Installazione di gazebo su terrazzo esclusivo

Redazione scientifica
05 Luglio 2023

I proprietari di un appartamento con pertinente terrazzo decidono, previa autorizzazione dell'assemblea e nel rispetto della distanza legale, di costruire un gazebo amovibile con intelaiatura in legno. A seguito della costruzione, il proprietario del piano superiore, pur avendo la sola possibilità della veduta laterale, contestava la realizzazione del manufatto. In tale circostanza, l'opera deve essere rimossa?

Ai fini di una corretta disamina della questione in esame, occorre precisare che le norme sulle distanze legali, in quanto rivolte a regolare i rapporti tra proprietà autonome e contigue, sono applicabili nei rapporti tra i proprietari di unità immobiliari in un edificio di condominio soltanto quando siano compatibili con quelle particolari relative all'uso delle cose comuni; in caso di contrasto, prevalgono quest'ultime, rispetto alle quali le prime si trovano in relazione di subordinazione (Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2010, n. 5897); pertanto, il principio dell'inoperatività, nel condominio, della normativa sulle distanze legali, se può valere con riferimento alle opere eseguite sulle parti comuni e sempre che si tratti di uso normale di queste ultime, non si estende invece ai rapporti fra i singoli condomini (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2001, n. 13170).

Premesso ciò, in argomento, giova ricordare che il diritto di veduta consiste nella facoltà del proprietario alle c.d. inspectio e prospectio nel fondo vicino, ovvero di guardare e sporgersi sulla proprietà altrui. Questo è riconosciuto dall'art. 907 c.c. e si sostanzia nel divieto di “fabbricare” ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta. Il divieto riguarda sia le vedute dirette che quelle oblique o laterali. La titolarità del diritto reale di veduta costituisce una condizione dell'azione volta ad ottenere l'osservanza, da parte del vicino, delle distanze di cui all'art. 907 c.c. e come tale, va accertata anche d'ufficio dal giudice, salvo che da parte del convenuto vi sia stata ammissione, esplicita o implicita (purché inequivoca), della sussistenza di tale diritto dovendo, chi lo invoca, dimostrare l'avvenuto acquisto, a titolo negoziale od originario, della relativa servitù e non rilevando la mera preesistenza di fatto di tali aperture.

Quindi, come regola generale, secondo i giudici, il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell'edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino (nella specie, un pergolato realizzato a copertura del terrazzo del rispettivo appartamento) che, direttamente o indirettamente, pregiudichi l'esercizio di tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l'art. 907 c.c. il bilanciamento tra l'interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, in quanto luce ed aria assicurano l'igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita (Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2013, n. 955).

Nonostante ciò, in altro precedente, i giudici hanno riconosciuto la legittimità di un gazebo costruito all'interno della proprietà esclusiva di un condomino e autorizzato dall'assemblea. Difatti, nel caso di specie, il manufatto rispettava le distanze imposte dall'art. 907 c.c. e, per come strutturato, non limitava il diritto di veduta del proprietario del piano superiore (Trib. Crotone 16 gennaio 2023, n. 35: nella specie, la veduta laterale, la quale ricorre quando il confine del fondo del vicino e il muro dal quale si esercita la veduta formano un angolo di 180 gradi, poteva essere esercitata oltre che di lato, anche in basso, verticalmente, assumendo, così le caratteristiche della veduta in appiombo. Difatti, secondo il giudice di merito, proprio per specificare i limiti normali della veduta e della veduta obliqua in basso, la legge impone a colui che vuole appoggiare la nuova costruzione al muro dal quale si esercita la veduta, di arrestarsi almeno tre metri sotto la soglia. Per queste ragioni, non essendo la struttura collocata in violazione della prescrizione dell'art. 907 c.c., il manufatto non è stato rimosso).

In definitiva, l'art. 907 c.c. prevede in capo al titolare della veduta, un “diritto perfetto” rispetto alla distanza legale da parte della costruzione del vicino, senza introdurre ulteriori condizioni; sicché, solo in caso di rispetto della normativa (come accaduto nel caso di specie del Tribunale di Crotone), l'opera si considera legittima.

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