Danni cagionati da esondazione di un fiume: concorso di cause naturali e di cause riconducibili all'opera dell'uomo

La Redazione
11 Ottobre 2023

Il Tribunale di Milano è stato chiamato a delibare le domande risarcitorie proposte dagli abitanti presso il quartiere Ortica di Milano per i danni cagionati dall’esondazione del fiume Lambro in data 15 novembre 2014. 

La pronuncia della X sezione civile affronta il tema della responsabilità ex art. 2043 c.c. dell’impresa committente i lavori di costruzione di centrale idroelettrica, del direttore dei lavori, nonché dell'impresa esecutrice, in particolare, rispetto a lavorazioni non espressamente ricomprese nel contratto di appalto, ma spontaneamente eseguite dall’appaltatore al fine di ripristinare l’argine del fiume Lambro, modificato in occasione della costruzione della centrale, e dello stato dei luoghi attigui.

Il giudice di merito ha escluso che le piogge del 15 novembre 2014 abbiano rivestito il carattere dell’eccezionalità e ha affermato che l’esondazione del fiume e l’allagamento dell’area sia stato cagionato non dalle precipitazioni atmosferiche, ma dal crollo del sopralzo arginale del fiume, modificato in sede di costruzione della centrale idroelettrica e non adeguatamente ripristinato.

In tale contesto ha affrontato il tema del concorso di cause naturali e di cause riconducibili all'opera dell'uomo

Il Tribunale di Milano ha ritenuto sussistente in capo alla committente una culpa in eligendo per avere nominato un direttore dei lavori privo delle necessarie competenze professionali, una culpa in vigilando rispetto all’esecuzione dei lavori e un’omessa attivazione per non avere richiesto all’ente competente l’approvazione di un progetto di consolidamento dell’argine all’esito dell’esecuzione dei lavori.

Il Tribunale ha affermato anche la responsabilità ex art. 2043 c.c. del direttore dei lavori, sia per culpa in vigilando, sia per aver falsamente attestato la conformità dell’opera al progetto e dell’impresa appaltatrice per imperizia nell'esecuzione delle opere di ripristino.

La sentenza ha riconosciuto, oltre ai danni patrimoniali, anche il danno non patrimoniale per il patimento derivante dalla violazione del diritto di pieno godimento dell'abitazione e dal pericolo di pregiudizio alla salute degli occupanti.

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