarie per ricevere le ricompense previste;
  2. seguono le procedure di selezione, basate su algoritmi o schemi randomici. Possono essere legate alla storia o alla dinamica del gioco (c.d. gameplay); oppure all'attesa di un certo lasso di tempo; o al cosiddetto fenomeno del “pay-to-win” (si tratta di una componente, quella del “pay-to-win” ravvisabile tanto nei giochi free-to-play che in quelli a pagamento): utilizzando moneta reale si può ottenere un premio migliore o semplicemente ridurre il tempo di attesa;
  3. ricezione del premio, che può corrispondere in cambiamenti estetici non influenti; oppure in cambiamenti altresì influenti sulle dinamiche di gioco, in termini di miglioramento delle prestazioni nel gameplay. Il premio previsto potrebbe essere non soggetto ad anticipazione, oppure, ove conoscibile, reso “attraente” dalla rarità (in edizioni limitate o speciali per intenderci);

Al fine di poter competere al meglio all'interno del gaming è chiaramente necessario avere abilità migliori o aumentare le possibilità di vittoria tramite i perfezionamenti forniti dal gioco. Ciò determina un notevole aumento della pressione e dello stress del giocatore che, spinto dalla necessità di vincere, potrebbe essere condizionato al punto di spendere moneta reale (aderendo al “pay-to-win”) [A. Drummond, J. D. Sauer, C. J. Ferguson, L. C. Hall, “The relationship between problem gambling, excessive gaming, psychological distress and spending on loot boxes in Aotearoa New Zealand, Australia, and the United States-A cross-national survey” in National Library of Medicine, Marzo 2020 (https://pubmed.)].

A questo elemento si aggiunga poi la componente economica, basata prevalentemente su cifre di modico valore. Si tratta di microtransazioni tra i 0,99 centesimi e i 5 euro, incentivanti in quanto ritenute spese pressoché irrisorie [fanno eccezione i content creators - disposti ad investire determinate cifre guadagnando poi in visualizzazioni dei rispettivi canali (in piattaforme come Youtube o Twich per i più appassionati)].

Senza addentrare la lettura in un'analisi neurobiologica del condizionamento, il dibattito si concentra sugli elementi psicologici afferenti al gaming online tali da condurre alla spesa “reale” i soggetti coinvolti [M.Avanzi, Neurobiologia del condizionamento operante, dopamina, apprendimento e disturbo da gioco d'azzardo (http://www.gambling.it)].

Uno studio dell'Università di Plymouth ha evidenziato l'esistenza di fattori di vario tipo che potrebbero comportare un evidente condizionamento:

  • Componenti afferenti al “valore del contenuto della box”: dal punto di vista “finanziario-virtuale” ad esempio il valore che quel premio all'interno del gioco; oppure estetico, per competere con altri giocatori non solo in abilità ma anche in bellezza dell'avatar; infine la componente qualitativa, il miglioramento necessario per poter andare avanti.
  • Componenti afferenti gli “elementi di gioco”: come scritto precedentemente il giocatore può essere portato a spendere per superare le difficoltà di un livello, ridurre il tempo di attesa o rendersi maggiormente competitivi;
  • Componenti afferenti “l'influenza sociale”: è riscontrato come anche al di fuori del contesto ludico i soggetti potrebbero essere sottoposti ad una importante pressione sociale, che per alcuni si trasforma in una ossessione di avere uno status elevato in relazione a quel determinato videogioco, auto-imponendosi un confronto con altri players (Per prendere visione del documento completo (University of Plymouth)).

In conclusione

Viene quindi da domandarsi se tali strutture e dinamiche delle ricompense non possano essere in qualche modo modificate dalle case produttrici, per una maggiore attenzione delle fasce di età colpite (tra i 10 e i 35 anni tendenzialmente).

Soluzioni che potrebbero essere l'eliminazione di questi meccanismi (come accaduto in Belgio ed Olanda); oppure fornire maggiori informazioni riguardo il contenuto nelle ipotesi di pagamento, ad esempio relativamente alle percentuali di ricompensa.

L'auspicio è che, anche in Italia, dove attualmente manca una disciplina chiara con riguardo alle Loot Boxes, si arrivi a pensare finalmente al di fuori della scatola.

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