Processo con più parti, controversia riguardante la liquidazione delle spese ed integrazione del contradditorio
27 Luglio 2023
Massime
Si ha causa inscindibile ogniqualvolta la situazione di diritto sostanziale e processuale imponga che la sentenza sia pronunciata nei confronti di più parti, affinché la sentenza medesima non sia inutiliter data; pertanto, quando tra due delle più parti in causa si controverta unicamente circa il carico delle spese del giudizio delle fasi precedenti, in relazione alla rispettiva posizione che le stesse hanno assunto nel processo, è pienamente possibile la scissione e non è, quindi, necessaria l'integrazione del contraddittorio nel giudizio di cassazione. In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55/2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso. Il caso
AAA proponeva, innanzi ad un Giudice di pace, opposizione ad estratti di ruolo, deducendo l'omessa notifica della cartella di pagamento e la conseguente prescrizione del credito preteso. L'opposizione veniva proposta nei confronti del Comune di ZZZ e dell'Agenzia elle Entrate-Riscossione. Nella sentenza che si commenta non è riportato l'esito del giudizio di prima istanza. In sede di gravame, il Tribunale adito accoglieva l'opposizione e liquidava i compensi della difesa dell'opponente sotto i minimi tabellari e nei soli confronti dell'Agenzia delle Entrate. Avverso tale pronuncia, l'originario opponente proponeva ricorso per cassazione, rivolto unicamente all'Agenzia delle Entrate, deducendo l'illegittimità della liquidazione dei suddetti compensi sotto i minimi. Le questioni
La Suprema Corte è stata chiamata a stabilire a) se i compensi del difensore dell'originario opponente fossero stati legittimamente liquidati in misura inferiore ai minimi tabellari; b) se, trattandosi di processo con pluralità di parti ed essendo stato il ricorso proposto unicamente verso quello dei due soccombenti che nella precedente fase di gravame era stato fatto oggetto di condanna alla rifusione delle spese di lite, fosse necessario integrare il contraddittorio nei confronti dell'altro. Le soluzioni giuridiche
i) Il ricorrente deduceva che il giudice di appello aveva liquidato le spese di lite sia del primo che del secondo grado di giudizio tenendo in conto le tabelle allegate al d.m. n. 55/2014, nonostante fossero già operative quelle introdotte dal d.m. n. 37/2018, risultando violati anche i minimi tariffari. ii) Trattandosi di processo con più parti, ma vertendosi tra due sole di esse, l'originario opponente e l'Agenzia delle Entrate, ed unicamente circa il carico delle spese delle fasi precedenti del giudizio, la Suprema Corte si è posta, preliminarmente il quesito se dovesse essere integrato il contraddittorio, con l'evocazione in giudizio anche del Comune di ZZZ. Come ricordato nella premessa in fatto, AAA aveva proposto opposizione ad estratti di ruolo sia nei confronti del predetto Comune che dell'Agenzia delle Entrate e, all'esito del giudizio di gravame, dei due soccombenti soltanto quest'ultima era stata fatta oggetto di condanna alle spese giudiziali. La Suprema Corte, facendo puntuale applicazione di un risalente orientamento, ha affermato che laddove l'impugnazione verta unicamente sulla liquidazione delle spese giudiziali è da escludere che debba disporsi l'integrazione del contraddittorio: «Si ha causa inscindibile ogni qualvolta la situazione di diritto sostanziale e processuale imponga che la sentenza sia pronunziata nei confronti di più parti, affinché la sentenza medesima non sia inutiliter data. Pertanto quando tra due delle più parti in causa si controverte unicamente circa il carico delle spese del giudizio delle fasi precedenti in relazione alla posizione rispettiva che le stesse hanno assunto nel giudizio medesimo è pienamente possibile la scissione e non è, quindi, necessaria l'integrazione del contraddittorio nel giudizio di Cassazione» (Cass. civ, sez. III, 6 giugno 1962, n. 1354). iii) Per i profili di merito, la S.C., constatato che il compenso dell'avvocato difensore dell'opponente era stato liquidato in misura inferiore ai minimi tabellari e che il giudice di appello non aveva in alcun modo motivato sulla ragione della liquidazione in tale misura, ha ritenuto illegittima la relativa pronuncia, cassandola con rinvio,ritenendo necessari accertamenti e apprezzamenti di fatto sull'attività professionale espletata. Osservazioni
i) Per i profili di merito, la Suprema Corte si è puntualmente attenuta all'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità successivo all'avvento del d.m. n. 55/2014, recante regolamentazione sulla determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense. A seguito dell'entrata in vigore del suddetto d.m. era stato, invero, costantemente affermato che, in tema di liquidazione delle spese processuali, non trovava fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, discendendone che l'esercizio del potere discrezionale del giudice contenuto tra i valori minimi e massimi doveva ritenersi non soggetto a sindacato in sede di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione doveva considerarsi doverosa allorché il giudice avesse deciso di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessaria, in tal caso, la controllabilità sia delle ragioni dello scostamento dalla "forcella" di tariffa, sia delle ragioni che ne giustificassero la misura (v., ex plurimis, Cass. civ., sez. VI, ord., 14 maggio 2018, n. 11601; Cass. civ., sez. VI, ord., 27 ottobre 2020, n. 23499; Cass. civ., sez. III, ord., 7 gennaio 2021, n. 89; Cass. civ., sez. II, ord., 5 maggio 2022, n. 14198; Cass. civ., sez. VI, ord. 29 settembre 2022, n. 28325). Va, tuttavia, osservato che, come rilevato dalla stessa S.C., la liquidazione del compenso professionale in questione era avvenuta successivamente alle modifiche introdotte all'art. 4 del d.m. citato ad opera del d.m. n. 37/2018, le cui disposizioni, ai sensi del suo art. 6, erano (e sono anche dopo le ulteriori modifiche apportate dal d.m. n. 147/2022) «applicabili alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore», avvenuta il 27 aprile 2018, vale a dire ben prima del giorno (22/1/2019) del deposito della sentenza fatta oggetto di ricorso. Poiché in forza delle suddette modifiche è stato esclusa la possibilità, da parte del giudice, di diminuire di oltre il 50% i valori medi tabellari, l'illegittimità della decisione si sarebbe dovuta riconoscere a prescindere da qualsiasi ulteriore considerazione (v. Cass. civ., sez. II, 19 aprile 2023, n. 10438). Deve, altresì, osservarsi che, considerato quanto appena detto e avuto riguardo al fatto che il ricorrente – stando al sintetico cenno contenuto nella premessa di fatto dell'ordinanza in commento – si era limitato a dedurre la «illegittimità della liquidazione dei compensi sotto i minimi», la vicenda processuale si sarebbe ben potuta concludere in sede di giudizio di legittimità, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.c., liquidando i valori tabellari medi, senza ulteriore protrazione in sede di rinvio. ii) La S.C. non ha ritenuto di soffermarsi sul fatto che, ai sensi dell'art. 12, comma 4-bis (disposizione, applicabile anche nei giudizi pendenti, introdotta dal d.l. n. 146/2021, conv. con modif. nella l. n. 215/2021), d.P.R. n. 602/1973, l'estratto di ruolo non è impugnabile, mentre il ruolo e la cartella di pagamento che si assuma invalidamente notificata sono suscettibili di «diretta» impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri di essere titolare di uno degli specifici interessi descritti dalla norma. Peraltro, alla S.C. non è imputabile alcuna omissione, considerato che la sentenza di appello era stata impugnata soltanto per la statuizione sulle spese e che lo ius superveniens non poteva incidere sulle statuizioni (accoglimento dell'opposizione in punto di merito) coperte dal giudicato (v. Cass. civ., sez. III, ord., 8 febbraio 2023, n. 3812, secondo cui «l'impugnazione della sola decisione sulle spese scinde il legame di accessorietà della relativa statuizione con l'opposizione esperita avverso il contenuto dell'estratto di ruolo e la formazione di res iudicata su quest'ultima impedisce il sindacato sull'interesse alla proposizione dell'azione»; v., inoltre, C. cost. 19 aprile 2018, n. 77 sull'autonomia della statuizione sulle spese in caso di sua autonoma impugnazione; v., infine, sulla tematica in generale, Cass. civ., sez. un., 6 settembre 2022, n. 26283 e Cass. civ., sez. lav., 20 aprile 2023, n. 10595). iii) In sede normativa non si rinvengono definizioni del concetto di «cause inscindibili» né del concetto di «cause tra loro dipendenti». Il compito della relativa identificazione deve, pertanto, ritenersi demandato all'interprete. Tra le cause da ritenere inscindibili agli effetti dell'art. 331 c.p.c. sono comprese, in primo luogo, quelle per le quali il litisconsorzio era necessario sin dall'origine (litisconsorzio necessario c.d. sostanziale), vale a dire quelle in cui la necessità del litisconsorzio sia espressamente prevista dalla legge o sia dovuta al fatto che la sentenza, influendo su una situazione giuridica unica, indivisibile e comune a più soggetti, sarebbe inutiliter data qualora non pronunciata nei confronti di tutti costoro. Il concetto di causa inscindibile viene esteso alle ipotesi di litisconsorzio necessario c.d. processuale, che si configura allorché la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio. In giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui l'art. 331 c.p.c., disciplinante il litisconsorzio nelle fasi di gravame, si applica non solo quando il giudizio di primo grado si sia svolto nei confronti di litisconsorti necessari di diritto sostanziale, e l'appello non sia stato proposto nei confronti di alcuni di essi, ma anche nel caso del litisconsorzio necessario processuale (v. Cass. civ., sez. I, 19 aprile 2016, n. 7732; Cass. civ., sez. V, ord. 8 novembre 2017, n. 26433; Cass. civ., sez. VI, 29 marzo 2019, n. 8790). iv) Il carattere della scindibilità va riconosciuto nei casi in cui due o più cause, pur essendo state trattate cumulativamente per un mero rapporto di connessione nella fase di prima istanza, venendo decise con una sola sentenza (unica, peraltro, soltanto formalmente, di fatto scindendosi in tante pronunce quanti sono i rapporti che definisce), le stesse sono separabili in fase di gravame, non essendo fra esse ravvisabile alcun legame di dipendenza, attenendo una pluralità di rapporti giuridici distinti ed autonomi, rilevando unicamente comunanza di questioni di diritto o di fatto (v. Cass. civ., sez. I, 17 novembre 2005, n. 23257; Cass.civ., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 2208; Cass. civ., sez. III,30 giugno 2015, n. 13355). v) Nel caso di specie, non è dubitabile che nelle prime due fasi del giudizio fosse configurabile ipotesi di litisconsorzio necessario non semplicemente processuale. Ma tale necessarietà di litisconsorzio, anche nella forma processuale, deve ritenersi essere venuta meno in fase di giudizio di legittimità, ove il ricorrente, pur dolendosi anche della mancata condanna alle spese di una delle due controparti soccombenti, risulta avere intimato soltanto l'altra ed unicamente per quanto inerente alla misura della liquidazione delle spese di lite. Configurandosi, con riguardo a tale oggetto, fattispecie di responsabilità solidale, il ricorrente, quale creditore, aveva titolo per rivalersi per l'intero nei confronti di ogni debitore, e quindi di uno soltanto degli obbligati, risultando così possibile la scissione del rapporto processuale, potendo il giudizio legittimamente proseguire senza dover estendere necessariamente il contraddittorio nei confronti degli altri (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3338 e Cass. civ., sez. II, ord., 12 febbraio 2016, n. 2854). Resta sconosciuta la ragione della condanna alle spese della sola Agenzia delle Entrate. È verosimile che ciò sia avvenuto in considerazione della ritenuta imputabilità alla stessa della mancata o invalida notifica della cartella di pagamento e che nei confronti del Comune vi sia stata un'implicita pronuncia di compensazione, che, peraltro, si sarebbe dovuta motivare. |