I diritti dei genitori d'intenzione, del minore procreato con la surroga di maternità e delle gestanti sono già stati esaminati dalla Corte europea dei diritti umani, dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione.
Dalla lettura delle decisioni di queste Corti emerge che le scelte in ordine alla legittimazione, o al divieto, della maternità surrogata implicano il bilanciamento tra tre diritti fondamentali: (a) il diritto della donna a non essere utilizzata come strumento o merce, (b) il diritto dell'essere umano generato attraverso tale tecnica ad ottenere il riconoscimento del suo legame di filiazione, (c) il diritto dei genitori d'intenzione ad una vita privata “identitaria”, coerente con le loro aspettative genitoriali.
a) Il diritto all'incolumità fisica e psichica delle donne.
A fondamento delle scelte politiche dei paesi che, come il nostro, hanno imposto il divieto, c'è la volontà di inibire la mercificazione del corpo delle donne, e, più in generale, di ledere la loro dignità, attraverso il contrasto delle condotte che si risolvono nella trasformazione del corpo umano in uno strumento di riproduzione.
Il divieto tutela, dunque, il diritto all'incolumità fisica e psichica delle donne, la cui dignità è preservata dal processo di reificazione e mercificazione implicito nella surroga gestazionale.
I paesi che legittimano la pratica ritengono che tale diritto - personalissimo - sia rinunciabile, e che, dunque, sia ammissibile la concessione su base volontaria dell'utero in affitto (a titolo gratuito o, finanche, oneroso).
Le scelte in ordine alla maternità surrogata si fondano su opzioni valoriali complesse che attingono il nucleo identitario della natura umana.
L'essere umano ha, infatti, da sempre percepito la propria identità, e identificato i propri confini etici, tarandoli sulle modalità “naturali” di sviluppo del ciclo vitale. Non è un caso che ogni intervento su tale corso naturale, come l'aborto, la procreazione medicalmente assistita e l'eutanasia sollevi controverse questioni etiche. E non deve stupire la difficoltà ad accettare la costituzione di nuclei affettivi tra persone omosessuali che replicano la famiglia “tradizionale” costruita intorno ad una coppia eterosessuale.
La Corte di cassazione italiana ha assunto una posizione netta sulla legalità della maternità surrogata affermando che il ricorso a tale pratica, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane. Ha ritenuto, pertanto, che non è automaticamente trascrivibile in Italia l'originario atto di nascita, che indichi come genitore quello “d'intenzione non biologico” che ha fatto ricorso alla surrogazione in uno Stato che la legittima (Cass. civ., sez. un., n. 38162/2022).
Si tratta di una posizione omogena a quella della Corte costituzionale che ha affermato che la maternità surrogata «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane» (C. cost. n. 272/2017). Secondo i Giudici della Consulta, peraltro, «gli accordi di maternità surrogata comportano un rischio di sfruttamento della vulnerabilità di donne che versano in situazioni sociali ed economiche disagiate; situazioni che, ove sussistenti, condizionerebbero pesantemente la loro decisione di affrontare il percorso di una gravidanza nell'esclusivo interesse dei terzi, ai quali il bambino dovrà essere consegnato subito dopo la nascita» (C. cost n. 33/2021 § 5.1.)
Tali preoccupazioni sono anche alla base della condanna di «qualsiasi forma di maternità surrogata a fini commerciali» espressa dal Parlamento europeo nella propria Risoluzione del 13 dicembre 2016 sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea nel 2015 (2016/2009-INI, § 82).
b) Il diritto dei minori al riconoscimento della loro identità.
Anche nei paesi che hanno scelto di imporre il divieto è avvertito il problema della tutela dei diritti dell'essere umano generato illegalmente. Si tratta di persone inermi, cui non può che essere riconosciuto il diritto di essere accolte e tutelate, essendo del tutto estranee all'accordo illecito.
La giurisprudenza delle Alte Corti sembra assestata nel ritenere doveroso il riconoscimento del rapporto di filiazione con entrambi i genitori d'intenzione, sia pure con modalità diverse. La giurisprudenza si è, infatti, assestata nel ritenere che il rapporto di filiazione deve essere riconosciuto direttamente con il genitore biologico, mentre deve essere stabilito con il tempestivo ricorso all'adozione con il genitore d'intenzione che non ha fornito la provvista genetica.
Si tratta di un approdo condiviso sia dalla Corte Europea dei diritti umani (Corte Edu C. v. Italia 31 agosto 2023, D.B. e a. c. Svizzera, 22 novembre 2022, Corte Edu, Mennesson v. Francia, 26 giugno 2014, Corte Edu, Paradiso e Campanelli v. Italia, Grande camera, 24 gennaio 2017), che dalla Corte costituzionale (C. cost. n. 33/2021) e dalla Cassazione civile (Cass. civ., sez. un., n. 38162/2022; Cass. civ., sez. un., n. 12193/2019).
La Corte europea ha ritenuto che il mancato riconoscimento del rapporto di filiazione del minore con il genitore biologico che ha affidato la gestazione alla madre surrogata viola l'art. 8 della Convenzione, dato che l'identificazione del rapporto di filiazione “biologica” involge un aspetto essenziale dell'identità. In tale area il margine di apprezzamento lasciato agli Stati è ristretto, sicché il mancato riconoscimento del rapporto lede il diritto del minore al riconoscimento della propria identità e costituisce una illecita ingerenza nel diritto alla vita privata.
Di contro, il legame di filiazione con il genitore d'intenzione non biologico può essere adeguatamente tutelato attraverso l'adozione.
Sono state, pertanto, considerate compatibili con il diritto convenzionale le decisioni di quegli Stati che hanno ritenuto illegittima la trascrizione dell'atto di nascita che indicava, come genitore, non solo quello che aveva fornito parte della provvista genetica, ma anche quello d'intenzione “non biologico” (Corte Edu, D c. Francia, 16 luglio 2020; Corte Edu, Mennesson v. Francia, cit.). Si tratta di soluzioni coerenti con quanto affermato nel parere consultivo richiesto alla Corte europea dalla Cassazione francese ed emesso il 10 aprile 2019 in ordine al riconoscimento di una relazione di filiazione tra un bambino nato a seguito di maternità surrogata all'estero e la madre affidataria, che non aveva fornito la provvista genetica.
Anche la Corte costituzionale, decidendo sulla legittimità della trascrizione nei registri dello stato civile di un rapporto di filiazione con un genitore d'intenzione non biologico, ha affermato che deve essere assicurata tutela all'interesse del minore al riconoscimento giuridico del suo rapporto con entrambi i componenti della coppia che non solo ne abbiano voluto la nascita in un paese estero in conformità alla lex loci, ma che lo abbiano poi accudito, esercitando di fatto la responsabilità genitoriale e che una tale tutela dovrà, in questo caso, essere assicurata attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza del legame di filiazione tra adottante e adottato, allorché ne sia stata accertata in concreto la corrispondenza agli interessi del bambino (C. cost. n. 33/2021 § 5.7.).
Nello stesso senso si è espressa anche la Cassazione che ha affermato che il minore nato all'estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternità ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione; e che tale esigenza è garantita dall'istituto dell'adozione in casi particolari, prevista dall'art. 44, comma 1, lett. d) della l. n. 184/1983 che, allo stato, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo status di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il "partner" del genitore genetico che ne ha condiviso il progetto procreativo ed ha concorso alla cura del bambino (Cass. civ., sez. un., n. 38162/2022).
Allo stato, dunque, secondo la giurisprudenza interna e sovranazionale, il minore procreato con il ricorso alla maternità surrogata deve essere tutelato attraverso il celere ricorso all'adozione con il genitore non biologico e con il riconoscimento immediato del rapporto di filiazione con il genitore “genetico” (ovvero che ha fornito parte della provvista genetica necessaria per la formazione dell'embrione).
c) Il diritto degli individui ad una vita privata coerente con le proprie aspettative.
Le scelte in ordine alla maternità surrogata implicano anche la valutazione del diritto dei genitori d'intenzione ad una vita privata coerente con i loro desideri ed aspettative, che si configuri come pienamente espressiva della loro identità personale.
Si tratta di un diritto che si colloca su un terreno intriso di scelte valoriali.
Non può non essere considerato che il desiderio di genitorialità può avere matrici narcisistiche o patologiche. E non deve essere dimenticato che dietro la scelta di generare un essere umano, rescindendo il legame tra gestante e bambino, possono esserci anche finalità illecite, tenuto conto che la procreazione con le tecniche della maternità surrogata potrebbe essere un modo per reperire persone da mercificare.
Ci si deve chiedere, allora, se il diritto ad una vita privata identitaria includa anche l'ipotetico diritto a legittimare, e tutelare, il rapporto di filiazione ottenuto con la mediazione gestazionale di una donna consenziente.
Secondo la Corte Edu il concetto di “vita privata” ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione comprende l'integrità fisica e psicologica della persona (X e Y c. Paesi Bassi, 26 marzo 1985,) ed, entro certi limiti, il diritto di instaurare e sviluppare rapporti con altri esseri umani (Niemietz c. Germania, 16 dicembre 1992). Può comprendere aspetti pertinenti all'identità fisica e sociale di una persona (Mikulić c. Croazia,7 febbraio 2002) ed includere il diritto alla realizzazione personale o il diritto all'autodeterminazione (Pretty v. Regno Unito, 29 aprile 2002), nonché il diritto al rispetto delle decisioni di diventare o meno genitore (Evans v. Regno Unito, Grande Camera, 10 aprile 2007, A., B. e C. v. Irlanda, Grande camera, 16 dicembre, 2010).
Nonostante l'ampiezza della copertura offerta dall'art. 8 CEDU i giudici europei hanno considerato che la stessa non si estenda fino ad includere il diritto di diventare genitore. È stato anzi affermato chel'interesse collettivo al rispetto delle norme nazionali che vietano la maternità surrogata e che regolamentano l'adozione è prevalente rispetto al diritto dei genitori non biologici a proseguire la loro relazione con il minore. La Corte ha, infatti, ritenuto compatibile con il diritto convenzionale l'allontanamento del bambino generato con la surrogazione di maternità dalla coppia che avevano affidato il mandato gestazionale ad una donna russa che si era fatta installare un embrione formato con una provvista genetica non riconducibile ai mandanti (Corte Edu, Paradiso e Campanelli v. Italia, cit.).
La sussistenza di ingerenze illecite al diritto tutelato dall'art. 8 della Convenzione state analizzate dalla Corte di Strasburgo non solo sotto il profilo della possibile lesione del diritto alla vita privata, ma anche sotto quello della lesione del diritto alla vita familiare.
Si è così affermato che il diritto al rispetto della vita familiare non tutela il semplice desiderio di costituire una famiglia, ma presuppone l'esistenza della famiglia, o almeno di una relazione familiare potenziale (Moretti e Benedetti c. Italia, n. 16318/07, § 48, 27 aprile 2010, e Kopf e Liberda c. Austria, n. 1598/06, § 37, 17 gennaio 2012).
Si tratta di una posizione in linea con quella della Cassazione, che ha affermato che «va escluso che il desiderio di genitorialità, attraverso il ricorso alla procreazione medicalmente assistita lasciata alla autodeterminazione degli interessati, possa legittimare un presunto diritto alla genitorialità comprensivo non solo dell'an e del quando, ma anche del quomodo (C. cost., n. 79/2022)». E che «non v'è nel sistema normativo un paradigma genitoriale fondato unicamente sulla volontà degli adulti di essere genitori e destinato a concorrere liberamente con quello naturalistico» individuando, tuttavia, il limite a tale espansione nella legittimazione del ricorso alla procreazione medicalmente assistita attuata con fecondazione eterologa e nel divieto di ricorso alla maternità surrogata (Sez. U, n. 38162 del 30/12/2022, Rv. 666544 – 03; § 21.2).