Comunicazioni recettizie unilaterali al lavoratore a mezzo raccomandata: qual è il momento temporale in cui si perfeziona la presunzione di conoscenza?

04 Ottobre 2023

Il presente contributo si sofferma sull'analisi delle motivazioni espresse in sede di giudizio di legittimità riguardo il caso di una lavoratrice che contestava la validità della comunicazione di licenziamento allegando la mancata ricezione dell'avviso di giacenza. I Giudici di merito hanno stabilito, con decisione confermata dalla sentenza di legittimità che si commenta, la regolarità, nel senso di idoneità a fondare la presunzione legale di conoscenza, della notifica della lettera di licenziamento. Si illustrano gli orientamenti che si sono formati nel tempo con riguardo alla regolarità del processo notificatorio e al parametro temporale in cui si forma la presunzione di conoscenza (o di conoscibilità) dell'atto siccome inviato.

Massima

La presunzione legale di conoscenza degli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario, di cui all'art. 1335 c.c., opera, pur in mancanza di esibizione di copia dell'avviso immesso in cassetta, la produzione della ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative, provenienti da poste italiane, dalle quali si desumono la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l'ufficio postale, la sua restituzione al mittente all'esito della compiuta giacenza.

Il caso

I Tribunali di primo (Arezzo) e secondo grado (App. Firenze) hanno respinto le domande di una lavoratrice dirette ad ottenere l'annullamento del licenziamento disciplinare, la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento dei danni. Le decisioni dei Tribunali sono riconducibili all'accertata decadenza del potere di impugnazione del provvedimento espulsivo, il cui esercizio deve effettuarsi entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta.

La ricorrente si doleva del mancato esame – di un fatto decisivo – consistente nella contestazione della procedura di notificazione, perfezionatasi secondo i Giudicanti; di contrario avviso invece la lavoratrice.

Gli Ermellini nel riconoscere le ragioni dei giudici di merito, hanno attestato che, oltre a non avere (costoro) omesso l'esame del fatto, si sono correttamente concentrati sull'idoneità, - oltreché della comunicazione solutoria -, del mezzo utilizzato (Raccomandata ar) a fondare la presunzione legale di conoscenza di tale comunicazione.

Ma le doglianze della ricorrente non si sono fermate qui. Essa contestava il fatto che nella casella della posta non avesse rinvenuto l'avviso di giacenza e che controparte non avesse dato prova dell'attività svolta dall'ufficiale postale, sicché non si sarebbe potuta invocare la presunzione di conoscenza della comunicazione.

Le questioni

Quali sono le condizioni legali in base alle quali si possa affermare il verificarsi della presunzione di conoscenza di un atto spedito tramite posta raccomandata attraverso il servizio postale?

Le soluzioni giuridiche

I giudicanti danno l'abbrivio al proprio iter logico-argomentativo riferendosi alla norma codicistica, l'art. 1335 c.c., a mente della quale «La proposta, l'accettazione la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia».

Trattasi di una presunzione legale di conoscenza iuris tantum, ossia che ammette la prova contraria. Dal fatto noto dell'avvenuta notifica della comunicazione raccomandata si deduce la conoscenza o, meglio, la conoscibilità del fatto ignoto, ossia la cognizione del contenuto della missiva da parte del destinatario. Pertanto, occorre, in caso di contestazione in giudizio, procedere ad un accertamento di fatto (appunto probatorio), che deve fondarsi su un governo logico, coerente e motivato delle risultanze probatorie, soltanto in questi limiti censurabile in sede di legittimità. Allorché il datore di lavoro/convenuto rammostri in giudizio la ricevuta di invio della raccomandata contenente la lettera di licenziamento, accompagnata dalle schede informative, provenienti da Poste Italiane, dalle quali si desumono la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l'ufficio postale, la sua restituzione al mittente all'esito della compiuta giacenza scatta la presunzione di conoscenza.

A fronte di tale documentazione probatoria, la ricorrente – per via dell'inversione dell'onere della prova – non è stata in grado di dimostrare di essere stata, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia.

Secondo un orientamento di legittimità, - peraltro non granitico per l'esistenza di indirizzi interpretativi difformi dui cui si darà conto -, cui la sentenza in commento si uniforma, il convenuto non solo ha dimostrato di avere spedito con raccomandata (mediante la ricevuta postale) la comunicazione di licenziamento, ma anche di avere allegato in modo esaustivo e documentato il processo di notificazione attuato dall'ufficiale del servizio postale (produzione della ricevuta di invio della raccomandata accompagnata dalle schede informative dalle quali si desumono la mancata consegna della raccomandata, il suo deposito presso l'ufficio postale, la sua restituzione al mittente all'esito della compiuta giacenza).

In sintesi, il giudice di legittimità, nel rigettare il ricorso della lavoratrice, osserva che:

a) la presunzione legale di conoscenza degli atti unilaterali diretti a un determinato destinatario, di cui all'art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell'arrivo dell'atto nel luogo indicato nella norma e può essere superata solo allorché sia fornita la prova contraria dell'impossibilità di averne notizia senza colpa da parte del destinatario;

b) nel caso di specie, la presunzione di conoscenza della lettera di licenziamento non si fonda sulla prova della spedizione della raccomandata, avendo la società datrice di lavoro documentato, con la produzione della sola scheda informativa di Poste, anche le attività svolte dall'agente postale incaricato della consegna e la compiuta giacenza;

c) la lavoratrice, dal canto suo, non sarebbe stata invece in grado di fornire la prova dell'impossibilità di avere notizia della comunicazione senza colpa, essendo la comunicazione pervenuta all'indirizzo che ella stessa aveva fornito al datore di lavoro, e non potendosi ritenere sufficiente a vincere la presunzione la mera allegazione di non avere mai rinvenuto l'avviso di giacenza nella sua casella postale (1).

Osservazioni

La lettera di licenziamento, ma anche la contestazione disciplinare ex art. 4, L. 300/70, hanno natura di atto unilaterale recettizio, che produce effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona cui sono destinati (2).

La conoscenza si presume inveratasi nel momento in cui la dichiarazione recettizia giunge all'indirizzo del destinatario (3).

L'art. 1334 c.c., unitamente al successivo 1335 c.c., disciplina l'efficacia degli atti unilaterali, i quali producono i propri effetti una volta giunti all'indirizzo del destinatario: vale per essi, dunque, il principio della ricezione, insufficiente all'uopo essendo – secondo taluno indirizzo ermeneutico - la loro mera emissione o spedizione (4).

Si ritiene che la previsione sia applicabile a tutti gli atti recettizi (5), con esclusione dell'ambito riservato alla notificazione degli atti processuali, soggiacenti alla specifica disciplina del codice di rito (6).

L'indirizzo del destinatario deve consistere in un recapito che, in ragione di un collegamento ordinario (com'è per la dimora e il domicilio) o di una normale frequenza (com'è per l'ufficio e il luogo di esplicazione dell'attività lavorativa) o di una preventiva indicazione o pattuizione (come nel caso della elezione di domicilio), rientri nella sfera di dominio e di controllo del destinatario (7).

Si è affermato che si è in presenza della presunzione di conoscenza – o di conoscibilità – che concerne non solo la cognizione, ma anche l'esatta cognizione dell'atto e che ha carattere relativo, nel senso che giunto l'atto all'indirizzo del destinatario, si determina un'inversione dell'onere della prova a carico di costui, spettando a questi di dimostrare che non ha avuto la possibilità, senza colpa, di conoscere l'atto.

Limitatamente all'impiego della lettera raccomandata, con riguardo al parametro temporale in cui si forma la presunzione di conoscenza (o di conoscibilità) dell'atto siccome inviato, si ritiene si siano formati tre orientamenti, uno dei quali (il terzo, v. infra) fatto proprio dalla sentenza in commento, soprattutto allorché l'operatore del servizio postale universale “faccia avviso” al destinatario della giacenza del plico presso l'ufficio postale. 

Il primo, per il quale la produzione in giudizio di un telegramma, o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico 88).

Il secondo, per il quale in virtù della natura recettizia dell'atto di contestazione, vale la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., secondo cui la dichiarazione si presume come conosciuta nel momento in cui essa perviene all'indirizzo del destinatario, qualora quest'ultimo non dimostri di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia (9). Pertanto, l'onere probatorio del mittente non è limitato all'esibizione in giudizio della ricevuta rilasciata dall'ufficio postale, ma si estende alla prova del fatto che la dichiarazione sia pervenuta all'indirizzo del destinatario (a prescindere quindi dal fatto (irrilevante) della giacenza o della compiuta giacenza della lettera raccomandata presso l'ufficio postale). Secondo una chiara impostazione ermeneutica di merito e di legittimità, in tema di notifica degli avvisi di addebito vale, dunque, ad interrompere il termine di prescrizione il rilascio, all'indirizzo del destinatario non rinvenuto presso il luogo di residenza, dell'avviso del deposito del plico presso l'ufficio postale; da tale data, infatti, la comunicazione è entrata nella sfera di conoscibilità del destinatario (10).

Il terzo, per il quale la presunzione di conoscenza di un atto - nella specie la lettera di licenziamento - del quale sia contestato il suo pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio.

Nel solco di tale orientamento si inserisce la sentenza in commento, in cui gli Ermellini, bontà loro, sotto il profilo probatorio, confermano l'assunto del giudice del gravame per il quale «la presunzione di conoscenza di un atto - nella specie la lettera di licenziamento - del quale sia contestato il suo pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio» (11).

Si ritiene che il secondo orientamento interpretativo sia quello che meglio si attagli al senso e alla portata, anche pratica, dell'art. 1335, c.c.

Infatti, qualora il mezzo utilizzato sia quello della raccomandata semplice o AR, appare sufficiente, affinché – e per stabilire il momento in cui - si realizzi la presunzione di conoscenza, la prova che la dichiarazione sia giunta all'indirizzo del destinatario, atteso che è da quella data che rientra nella sfera di dominio e di controllo del destinatario medesimo; e il momento di perfezionamento coincide con il rilascio dell'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale (12).

E nell'ipotesi – che rappresenta lo snodo critico - in cui il tentativo di consegna sfoci nell'avviso di deposito per assenza del destinatario, appare questo il momento consumativo e non quello della compiuta giacenza. Ciò risolverebbe anche una questione pratica, come quello di determinare con certezza il dies a quo di decorrenza di un termine.

Un esempio.

L'art. 71, cap. XIV, CCNL Vetro, Lampade e Display - Aziende Industriali, prescrive che «In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del richiamo verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Decorso tale termine, i provvedimenti stessi saranno emessi entro i venti giorni successivi».

Pertanto, nell'ambito del procedimento disciplinare, quale sarà il termine dal quale decorreranno i cinque giorni canonici (e poi gli ulteriori venti, trascorsi i quali al Datore di Lavoro è chiaramente inibito – poiché ne sarebbe decaduto – l'esercizio del potere di irrogare il provvedimento disciplinare) qualora l'incaricato delle poste sia costretto a consegnare l'avviso di giacenza?

Secondo l'orientamento prescelto (non condiviso dal collegio che si è pronunciato con la sentenza in esame), la raccomandata (rectius, la contestazione disciplinare), si considera ricevuta con la comunicazione dell'avviso di giacenza (13) e non dalla data dell'attestazione di avvenuta giacenza.

Al principio si è affermato che, giunto l'atto all'indirizzo del destinatario, si determina un'inversione dell'onere della prova a carico di costui, spettando a questi di dimostrare che non ha avuto la possibilità, senza colpa, di conoscere l'atto.

In materia di imputabilità della colpa, il principio, secondo cui, anche al di fuori dell'ambito di operatività dell'art. 138, comma 2, c.p.c., il rifiuto del destinatario di un atto unilaterale recettizio di ricevere lo stesso non esclude che la comunicazione debba ritenersi avvenuta e produca i relativi effetti, ha un ambito di validità determinato dal concorrente operare del principio secondo cui non esiste, in termini generali ed incondizionati, l'obbligo, o l'onere, del soggetto giuridico di ricevere comunicazioni e, in particolare, di accettare la consegna di comunicazioni scritte da parte di chicchessia e in qualunque situazione. Infatti, al di fuori del campo delle comunicazioni normativamente disciplinate, quali quelle mediante notificazione o mediante i servizi postali, una soggezione in tal senso del destinatario non esiste in termini generali, ma può dipendere dalle situazioni o dai rapporti giuridici cui la comunicazione si collega (14). Pertanto, il rifiuto della prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell'obbligato e alla regola della presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c.

Più in generale il destinatario ha l'onere di provare di essersi trovato, senza propria colpa, nell' impossibilità di avere conoscenza della dichiarazione (15) ed a tal fine deve fornire la dimostrazione di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volontà (16) ovvero del ricevimento di un testo difforme da quello di cui il mittente esibisca copia (17).

Minimi riferimenti bibliografici

Francesca Siccardi, Presunzione di conoscenza dell'atto: può operare anche in assenza della produzione dell'avviso di ricevimento, in IUS Lavoro, 2 agosto 2023.

Anna Rota, L'intimazione del licenziamento nell'era digitale: dalla notificazione a mezzo raccomandata all'invio tramite WhatsApp, in Labour & Law Issues, vol. 3, n. 2, 2017.

Note

(1) Ottavio Pannone, Licenziamento inviato al domicilio del lavoratore: compiuta giacenza anche senza prova dell'avviso in cassetta, in Altalex, 3 agosto 2023.

(2) Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati [1334 c.c.].

(3) La proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia [1335 c.c.].

(4) Cass., sez. II, n. 9097/2018.

(5) Cass. n. 3908/1992.

(6) Cass. n. 6432/1984.

(7) Cass. n. 773/2003; Cass. n. 18272/2002; Cass. n. 11302/2002; Cass. n. 4140/1999; Cass. n. 10564/1998; Cass. n.  6471/1987; Cass. n. 6641/1982; Cass. n. 4083/1978.

(8) Cass., sez. III, ord. 27 ottobre 2022, n. 31845; Corte d'Appello Palermo, sez. lav., 16 giugno 2022, n. 435; Cass. 12 ottobre 2017, n. 24015

(9) Cass. 30 maggio 2014, n. 1219.

(10) Cass., sez. lav., ord. 28 settembre 2018, n. 23589; Corte d'Appello Palermo, sez. lav., 26 gennaio 2023, n. 45.

(11) App. Firenze n. 780/2019, cit. nella sent. oggetto del commento.

(12) V. nota n. 6; amplius, Cass. n. 29237/2017; Cass. n. 22311/2016.

(13) Cass., sez. lav., 16 luglio 2018, n. 18823.

(14) Cass., sez. lav., 5 giugno 2001, n.7620.

(15) Cass. n. 4310/2002; Cass. n. 12866/1997; Cass. n. 5393/1992.

(16) Cass. n. 450/1985.

(17) Cass. n. 771/2004; Cass. n. 8073/2002.

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