Smartworking: non rileva la competenza territoriale del foro della dipendenza aziendale se il lavoro agile è espletabile in diverse abitazioni

22 Novembre 2023

La decisione in disamina presenta elementi di novità – o meglio di specificità – rispetto alla richiamata giurisprudenza di legittimità. Infatti, la nozione di “dipendenza alla quale è addetto il lavoratore” è interpretata estensivamente, quale articolazione della organizzazione aziendale nella quale il dipendente lavora, e in diverse sentenze è stata fatta coincidere anche con l'abitazione privata del lavoratore, se dotata di strumenti di supporto dell'attività lavorativa. L'ordinanza discussa dal presente articolo, non ravvede invece alcun collegamento tra l'abitazione del lavoratore, presso cui è svolta l'attività, e l'azienda. 

Massima

Quando l'attività di smart working è atteggiata unicamente quale luogo di svolgimento della prestazione, che può essere fungibilmente espletata in diverse abitazioni del lavoratore, allora non può essere utilizzato il criterio di competenza territoriale del foro della dipendenza aziendale.

Il caso

Il Lavoratore ricorreva in giudizio, adendo il tribunale di Roma, per chiedere ed ottenere la declaratoria di nullità del contratto di lavoro intermittente. L'opponente Società chiedeva in via preliminare l'incompetenza territoriale del giudice romano in favore, alternativamente, del tribunale di Genova ovvero di quello di Udine. Il giudice di Roma dichiarava la propria incompetenza territoriale e ordinava la riassunzione del procedimento presso i tribunali di Udine, Genova o quello di Civitavecchia. Infatti, il Lavoratore quivi aveva la propria residenza, presso cui svolgeva la prestazione lavorativa in modalità agile (smart working); il dipendente aveva inoltre un'altra abitazione a Roma, ma non risultava comprovato che vi lavorasse in smart working.

La Società proponeva allora regolamento di competenza, in quanto in disaccordo circa la competenza territoriale del tribunale di Civitavecchia.

A fine di chiarire al meglio l'ampio ventaglio dei giudici potenzialmente competenti per territorio, si riassume brevemente la fattispecie relativa alla genesi e configurazione del rapporto di lavoro de quo:

  • a Genova erano stati conclusi gli accordi di assunzione;
  • a Udine vi era invece la sede aziendale presso cui era addetto il ricorrente;
  • tuttavia, all'atto pratico, la prestazione lavorativa era resa in modalità agile presso la residenza del Lavoratore a Civitavecchia;
  • il ricorrente aveva anche una ulteriore abitazione a Roma, ma agli atti non risultava che vi svolgesse alcuna attività lavorativa.

La competenza territoriale del giudice del lavoro e il concetto di dipendenza aziendale

L'art. 413 c.p.c. stabilisce la competenza territoriale, alternativamente:

  • nel luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro;
  • quello in cui si trova l'azienda datrice di lavoro;
  • ovvero quello in cui si trova la dipendenza aziendale alla quale il lavoratore è assegnato e addetto.

Il luogo ove è sorto il rapporto di lavoro deve essere inteso ai sensi dell'art. 1326 c.c., ovverosia il luogo in cui è stato perfezionato il contratto con l'avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro dell'accettazione della proposta, ossia il luogo della stipulazione del contratto, e non certamente nel luogo in cui abbia avuto inizio la prestazione lavorativa. Quest'ultimo criterio sarà utilizzabile soltanto laddove non sia possibile, mancando un'autonoma e distinta fonte del rapporto, identificare il luogo ove questo è sorto e non già quando invece ne manca la prova, nel quale ultimo caso l'attore può scegliere tra gli altri fori indicati dall'art. 413 c.p.c. (1). Il luogo ove si trova l'azienda è da intendersi nel senso della sede effettiva dell'impresa, anche quando non coincidente con la sede legale (2).              La “dipendenza aziendale”, invece, può essere definita come il luogo in cui il datore ha dislocato un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa (3). La Corte di Cassazione ha infatti recentemente affermato: «in continuità con un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha enucleato una nozione particolarmente ampia del concetto di dipendenza aziendale e ritenuto che esso, non solo non coincide con quello di unità produttiva contenuto in altre norme di legge, ma deve intendersi in senso lato, in armonia con la mens legis, mirante a favorire il radicamento del foro speciale del lavoro nel luogo prossimo alla prestazione lavorativa» (4).  

La decisione e i motivi della Corte

La Suprema corte nella decisione in disamina ripercorre – aderendovi – la giurisprudenza già citata al fine di definire i contorni di dipendenza aziendale.  La Corte, pertanto, conferma l'ampiezza del concetto, «tuttavia occorre pur sempre la sussistenza di un collegamento oggettivo o soggettivo del luogo ove il lavoratore presta la sua opera con la organizzazione aziendale»; per poi specificare: «ma quando, invece come nella fattispecie in esame, l'attività di smart working si è atteggiata (…) unicamente quale luogo di svolgimento della prestazione, che poteva peraltro essere fungibilmente espletata, a quanto pare, sia dalle abitazioni di Roma o di Civitavecchia, senza però l'allegazione di alcun altro elemento (…) che caratterizzasse in qualche modo l'abitazione quale dipendenza aziendale (…) allora tale criterio non può essere preso in considerazione ai fini della individuazione della competenza territoriale».

La Corte per richiamare il concetto di collegamento soggettivo tra abitazione del lavoratore e l'organizzazione aziendale richiama l'ordinanza n. 12907/2022 che vedeva il peculiare caso di un giornalista, il quale riteneva la propria abitazione quale dipendenza aziendale. In tal caso la Corte ha deciso in tal senso in quanto era ravvisabile un collegamento strutturale tra l'abitazione del dipendente e il datore di lavoro in virtù della trasmissione degli articoli e della ricezione delle disposizioni telefoniche aziendali. Inoltre, l'abitazione del lavoratore era comprovato punto di riferimento per informatori e terzi.

Caso in cui è stato affermato un collegamento oggettivo, invece è quello in cui il lavoratore eseguiva la prestazione in un'area di terzi adibita a rimessa di autoveicoli da dove prendeva inizio l'attività lavorativa (5). La casistica ci consegna fattispecie in cui la Corte di cassazione ha ritenuto di poter ravvisare una dipendenza aziendale anche nell'abitazione del dipendente allorquando presso di essa siano state installate apparecchiature informatiche messe a disposizione dal datore di lavoro ai fini dell'adempimento della prestazione (6).

Alcune considerazioni sulla compatibilità del concetto di dipendenza aziendale e del lavoro agile

La decisione in disamina presenta elementi di novità – o meglio di specificità – rispetto alla richiamata giurisprudenza di legittimità. Infatti, la nozione di “dipendenza alla quale è addetto il lavoratore”, come visto, è interpretata estensivamente, quale articolazione della organizzazione aziendale nella quale il dipendente lavora, e in diverse sentenze è stata fatta coincidere anche con l'abitazione privata del lavoratore, se dotata di strumenti di supporto dell'attività lavorativa. Peraltro, nella pronuncia in disamina, la Corte non si pone per nulla affatto in contrasto con tale giurisprudenza, che anzi è, come visto, pienamente richiamata. Semplicemente, il caso in oggetto è ritenuto diverso dai precedenti.

La Corte, nella laconica motivazione, non specifica i motivi fattuali per cui la fattispecie non si è “atteggiata” in modo tale da permettere un collegamento oggettivo tra la residenza e il concetto di dipendenza aziendale, latamente inteso come nucleo di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa. Si presume che trattandosi di un lavoratore strutturalmente in modalità agile questi potesse disporre di un pc portatile ed eventualmente un telefono forniti dal datore di lavoro. Si potrebbe argomentare dunque che trattandosi di beni mobili utilizzabili in qualsiasi abitazione, il luogo del concreto svolgimento della prestazione non rilevi ai fini della competenza territoriale, in quanto la presenza dei beni aziendali in un certo luogo non è affatto strutturale e tale da permettere di individuare nel luogo un nucleo, seppur modesto, di beni organizzati per lo svolgimento dell'attività dell'impresa: la natura stessa dei beni forniti non lo permetterebbe in quanto completamente scissi, scollegati e disconnessi da qualsivoglia luogo. Si potrebbe argomentare diversamente qualora le parti avessero però contrattualmente definito il luogo specifico della prestazione di lavoro agile: in tal caso il luogo della prestazione e i beni aziendali sarebbero indissolubilmente legati e si potrebbe quindi affermare la possibilità di individuare la conseguente competenza territoriale. Così, nella diversa fattispecie contrattuale del telelavoro, si potrebbe agilmente e pacificamente individuare l'abitazione o luogo adibito alla prestazione da remoto come dipendenza aziendale. Ma ciò è dovuto alla diversa natura della fattispecie contrattuale (7).

In tal senso, a esempio la Cassazione in una risalente pronuncia (8) aveva infatti affermato che sussiste la «dipendenza aziendale alla quale è addetto il lavoratore anche nella residenza di quest'ultimo poiché l'uso di tali strumenti di lavoro, anche quando il dipendente si trova a casa, lo distinguono dai lavoratori parasubordinati di cui all'art. 414 c.p.c., n. 3». È importante specificare che il caso riguardava un lavoratore che aveva nella sua abitazione: computer, stampante, telefono, campioni e materiali di propaganda aziendali (Cfr. anche punto vi in nota).    Anche alla luce di questa richiamata sentenza si evidenzia la difficoltà di dare una posizione sistematica al lavoro agile, posto che tale modalità di esecuzione della prestazione avvicina molto il lavoratore, pur dipendente, a un parasubordinato, posto che il lavoratore agile imposta la propria attività in base al raggiungimento di obiettivi e da ciò consegue la flessibilità potenziale nella gestione dell'orario di lavoro, del luogo della prestazione e del fatto che non può essergli retribuito il lavoro straordinario (diretta conseguenza e contrappasso della flessibilità garantita). È dunque coerente con questo ragionamento l'ordinanza oggetto del presente articolo che non permette di individuare nell'abitazione del lavoratore agile una dipendenza aziendale, posto che non è stato possibile rinvenire un collegamento funzionale tra i beni aziendali e l'abitazione del ricorrente.

A bene vedere, il criterio della dipendenza aziendale esiste pur sempre in presenza di un collegamento oggettivo o soggettivo tra l'azienda e il luogo dello svolgimento della prestazione. Nel caso di specie non è ravvisabile alcun collegamento in ragione della totale fungibilità del luogo della prestazione e quindi l'impossibilità di radicarlo in una precisa e individuata abitazione: da ciò è consequenziale l'impossibilità di definire, nel caso di specie, la residenza del lavoratore in smart working quale dipendenza aziendale.

Insegnamento indiretto di questa pronuncia è l'essenzialità di valutare con attenzione il caso di specie: l'ordinanza in disamina non è utile a stabilire – ne intende farlo – un'indissolubile correlazione tra prestazione in lavoro agile e impossibilità a considerare l'abitazione del lavoratore agile quale dipendenza aziendale. È sempre necessario dar prova di elementi fattuali che colleghino l'abitazione all'azienda, come per esempio nell'ord. 3154/2018, dove la Cassazione ha considerato l'esistenza di tale nesso nel caso in cui l'attività lavorativa prevedeva: «seguire le richieste dei clienti in ordine al noleggio delle biciclette ed invio tramite e-mail di appositi preventivi personalizzati in base alle esigenze della clientela, con successive indicazioni su itinerari da seguire e strutture ove alloggiare - dalla propria abitazione, dotata di organizzazione e strutture materiali, quali pc e account istituzionale (omissis), con accesso alla piattaforma (omissis) mediante apposita password, con reperibilità 24h su 24h, anche il sabato e la domenica (nonché nei giorni festivi), sia nei confronti dei clienti che del titolare dell'azienda, e con obbligo di comunicazione al datore di qualsiasi spostamento e/o assenza nonché di predisposizione di risposta automatica alle mail pervenute alla casella di posta elettronica». (9)

Brevi cenni giurisprudenziali

  • Cass. lav. ord. n. 18581/2007;
  • Cass. lav. ord. n. 17347/2013;
  • Cass. lav. ord. n. 3154/2018;
  • Cass. lav. ord. n. 14449/2019;
  • Cass. lav. ord. n. 23053/2020;
  • Cass. lav. ord. n. 41583/2021;
  • Cass. lav. ord. n. 30449/2022.

Note

(1) Su questo punto ex plurimis Cass. 23 luglio 2001, n. 10006, in Foro it., 2002, I, 463; nello stesso senso anche Cass. 6 dicembre 2016, n. 25018; Cass. 21 novembre 2014, n. 24899; Cass. 5 settembre 2014, n. 8819; Cass. 23 marzo 2004, n. 5837; Cass. 7 novembre 2011, n. 23139; Cass. 21 maggio 1998, n. 5098.

(2) Cass., 5 settembre 2007, n. 18581.

(3) Ex multis Cass. nn. 41583/2021 e 14449/2019.

(4) Cit. Cass. civ., sez. VI-lav., ord. 17 ottobre 2022, n. 30449.

(5) Cass. n. 23053/2020 e n. 3154/2018.

(6) Quanto alle ipotesi di corrispondenza della dipendenza aziendale con l'abitazione del lavoratore si segnalano Cass. 8 febbraio 2018, n. 3154; Cass. 16 novembre 2010, n. 23110; Cass. 1° aprile 2000, n. 3974.

(7) Nell'ordinamento italiano l'istituto ha avuto i natali con la L. n. 191/1998, anche se la legge regola l'istituto nell'ambito della pubblica amministrazione, e non anche per i privati. All'art. 4 della richiamata normativa, è statuito: «allo scopo di razionalizzare l'organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l'impiego flessibile delle risorse umane, le amministrazioni pubbliche» possono implementare forme di lavoro a distanza mercé impiego di apparecchiature informatiche e telematiche da mettere a disposizione del lavoratore: tale complesso di strumenti è definito “postazione di telelavoro”. La postazione di telelavoro, una volta approntata, resta fissa: il lavoratore lavorerà solo dal luogo così apparecchiato. In generale, il telelavoro può svolgersi presso il domicilio del lavoratore, ma l'accordo di telelavoro potrà individuare anche altri luoghi idonei all'installazione della postazione di lavoro. A tal fine è necessario che il luogo designato per la prestazione di telelavoro sia identificato dal “progetto di telelavoro” di cui al d.P.R. n. 70/1999. Infine, si sottolinea come l'orario lavorativo rimanga invariato rispetto a quello fissato in ufficio.

(8) Cass., sez. VI, ord. 15 luglio 2013, n. 17347.

(9) Cit. Cass. ord. n. 3154/2018.

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