Fondo patrimoniale: è legittima la clausola di alienazione dei beni anche senza il benestare del giudice

La Redazione
28 Novembre 2023

Sono legittime le modifiche dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, pur in assenza di autorizzazione giudiziale, per inserire la clausola che ammette l’alienazione o la sottoposizione a pegno o ipoteca dei beni del fondo senza decreto autorizzativo del tribunale.

Con ordinanza pronunciata ieri da parte della Corte di Cassazione è stata ammessa la possibilità di modificare successivamente l'atto costitutivo di fondo patrimoniale, anche senza una previa autorizzazione del giudice, affinché venga inserita la clausola che ammette l'alienazione o la sottoposizione a pegno o ipoteca dei beni costituenti il fondo pur in assenza di un decreto autorizzativo del tribunale.

La prima sezione civile si pronuncia su un tema, quello del fondo patrimoniale e, segnatamente, sulla modificabilità in via successiva del relativo atto costitutivo, sul quale non vi sono precedenti nella giurisprudenza di legittimità.

La questione. Il Collegio si è trovato a dover esaminare l'ammissibilità di una modifica successiva all'atto costitutivo di un fondo patrimoniale che introduceva una clausola in base alla quale alcuni beni costituenti predetto fondo, potevano essere sottoposti ad alienazione e/o a pegno o ipoteca senza la previa autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria. La norma oggetto di interpretazione è l'art. 169 c.c. a tenore del quale «se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice».

Per poter risolvere la questione d'interpretazione sottesa all'art. 169 c.c., la Corte parte con l'esaminare la lettera dell'art. 167 c.c. ovvero la norma sull'istituzione del fondo patrimoniale. A tenore della norma richiamata, viene a crearsi un vincolo di destinazione su determinati beni per far fronte al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, intesi questi in senso estensivo poiché la ratio dell'istituto è quella di «assicurare un sostegno patrimoniale alla famiglia e realizzare una situazione di vantaggio per tutti i suoi diversi componenti».

L'interpretazione del Collegio . Come già affermato dalle Sezioni Unite (Cas. sez. Unite, n. 21658/2009), la costituzione del fondo patrimoniale è ricompresa tra le convenzioni matrimoniali e come tale soggetta, quanto alla forma, alle disposizioni ex art. 162 c.c. Di conseguenza è sottoposto alla disciplina delineata dagli artt. 162 e 163 c.c.

È proprio muovendo dall'art. 163 c.c. e dalla qualificazione del fondo patrimoniale quale convenzione matrimoniale e la conseguente libertà negoziale che la Cassazione afferma che è possibile «stipulare un patto contrario a quello stabilito nella fase costitutiva del rapporto da fondo patrimoniale» con il limite di non poter assumere «decisioni negoziali in contrasto con l'interesse della famiglia e per il bene della famiglia, in quanto ogni scelta negoziale per essere legittima deve essere coerente con gli interessi della famiglia».

E nella fattispecie oggetto della pronuncia, le esigenze familiari erano state, appunto, prese in esame nell'atto pubblico di modifica del fondo patrimoniale con il quale veniva derogato l'art. 169 c.c. tanto più che era stato espressamente evidenziato che la sottoposizione eventuale di un bene del fondo a ipoteca avrebbe consentito di ampliare le possibilità creditizie della famiglia, salvaguardando così l'attività societaria che «costituisce la forma di sostentamento della famiglia».

Così come già affermato nei precedenti gradi di giudizio, la Cassazione rileva che sia la posizione debitoria della società «unica o prevalente forma di sostentamento della famiglia», anteriore alla costituzione del fondo patrimoniale, sia la fideiussione prestata da uno dei coniugi, sia la necessità di un nuovo finanziamento bancario a fronte «della prestazione volontaria di ipoteca volontaria sull'immobile […] comprovano che l'operazione in oggetto era stata compiuta nell'interesse della famiglia»; tale valutazione è quindi in armonia con l'interpretazione dell'art. 169 c.c. ovvero esente da vizi.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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