Il d.l. n. 105/2023: al via le infrastrutture digitali interdistrettuali per le intercettazioni

Paolo Grillo
11 Settembre 2023

Con il d.l. n. 105/2023 il legislatore è intervenuto ancora una volta sul tema delle intercettazioni, prospettando una significativa centralizzazione della gestione delle stesse.
Il (consueto) ricorso alla decretazione d'urgenza

Ci siamo ormai abituati da tempo: il decreto-legge, nella classifica delle fonti del diritto, veleggia sempre più spedito verso il podio. Lo dimostra la frequenza con la quale vi si fa ricorso e la maggiore propensione dei compilatori a partorire decreti dal contenuto sempre più variegato. Il 10 agosto scorso è stato pubblicato in gazzetta il decreto-legge n. 105/2023, col quale – dopo il solito preambolo che rimanda a ragioni di straordinaria necessità e urgenza – s'infondono con effetto immediato nell'ordinamento un cospicuo numero di norme destinate a regolare settori molto diversi tra di loro. Si spazia dal processo penale a quello civile per i minorenni, dall'ordinamento giudiziario all'esecuzione penale esterna, passando dal contrasto agli incendi boschivi – una costante della cronaca estiva specialmente nel meridione – al recupero dei tossicodipendenti. Il neonato decreto-legge non rinuncia poi ad apportare l'ennesimo ritocco alla disciplina anti-covid e a rivedere l'assetto organizzativo del Ministero della cultura, per tentare infine di soddisfare un'urgente necessità che di straordinario non ha proprio nulla, visto che se ne parla costantemente da oltre un secolo: garantire l'efficienza della Pubblica Amministrazione. Rassicuriamo subito i lettori: non ci addentreremo nei meandri di tutti questi labirinti normativi, tra i quali sarebbe piuttosto facile perdere la via del ritorno. Ci limiteremo invece a soffermare l'attenzione sulla disciplina delle intercettazioni che, per la sua particolare delicatezza (e per le polemiche che puntualmente suscita ogni suo nuovo assetto), è di preminente interesse applicativo.

La possibilità di ricorso alle intercettazioni “agevolate” si allarga

Il faro che, secondo il codice di rito, deve guidare il magistrato inquirente nella richiesta (e il GIP nell'autorizzazione) delle intercettazioni è rappresentato dall'accertamento della sussistenza di due presupposti che devono essere contemporaneamente presenti: l'art. 267 c.p.p. richiede la simultanea presenza di gravi indizi di reato e dell'assoluta indispensabilità dell'intercettazione ai fini della prosecuzione delle indagini affinchè questa possa essere autorizzata. Le ragioni di una disciplina del genere – sostanzialmente restrittiva – è presto detta: l'intercettazione di comunicazioni costituisce una compressione, per ragioni di giustizia, del diritto costituzionalmente garantito alla libertà e segretezza di ogni forma di comunicazione. Il contemperamento degli opposti interessi è assicurato, per l'appunto, dalla giurisdizionalizzazione della procedura che porta all'autorizzazione o al diniego dell'intercettazione. Questa disciplina, per ragioni di assoluta eccezionalità e urgenza, storicamente individuata nella lotta alla criminalità di stampo mafioso, conosce alcune deroghe: il d.l. n. 152/1991, convertito nella l. n. 203/1991, ha attenuato il rigore dei requisiti che consentono il ricorso alle intercettazioni nei reati di criminalità organizzata e di minaccia col mezzo del telefono, consentendole in presenza di “sufficienti indizi” nel caso in cui esse siano necessarie (e non assolutamente indispensabili) per lo svolgimento delle indagini. Oggi, in forza del d.l. n. 105/2023 sarà possibile fare uso di questi edulcorati parametri di ammissibilità anche nei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di “attività organizzate per il trasporto di rifiuti” (art. 452-quaterdecies c.p.), per quelli commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416-bis c.p. (il c.d. “metodo mafioso”) oppure per agevolare tali organizzazioni criminali. Sotto il profilo del diritto intertemporale si stabilisce, infine, che le norme appena introdotte sono immediatamente applicabili anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto.

Le centrali digitali e l'archivio digitale delle intercettazioni

Il secondo articolo del decreto-legge appena varato riguarda invece aspetti più spiccatamente tecnici. L'esigenza che si è inteso soddisfare è quella di ottimizzare i livelli di sicurezza, aggiornamento tecnologico, efficienza, economicità e – perché no – risparmio energetico delle apparecchiature informatiche necessarie per eseguire le intercettazioni. Per questo motivo il legislatore d'urgenza ha pensato bene di creare “apposite infrastrutture digitali interdistrettuali”. Ai profani della tecnologia – chi scrive può inserirsi a pieno titolo in questa schiera e rimpiange ancora la Lettera 22 – sfuggirà senza dubbio in cosa materialmente consistano queste infrastrutture. Ciò che però conta per il giurista è che esse siano interdistrettuali, cioè poste a cavallo o a congiunzione di più distretti di corte d'appello (cui fanno capo notoriamente le D.D.A.). Toccherà ai decreti ministeriali (da emanarsi entro specifiche tempistiche indicate nel provvedimento normativo) stabilire i requisiti tecnici delle infrastrutture e assicurarne i massimi livelli di efficienza e sicurezza anche sotto il profilo della gestione dei dati che – naturalmente – costituiscono il bene più prezioso sia perché riservato, sia perché per sua natura sensibile. Qui gli interessi da soddisfare sono molteplici: assicurare intanto che i dati rimangano integri, autentici e (soprattutto) riservati. Ma anche disciplinare gli accessi e le operazioni su questi ultimi. Sempre con un decreto ministeriale, da adottare entro il primo marzo prossimo, si pensa di attivare presso queste infrastrutture l'archivio digitale dei verbali, registrazioni e atti riguardanti le intercettazioni, di cui si parla nel primo comma dell'art. 269 c.p.p. (e 89-bis disp. att. c.p.p.). Non appena quest'ultimo decreto sarà emanato, inizierà – come vuole il comma 6 dell'art. 2 d.l. n. 105/2023 – la “migrazione” dei dati dalle singole Procure della Repubblica verso queste strutture centralizzate. A governare gli stormi di bit che decolleranno dagli archivi informatici già esistenti in direzione delle infrastrutture digitali interdistrettuali sarà l'ormai celebre Direzione Generale per i Servizi Informativi Automatizzati, che abbiamo imparato a conoscere sin dai tempi del COVID e dei primi, timidi esperimenti nel campo del “penale telematico”. Essa dovrà agire d'intesa con i singoli procuratori della Repubblica e curerà che tutti i preziosi dati giungano a destinazione senza perdersi nell'iperuranio e senza seguire rotte diverse da quella prestabilita: alla DGSIA competerà, infatti, osservare le disposizioni contenute nel decreto ministeriale che stabilità tempi, modi e requisiti di sicurezza della migrazione. Tutte le attività di consultazione e ascolto delle intercettazioni disciplinate dall'art. 89-bis disp. att. c.p.p. saranno, invece, effettuate presso le singole Procure che hanno disposto le intercettazioni. Queste ultime, in ultimo, se riguarderanno procedimenti penali iscritti dopo il 28 febbraio 2025, saranno effettuate direttamente mediante le infrastrutture interdistrettuali di cui s'è già detto.

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