Ergastolo, la Consulta dichiara illegittimo il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata

Redazione Scientifica
16 Maggio 2023

La pronuncia della Corte costituzionale relativa al caso Cospito era stata anticipata dal comunicato stampa dello scorso 18 aprile.

Con la sentenza n. 94, depositata il 12 maggio 2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 69, comma 4, c.p., come modificato dalla legge n. 251/2005, nella parte in cui, relativamente ai delitti puniti con la pena edittale dell'ergastolo, prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata: la pena edittale dell'ergastolo, infatti, non può risultare "fissa" e "indefettibile" per effetto del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sull'aggravante della recidiva reiterata, divieto, introdotto nel 2005 come deroga alla regola generale secondo cui il giudice può fare l'ordinario bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti.

Più volte la Consulta ha già dichiarato illegittimo tale divieto con numerose sentenze in riferimento a reati anche molto gravi: in continuità con tali pronunce, la Corte ha ribadito che, nelle ipotesi in cui la differenza tra la pena base e quella risultante dall'applicazione di un'attenuante è molto elevata, «l'effetto della recidiva reiterata non può essere tale da comportare il divieto per il giudice di fare ciò che il codice penale prevede in generale quando c'è il concorso di circostanze attenuanti e aggravanti», ossia valutarle e compararle per stabilire se le prime possano essere, eventualmente, ritenute prevalenti. In questi casi, la necessaria funzione di riequilibrio della pena, svolta dall'attenuante, è compromessa dal divieto di prevalenza: ciò vale a maggior ragione nel caso in cui la pena edittale è quella fissa dell'ergastolo, essendo la differenza ancora più marcata di quella esistente nei reati ai quali si riferiscono le precedenti sentenze. Quando ricorre una circostanza attenuante, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da venti a ventiquattro anni, e quindi la differenza è tra una pena perpetua, di durata indeterminata in quanto potenzialmente "senza fine", e la reclusione, che è sempre temporanea.

La pena "fissa" e "indefettibile" dell'ergastolo, quale effetto del divieto suddetto, si pone, inoltre, in contrasto con il principio di necessaria proporzionalità della sanzione: il giudice, infatti, deve poter graduare la pena secondo la maggiore o minore offensività della condotta in concreto, tenuto conto delle circostanze del reato.

Infine, la Corte ha precisato che, per effetto di tale dichiarazione di illegittimità costituzionale, il giudice, nel determinare il trattamento sanzionatorio in caso di condanna di persona imputata di uno dei delitti puniti con la pena edittale dell'ergastolo, aggravato dalla recidiva reiterata, non ha più il divieto previsto dalla norma suddetta e può operare l'ordinario bilanciamento delle circostanze, come stabilito in generale dal codice penale, e, quindi, può ritenere che le attenuanti siano prevalenti sulla recidiva reiterata e conseguentemente non irrogare l'ergastolo; tuttavia, questa pena può essere inflitta ove il giudice valuti che, invece, le attenuanti non siano prevalenti sulla recidiva.

Insomma: in caso di recidiva reiterata, la pena dell'ergastolo non è più "fissa" e "indefettibile", ma non è esclusa.

Per un maggiore approfondimento, vedi Caso Cospito: una prima “apertura” da parte della Consulta.

*Fonte: DirittoeGiustizia