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Divorzio internazionale: competenza giurisdizionale

05 Settembre 2023

Ogni stato nazionale dinanzi a fattispecie con elementi di estraneità, di regola, risponde con un proprio sistema di norme cd. di diritto internazionale privato, destinate specificamente a disciplinare le interazioni con gli altri ordinamenti (si pensi, in materia di rapporti familiari, alla cittadinanza di uno/entrambi i coniugi ovvero la formazione del vincolo all'estero o al prevalente radicamento altrove della vita familiare).
Inquadramento

*Aggiornamento a cura di P. Bruno

Una delle maggiori conquiste della costruzione europea, quella libertà di circolazione e di stabilimento che ha consentito a milioni di persone di trasferirsi in un altro Stato membro, studiare, aprire un'attività commerciale e formare nuove famiglie, ha inevitabilmente prodotto un volume di contenzioso transfrontaliero inimmaginabile sino allo scorso decennio. In particolare, le controversie transnazionali in materia familiare, complice anche l'avvento di nuove forme di risoluzione alternativa delle stesse, presentano per l'interprete molteplici sfide, la prima delle quali è quella della corretta individuazione del giudice competente. Le regole sulla competenza giurisdizionale, a loro volta, vanno esaminate non solo alla luce della normativa europea ma anche di quella convenzionale e di diritto internazionale privato interno.

In evidenza

Si tratta, beninteso, solo di norme di competenza internazionale, atteso che le norme processuali nazionali sono e restano deputate a determinare l'autorità giurisdizionale o il tribunale specifico competente per un dato caso all'interno di uno Stato membro. In altre parole, i criteri di collegamento riportano ad uno Stato, e non ad un dato giudice all'interno di quello Stato.

Nozione di matrimonio e divorzio

Preliminare all'analisi dei criteri di giurisdizione in materia matrimoniale, che in ambito europeo si rinvengono nel Reg. (UE) n.1111/2019, c.d. Bruxelles II-ter (il quale ha sostituito a far data dal 1.08.2022 il previgente Reg. (CE) n.2201/2003, c.d. Bruxelles II-bis) è la delimitazione del campo di applicazione di tale regolamento.

Il regolamento si applica, in ambito transfrontaliero, al divorzio, alla separazione personale, e all'annullamento del matrimonio. Non esiste, tuttavia, alcuna definizione del concetto di matrimonio, come nemmeno si rinviene quella di divorzio.

La giurisprudenza delle Corti europee soccorre allora l'interprete, nel rintracciare alcuni tratti distintivi dei due istituti.

Al riguardo, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha da tempo consolidato un orientamento volto a riconoscere agli Stati contraenti un ampio margine di apprezzamento circa la scelta legislativa di riconoscere o meno alle coppie dello stesso sesso il diritto a sposarsi, tollerandone il divieto a patto che alle stesse sia garantito un quadro legale alternativo e non restino del tutto sfornite di tutela (di tale orientamento vi è chiara evidenza, tra le tante, nelle sentenze Oliari ed altri c. Italia, n.18766/11 e Vallianatos, n.29381/09).

Dal canto suo la Corte di Giustizia dell'UE, dopo un primo approccio restrittivo (di cui è traccia nella causa D. e Svezia c. Consiglio, C-122/99, ove aveva affermato come l'istituto fosse riservato ai coniugi di sesso diverso) ha analizzato il concetto di coniuge attraverso il prisma della legislazione in materia di libertà di movimento e di ricongiungimento familiare, giungendo a riconoscere – ai soli fini di cui alla legislazione in tale materia – che detto concetto possa essere esteso al coniuge dello stesso sesso.

Quanto, invece, alla nozione di divorzio, la stessa Corte ha avuto modo (nella nota sentenza Sahyouni, C-372/16) di chiarire che per ricadere nell'ambito di applicazione dei regolamenti Bruxelles II-bis e Roma III (Reg. (UE) n.1259/2010 sulla legge applicabile alla separazione e al divorzio) esso deve essere stato pronunciato da un'autorità giurisdizionale, o da un'autorità pubblica, o con il suo controllo. Non sono pertanto compresi in tale nozione i c.d. divorzi privati, ovvero quelli risultanti da una dichiarazione unilaterale di uno dei coniugi dinanzi a un tribunale religioso.

Alla luce della giurisprudenza sopra citata – che riconosce un ampio margine di apprezzamento agli Stati in una materia ove non si registra un condiviso livello di accettazione del matrimonio same-sex – e considerato, infine, che né il Reg. Bruxelles II-ter, né il Reg. Roma III contengono alcuna espressa limitazione dei rispettivi campi di applicazione con riguardo al genere degli sposi, deve ritenersi che entrambi gli atti normativi si applichino anche al matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma nei soli Stati membri che a tale tipo di coniugio attribuiscono effetti giuridici.

La residenza abituale dei coniugi

I criteri di collegamento in materia matrimoniale sono concepiti per stabilire un contatto autentico tra i coniugi e il giudice individuato, di modo che quest'ultimo sia tendenzialmente quello meglio attrezzato per risolvere il caso.

Da questo punto di vista il regolamento conferma la predominanza del criterio della residenza abituale, che a sua volta ha soppiantato i criteri – precedentemente utilizzati nel diritto internazionale privato di matrice sovranazionale – del domicilio e della cittadinanza: il primo, in quanto evolutosi da nozione di fatto a nozione giuridica da cui ogni legislazione nazionale fa discendere diverse conseguenze, perlopiù dal punto di vista pubblicistico; la seconda, nel nome di un ravvicinamento non solo giuridico ma anche ideale dei concetti internazional-privatistici, nell'ambito di un percorso di integrazione europea via via delineatosi, nonché per evitare discriminazioni ed inconvenienti derivanti dall'applicazione di leggi nazionali (come la nota sentenza Hadadi, C-168/08, ha dimostrato).

In assenza, come per i concetti di matrimonio e divorzio, di una definizione di residenza abituale ritraibile dai regolamenti europei o dalle convenzioni internazionali, occorre intendere la stessa quale centro abituale degli affari e degli interessi di una persona, a prescindere dalle caratteristiche nazionali del concetto. Si tratta dunque di una definizione autonoma, che non si limita alle evidenze anagrafiche (tutt'al più utilizzabili quale argomento di prova a supporto di altri indici rivelatori) ma si compone di tanti elementi quante sono le circostanze concrete che valgono a dimostrare dove un soggetto abbia eletto volontariamente e con carattere di stabilità il baricentro dei suoi interessi sia personali che economici o lavorativi.

La stessa richiede l'effettiva presenza in uno Stato membro, nonché un certo grado di continuità, non potendosi considerare tale quella del tutto sporadica o occasionale.

Vedremo in altro paragrafo le conseguenze pratiche che da tale ricostruzione ha tratto la Corte di Giustizia dell'UE nella sua pluridecennale opera nomofilattica.

Criteri di collegamento

Per quanto attiene alla competenza in materia matrimoniale, il regolamento Bruxelles II-ter non ha apportato significative modifiche rispetto al previgente strumento di cooperazione, per cui deve innanzitutto confermarsi che esso abbraccia tutte le decisioni che portano alla dissoluzione del vincolo coniugale — indipendentemente dalla denominazione usata per la stessa, sia essa una sentenza, un'ordinanza o un decreto — e definisce le norme di competenza che individuano lo Stato membro in cui può essere avviato un procedimento in materia di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio.

Criticità

Si tratta, nell'insieme, di un sistema piuttosto complesso, in cui la concorrenza di criteri di collegamento posti allo stesso livello legittima di fatto pratiche quali il forum shopping, che allontana la vicenda processuale dal giudice che sarebbe normalmente più adatto a trattare il caso.

È stato dunque confermato, nel passaggio generazionale tra i due regolamenti, l'impianto costituito da un criterio principale (art.3) e da diversi criteri speciali (artt. da 4 a 6) in cui il primo prevede dei titoli di giurisdizione alternativi – e non gerarchici – che fanno riferimento alla residenza abituale dei coniugi, oppure all'ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, oppure alla residenza abituale del convenuto, o (in caso di domanda congiunta) alla residenza abituale di uno dei coniugi, o alla residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o alla residenza abituale dell'attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello stesso Stato membro; ovvero, ed infine, alle autorità dello Stato membro di cui i due coniugi sono cittadini.

Quanto ai criteri sussidiari, va intanto ricordato che al giudice individuato come competente spetta anche di esaminare l'eventuale domanda riconvenzionale (art.4) che rientri nel suo campo di applicazione e che, fatti salvi i titoli di giurisdizione generali, il giudice dello Stato membro che ha reso la decisione sulla separazione personale è altresì competente per la conversione della stessa in una decisione di divorzio (art.5), qualora ciò sia previsto dalla legislazione di detto Stato.

Criticità

Per la Corte di Giustizia si tratta di una domanda distinta volta alla condanna dell'attore: una domanda che deve quindi poter essere distinguibile dall'azione del ricorrente e dev'essere diretta a ottenere un risultato differente dal semplice rigetto della domanda principale (Marjan Kostanjevec, C-185/15).

Solo nella misura in cui nessuno dei criteri di collegamento stabiliti dagli artt. 3, 4 e 5 sia applicabile, ed a prescindere dalla residenza abituale del coniuge convenuto (che può quindi trovarsi all'interno o al di fuori dell'Unione europea e può anche essere un cittadino extracomunitario) potrà farsi ricorso al criterio della competenza residua di cui all'art.6. In altri termini, se il giudice di un qualsiasi Stato membro ha giurisdizione in forza del regolamento, il giudice adito in un altro Stato membro non può applicare il diritto nazionale per determinare la propria giurisdizione, ma deve dichiarare d'ufficio la propria incompetenza.

Una differenza, anche se non sostanziale, tra i Regg. Bruxelles II-bis e II-ter si riviene, invece, nella c.d. proroga di competenza che – nel previgente regolamento – trovava posto all'art.12 e prevedeva che il giudice competente sulle questioni matrimoniali lo fosse anche per le domande in tema di responsabilità genitoriale al ricorrere di determinate condizioni (effettivo esercizio di tale responsabilità, accettazione della competenza prorogata e corrispondenza della proroga all'interesse superiore del minore). Nel nuovo regolamento gli stessi principi si rinvengono nella scelta del foro accordata ai coniugi (art.10) che da un lato chiarisce meglio il suo ambito di applicazione ed i requisiti formali, e dall'altro conferisce una competenza esclusiva al giudice prorogato nel solo caso in cui la proroga sia stata accettata durante il processo, e non anche concordata prima del suo inizio.

Un caso particolare in cui la competenza sulla domanda di separazione o divorzio attrae anche la competenza sulla domanda di mantenimento è stata inoltre esaminato dalla Corte di Giustizia nel caso R. contro P. (C-468/18), laddove i giudici hanno chiarito che – nel caso in cui il creditore abbia presentato allo stesso giudice un ricorso contenente domande in tema di stato dei coniugi, di responsabilità genitoriale e di mantenimento del minore – il sopravvenuto difetto di giurisdizione sulla seconda non impedisce al creditore di mantenere ferma la sua domanda di alimenti davanti al giudice della separazione o divorzio senza dovervi rinunciare per poi riassumere la causa davanti al giudice della responsabilità genitoriale (e tanto in nome del favor creditoris).

I chiarimenti della corte di giustizia

I titoli di giurisdizione in materia matrimoniale hanno fatto oggetto di molteplici interventi della Corte di Giustizia dell'UE.

I giudici di Lussemburgo hanno infatti chiarito che tra le decisioni in materia matrimoniale rientra, ad esempio, anche quella di annullamento di un matrimonio proposto da un terzo a seguito del decesso di uno dei coniugi, sebbene detto terzo non possa definirsi “attore” al fine di beneficiare dei più favorevoli criteri di collegamento riservati solo a quest'ultimo dall'art.3 sopra citato (Mikołajczyk, C-294/15).

Quanto al carattere esclusivo della competenza giurisdizionale, i cui contorni sono tratteggiati negli artt. 3, 4 e 5 sopra citati, esso è stato ulteriormente esteso a seguito della interpretazione che la Corte ha dato dell'art. 6 laddove in una nota pronuncia ha affermato che i criteri previsti da tale ultima norma si applicano anche se il convenuto è cittadino extracomunitario e non è neppure residente in uno Stato dell'Unione (Sundelind Lopez, C-68/07).

In altra occasione la Corte ha stabilito che un coniuge che divide la propria vita tra due Stati membri – in modo tale da rendere difficile stabilire in quale dei due egli ne abbia una prevalente – può avere due residenze ma una sola di esse può definirsi abituale, giacche' in caso contrario l'intero impianto dei criteri di giurisdizione ed il coordinamento con gli altri regolamenti in materia di famiglia sarebbe compromesso (IB, C-289/20).

Anche la disposizione di cui all'art.3(a) sesto trattino del Reg. Bruxelles II-bis (ora art.3(a)vi del Reg. Bruxelles II-ter) è stata scrutinata, con il risultato che il criterio agevolato di collegamento che consente al cittadino di uno Stato membro di rivolgersi al giudice del medesimo Stato dopo soli sei mesi dall'acquisizione della residenza abituale (rispetto al più lungo termine di un anno richiesto ai non cittadini) non è risultato discriminatorio sulla base della cittadinanza. Ed invero, per la Corte la nazionalità costituisce un elemento oggettivo che dimostra l'esistenza di un legame più forte dal punto di vista istituzionale, sociale, culturale, linguistico rispetto ad altro coniuge che voglia giovarsi del c.d. foro dell'attore, e giustifica dunque il minor tempo richiesto per farvi ricorso (O.E. contro V.Y., C-522/20).

Recentemente i giudici di Lussemburgo hanno infine ribadito che il consolidarsi della residenza abituale in uno Stato membro richiede un sufficiente grado di stabilità, e che le caratteristiche del lavoro svolto dai coniugi (nel caso di specie, funzionari della Commissione europea, assegnati ad una delegazione dell'UE presso uno Stato terzo, che in ragione della natura temporanea del loro distacco in quello Stato ritenevano di aver conservato la residenza abituale in Spagna pur non avendovi più abitato nel corso dei nove anni precedenti l'introduzione della domanda di divorzio) non rilevano in linea di principio. Ciò che rileva è, invece, l'oggettiva permanenza in un determinato Stato per un periodo di tempo sufficiente a far ritenere che essa abbia i caratteri della continuità (MPA contro LCDNMT, C-501/20).

Cittadinanza e criteri di collegamento

La determinazione dei modi di acquisto e di perdita della cittadinanza rientra, in conformità al diritto internazionale, nella competenza di ciascuno Stato membro, competenza che deve essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario. Tuttavia, se entrambi i coniugi possiedono la cittadinanza degli stessi due Stati membri, essi possono scegliere di adire il giudice di uno dei due in virtù dell'articolo 3, lett. b), del Reg. Bruxelles II-bis, senza che sia possibile prendere in considerazione l'esistenza di una cittadinanza “prevalente”, come chiarito nella sentenza Hadadi della Corte di Giustizia.

Il contesto extraeuropeo

I regolamenti che agevolano la cooperazione giudiziaria in materia civile contengono norme di diritto internazionale privato, il cui obiettivo – come anticipato – è quello di ricondurre alla cognizione di un giudice nazionale una fattispecie connotata da elementi di transnazionalità.

Si è già illustrato come questa riconduzione si realizzi, in materia matrimoniale, quasi esclusivamente sulla base della constatata residenza abituale di uno o entrambi i coniugi nello Stato del foro. Ed invero, il criterio della cittadinanza, salvo i limitati casi in cui il legislatore l'ha scelta come valido criterio di collegamento, normalmente non è indicativo per capire se il giudice adito ha o meno competenza.

Diretta conseguenza di tale premessa, è che un cittadino extracomunitario è soggetto anch'egli alla giurisdizione del giudice italiano – sulla base dei criteri di collegamento dei regolamenti europei – a nulla valendo l'obiezione che egli dovrebbe sfuggire al loro ambito di applicazione in ragione del fatto che ha la nazionalità di uno Stato extraeuropeo.

Tuttavia, nonostante l'acquis europeo in materia di famiglia si sia espanso sino ad abbracciare sostanzialmente ogni aspetto della stessa, possono verificarsi casi (per vero estremamente rari se non quasi di scuola) in cui i Reg. Bruxelles II-bis e II-ter non operano, ed occorre allora fare riferimento ai titoli di giurisdizione indicati nella legge di riforma del diritto internazionale privato italiano, n. 218/1995.

La legge di cui trattasi dispone, all'art.32, che in materia di nullità, annullamento, separazione personale e scioglimento del matrimonio, è competente il giudice italiano non solo nei casi di cui all'art. 3 (convenuto domiciliato o residente in Italia) ma anche quando uno dei coniugi è cittadino italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia.

Si pensi al caso di due coniugi che hanno la nazionalità di uno Stato terzo, si sono sposati in Italia, si sono poi ritrasferiti in detto Stato terzo e vi hanno a lungo vissuto prima di divorziare. Il giudice italiano eventualmente adito, non potendo applicare alcuno dei criteri di cui all'art.3 dei Reg. Bruxelles II-bis e II-ter, a fronte di una domanda di scioglimento del vincolo coniugale presentata dopo un considerevole lasso di tempo, potrà ritenere la giurisdizione sulla base del criterio del luogo di celebrazione del matrimonio di cui all'art.32 sopra citato.

In altre parole, se il giudice italiano non è competente sulla base dei regolamenti sopra più volte citati, e – dato fondamentale – se sulla base dei medesimi criteri non è competente nemmeno un altro giudice di uno Stato membro dell'Unione europea, egli dovrà fare riferimento ai criteri di cui alla legge n.218/1995 atteso che non esistono convenzioni internazionali che disciplinano la giurisdizione in materia di separazione e divorzio.

La competenza residua

La competenza può essere determinata sulla base del diritto nazionale nel caso in cui il convenuto non abbia né la sua residenza abituale né la cittadinanza di uno Stato membro, e nessun giudice di un altro Stato membro possa ritenersi competente sulla base degli artt.3-5 del Reg. Bruxelles II-bis (Sundelind Lopez, C-68/07).

Conclusioni

La rete di criteri di collegamento in materia matrimoniale è costituita da un numero chiuso di titoli di giurisdizione, oggettivi ed esclusivi, i quali spiegano una forza attrattiva capace di ricondurre alla competenza del giudice anche fattispecie che coinvolgono cittadini di Stati terzi. Ed invero, soppiantato quasi completamente il criterio della cittadinanza, è quello della residenza abituale (di creazione giurisprudenziale) a giocare un ruolo determinante.

Sulle sue caratteristiche si rinviene una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, per lo più formatasi in tema di residenza del minore, ma in alcuni casi anche sul tema specifico della residenza del coniuge.

Sul punto, peraltro, l'intervenuta revisione del Reg. Bruxelles II-bis, che a partire dal 1.08.2022 ha lasciato il posto al Reg. Bruxelles II-ter, non ha apportato significative modifiche all'impianto del primo, cosicché l'interprete può continuare a giovarsi dell'interpretazione data dalla Corte alle analoghe norme del previgente strumento.

Resta tuttavia la difficoltà di orientarsi in un sistema complesso, che vede interagire norme di competenza portate non solo dai regolamenti europei ma anche dalle norme di diritto internazionale privato interne ai singoli Stati.

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