La tutela d'urgenza nell'ipotesi di trasferimento illegittimo del lavoratore: la giurisprudenza di merito e di legittimità

20 Ottobre 2023

In questo scritto verranno esaminate le questioni processuali controverse, relative ai trasferimenti impugnati con procedimenti cautelari “ante causam” o in corso di causa, che sono emerse dinanzi ai giudici di merito e di legittimità.

Premessa

Come noto con l'espressione "trasferimento del lavoratore" deve intendersi lo spostamento stabile del dipendente da un'unità produttiva ad un'altra. È questo, infatti, l'ambito al quale fa riferimento l'art. 2103 c.c. in forza del quale lo spostamento deve essere valutato in relazione alla diversa unità produttiva alla quale viene destinato un lavoratore (nozione "tecnica di trasferimento")  e non necessariamente alla diversa localizzazione geografica tra la sede di provenienza e quella di destinazione (nozione "geografica" di trasferimento). Il trasferimento del lavoratore costituisce, pacificamente, una esplicitazione del potere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro.

In questo scritto verranno esaminate le questioni processuali controverse, relative ai trasferimenti impugnati con procedimenti cautelari “ante causam” o in corso di causa, che sono emerse dinanzi ai giudici di merito e di legittimità.

La tutela cautelare: brevi cenni

Alla luce del dettato normativo in tema di tutela cautelare atipica, il provvedimento d'urgenza richiesto dal lavoratore ex art. 700 c.p.c. presuppone che ricorrano congiuntamente i requisiti del c.d. fumus boni iuris, ossia l'evidente fondatezza della pretesa, e del periculum in mora costituito dal fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, e dunque non ristorabile per equivalente e che, per giurisprudenza consolidata, il provvedimento deve essere rifiutato allorquando manchi anche uno solo dei requisiti sopra ricordati (si veda, ex plurimis, Tribunale Pistoia del 21.10.2021). Quanto al fumus boni iuris, va premesso che deve essere inteso quale verosimile esistenza del diritto che il ricorrente intende far valere. Tale elemento deve essere valutato, in questa sede, con particolare rigore, al fine di fissare precisi limiti ad un procedimento, quello cautelare, nel quale le garanzie del contraddittorio, l'acquisizione della prova e la dialettica processuale sono, per la natura sommaria della cognizione, attenuati. La nozione di “fumus boni iuris” non può non essere influenzata in modo decisivo dalla considerazione delle caratteristiche del procedimento cautelare, singolare per i tempi di attuazione, ridotte possibilità di contraddittorio, sommarietà degli accertamenti in fatto e della dialettica in diritto, pur nella pienezza ed efficacia del comando giudiziale anticipatore della sentenza di merito. Questo sistema non può essere correlato se non con una pretesa difficilmente discutibile. L'evidente fondatezza di essa giustifica appunto la sommarietà di tutte le fasi del procedimento che conduce all'emissione del provvedimento d'urgenza. In tutti i casi in cui non esiste tale evidenza (il fumus boni iuris) la pretesa non può essere esaminata se non secondo i modelli istituzionalmente ordinari (che costituiscono la “regola”). Quanto al “periculum in mora”, lo stesso deve essere accertato oggettivamente, dovendo corrispondere ad una situazione di pericolo attuale, reale ed obiettiva, determinata dalle effettive condizioni in cui si è venuto a trovare il richiedente. Per costante giurisprudenza al fine di valutare l'immanenza ed irreparabilità del pregiudizio è necessario distinguere i vari momentiin cui può intervenire il giudice dell'urgenza. Infatti nell'ipotesi in cui questi intervenga prima del verificarsi del danno, occorre che sussistano elementi tali da cui risulti l'esistenza di atti preparatori che, sia pure in termini di probabilità, conducano ad un evento oggettivamente idoneo a determinare entro un tempo ragionevolmente breve un pregiudizio di tipo irreparabile. Invece, nell'ipotesi in cui il pregiudizio si sia già realizzato, l'intervento del giudice sarà diretto, da un lato ad eliminare l'immediata situazione antigiuridica determinatasi e dall'altro, a prevenire gli eventuali ulteriori e possibili effetti dannosi nel caso in cui la potenzialità lesiva non si sia ancora totalmente esaurita. L'imminenza del danno, più che a un criterio cronologico, deve essere parametrata alla possibilità di ravvisare elementi di fatto diretti già alla produzione del pregiudizio che deve essere iniziato o almeno direttamente ed univocamente preparato, così da poter ritenere in base ad una valutazione probabilistica che l'evento dannoso possa verificarsi in tempi brevi. E' onere del ricorrente fornire la prova, sia pure in termini di probabilità e non di certezza, circa l'imminenza del pregiudizio, da individuarsi non già in uno stato soggettivo di timore, ma in una situazione oggettiva, riscontrabile dalle circostanze dedotte.

In particolare, sempre con riferimento al “periculum in mora”, occorre evidenziale che l’onere della prova circa l'attualità ed irreparabilità del pregiudizio in sede cautelare deve essere particolarmente rigoroso e ciò vale a maggior ragione nel rito del lavoro per il quale, la maggiore snellezza derivante dalla specialità del rito da un lato, e l'inevitabile compressione del diritto di difesa nell'ambito della procedura d'urgenza dall'altro, impongono un vaglio particolarmente attento e rigoroso della sussistenza dei requisiti posti congiuntamente della norma, e segnatamente del periculum in mora, in entrambe le sue articolazioni. Affermare o negare tale presupposto, non può prescindere, soprattutto in materia lavoristica - ove è più forte la tentazione di ritenerlo “in re ipsa” attesa l'inevitabile ripercussione che ogni visione della sfera del lavoratore ha direttamente o indirettamente sui suoi diritti fondamentali in quanto persona - dall'esame di dettagliate specifiche allegazioni, posto che - in caso contrario- l'eccezionalità della tutela d'urgenza corre il rischio di trasformarsi in una forma ordinaria di impugnativa e dunque in un'ulteriore ed alternativo grado di giudizio. Ne consegue che l'esistenza dei requisito in esame deve essere accertata in concreto riguardo all'effettiva situazione prospettata dalla parte ricorrente, sulla quale incombe l'onere di allegazioni puntuali sulle circostanze di fatto dalle quali sia desumibile l'effettivo rischio che, nel tempo occorrente per l'espletamento del processo di merito, la situazione prospettata possa configurarsi quale fonte di pregiudizio irreparabile. In definitiva non è consentibile che un ricorso cautelare sia funzionale ad accelerare o ad anticipare un eventuale giudizio di merito ovvero a sostituirlo con quello ordinario a cognizione piena (snaturando, quindi, la finalità della tutela cautelare). Pertanto costituisce ius receptum quello secondo cui il periculum in mora, quale autonomo presupposto dal fumus boni iuris per la concessione del rimedio cautelare d'urgenza, non possa ritenersi sussistente “in re ipsa, ma debba fondarsi su elementi concreti che incombe alla parte ricorrente allegare e provare. Ne discende la necessità di allegazioni puntuali che consentano alle parti processuali e al giudice di operare una verifica finalizzata alla tutela di un pregiudizio concretamente e non teoricamente irrimediabile. Soddisfatto l'onere di allegazione, parimenti graverà sull'istante in cautelare l'onere di fornire elementi di prova in ordine ai fatti dedotti reclamanti un indifferibile provvedimento d'urgenza.

La tutela d'urgenza nei trasferimenti illegittimi: gli orientamenti della giurisprudenza di merito e di legittimità

E' indubbio che il trasferimento costituisce uno dei provvedimenti più delicati ed invasivi che un datore di lavoro privato o pubblico possa prendere nell'esercizio della propria autonomia organizzativa in quanto, è evidente, lo spostamento di un lavoratore da una unità produttiva ad un'altra, spesso distanti anche centinaia di chilometri, comporta per il lavoratore trasferito uno stravolgimento esistenziale di non poco rilievo considerando che, di solito, il trasferimento può avvenire dopo che il lavoratore si sia radicato, unitamente alla propria famiglia, nei luoghi dove ha sede una determinata unità produttiva presso cui, oramai, lavorava da anni. E questo, per il datore di lavoro, significa, nel caso di non “accettazione” del trasferimento, il coinvolgimento in un contenzioso giudiziario di non semplice soluzione e che può, a prescindere dagli esiti del giudizio, incancrenire in maniera irreversibile il rapporto di lavoro in corso di esecuzione. Il contenzioso giudiziario viene istaurato quasi sempre mediante un procedimento d'urgenza (“ante causam” o in “corso di causa”) in quanto il lavoratore ha necessità di paralizzare, in tempi celeri, gli effetti di un trasferimento al quale, in assenza di un provvedimento giudiziale che accerti la sua illegittimità, non può sottrarsi in quanto, diversamente, sarebbe inadempiente ai propri obblighi. Sul punto la Cassazione, con la decisione n.18886 del 26.09.2016, ha stabilito che “il trasferimento del lavoratore presso altra sede giustificato da oggettive esigenze organizzative aziendali può consentire al medesimo di richiederne giudizialmente l'accertamento della legittimità, ma non lo autorizza a rifiutarsi aprioristicamente e senza un eventuale avallo giudiziario che, peraltro, può essergli urgentemente accordato in via cautelare, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartito dall'imprenditore, ex artt. 2086 e 2104 c.c., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall'art. 41 Cost. e può legittimamente invocare l'art. 1460 c.c., rendendosi inadempiente, solo in caso di totale inadempimento dell'altra parte.”.

Secondo un primo orientamento della giurisprudenza di merito nel caso di impugnativa del trasferimento con un ricorso d'urgenza il giudice deve ritenere “in re ipsa” il periculum in morain quanto il trasferimento implica perciò solo un danno non patrimoniale, non risarcibile per equivalente, che può essere invece riparato soltanto con la riammissione del lavoratore nel posto precedentemente occupato. E, secondo tale orientamento, soltanto il procedimento cautelare può garantire una tutela effettiva al lavoratore che prospetta l'illegittimità del trasferimento in quanto i tempi di definizione del cautelare, tenuto conto anche della possibilità di emettere nelle more un provvedimento “inaudita altera parte” ex art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., sono notoriamente molto più contenuti di quelli dei procedimenti a cognizione piena. Di conseguenza il “periculum in mora” deve ritenersi “in re ipsa” per il sol fatto che viene impugnato un trasferimento illegittimo. Anche con riferimento al “fumus” questo orientamento sostiene che l'illegittimità del licenziamento deve sussistere “prima facie” senza pertanto necessità di alcun supporto istruttorio (seppur nei limiti della cognizione “semiplena” di un procedimento cautelare). Il Pretore di Milano, con ordinanza del 16.01.1989, ha stabilito che costituisce periculum in mora il disagio organizzativo personale e familiare che può derivare al lavoratore dal trasferimento mentre il Pretore di Parma, con ordinanza del 15.03.1999, ha affermato che costituisce "periculum in mora" il pregiudizio irreparabile ai diritti della persona connessi alla posizione sociale e familiare acquisita dal lavoratore nel luogo di lavoro. Nello stesso senso vi è una ordinanza del Pretore di Torino del 2.11.1985 che ha sospeso il trasferimento in considerazione dei disagi connessi al trasferimento del lavoratore ( allegazione del distacco dal nucleo familiare, necessità di reperimento di nuovo alloggio, ecc.)  che non sono ovviabili nei tempi del processo del lavoro a cognizione piena. Alla luce dell'orientamento anzidetto il periculum in mora sussiste con la sola prospettazione di un disagio derivante dalla necessità di doversi trasferirein un'altra sede lavorativa, distante anche solo pochi chilometri da quella “a quo”. Si tratta, in definitiva, di un pregiudizio irreparabile che sia soltanto astratto ovvero presunto. In altre parole, secondo questo indirizzo giurisprudenziale oramai “antico”, il trasferimento, quando impugnato in via giudiziale, ha una sua specifica corsia preferenziale, ed è quella del procedimento cautelare in quanto un procedimento a cognizione piena vanificherebbe, considerati i notori e non mediamente celeri tempi di definizione delle cause ordinarie, ogni efficace tutela per il lavoratore che ritiene illegittimo il mutamento della sede lavorativa. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di merito il periculum in mora, invece, deve essere, in concreto, provato anche in un procedimento cautelare istaurato per l'impugnazione di un trasferimento. Sul punto il Tribunale di Torre Annunziata, con ordinanza del 22.4.2009, ha affermato che “È, ormai, pacifico in giurisprudenza che la sussistenza del periculum in mora non può essere oggetto di una mera presunzione ricondotta ad un'astratta potenzialità lesiva della condotta dei cui effetti ci si lamenta, ma consiste nel fondato motivo di temere che, durante il tempo occorrente a fare valere il diritto in via ordinaria, questo venga minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile (sotto questo profilo e necessario che il pregiudizio minacci di verificarsi da un momento all'altro e che ad esso non sia possibile porre rimedio con gli ordinari giudizi risarcitoli).D'altra parte ogni licenziamento, ogni trasferimento, ogni assegnazione di mansioni inferiori, incide sulla libertà e sulla dignità dei lavoratori, nonché sulla vita delle loro famiglie, colpendo un aspetto fondamentale dei diritti degli individui. Eppure non ogni licenziamento, non ogni trasferimento, non ogni assegnazione di mansioni inferiori, legittima il ricorso alla procedura d'urgenza, altrimenti si giungerebbe al paradosso che per queste tipologie di controversie il pregiudizio imminente ed irreparabile risulterebbe in re ipsa, in relazione alla materia trattata, con la conseguente inevitabile ammissibilità della fase cautelare. È, dunque, compito dell'interprete verificare caso per caso se si prospetti una situazione limite, per condotte non sanzionabili con il solo equivalente pecuniario, cui occorre ovviare con un immediato intervento giudiziario. Venendo al caso in esame, la ricorrente lamenta che il tempo necessario per fare valere il suo diritto in via ordinaria la esporrebbe ad un pericolo immediato ed irreparabile, consistente nella lesione della professionalità già acquisita, dal momento che l'assegnazione a mansioni totalmente diverse da quelle fino a quel momento svolte (in pratica la completa inattività) e per nulla temporanee, comporterebbe l'inevitabile depauperamento delle acquisite capacità anche considerando l'elevato grado di specificità delle mansioni sempre disimpegnate; e, nel contempo, le sarebbe precluso senza tempo ogni arricchimento professionale e, nel contempo, personale. Pregiudizi questi non riparabili e reintegrabili mediante risarcimento economico. Condivide il Giudicante la sussistenza di tali motivi, visto che effettivamente risulta sia la consistenza delle mansioni svolte dalla ricorrente, sia che ella sia ora inattiva. Inoltre l'assegnazione risulta effettuata senza termine e delimitazione alcuna, perpetuandosi così un periculum in mora attuale e concreto.”. Il periculum in mora, dunque, va ravvisato, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di merito e di legittimità, non nel caso di una qualsiasi violazione di diritti del lavoratore, ma solo nel caso in cui tale lesione, in sé, ovvero in quanto incidente su posizioni giuridiche soggettive a contenuto non patrimoniale ed a rilevanza in genere costituzionale a quel diritto strettamente connesse, sia suscettibile di pregiudizio non ristorabile per equivalente (Cass. n. 8373/2002; Trib. Rimini 24.03.2007). Secondo gli ordinari principi dell'onere della prova (art. 2697 c.c.), grava sulla parte ricorrente l'onere di provare il rischio di un "pregiudizio imminente ed irreparabile" a tale categoria di diritti e deve trattarsi di prova concreta. Naturalmente, deve trattarsi della prova concreta (tenuto conto del fatto che si tratta di fase cautelare) della minaccia di un pregiudizio (che non possa trovare ristoro all'esito di un giudizio ordinario), produttivo altresì di un danno irreparabile. In altre parole, è opinione ormai diffusa che, anche con riferimento a controversie in materia di lavoro, il giudice è tenuto a valutare l'urgenza di ottenere il provvedimento e le conseguenze sul piano dell'imminenza e dell'irreparabilità del danno derivanti dalla situazione antigiuridica protratta nel tempo: non è cioè sufficiente la qualità di lavoratore o l'asserita violazione di un diritto del lavoratore per giustificare l'adozione di un provvedimento di urgenza, rilevando invece le condizioni personali e la fattispecie nella sua concretezza e contingenza. Sul punto la giurisprudenza di merito (vedasi Trib.Pistoia , ord. del 23.07.2018) ha ritenuto sussistente il periculum in mora nel pregiudizio che la lavoratrice avrebbe subito ai propri affetti familiari e dalla necessità di assistere il proprio figliolo affetto da handicap che sarebbe derivato dalla necessità di trasferirsi ad altre 500 km dai luoghi di residenza tenuto conto che, in quel caso, la lavoratrice era separata e aveva un reddito che non le consentiva, col rischio di diventare indigente, alcun trasferimento tenuto conto che doveva sostenere delle spese per procurarsi un alloggio, ecc. 

Conclusioni

Dall’esame della giurisprudenza di merito e di legittimità emerge in maniera inequivocabile che l’orientamento che ritiene necessario accertare in concreto la sussistenza del periculum in morasia oramai consolidato e ciò soprattutto in un settore, come quello lavoristico, dove è più facile ritenerlo, per la natura dei diritti primari “in gioco”, sussistente “in re ipsa”. Tuttavia il rito cautelare non può essere utilizzato come corsia preferenziale per ottenere, in caso di trasferimento, un provvedimento favorevole in quanto, diversamente, e in assenza di alcuna adeguata indagine sul periculum in mora, verrebbe snaturata la funzione della tutela cautelare che diventerebbe, con l’abuso del rito cautelare, l’ “occasione” per ottenere una tutela anticipata di un eventuale giudizio ordinario. E ciò conculcherebbe la necessità di un accertamento pieno in ordine alla legittimità di un trasferimento che soltanto un giudizio a cognazione piena può “dare”. Diversamente, in un giudizio cautelare andrà verificata soltanto la verosimiglianza della prospettata illegittimità del trasferimento impugnato.

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