Il ravvedimento operoso è un atto di natura negoziale

La Redazione
11 Maggio 2023

La scelta del ravvedimento operoso in materia fiscale, di cui all'art. 13, d.lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà - rispetto alla quale risulta irrilevante che l'atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza - per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante

Una contribuente chiedeva l'annullamento del diniego dell'istanza di rimborso di sovrattasse e interessi per ritardato pagamento di imposte per l'anno 2012, importo che era versato a seguito di ravvedimento operoso. Essa riteneva giustificato il ritardo in ragione del mancato incasso di ingenti somme dovutele dalla P.A. La CTP dichiarava l'inammissibilità del ricorso per tardivo deposito dello stesso, la CTR accoglieva invece l'istanza. L'Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione in Cassazione dolendosi, sostanzialmente per la violazione dell'art. 13 d.lgs. n. 472/1997 poiché, essendo pacifico che i pagamenti erano avvenuto in virtù del ravvedimento operoso, doveva ritenersi preclusa la contestazione sulla debenza delle relative somme, mancando i presupposti per l'errore essenziale e riconoscibile. Il ricorso è fondato.

Il Collegio evidenzia che «il c.d. ravvedimento operoso (definizione che evoca l'annullamento del contributo causale nell'illecito omissivo) costituisce uno spontaneo seppur tardivo adempimento dei doveri fiscali il quale, appunto per il suo presupposto di “spontaneità”, è espressione di una scelta del contribuente». Si tratta di una scelta di carattere negoziale, essendo una dichiarazione di volontà che «coerentemente non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante, cioè essenziale e riconoscibile ai sensi dell'art. 1428 c.c.».

In conclusione, la Corte afferma il principio di diritto secondo cui «la scelta del ravvedimento operoso in materia fiscale, di cui all'art. 13 d.lgs. n. 472/19972, è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà - rispetto alla quale risulta irrilevante che l'atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza - per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante. Ai fini dell'istanza di rimborso delle somme così versate, risulta irrilevante la natura, formale o sostanziale, della violazione per la quale si presta il "ravvedimento" stesso, né la stessa può essere ancorata alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori, risultando ciò palesemente contrastante con lo stesso sistema del ravvedimento in parola, che consiste in una libera scelta del contribuente con la quale - ricorrendo le condizioni di legge - si provvede a soddisfare la pretesa tributaria senza porla in discussione, beneficiando peraltro di un trattamento sanzionatorio ridotto, risultando quindi esclusivamente rilevante l'errore determinante ai sensi dell'art. 1428 c.c., in cui sia caduto il contribuente nel momento in cui ha operato il ravvedimento stesso».

Il ricorso trova dunque accoglimento con il conseguente annullamento della pronuncia impugnata. Non essendovi la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, la Corte respinge il ricorso introduttivo.

Fonte: Diritto e Giustizia

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