Contrasti sulla proponibilità della domanda divorzile in sede di separazione congiunta
25 Luglio 2023
Massime
Trib. Salerno, 30 maggio 2023 Sotto la vigenza del d.lgs. n. 149/2022, nel procedimento introdotto da domanda congiunta di separazione è proponibile la domanda di divorzio. Una volta omologate le condizioni di separazione, la causa va rimessa sul ruolo del g.i. affinchè, trascorsi sei mesi dalla comparizione dei coniugi, acquisisca le dichiarazioni delle parti di non volersi riconciliare, a tenore dell'art. 2 l. div. Trib. Ferrara, 31 maggio 2023 Sotto la vigenza del d.lgs. n. 149/2022, nel procedimento introdotto da domanda congiunta di separazione è improponibile la domanda divorzio. Il caso
In entrambi i procedimenti in esame i coniugi avevano avanzato ricorso congiunto per pronunzia di separazione, al contempo richiedendo la declaratoria di divorzio, una volta decorso il termine di legge ed in difetto di riconciliazione. La questione
Si domanda se, nel nuovo rito delle persone, dei minorenni e della famiglia (introdotto dalla novella n. 149/2022), sia ammissibile avanzare cumulativamente domanda di separazione e di divorzio in un procedimento a domanda congiunta (art. 473-bis. 51 c.p.c.). Le soluzioni giuridiche
La sentenza del Tribunale di Salerno non motiva sul punto la soluzione di cui a massima, presupponendo implicitamente l'ammissibilità del cumulo tra le due domande avanzate in sede di separazione consensuale. Pertanto, una volta pronunziata separazione personale dei coniugi, mediante omologa, il Collegio ha rimesso la causa sul ruolo del g.i. affinchè, trascorso il termine di sei mesi dalla data di comparizione dei coniugi, provveda ad acquisire le dichiarazioni delle parti di non volersi riconciliare, secondo quanto prevede l'art. 2 l. n. 898/1970. Le spese sono state riservate al giudizio definitivo. Diversa la soluzione adottata dall'altra pronunzia. Il Tribunale di Ferrara evidenzia che l'art. 473-bis.51, dedicato ai “procedimenti su domanda congiunta”, non prevede testualmente la possibilità di cumulo delle due domande, come invece espressamente dispone l'art. 473-bis.49 per il giudizio contenzioso; affermando che la possibilità di cumulo sarebbe stata riservata unicamente al giudizio introdotto in forma contenziosa. Sempre in contrario viene richiamato l'orientamento consolidato di legittimità che sanziona con la nullità gli accordi preventivi in vista del futuro divorzio, in quanto stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'art. 160 c.c. Da queste premesse, il Tribunale perviene all'omologa della separazione consensuale, al contempo dichiarando improponibile la domanda avente ad oggetto la declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Osservazioni
I. La tematica oggetto delle due pronunzie contrapposte è una delle più incerte e maggiormente discusse tra quelle suscitate dalla novella processuale, al punto che la quaestio iuris è stata oggetto di recentissimo rinvio pregiudiziale in Cassazione, a norma dell'art. 363-bis c.p.c. (Trib. Treviso 31 maggio 2023, Dir. Giust., 6 giugno 2023). Il primo presidente della Corte, ritenuto ammissibile il rinvio del giudice di merito, ha assegnato il fascicolo alla prima Sezione per l'enunciazione del prinicipio di diritto (decreto 14 giugno 2023, in Dir. Giust.). Il profilo oggetto di discussione emerge dalla lettura congiunta del combinato disposto degli artt. 473-bis.49, comma 1, e 473-bis. 51 c.p.c., come novellati. La prima previsione normativa ammette il cumulo della domanda di separazione con quella di divorzio “negli atti introduttivi” del giudizio contenzioso (“negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. Le domande così proposte sono procedibili decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale”). La seconda disposizione normativa, invece, non prevede espressamente tale facoltà nel “procedimento su domanda congiunta” (“la domanda congiunta relativa ai procedimenti di cui all'art. 473-bis.47 si propone con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'una o dell'altra parte”). Il legislatore delegante aveva disposto, supponendo il giudizio contenzioso: “prevedere che nel processo di separazione tanto il ricorrente quanto il convenuto abbiano facoltà di proporre domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, disponendo che quest'ultima sia procedibile solo all'esito del passaggio in giudicato della sentenza parziale che abbia pronunciato la separazione e fermo il rispetto del termine previsto dall'art. 3 della l. n. 898/1970,e che sia ammissibile la riunione dei procedimenti aventi ad oggetto queste domande qualora pendenti tra le stesse parti dinanzi al medesimo tribunale, assicurando in entrambi i casi l'autonomia dei diversi capi della sentenza, con specificazione della decorrenza dei relativi effetti” (art. 1, comma 23, lett. bb), l. n. 206/2021). La possibilità di introdurre domande congiunte di separazione e divorzio nasce dalla duplice seguente constatazione. Da un canto, la giurisprudenza di legittimità ammette la proponibilità congiunta di domande di status semprechè tra di esse intercorra nesso di pregiudizialità. Il riferimento è alla domanda di disconoscimento di paternità ed a quella contemporaneamente avanzata di accertamento giudiziale di paternità. In tal caso, a fronte della contemporanea pendenza dei due giudizi, “si applica l'istituto della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c., la cui ratio è quella di evitare il conflitto tra due giudicati” (Cass. civ. 3 luglio 2018, n. 17.392, in Ius famiglia, con nota Corriere; Cass. civ., sez. un., 22 marzo 2023, n. 8268, ivi, con nota di Figone). E' quest'ultima la soluzione codificata dalla riforma processuale. La domanda congiunta avente ad oggetto pronunzia di divorzio è ammissibile, tuttavia la stessa diventa “procedibile decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronunzia la separazione personale” (art. 473-bis.49 c.p.c.). Ulteriore considerazione (segnalata dalla Relazione Illustrativa) a favore della proposizione congiunta delle due domande in un medesimo vaso processuale verte sul risparmio di mezzi ed energie processuali, “considerata la perfetta sovrapponibilità di molte delle domande consequenziali che vengono proposte nei due giudizi” (quali, affidamento della prole, assegnazione della causa familiare, determinazione del contributo di mantenimento), come pure, la “analogia degli accertamenti istruttori da compiere”. II. Da un punto di vista lessicale, a favore della proponibilità della domanda di divorzio anche nel procedimento di separazione consensuale sono state svolte le seguenti osservazioni. L'utilizzo nell'art. 473-bis.51 del termine “procedimenti di cui all'art. 473-bis.47” (che ultimo si farebbe riferimento alle domande cumulate di separazione e divorzio) alla forma plurale, con ciò indicante la possibile introduzione di domande cumulate anche nel procedimento a domanda congiunta (per il rilievo, DANOVI, 489). Per quanto il richiamo testuale non sembra essere risolutivo e neppure dotato di valenza univoca. Non diversa è la valenza della considerazione secondo cui, sistematicamente, tanto l'art. 473-bis.49, quanto l'art. 473-bis.51, sono accomunati in quanto inseriti nella medesima sezione II del capo III del libro II del codice, intitolata ai “procedimenti di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, etc” (per l'argomento, Simeone, 325). In contrario all'estensione della domande cumulata di divorzio nel procedimento di separazione consensuale, il Tribunale di Ferrara, nella pronunzia in epigrafe, ha richiamato un argomento ostativo all'estensione: ovvero, “il consolidato orientamento di legittimità”, secondo cui gli accordi patrimoniali preventivi dei coniugi conclusi in sede di separazione sono invalidi “per illiceità della causa, perchè stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibiità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'art. 160 c.c.” (Cass. civ. 18 febbraio 2000, n. 1818; Cass. civ. 30 gennaio 2017, n. 2224; Cass. civ. 28 giugno 2022, n. 20.745). A parte la considerazione secondo cui il principio espresso dalla nomofilachia è da tempo oggetto di rilievi critici da parte della migliore dottrina ed è stato eroso dall'elaborazione della Corte di Legittimità (v., amplius, Lenti). In ogni caso, lo stesso sembra superato proprio dalla previsione normativa di nuovo conio dettata dall'art. 473-bis.49 c.c., laddove la stessa riconosce ai coniugi “il potere di disporre in forma consensuale delle conseguenze della fine del loro rapporto in un momento in cui lo stesso è per l'ordinamento ancor pienamente vitale ed operativo” (Danovi; Simeone, 326-327); mediante sottoscrizione di un accordo patrimoniale dispositivo preventivo. D'altro canto, l'affermazione secondo cui sussisterebbe l'inattualità degli accordi economici conclusi in previsione del futuro divorzio sembra provare troppo, tenuto conto che il tempo di attesa per la pronunzia sullo status libertatis nel corso del tempo è venuto progressivamente a ridursi da alcuni anni (da 5, 6, 7 anni iniziali a 3 anni), ai pochi mesi odierni (sei). L'argomento di sistema, ritenuto ostativo alla proposizione di domande cumulate di separazione e divorzio congiunto, sembra con ciò non essere determinante. D'altro canto, vale anche un'ulteriore rilievo. Una preventiva, anticipata e complessiva regolamentazione dei profili economici del rapporto di coniugio che si estingue (per effetto della pronunzia divorzile) e delle obbligazioni che de futuro insorgono a carico (sub specie di assegno di mantenimento o di assegnazione della casa familiare) costituisce interesse condiviso degli ex coniugi. Perchè è un interesse di entrambi conoscere in anticipo i propri impegni economici in modo da programmare la vita futura. Tale preventiva conoscenza può, assai opportunamente, disinnescare liti ed attriti, evitando l'insorgenza di ragioni di futuro contenzioso. III. A favore della cumulabilità delle due domande, anche in sede congiunta (per quanto la norma in discorso non la facultizzi espressamente) militano argomentazioni logiche, oltrechè di buon senso. Sarebbe anzitutto paradossale ammettere il cumulo di domande unicamente in un processo contenzioso, nel quale la richiesta di pronunzia di separazione viene avanzata dal ricorrente, mentre quella di divorzio potrebbe essere proposta, in via riconvenzionale, dal resistente in comparsa; ossia, nell'ambito di un processo nel quale appare fisiologico il contrasto di posizioni tra coniugi con riguardo alle domande accessorie (mantenimento, casa familiare, figli, etc). Sarebbe quantomeno curioso, invece, non ammettere l'esercizio di tale facoltà processuale in un processo nel quale i coniugi espressamente lo richiedano, concordando sulla regolamentazione della materia del contendere, tanto con riguardo al cumulo di domande sullo status, che sulle condizioni di separazione e divorzio (v. DanoviI, 491). Se le parti concordano per chiedere una celere decisione in ordine alla cessazione dello status coniugalis, v'è da chiedersi per quale motivo porre barriere interpretative ad una concorde volontà espressa dagli stessi ricorrenti. Un diverso trattamento processuale di situazioni analoghe, in un procedimento contenzioso ed in uno a domanda congiunta, risulterebbe assai poco giustificato, se non rinvenendo fondamento in un svista del legislatore delegante (di cui la riforma non è avara). Sembra conseguenziale il rilievo secondo cui la scelta permissiva si pone in sintonia rispetto ai criteri dettati dalla legge delega, che tutti sono rivolti alla velocizzazione e semplificazione dei processi, onde garantirne, in modo concordante, il valore della ragionevole durata (art. 1). Ed è indubbio che ammettere la proposizione delle domande di separazione e divorzio in un medesimo ambito processuale tenda a garantire, non solo semplificazione degli adempimenti per le parti ed il giudice, ma pure velocizzazione del risultato finale perseguito e concordemente richiesto. Ammettere domande congiunte cumulate (anche in sede di separazione consensuale) garantisce il buon funzionamento del sistema giurisdizionale, onde permettere un coordinamento tra le diversificate domande, evitando la molteplicità di procedimenti, oltrechè complicazioni procedurali, rallentamenti e difficoltà di coordinarne iter processuale, date le diversificate tipologie di pronunzie richieste. Il favor legislativo per il coordinamento e la riunione delle domande connesse tra i coniugi (separazione e divorzio) entro l'ambito di un unico contenitore processuale trova conforto e conferma nella previsione processuale di nuovo conio; laddove la stessa dispone la riunione dei procedimenti separatamente introdotti, laddove introdotti avanti a giudici diversi (art. 40 c.p.c.) o avanti al medesimo giudice (art. 274 c.p.c.), a tenore dei commi 2° e 3 dell'art. 473-bis 49 c.p.c. V. Come è emerso dalla precedente disamina, gli argomenti di logica e buon senso si contrappongono al dato testuale che pare, di per sé, ostativo all'estensione del cumulo della domanda divorzile in sede di separazione congiunta. A questo punto, dipende dalla peculiare sensibilità dell'interprete far prevalere il dato formale (ostativo all'estensione) o quello di tendenza del sistema (permissivo), quale emergente dalla complessiva trama della riforma. In ogni caso, data l'opinabilità degli argomenti esposti e delle considerazioni svolte, è auspicabile che la Corte di Cassazione, investita dal rinvio pregiudiziale richiamato in precedenza, possa sciogliere la non secondaria perplessità ermeneutica, che equamente divide la dottrina e la prassi applicativa di questi primi mesi. Con la speranza che venga privilegiata una soluzione sintonica ed in linea con gli obiettivi tracciati dalla riforma che, tutti, sono rivolti a preservare positivi valori di riferimento, indirizzati a garantire un efficiente, effettivo, oltrechè ordinato esercizio della giurisdizione: quali sono, appunto, quelli della semplificazione, velocizzazione e razionalizzazione del processo civile (art. 1 l. delega). Riferimenti
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