Concorso al mantenimento dei nipoti, si configura un rapporto di litisconsorzio necessario di tutti gli ascendenti?
12 Maggio 2023
Massima
In sede di richiesta di revisione o modifica del provvedimento che statuisce sull'obbligazione di cui all'art. 148 c.c., possono comunque anche essere chiamati a partecipare soggetti diversi da quelli che hanno preso parte all'originario procedimento, avente oggetto diverso. Invero, in presenza di più ascendenti, ogni coobbligato è tenuto nei limiti delle proprie condizioni economiche e anche in proporzione condizionata alle situazioni degli altri soggetti astrattamente tenuti, cosicché sussiste l'interesse ad evocare in causa anche l'altro soggetto coobbligato, affinché venga fornito al giudice un quadro esaustivo circa le condizioni patrimoniali dei coobbligati. Tuttavia, non ricorrendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario, il giudice non può ordinare alcuna integrazione d'ufficio.
Il caso
In primo grado il Tribunale aveva posto a carico degli ascendenti paterni il pagamento, in favore della loro ex nuora, a titolo di contributo al mantenimento, una quota parte della somma posta a carico del loro figlio, coniuge separato e padre del minore loro nipote, domiciliato presso la madre. Tale ordine, infatti, si era reso necessario in quanto il padre del minore, da tempo, si era reso inadempiente nel pagamento dell'assegno per il contributo al mantenimento del figlio, fissato in sede di separazione consensuale, e i redditi percepiti dalla madre non erano sufficienti al mantenimento del figlio. Successivamente, in sede di appello, il reclamo proposto dalla nonna paterna era stato rigettato in quanto, dal momento che lo stesso era stato promosso oltre i termini previsti dall'art. 148, comma 3, c.c., il ricorso si doveva qualificare come istanza di modifica e revoca delle condizioni economiche regolamentate da decreto con la conseguenza che, conformemente a quanto statuito dal primo giudice, non poteva estendersi il contraddittorio anche alla nonna materna, rimasta estranea al procedimento conclusosi con l'emissione del decreto non tempestivamente opposto. Inoltre, sempre a detta dei giudici di secondo grado, non solo le condizioni economiche della madre del minore erano rimaste pressoché immutate, in quanto il lieve incremento reddituale era stato compensato dalle maggiori esigenze materiali connaturate alla crescita del minore (ormai di anni diciassette e mezzo), ma anche la situazione economica della reclamante non era peggiorata, avendo la stessa incrementato il già cospicuo patrimonio immobiliare a seguito della morte del marito e della mancata accettazione dell'eredità paterna da parte del figlio. Una volta giunto in Cassazione il ricorso promosso dalla nonna paterna nei confronti della nonna materna, la Suprema Corte, con ordinanza interlocutoria, ha ritenuto di rinviare la causa per la trattazione in pubblica udienza, in relazione alla questione, posta con il secondo motivo di ricorso, relativa alla domanda della reclamante nonna paterna (parte immediatamente coinvolta nella vicenda familiare relativa all'assegno per il mantenimento del figlio minore, in qualità di ascendente tenuto a contribuire per il mantenimento del minore), di estensione dell'obbligo di versamento del contributo al mantenimento del nipote anche alla nonna materna, con conseguente istanza di chiamata in causa di quest'ultima, richiesta disattesa dal giudice di merito, sul presupposto della mancata partecipazione all'originario giudizio dell'ascendente materno. La questione
Nell'ipotesi in cui a dover far fronte al mantenimento di un minore siano i suoi ascendenti prossimi si configura un caso di litisconsorzio necessario fra gli stessi, con conseguente potere da parte del giudice di integrare d'ufficio il contraddittorio? Le soluzioni giuridiche
La questione affrontata dalla pronuncia in esame impone una lettura delle norme coinvolte, vale a dire della disposizione di cui all'art. 148 c.c. (sostituita senza sostanziali modifiche dall'art. 316-bis c.c.). Come noto, la norma di cui sopra prevede che quando i genitori non dispongano di mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, siano tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli e che in caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi abbia interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, possa ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole. L'obbligazione, però, posta a carico di tutti gli ascendenti dello stesso grado (e, quindi, nella specie, sia a carico dei nonni paterni che di quelli materni), è assolutamente eccezionale, sussidiaria e prevista non a tutela del coniuge del proprio discendente, ma soltanto a favore dei suoi figli. L'obbligo, infatti, che l'art. 148 c.c. pone a carico degli ascendenti non risponde affatto ad una logica di tipo fideiussorio delle obbligazioni incombenti sui congiunti dello stesso sangue, bensì al ben diverso principio della tutela dei minori, cardine di tutto il nostro diritto di famiglia, quando al loro mantenimento non possano provvedervi (in tutto o in parte) i genitori, ma possano invece gli ascendenti. Di conseguenza, quindi, la disciplina della ripartizione degli oneri tra coniugi rispetto al mantenimento dei figli comporta che, come ad esso sono tenuti entrambi i coniugi, così al medesimo, ove ne ricorrano i presupposti, siano tenuti tutti e quattro i nonni (e, più in generale, tutti gli ascendenti di pari grado), il tutto, ovviamente, in proporzione alle rispettive condizioni economiche. Ciò posto, nel caso di specie, nell'originario procedimento promosso ex art. 148 c.c., definito nel 2010 in assenza di opposizione, con giudicato rebus sic stantibus, solo ai nonni paterni era stato imposto di fornire al genitore, che provvedeva a mantenere il di loro nipote minorenne, i mezzi necessari per l'adempimento dei doveri nei confronti del figlio (tramite versamento di parte del contributo al mantenimento che avrebbe dovuto essere corrisposto dal coniuge). Tuttavia, nel giudizio di revisione per sopravvenuti motivi intrapreso dalla nonna paterna quest'ultima non aveva evocato in giudizio la nonna materna, ma si era limitata a chiederne la chiamata in causa. La Corte d'appello, reiterata la domanda in sede di gravame, l'aveva respinta sul presupposto della mancata partecipazione all'originario giudizio da parte dell'ascendente materno. Orbene, secondo la Suprema Corte, una siffatta motivazione andava corretta, nel senso che, in sede di richiesta di revisione o modifica del provvedimento, postulata dalla nonna paterna (la quale non aveva attivato nei termini di legge lo speciale procedimento di opposizione al decreto), potevano, comunque, anche essere chiamati a partecipare soggetti diversi da quelli che avevano preso parte all'originario procedimento, avente oggetto diverso. Del resto, in presenza di più ascendenti, ogni coobbligato è tenuto ad adempiere nei limiti delle proprie condizioni economiche e anche proporzionalmente alla situazione degli altri soggetti astrattamente tenuti. Pertanto, ben sussisteva l'interesse ad evocare in causa l'altro soggetto coobbligato, affinché il giudice potesse disporre di un quadro esaustivo circa le diverse condizioni patrimoniali dei coobbligati. Non solo, ma secondo la Cassazione, non ricorrendo nel caso sottoposto alla sua attenzione un'ipotesi di litisconsorzio necessario, il giudice non avrebbe potuto ordinare alcuna integrazione d'ufficio; e, peraltro, la ricorrente, che aveva dato vita al procedimento per la modifica del decreto, non aveva evocato in giudizio da subito anche l'altra nonna, essendosi limitata a chiederne, in primo grado, la chiamata in causa. Una siffatta richiesta, dunque, non accolta dal giudice, non poteva essere sindacata di fronte alla Suprema Corte dal momento che fuori dalla ipotesi di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., il provvedimento con cui il giudice di merito concede o nega l'autorizzazione a chiamare in causa un terzo, ai sensi dell'art. 106 c.p.c., investe valutazioni di carattere discrezionale, che, come tali, non possono formare né oggetto di appello né di ricorso per cassazione. Osservazioni
La pronuncia in esame si presenta altresì interessante nella parte in cui gli Ermellini ricordano come l'art. 316-bis c.c., che nel 2013 aveva sostituito senza sostanziali modifiche l'art. 148 c.c., nei suoi commi 2, 4 e 5, sia stato oggetto di intervento da parte del d.lgs. n. 149/2022 (c.d. Riforma Cartabia) tanto che, ora, gli stessi così recitano: “In caso di inadempimento il presidente del tribunale o il giudice da lui designato, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole. Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. L'opposizione è regolata dalle norme che disciplinano il procedimento relativo allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie. Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le medesime forme, la modificazione e la revoca del provvedimento”. La modifica appena ricordata, però, ha effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applica ai procedimenti instaurati successivamente a tale data, mentre per quanto riguarda quelli già pendenti al momento dell'entrata in vigore della Riforma continuano a trovare applicazione le disposizioni anteriormente vigenti (cfr. art. 35, comma 1, d.lgs. 149/2022). |