Riforma Cartabia: recente entrata in vigore del nuovo regime di documentazione della prova dichiarativa

28 Luglio 2023

La riduzione, da un anno a sei mesi, della disciplina transitoria del d.lgs. n. 150/2022 della videoregistrazione delle prove dichiarative, con conseguente entrata in vigore lo scorso 30 giugno 2023, anche se cerca di superare le vistose deroghe apportate all'immediatezza dopo le Sezioni Unite Bajrami, pone diversi problemi pratici.
La disciplina transitoria della videoregistrazione delle prove dichiarative e la stretta correlazione con la rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice

L'art. 94, comma 1, delle disposizioni transitorie del d.lgs. n. 150/2022, in tema di videoregistrazioni delle fonti dichiarative, ha posticipato l'operatività del nuova comma 2-bis dell'art. 510 c.p.p. decorso un anno dall'entrata in vigore della riforma Cartabia (ossia dal 30 dicembre 2023). Invece, l'art. 5-undecies del d.l. n. 162/2022, conv. l. n. 199/2022 ha anticipato al 30 giugno 2023 l'entrata in vigore dell'istituto di nuovo conio.

La nuova previsione introdotta dall'art. 30, lett. i), d.lgs. n. 150/2022, che ha integrato l'art. 510 c.p.p., aggiungendo un nuovo comma 2-bis, stabilisce che «l'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle parti private e delle persone indicate nell'art. 210, nonché gli atti di ricognizione e confronto, sono documentati anche con mezzi di riproduzione audiovisiva, salva la contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico». Il differimento della sua luce normativa era stato dettato per consentire all'amministrazione di approntare ed organizzare i servizi di registrazione audiovisiva e la conservazione dei supporti informatici, ai fini della verbalizzazione delle prove dichiarative.

La norma va, poi, coordinata con l'art. 93-bis, aggiunto dall'art. 5-duodecies d.l. n. 162/2022, conv. l. n. 199/2022, che, a proposito del mutamento del giudice nel corso del dibattimento, stabilisce che la nuova disciplina dell'art. 495, comma 4-ter, c.p.p. secondo cui «se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di ottenere l'esame delle persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione audiovisiva. In ogni caso la rinnovazione dell'esame può essere disposta quando il giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze», non si applica quando è chiesta la rinnovazione dell'esame di una persona che ha reso precedenti dichiarazioni in data anteriore al 1° gennaio 2023.

Com'è stato ben affermato, è impossibile non legare a doppio filo l'art. 510 c.p.p. con il nuovo comma 4-ter dell'art. 495 c.p.p. La riproduzione audiovideo dell'esame è l'espediente per contemperare l'esigenza di un'efficiente amministrazione della giustizia penale con il diritto dell'imputato a una corretta decisione sull'imputazione. Grazie alla videoregistrazione si evita ciò che è considerata una “defatigante” escussione e con essa un'“inutile” dilatazione dei tempi processuali.

Poiché si è voluto dare rilevanza a qualunque contesto processuale nel cui ambito si formi un mezzo dimostrativo fisiologicamente idoneo a supportare la decisione sulla regiudicanda, si è estesa la disciplina di maggiore garanzia prevista dall'art. 510 c.p.p. anche:

  • alle prove dichiarative assunte nel giudizio abbreviato condizionato, ex art. 441, commi 5 e 6, c.p.p., sebbene la legge preveda che tale escussione si svolga nelle forme indicate dall'art. 422, commi 2, 3, 4, c.p.p. ;
  • alle prove raccolte in sede di incidente probatorio.
Il correttivo alle Sezioni Unite Bajrami

Nel riformato quadro normativo, il mutamento del giudice – espressione che include il cambiamento tanto della persona del giudice monocratico, quanto della composizione del collegio giudicante – radica nella parte che vi abbia interesse il diritto, di natura potestativa, alla riassunzione della prova dichiarativa già assunta; e tuttavia la riassunzione non risulta necessaria nel caso in cui la prova dichiarativa sia stata verbalizzata tramite videoregistrazione.

Lo ius novum dovrebbe superare (o perlomeno, attenuare) l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite Bajrami (n. 41736/2019) secondo cui, dopo il mutamento del giudice, si impone la riedizione della sequenza dibattimentale a partire dalla dichiarazione di apertura, con le medesime cadenze e secondo la disciplina regolativa di cui agli artt. 493 e ss. c.p.p.

Si era all'epoca trovato un punto di equilibrio tra le contrapposte istanze, di tutela dei diritti difensivi e di ragionevole durata, responsabilizzando le parti, che devono assumere ogni necessaria iniziativa per la rinnovazione e dimostrare di avervi concreto interesse.

A fronte di un tale quadro ricostruttivo, la disciplina riformata condivide l'idea di fondo per cui la partecipazione alla fase di ‘gestazione' processuale della prova protegge la qualità dell'accertamento, in termini di affidabilità; e ciò perché il contatto diretto con la fonte dichiarativa meglio garantisce l'autenticità del giudizio inteso nel significato proprio del termine, ossia di decisione, la quale impegna un'attività percettiva ed un atteggiamento valutativo, condizionato anche da un aspetto intuitivo-emozionale, i quali interagiscono tra loro, in una trama di relazioni e implicazioni tra giudizi di conoscenza e giudizi di valore; e, tuttavia, recepisce anche un'altra importante indicazione di metodo proveniente dalla Consulta che, con la sentenza n. 132/2019, ha auspicato l'adozione di moduli legislativi di efficienza del sistema processuale, invitando a "ripensare" i principi di immediatezza–oralità, i quali non sono congeniali ad un modello dibattimentale non concentrato, bensì diluito nel tempo. La stessa Consulta ha evidenziato come l'allungamento dei tempi processuali abbia finito col rendere il principio di immediatezza un "mero simulacro" svuotato di senso ed abbia imposto di ricercare rimedi strutturali includenti "ragionevoli deroghe" proprio alla necessaria identità tra giudice avanti al quale si forma la prova e giudice che decide, nella consapevolezza che il diritto al riascolto delle fonti di prova è suscettibile di modulazione (in linea con quanto la stessa Corte aveva affermato nella ordinanza n. 205/2010).

Di qui l'incentivo a valorizzare “meccanismi compensativi”, come la fonoregistrazione, strumento le cui potenzialità si apprezzano nei dibattimenti più articolati, in cui la reiterazione dell'ascolto raramente è in grado di produrre un beneficio addizionale, quando intervenga in un momento così lontano dai fatti da rendere i ricordi del dichiarante assai meno vividi rispetto al momento in cui aveva in precedenza deposto.

La videoregistrazione quale “contrappeso” per bilanciare il deficit di immediatezza

La disposizione modificata coglie, dunque, il monito indirizzato dal Giudice delle leggi e se ne fa carico, proponendo una soluzione che supera la rigidità delle Sezioni Unite Bajrami, senza rinnegare l'ispirazione efficientista della “riforma Cartabia”: una soluzione che individua nella videoregistrazione il contrappeso idoneo a bilanciare il deficit di immediatezza. L'aspetto differenziale sta tuttavia nel fatto che, ove la videoregistrazione non sia possibile, la lesione dei principi di oralità-immediatezza parrebbe essere in re ipsa e il diritto alla riassunzione della prova non dovrebbe richiedere alcun requisito ulteriore, né la dimostrazione di peculiari esigenze; né sembra essere richiesto, alla stregua della mutata disciplina, alcun vaglio di rilevanza o utilità della rinnovazione, nel senso proposto dalla sentenza Bajrami.

Dunque, per escludere la rinnovazione della fonte dichiarativa è prevista, quale condicio sine qua non, la ripresa della prova testimoniale già escussa. In tal modo, si consente all'immediatezza in senso «sostanziale» (la prova deve essere acquisita dinanzi al giudice che si pronuncerà sul fatto ascritto) di essere derogata dalla riproduzione audiovisiva del precedente esame. Quest'ultima andrebbe a “compensare” l'esigenza che quel giudice che partecipa alla deliberazione abbia assistito, in prima persona, alla formazione delle prove utilizzabili ai fini della condanna o del proscioglimento dell'imputato. Per l'appunto, immediatezza “mediata” (o recuperata) dalla ripresa audio-video, che non rende necessario riassumere la fonte dichiarativa.

Il meccanismo surrogatorio della riassunzione è dunque costituito dalla riproduzione audiovisiva delle prove e si raccorda al nuovo corpus normativo, lì dove individua nello strumento audio-video una forma alternativa di documentazione degli atti processuali, concorrente con quella ordinaria (la cui trascrizione, per economia di risorse, va disposta solo su richiesta delle parti) e destinata a diventare, quando la riforma andrà a pieno regime, la forma di documentazione elettiva.

La videoregistrazione, cioè, avrebbe l'indubbio pregio di consentire al giudice, al momento della decisione, di “rivivere” quei momenti in cui più elevata è stata l'intensità emotiva sprigionata dalla prova dichiarativa nel corso dell'esame incrociato. Un mezzo per recuperare quell'immediatezza che il decorso del tempo potrebbe avere indebolito; utile anche alle parti per poter meglio preparare la discussione finale e rendere più efficace la propria opera di persuasione.

L'eccezione è, però, destinata a diventare la regola con una incisiva contrazione della facoltà dell'imputato di interrogare o di far interrogare, davanti al giudice, le persone che rendono dichiarazioni a suo carico (art. 111, comma 3, della Costituzione e art. 6, § 3, lettera d) della CEDU). L'ampliamento della vis dei diritti è considerato un costo troppo alto in termini di efficienza, laddove, il livellamento verso il basso – tollerato dalla giurisprudenza europea – è considerato un'opportunità in termini di efficientismo.

Eppure la modifica incide sensibilmente sul diritto alla prova, riproponendo l'idea di un libero convincimento del giudice, caratterizzato subiettivisticamente e, pertanto, poco aperto a confutazioni, sebbene gli sia attribuito il potere di disporre la rinnovazione della prova ex officio, qualora lo ritenga necessario di fronte a specifiche esigenze. Si tratta, però, di un potere non orientato da canoni normativi, che si traduce nell'esercizio di una discrezionalità libera, il quale, anziché proiettare l'atto richiesto nella dimensione della obbligatorietà, lo confina piuttosto in quella della mera possibilità.

Per tali ragioni, si propone di escludere la dilatazione della discrezionalità del giudice, arbitro di decidere di non dar comunque corso ad un esame da lui stesso ritenuto necessario. Pur trattandosi di un'interpretazione più aderente alla littera legis, non può essere accolta per gli effetti paradossali che altrimenti ne conseguirebbero: «infatti, se necessario è ciò di cui non si può fare a meno, o il giudice ritiene la prova non necessaria e allora coerentemente non la ammette, o, viceversa, ne ravvisa la necessità e allora non può far altro che darvi seguito; tertium non datur» (Ludovici; Ciavola).

Le richieste dell'ANM di differire la riforma sulle riprese audiovisive

Ha mostrato forte preoccupazione, in occasione dell'incontro che il 27 giugno 2023 che la giunta esecutiva dell'ANM ha avuto col Ministro della giustizia, l'associazione nazionale magistrati sull'entrata in vigore della novella che he pone l'obbligo di riassunzione della prova dichiarativa in caso di mutamento del giudice dibattimentale salvo che l'esame sia stato documentato mediante mezzi di riproduzione audiovisiva avrebbe imposto la tempestiva adozione di soluzioni tecnologiche adeguate.

Ed invece – si legge nella nota – «la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia – DGSIA – si è limitata a comunicare, qualche giorno fa, che nel "breve termine" si dovrà fare ricorso al sistema Teams – i cui limiti sono stati ampiamente sperimentati nel periodo di emergenza sanitaria –, il che costringerà gli operatori del processo ad improbabili acrobazie che, con tutta la buona volontà, non riusciranno ad assicurare un servizio efficiente.

In mancanza di strumentazione idonea e di costante ausilio tecnico nelle aule di udienza, sarà pressoché inevitabile il ricorso alla verbalizzazione tradizionale, con la conseguenza di dover procedere a rinnovazione dell'istruttoria in tutti i casi di mutamento del giudice.

È quasi superfluo evidenziare l'incongruenza di una simile evenienza con gli sforzi che si stanno compiendo per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR, e in specie per la riduzione dei tempi dei processi penali.

Va scongiurato il rischio, ormai più che concreto, che una disposizione, introdotta nel sistema normativo con l'obiettivo di rendere compatibile il principio di oralità della prova con quello di ragionevole durata dei processi, venga svuotata di contenuto, realizzando di fatto solo un intollerabile rallentamento dei tempi della giustizia.

Se il Ministero della Giustizia non è in grado di apprestare, come purtroppo è di immediata evidenza, mezzi e risorse adeguate, è necessario che, con provvedimento di urgenza, si differisca l'entrata in vigore della nuova disposizione codicistica».

Basterà il recupero l'immediatezza ‘differita'?

Non avendo dato seguito a tali richieste di differimento, il 30 giugno 2023 è entrata in vigore la normativa sulle videoregistrazioni delle prove dichiarative.La novella si inserisce nel modello Cartabia, cui va riconosciuto il merito di considerare la transizione digitale e telematica del processo penale uno degli snodi per ridurre i tempi processuali – è pacifico che una delle cause della lentezza del processo penale va individuata nello scarso livello di digitalizzazione degli atti e di informatizzazione delle procedure – cercando, al contempo, di recuperare perlomeno una immediatezza “mediata” (proprio dalla tecnologia) e di non trascurare i diritti delle parti.

Consapevoli che resta difficile trovare l'equilibrio tra efficienza (che spinge il processo ad andare veloce) e le garanzie delle parti (che talvolta lo rallentano), tuttavia, l'efficienza, declinata sul paradigma del mero contenimento dei tempi processuali, non può postulare una riduzione a qualunque costo, ma deve inscriversi nell'alveo del giusto processo, dove la ragionevole durata del processo è uno dei requisiti, ma non il più importante, del giusto processo o fair trial (art. 111 della Costituzione e 6 della CEDU).

Per questo, talune innovazioni introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 sembrano evidenziare la crisi del metodo epistemologico garantista.

Nell'esperienza giuridica postmoderna la fuga dalla cognizione è imposta dalle disfunzioni organizzative e dalla lentezza disumana dei processi, che hanno degradato la figura dell'imputato. Le Sezioni Unite Bajrami (che la riforma cerca meritoriamente di aggiustare) vanno oltre: scrivono un meccanismo preater legem per contenere l'effetto espansivo dei guasti sistemici. La rinnovazione probatoria diventa, un mero formalismo, un'attività antieconomica, un intralcio al ritmo del procedere, trattandosi di conoscenze che già esistono. Eppure, il mutamento del giudice è determinato da cause che l'imputato è costretto a subire. Basterà la videoregistrazione della fonte dichiarativa prevista dal d.lgs. n. 150/2022 per recuperare almeno una immediatezza “mediata” (o differita) dalla tecnologia?

Si conviene, all'uopo, che l'impressione è che si sia voluto “approfittare” dell'esigenza di rafforzare la disciplina sulla documentazione delle prove dichiarative, nell'ottica di assicurare una maggiore trasparenza dell'atto e della genuinità delle dichiarazioni, per giustificare quella che, ad una più attenta lettura, può trasformarsi in una mortificazione dei principi posti alla base del dibattimento: primo tra tutti l'immediatezza; fino ad alterare gli stessi equilibri del sistema accusatorio, creando un vulnus al principio del contraddittorio, inteso come statuto epistemologico del processo penale, ossia come il metodo più attendibile nella ricerca della verità processuale (Ciavola).

Ci si augura, inoltre, che la giurisprudenza, in un'ottica di esasperato efficientismo – che mal tollera un allungamento dei tempi del processo in caso di rinnovazione del dibattimento per avvenuto mutamento del giudice – non continui a trincerarsi dietro l'idea che un «vaglio giudiziale sia sempre necessario e che la parte abbia l'onere di dimostrare di avere alla rinnovazione un effettivo “interesse”» (tale auspicio è formulato dalla stessa Cassazione: Acierno-Andreazza, Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario, Servizio penale, Relazione su novità normativa, La “riforma Cartabia”, Rel. n. 2/2023, 5 gennaio 2023, p. 132).

Dal “dar per letto” al “dar per visto”?

Rimane il problema che il legislatore, avendo ampliato i casi in cui le dichiarazioni assunte nel corso delle indagini sono audio o video registrate, non ha dedicato alcuna attenzione alle loro modalità di acquisizione in dibattimento. Se, infatti, nelle fasi ad esso precedenti esiste ancora un unico fascicolo che contiene sia le dichiarazioni verbalizzate che le registrazioni, e dunque il giudice può accedere ad entrambe per la decisione; in dibattimento sorge spontaneo chiedersi: può il giudice autonomamente decidere se e quando ascoltare o visionare il documento fono o video registrato? Occorre un momento di riproduzione della registrazione in aula? Trattandosi di atti contenuti nel fascicolo del dibattimento, si può applicare la regola prevista dall'art. 511, comma 5, c.p.p. e sostituire la visione con la mera indicazione? (Ciavola).

Tutti interrogativi che, al momento, sono stati perlopiù formulati con riguardo alla nuova regolamentazione della rinnovazione della prova dibattimentale, ma che hanno una portata generale.

La normativa sulla prova dichiarativa formata in dibattimento e nel corso del giudizio abbreviato è entrata in vigore il 30 giugno 2023, senza introdurre i correttivi sollecitati dall'avvocatura, per il tramite dell'Unione delle Camere penali (come quello per cui si proceda alla riproduzione in aula della video registrazione). E, del resto, «Abbiamo conosciuto il “dar per letto” nell'art. 511 c.p.p., non vorremmo affrontare il “dar per visto”» (Mazza).

Qualche riflessione conclusiva

È innegabile che dietro le etichette efficientistiche sbandierate dalla riforma Cartabia sottostanno esigenze acceleratorie del processo penale.

La tangibile prospettiva concreta è che il giudice continuerà ad essere più preoccupato del doppio timer tirato fuori dalla riforma Cartabia (confezionando una frode delle etichette per non bloccarsi ai capricci della politica: il timer della prescrizione legato al fatto che si ferma all'esito del giudizio di primo grado e quello della improcedibilità ex art. 344-bis del c.p.p. connesso al processo), che dal contraddittorio il quale rimane sullo sfondo, come l'imputato. Nonostante l'encomiabile intento di velocizzare e rendere più efficiente la giustizia penale attraverso il ricorso alla digitalizzazione, la neo-introdotta disciplina continua a mostrare insidie e criticità che si ripercuotono sulle garanzie del giusto processo: come negare che la smaterializzazione in alcuni casi contraddittorio comporti evidenti limiti alla cross exsamination?!

Se la ‘durata' traccia il perimetro ‘esterno' del procedimento penale, il cuore del giusto processo è dato dalla fase cognitiva dell'accertamento del fatto con esaltazione del contraddittorio quale metodo più attendibile della ricerca della verità processuale (e l'oralità e l'immediatezza quale intimamente connessi al contraddittorio per la prova e nella prova); e dalle garanzie delle parti processuali.

In tale contesto, la videoregistrazione della prova dichiarativa da tecnologia massimamente affidabile posta a presidio del trasparente e regolare svolgimento dell'atto che riproduce, diventa lo strumento per derogare all'immediatezza, realizzando, però, un'evidente eterogenesi dei fini (Ciavola).

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