Riserva di codice

Sergio Beltrani
09 Luglio 2018

L'art. 1, comma 85, lettera q), della l. 103 del 2017, nel delegare al Governo la riforma dell'ordinamento penitenziario, prevedeva, tra i criteri direttivi, «l'attuazione, sia pure tendenziale del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell'effettività della funzione rieducativa della pena, presupposto indispensabile perché l'intero ordinamento penitenziario sia pienamente conforme ai princìpi costituzionali, attraverso l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, in particolare i valori della persona umana, e tra questi il princìpio di uguaglianza, di non discriminazione e di divieto assoluto di ogni forma di sfruttamento ...
Inquadramento

L'art. 1, comma 85, lettera q), della l. 103 del 2017, nel delegare al Governo la riforma dell'ordinamento penitenziario, prevedeva, tra i criteri direttivi, «l'attuazione, sia pure tendenziale del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell'effettività della funzione rieducativa della pena, presupposto indispensabile perché l'intero ordinamento penitenziario sia pienamente conforme ai princìpi costituzionali, attraverso l'inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, in particolare i valori della persona umana, e tra questi il princìpio di uguaglianza, di non discriminazione e di divieto assoluto di ogni forma di sfruttamento a fini di profitto della persona medesima, e i beni della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico, della salubrità e integrità ambientale, dell'integrità del territorio, della correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato».

L'art. 1 d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21, attuando la predetta delega, ha introdotto nel codice penale l'art. 3-bis che afferma il principio della riserva di codice, in virtù del quale «nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia».

Il principio della “riserva di codice”

La relazione al d.lgs. 21 del 2018 afferma che il decreto delegato mira a conseguire un riordino della materia penale, ferme restando le scelte incriminatrici già operate dal Legislatore, così da preservare la centralità del codice penale secondo la gerarchia di interessi che la Costituzione delinea, precisando che in questo senso deve essere letta la delega nella parte in cui discorre di inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore: «tale dizione sembra, pertanto, escludere che l'attività delegata possa consistere in modifiche alle fattispecie criminose vigenti, contenute in contesti diversi dal codice penale. L'intento del Legislatore delegante risulta essere, infatti, quello di razionalizzare e rendere, quindi, maggiormente conoscibile e comprensibile la normativa penale e di porre un freno alla eccessiva, caotica e non sempre facilmente intellegibile produzione legislativa di settore. Sotto questo profilo, dunque, non sarebbe consentita un'opera di razionalizzazione che passasse attraverso la revisione generale della parte speciale del codice penale e della legislazione complementare».

La delega non contempla un intervento di tale ampia portata, «mirando ad attuare il principio della riserva di codice – presupposto per una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni da parte dei destinatari – senza dimenticare che l'inserimento del precetto penale in un contesto di disposizioni omogenee per settore, spesso anche di minuziosa regolazione di fenomeni e ambiti molto specifici, esprime un bisogno di razionalità legislativa, il cui soddisfacimento crea le premesse per riservare al codice penale la tutela soltanto dei beni e interessi di rilevanza costituzionale, nella prospettiva di un diritto penale minimo o essenziale».

Da qui l'enunciazione di una norma di principio che riserva al codice «un ruolo propulsivo di un processo virtuoso che ponga freno alla proliferazione della legislazione penale, rimettendo al centro del sistema il codice penale e ponendo le basi per una futura riduzione dell'area dell'intervento punitivo, secondo un ragionevole rapporto fra rilievo del bene tutelato e sanzione penale».

In evidenza

La non costituzionalizzazione del principio della riserva di codice, inserito piuttosto nel codice penale, ovvero con rango di norma ordinaria, rischia di rivelarsi un argine alquanto labile all'espansione poco meditata del diritto penale. Tuttavia la sua enunciazione nella parte generale del codice penale lo eleva a principio generale di cui in futuro il legislatore dovrà necessariamente tenere conto, quanto meno spiegando le ragioni del suo eventuale mancato rispetto: «si costruisce in tal modo una norma di indirizzo, di sicuro rilievo, in grado di incidere sulla produzione legislativa futura in materia penale».

La dottrina (LEOPIZZI) ha, in proposito, osservato che, «nonostante la solennità di questa affermazione, d'altra parte, la norma con ogni evidenza non risulta vincolante per il Legislatore a venire, in difetto di rango o copertura costituzionale, e assume di fatto il valore di un semplice manifesto di politica legislativa».

Gli effetti immediati

In attuazione del principio della riserva di codice, il d.lgs. 21 del 2018 ha inserito nel codice penale numerose disposizioni in precedenza collocate nella legislazione speciale, riguardanti diverse materie e in particolare:

  • tra le circostanze comuni, l'art. 61-bis c.p., che ripropone la circostanza aggravante della c.d. transnazionalità, già prevista dall'art. 4, l. 16 marzo 2006, n. 146, di ratifica della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato, e l'art. 69-bis c.p., che contiene casi di esclusione del giudizio di comparazione tra circostanze;
  • tra le misure di sicurezza patrimoniali, in tema di confisca, l'art. 240-bis c.p., rubricato Confisca in casi particolari, che ripropone quanto già previsto dall'art. 12-sexies, d.l. 306/1992, convertito in l. 356/1992 in tema di confisca obbligatoria (cosiddetta confisca c.d. allargata o per sproporzione), non collegata alla provenienza illecita della res, di somme di denaro, beni o altre utilità di cui il condannato per una serie di gravi reati tassativamente enumerati risulti avere disponibilità, anche per interposta persona, in misura sproporzionata rispetto al reddito dichiarato od alla propria attività economica, e dei quali non possa giustificare la provenienza: «Peraltro, l'art. 31, l. 17 ottobre 2017, n. 161, in vigore dal 20 novembre 2017 (e oggetto di un acceso dibattito anche al di fuori dei circuiti strettamente tecnici), ha radicalmente modificato l'art. 12-sexies, d.l. 306/1992, poi formalmente abrogato (sia pure nel suo vecchio testo) dall'art. 7, comma 1, lett. h), d.lgs. 21/2018, dopo una vigenza di pochi giorni. Pare inutile sottolineare l'assoluta mancanza di coordinamento tra i vari centri di normazione primaria» (LEOPIZZI);
  • tra i delitti contro la personalità (internazionale) dello Stato, l'art. 270-bis.1 c.p.che, in tema di circostanze aggravanti ed attenuanti, riproponele disposizioni in precedenza dettate dagli artt. 1, 4 e 5 d.l. 625/1979, convertito in l. 15/1980;
  • ancora tra i delitti contro la personalità (interna) dello Stato, l'art. 289-ter c.p.(sequestro di persona a scopo di coazione, già disciplinato dall'art. 3 della legge 26 novembre 1985, n. 718, di ratifica della Convenzione di New York contro la cattura degli ostaggi; la nuova disposizione ricomprende anche le precedenti norme sulla giurisdizione penale, ex art. 4, l. 718/1985);
  • tra i delitti contro l'amministrazione della giustizia (in particolare, tra quelli contro l'autorità delle decisioni giudiziarie), l'art. 388, comma 2, c.p.(in tema di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice riguardante l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, divenuto applicabile anche a chi violi o eluda l'ordine di protezione contro gli abusi familiari previsto dall'art. 342-ter c.c. ovvero provvedimenti di analogo contenuto resi emessi nei procedimenti di separazione o divorzio);
  • tra i delitti contro l'ordine pubblico,l'art. 416-bis.1 c.p.che riproponele circostanze aggravanti e attenuanti in precedenza previste, per i delitti connessi ad attività mafiose, rispettivamente dagli artt. 7 e 8 d.l. 152 /1991 convertito in legge 203/1991;
  • tra i delitti contro l'ambiente, l'art. 452-quaterdecies c.p., che prevede e punisce il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, in precedenza previsto e punito dall'art. 260, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152;
  • tra i delitti contro la fede pubblica (in particolare tra le falsità in atti), l'art. 493-ter c.p., che prevede e punisce il delitto di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento, in precedenza previsto e punito dall'art. 55 d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, come novellato dall'art. 9, comma 1, d.lgs. 25 maggio 2017, n. 90;
  • tra i delitti contro l'economia pubblica, l'art. 512-bis c.p., che prevede e punisce il delitto di trasferimento fraudolento di valori, in precedenza previsto e punito dall'art. 12-quinquies, comma 1, d.l. 306/1992, convertito in l. 356/1992;
  • tra i reati contro la famiglia (in particolare, tra quelli contro l'assistenza familiare), l'art. 570-bis c.p., (che ora, oltre alle violazioni degli obblighi di assistenza familiare, prevede e punisce anche le condotte in precedenza previste e punite dall'art. 12-sexies, l. 1° dicembre 1970, n. 898 – mancata corresponsione dell'assegno fissato nel procedimento divorzile – e dall'art. 3, l. 8 febbraio 2006, n. 54 – inottemperanza agli obblighi di natura economica connessi all'affidamento dei minori durante il procedimento di separazione -);
  • tra i reati contro la persona (in particolare, tra quelli contro la vita e l'incolumità individuale), l'art. 586-bis c.p. (che prevede e punisce i reati in materia di utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti – c.d. doping – in precedenza previsti dall'art. 9, l. 14 dicembre 2000, n. 376);
  • ancora tra i reati contro la persona, il nuovo capo I-bis, che disciplina i Delitti contro la maternità, e ricomprende i nuovi reati di cui agli articoli 593-bis c.p. (interruzione colposa di gravidanza, già previsto e punito dall'art. 17 l. 22 maggio 1978, n. 194) e 593-ter c.p. (Interruzione di gravidanza non consensuale, già previsto e punito dall'art. 18, l. 22 maggio 1978, n. 194): «resta invece nel corpo della legge speciale la fattispecie di aborto consensuale senza l'osservanza delle modalità indicate dalla leggeexart. 19, l. 194/1978 (ritenuta dal Legislatore delegato connotata da un disvalore del tutto eterogeneo, al pari dell'illecito amministrativo addebitabile alla donna che abortisce contra legem)» (LEOPIZZI);
  • sempre tra i reati contro la persona (in particolare, tra quelli contro la personalità individuale), in tema di tratta e commercio di schiavi e di nave destinata alla tratta, i nuovi due ultimi commi dell'art. 601 c.p.(che ripropongono le discipline in precedenza già previste rispettivamente dagli artt. 1152 e 1153 cod. nav.), e i due nuovi commi (inseriti dopo il primo) dell'art. 601-bis c.p. (che, in tema di traffico di organi prelevati da persona vivente, ed in particolare di mediazione a scopo di lucro nella donazione di organi destinati ai trapianti, ripropone l'art. 22-bis, comma 1, l. 1° aprile 1999, n. 91);
  • ancora una volta tra i reati contro la persona (in particolare, tra quelli contro la libertà individuale), infine, la nuova sezione I-bis, che disciplina i Delitti contro l'uguaglianza, e ricomprende i nuovi artt. 604-bis c.p.(Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa) e 604-ter c.p. (Circostanza aggravante), riproponendo gli artt. 3 e 3-bis, l. 13 ottobre 1975, n. 654, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966, come modificata dal d.l. 26 aprile 1993, n. 122 – c.d. legge Mancino – e dalla l. 16 giugno 2016, n. 115 c.d. legge sul negazionismo” oltre all'aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico: «restano in vigore le pene accessorie per questi delitti (obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività, obbligo di permanenza in casa entro orari determinati, sospensione della patente di guida o del passaporto, divieto di detenzione di armi, divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale) e le ulteriori fattispecie penali (manifestazioni esteriori di tipo razzista) rispettivamente previste dagli artt. 1 e 2, d.l. 122/1993, che forse avrebbero potuto trovare ospitalità nella nuova apposita sezione I-bis» (LEOPIZZI).

In evidenza

Le disposizioni trasferite nel codice, nel rispetto della legge delega (che non legittimava interventi innovativi) sono rimaste sostanzialmente immutate, salvo minime modifiche di carattere formale, necessitate da esigenze di coordinamento sistematico.

Il “trasferimento” delle predette fattispecie di reato nel codice penale pone, peraltro soltanto formalmente, problemi di coordinamento con il d.lgs.231 del 2001 in tema di responsabilità da reato degli enti, permanendo nel predetto d.lgs. l'indicazione, tra i reati presupposto della responsabilità degli enti, delle fattispecie in precedenza disciplinate nella legislazione penale speciale. Tuttavia, in presenza di un fenomeno di contestuale abrogazione delle fattispecie disciplinate nella legislazione penale speciale ed inserimento delle stesse, con analogo nomen iuris, nel libro II del Codice penale, non può ritenersi verificato un fenomeno abrogativo, per la evidente continuità normativa esistente tra le vecchie e le nuove disposizioni, che puniscono le medesime condotte.

Le ipotesi di responsabilità degli enti prima configurabili in riferimento a reati-presupposto disciplinati nella legislazione penale speciale (ad es., delitti commessi avvalendosi delle condizioni di assoggettamento descritte dall'art. 416-bis c.p., ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dal medesimo articolo: cfr. art. 24-ter d.lgs. 231 del 2001; reato previsto dall'art. 260, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152: cfr. art. 25-undecies, comma 2, lett. f), d.lgs. 231 del 2001) restano, pertanto, configurate e configurabili in riferimento ai medesimi reati-presupposto ora disciplinati nell'ambito del codice penale (con riferimento agli esempi anzidetti, cfr. rispettivamente art. 416-bis.1 c.p. e art. 452-quaterdecies c.p.).

L'opera di “risistemazione” è stata completata dalla formale abrogazione delle disposizioni in precedenza contenute in leggi speciali confluite nel codice (art. 7, d.lgs. n. 21 del 2018) e da una “espressa formula di rinvio dinamico” (LEOPIZZI), ovvero dalla precisazione che, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, «i richiami alle disposizioni abrogate, ovunque presenti nella legislazione, devono intendersi riferiti alle corrispondenti nuove disposizioni del codice penale, secondo le corrispondenze esplicitate dalla tabella A allegata al decreto legislativo» (art. 8, d.lgs. 21 del 2018).

Le discipline escluse

La già citata Relazione al d.lgs. 21 del 2018 chiarisce che non si interviene, operando una trasposizione dalla legge speciale al codice penale della relativa fattispecie incriminatrice, nei casi in cui sussista una forte interrelazione dei singoli precetti penali con la disciplina di base che già li contiene: «È infatti sconsigliabile esportare precetti penali dal corpo originario che li contiene, quando già organico o di tipo anch'esso codicistico: per esempio, le disposizioni penali in materia di sicurezza nella circolazione stradale, anche se comunque preposte alla tutela della vita e dell'incolumità personale. Analogamente per il settore degli infortuni sul lavoro (da intendere in senso ampio, e dunque comprensivo anche delle malattie professionali), la specificità della materia è sottolineata dalla presenza nel testo unico n. 81 del 2008 di disposizioni di parte generale, come quelle sulla delega di funzioni o sui meccanismi estintivi del reato: ciò ha indotto a ritenere che la modifica della attuale collocazione sistematica della relativa disciplina avrebbe potuto compromettere il già consolidato assetto di tutela. Conclusioni analoghe valgono per la materia della prostituzione, della tutela dell'ambiente, del settore del gioco e delle scommesse nonché delle armi».

Guida all'approfondimento

A. LEOPIZZI, L'attuazione del principio della “riserva di codice” in materia penale (d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21);

A. SCARCELLA, Dalla riserva di codice problemi di coordinamento con la 231, in Rivista 231, n. 3/2018.

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