PCT: totale illeggibilità degli allegati e conoscenza dell’oggetto della notificazione

04 Dicembre 2023

Nella pronuncia in rassegna, la Cassazione affronta la tematica della illeggibilità dei documenti allegati al messaggio di notificazione a mezzo PEC, ribadendo la tradizionale linea di confine tra gli istituti della nullità ed inesistenza.

Massima

In tema di notificazioni a mezzo PEC, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, destinatario e oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la nullità, e non l’inesistenza, della notificazione.

Il caso

La vicenda trae origine dalla pronuncia con cui la Corte di Appello di Palermo ha ritenuto fondata l’eccezione pregiudiziale di inesistenza della notificazione dell’atto di appello, in ragione del fatto che il messaggio trasmesso a mezzo PEC conteneva file del tutto vuoti.

In particolare, la Corte, sulla base della reale dimensione («1 byte») degli allegati («appello depositato», «decreto fissazione udienza», «relata»), ha ritenuto che si fosse in presenza di una totale mancanza dell’atto da notificare; onde, i documenti informatici inviati sarebbero risultati «inconsistenti», con conseguente qualificazione del vizio della notificazione in termini di inesistenza.

La questione

La Corte di cassazione risolve due questioni interpretative particolarmente importanti. Innanzi tutto: laddove i file allegati al messaggio PEC risultino illeggibili, quale comportamento di collaborazione deve tenere il destinatario? E, tale comportamento presuppone l’incolpevolezza del mittente?; inoltre (ed è questo il vero profilo rilevante che governa la pronuncia in rassegna): quale è il perimetro che delimita la categoria della inesistenza e della nullità della notificazione? E, soprattutto, quando si può discorrere di «totale mancanza dell’atto»?

Le soluzioni giuridiche

La generalizzazione delle notificazioni a mezzo PEC, frutto degli sviluppi della telematica, delle tecnologie e delle recenti riforme legislative, impone di risolvere questioni interpretative sempre nuove, diverse ed attuali che si presentano, innestandosi su problematiche risalenti nel tempo, all'attenzione del giurista.

Il discorso, in tale contesto, può prendere le mosse, da quell'orientamento che ritiene come la verifica dell'avvenuta accettazione, da parte del sistema, e la successiva consegna al destinatario (ad una determinata data ed ora) del messaggio di posta elettronica certificato contenente l'allegato notificato, siano sufficienti a far considerare perfezionata e pienamente valida la notifica (così Cass., sez. III, 31 ottobre 2017, n. 25819; Cass., sez. lav., 21 agosto 2019, n. 21560; Cass., sez. lav., 21 febbraio 2020, n. 4624; Cass., sez. II, 28 maggio 2021, n. 15001).

Quest'ultima, infatti, si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione (prevista dall'art. 6, comma 1, D.P.R. n. 68/2005) e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (prevista dall'art. 6, comma 2, del medesimo Decreto), fermo quanto previsto dall'art. 147, comma 2 e 3 c.p.c. (art. 3-bis, comma 3, l. n. 53/1994).

Ecco che, in un tale sistema, nelle ipotesi di illeggibilità degli allegati del messaggio PEC, non potrebbe che spettare al destinatario – in un'ottica collaborativa ed in virtù di una generale presunzione di conoscenza della comunicazione analoga a quella prevista, in tema di dichiarazioni negoziali, dall'art. 1335 c.c. – l'onere di informare «il mittente incolpevole» delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione e, quindi, della impossibilità di prendere visione degli allegati trasmessi, così da consentire a chi abbia eseguito la notifica di rimediare a tale inconveniente (Cass., sez. III, 31 ottobre 2017, n. 25819).

Tale onere di collaborazione che, certamente, non potrebbe dirsi particolarmente gravoso presuppone però, come è evidente, l'incolpevolezza del mittente: la possibilità di valutare i documenti inviati, e quindi di verificare la ritualità della notifica (cfr. M. Nardelli, Notifiche a mezzo PEC e oneri di collaborazione, in Ius Processo Civile, 2018), è del resto garantita proprio dalla ricevuta di avvenuta consegna, la quale «può contenere anche la copia completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato» (art. 6, comma 4, D.P.R. n. 68/2005).

Nel medesimo senso, poi, la pronuncia in commento, evidenzia ulteriormente come debba escludersi l'incolpevolezza del mittente (la sola che giustificherebbe quel dovere di collaborazione del destinatario) nelle ipotesi in cui il notificante – in ragione delle «dimensioni inverosimili degli allegati» – avrebbe potuto facilmente accorgersi dell'anomalia (Cass., sez. lav., 30 ottobre 2023, n. 30082).

Delimitato per tale via l'ambito di indagine, la Corte di cassazione, quanto all'altro punto nodale della vicenda, si domanda quando la notifica sia inesistente (con inevitabile improcedibilità dell'appello) e quando, viceversa, debba considerarsi nulla (con conseguente assegnazione di un termine entro cui procedere alla rinnovazione della stessa).

A tal fine, l'iter argomentativo, conferma come imprescindibili le soluzioni accolte da quell'orientamento giurisprudenziale (risalente a Cass., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916) capace di chiarire che l'inesistenza non è, in senso stretto, un vizio dell'atto più grave della nullità, «poiché la dicotomia nullità/inesistenza va, alla fine, ricondotta alla bipartizione tra l'atto e il non atto» (Cass. civ., sez. un., 20 luglio 2016, n. 14916): la linea di confine tra le due categorie giuridiche, invero, deve essere individuata proprio tra «l'atto (sia pure nullo)» e «il non atto».

Così, se in generale, ogni ipotesi di difformità dal modello legale rientra nella categoria della nullità, all'opposto, l'inesistenza sarebbe configurabile esclusivamente «in caso di totale mancanza materiale dell'atto» ovvero «nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell'atto» (Cass. civ., sez. un., 20.07.2016, n. 14916).

Ebbene, come noto, da quest'ultimo punto di vista, la presenza di taluni elementi e requisiti strutturali imprescindibili – che consistono nell'attività di trasmissione (svolta da un soggetto qualificato) e nella fase di consegna (intesa come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento) da parte di soggetti abilitati – rende riconoscibile l'atto quale notificazione che, pertanto, giammai potrebbe essere qualificato come inesistente (S. Matteini Chiari, Vizi della notificazione a soggetti irreperibili (art. 140 c.p.c.), in IUS Processo civile, 2017; A. Lestini, Notifica presso l'indirizzo di posta elettronica ordinaria: inesistenza o nullità?, in IUS Processo Telematico, 2023).

Di conseguenza, nella vicenda in analisi, tutto sembrerebbe ruotare intorno all'altra ipotesi, quella della «“totale mancanza materiale dell'atto”, perché gli allegati, pur menzionati nel messaggio di posta elettronica certificata, risultano inconsistenti, come desumibile dall'indicazione delle dimensioni pressoché nulle dei relativi documenti informatici» (Cass. civ., sez. lav., 30 ottobre 2023, n. 30082).

Eppure, che nel caso considerato non si possa discorrere di inesistenza (quale ipotesi estrema e residuale) della notificazione è presto detto. Dal compendio fattuale emerge chiaramente che la consegna del messaggio, «seppure gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati», era ciononostante «idonea a fare conoscere al destinatario l'esatto oggetto (anche se non il contenuto) della notificazione» (Cass., sez. lav., 30 ottobre 2023, n. 30082); invero, il messaggio PEC trasmesso al difensore degli appellati indicava in modo inequivocabile la sua provenienza, nonché i nomi delle parti e l'oggetto della notificazione oltre al numero di iscrizione a ruolo del processo della pronuncia impugnata.

Osservazioni

Il tema della invalidità della notificazione eseguita a mezzo PEC, in definitiva, è ampio e complesso: non potrebbe, dunque, essere compiutamente esaminato se non mediante l’analisi della preziosa casistica che, variamente, si presenta all’attenzione dell’osservatore.

Al riguardo, peraltro, in passato, parte degli interpreti ha ritenuto che nel caso in cui il file fosse «corrotto e perciò illeggibile … ci si troverebbe di fronte ad un documento che non raggiungerebbe il proprio scopo» e che «in ultima analisi non potrebbe neppure essere definito un atto giudiziario valido», dovendosi parlare di «documento inesistente o comunque radicalmente nullo» (G. Vitrani, Notificazione a mezzo PEC e non leggibilità degli allegati, in IUS Processo Telematico, 2019); cosicché, su di un più ampio e largo ambito di indagine, si è sostenuto come non sembrerebbe neppure del tutto corretto onerare il destinatario di una forma di collaborazione che trova fondamento in una generale clausola di buona fede (Y. Fera, Notifica a mezzo PEC con allegati illeggibili: come deve comportarsi il destinatario?, in IUS Processo Telematico, 2021) e che postula una valutazione (circa l’incolpevolezza del mittente) di competenza del Giudice (in tal senso cfr. N. Gargano, G. Vitrani, L. Sileni, Allegato illeggibile: la notifica telematica può essere nulla o inesistente?, in IUS Processo telematico, 2022).

Solo una indagine ancorata alle singole fattispecie considerate potrebbe, allora, chiarire e precisare – come reso evidente dalla pronuncia annotata – la portate delle regole e delle categorie giuridiche, permettendo di comprendere il vero senso della residualità ed eccezionalità delle ipotesi di inesistenza della notificazione, a fronte delle quali non è previsto alcun rimedio, nemmeno mediante la costituzione del convenuto.

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