Il patto di non concorrenza nel contratto di agenzia

29 Dicembre 2023

Si approfondisce la natura del contratto di agenzia e delle obbligazioni reciproche che sorgono in seguito alla sua conclusione, per poi soffermarsi sui peculiari rapporti tra il preponente e l’agente, con un'analisi del patto di non concorrenza stipulato in seguito alla cessazione dell’incarico.

Il contratto di agenzia

Il contratto di agenzia è un contratto di cooperazione nell'altrui attività giuridicamente il quale un soggetto, definito preponente, attribuisce stabilmente all'agente l'incarico di promuovere la conclusione di contratti per conto e nell'interesse dello stesso preponente in una determinata zona circoscritta territorialmente.

Trattasi di un contratto consensuale che richiede la forma scritta ad probationem ai sensi dell'art. 1742 c. 2 c.c., il quale precisa che ciascuna delle parti contrattuali ha il diritto irrinunciabile di ottenere dall'altra una copia del contenuto del contratto e delle eventuali clausole aggiuntive sottoscritte.

Dalla stipula del contratto di agenzia discendono obblighi a carico di entrambe le parti.

L'agente è tenuto a comportarsi con lealtà e buona fede e a tutelare, per tutta la durata dell'incarico, gli interessi del preponente, rispettando le istruzioni impartite ed informando la controparte in merito a qualsiasi circostanza rilevante intervenuta nel corso dell'esecuzione del contratto. Ai sensi dell'art. 1747 c.c., l'agente è tenuto a comunicare immediatamente al preponente l'impossibilità di portare a termine l'incarico.

Il preponente, al contrario, è tenuto a corrispondere all'agente la provvigione ogni volta che un contratto viene concluso in seguito al suo intervento. Inoltre, fermi restando gli obblighi di lealtà e di buona fede, il preponente deve informare l'agente in merito al prevedibile calo di volume degli affari e deve provvedere a comunicare l'accettazione, il rifiuto o la mancata esecuzione del contratto procurato dall'agente; la ratio di tali previsioni è quella di controbilanciare l'intrinseca aleatorietà del contratto di agenzia, dipendente sia dall'imprevedibile andamento del mercato, sia dalla volontà del preponente di concludere gli affari procacciati dall'agente.

Infine, il contratto di agenzia è un contratto di durata e ad esecuzione differita, dal momento che le prestazioni oggetto dello stesso – la promozione sul territorio della conclusione dei contratti per conto del preponente e la successiva consegna delle provvigioni – avvengono inevitabilmente in un momento successivo alla stipula del contratto.

Rapporti tra agente e preponente

Alla base del contratto di agenzia vi è senza alcun dubbio l'intuitus personae, dal momento che il preponente incarica l'agente sulla base delle caratteristiche professionali che ritiene più idonee per l'esecuzione dell'incarico; l'agente, per tutta la durata del rapporto, mantiene un'autonomia professionale tale da impedire la configurazione di un rapporto di lavoro subordinato.

L'agente, da questo punto di vista, collabora e offre la sua professionalità al preponente, non essendo tuttavia obbligato al rispetto delle indicazioni del preponente e degli orari eventualmente imposti. Il  rapporto  che lega agente e preponente è caratterizzato dalla  stabilità, non potendo essere circoscritto alla conclusione di un singolo affare ma interessando qualsiasi affare che l'agente, nell'interesse del preponente, ritiene utile e conveniente.

Ai sensi dell'art. 1743 c.c., l'agente non può assumere medesimo territorio più incarichi da diversi preponenti che si trovano in concorrenza imprenditoriale e il preponente non può assumere più agenti nel medesimo territorio e per il medesimo ambito di attività; non solo, il preponente non può altresì trattare personalmente con i clienti nella zona riservata all'attività dell'agente. Tale disposizione viene definita  diritto di esclusiva  e impegna bilateralmente sia l'agente sia il preponente, creando un vincolo reciproco di correttezza e di buona fede. La Corte di cassazione ha più volte affermato che il diritto di esclusiva può essere definito come un elemento naturale e non essenziale del contratto di agenzia, esso può essere validamente derogato per concorde volontà delle parti ma, in assenza di un'idonea deroga contrattuale, vincola automaticamente i contraenti al suo rispetto (Cass. 10 maggio 2022 n. 14763).

Il patto di non concorrenza

L'art. 1751-bis c.c. disciplina il patto di non concorrenza nell'ambito del contratto di agenzia, da intendersi come quel negozio stipulato dall'agente e dal preponente al termine del rapporto di agenzia mediante il quale l'agente si impegna a non svolgere per un determinato periodo di tempo un'attività che può essere qualificata come concorrente a quella svolta a favore del preponente.

La ratio di tale contratto è di tutelare gli affari del preponente, impedendo lo sviamento della clientela da parte dell'agente; di fatto, si pone come naturale conseguenza del diritto di esclusiva sussistente nel periodo di vigenza dell'accordo, estendendo l'obbligo generale di correttezza e di buona fede anche nella fase successiva al termine del contratto di agenzia, momento in cui, come già accennato, l'agente potrebbe sfruttare i legami e i contatti ottenuti nel corso dell'esecuzione dell'incarico per fini personali, arrecando un danno all'imprenditore.

Tuttavia, comportando una rilevante compressione della libertà professionale dell'agente, il Codice civile pone delle precise e dettagliate regole ai fini della validità del patto di non concorrenza.

In primo luogo, si richiede la forma scritta ad substantiam, il mancato rispetto del vincolo di forma rende nullo il patto di non concorrenza e tale nullità risulta insanabile. Inoltre, la durata massima del divieto di concorrenza non può essere superiore ai due anni decorrenti dal termine del contratto di agenzia; l'oggetto del divieto deve riguardare i medesimi affari e il medesimo ambito di attività gestito dall'agente nel corso del contratto di agenzia e l'attività di concorrenza è preclusa solo ed esclusivamente nelle zone in cui operava l'agente.

Il patto di non concorrenza ha natura onerosa; il preponente è tenuto a corrispondere all'agente un'indennità che dev'essere pattuita in relazione alla durata del divieto di concorrenza, alla durata del rapporto di agenzia intrattenuto dagli stessi e all'indennità corrisposta in occasione del termine del contratto precedente.

In assenza di una specifica pattuizione dell'indennità, la stessa può essere stabilita in via equitativa dal giudice che, ai sensi dell'art. 1751 c. 2 c.c., dovrà riferirsi:

  • alla media dei corrispettivi riscossi dall'agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d'affari complessivo nello stesso periodo;
  • alle cause di cessazione del contratto di agenzia;
  • all'ampiezza della zona assegnata all'agente;
  • all'esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente.

Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha escluso l'inderogabilità dell'onerosità del patto di non concorrenza. In particolare, l'onerosità dell'accordo non è garantita da una sanzione di nullità espressa e non è finalizzata alla tutela di un interesse pubblico generale (Cass. 31 maggio 2017 n. 13796).

Sovente, il preponente si riserva già al momento della conclusione del contratto di agenzia la facoltà di stipulare il patto di non concorrenza al termine del primo contratto. Al contrario di quanto sostenuto da un orientamento minoritario – che qualificava tale circostanza come una condizione sospensiva meramente potestativa e ne affermava, di conseguenza, la nullità ai sensi dell'art. 1355 c.c. – la giurisprudenza prevalente qualifica la riserva di stipula del patto di non concorrenza inserita nel contratto di agenzia come un patto di opzione, ai sensi dell'art. 1331 c.c. (Cass. 8 settembre 2016 n.17770 e Cass. 13 giugno 2003 n. 949).

In caso di violazione del patto di non concorrenza, l'agente perde ogni diritto a ricevere l'indennità e, qualora l'avesse già ottenuta, è tenuto a restituire quanto ricevuto e può essere chiamato a corrispondere una somma aggiuntiva che può raggiungere una cifra non superiore al 50% dell'indennità pattuita.

La mancata corresponsione dell'indennità a favore dell'agente, inoltre, non libera quest'ultimo dall'obbligo di non concorrenza; i due inadempimenti, infatti, risulterebbero del tutto sproporzionati e la condotta dell'agente potrebbe essere qualificata come contraria alla buona fede contrattuale.

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