Il mandato di sostegno e di supporto alla famiglia è cosa diversa dall’affidamento al Servizio Sociale disposto ai sensi dell’art. 333 c.c.
19 Gennaio 2024
Massima Quando si dispone l'affidamento del minore al servizio sociale, occorre distinguere, anche nel regime precedente all'entrata in vigore dell'art. 5-bis della legge 4 maggio 1983 n. 184, l'affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione della responsabilità genitoriale (cd. mandato di vigilanza e supporto) dall'affidamento conseguente a un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale. Non sussiste un obbligo generalizzato ed officioso di ascolto dei minori di età inferiore ai dodici anni poiché il diritto alla partecipazione alle decisioni deve essere esercitato in modo consapevole ed effettivo. Il giudice può, in ogni caso, omettere l'ascolto del minore qualora lo ritenga contrario al suo interesse dandone adeguata motivazione. Il caso Il Tribunale respingeva la richiesta del padre di ottenere, in modifica del precedente regime, l'affidamento esclusivo delle due figlie minori di dieci anni. Nominato il curatore speciale, respinta la richiesta di ascolto diretto delle due minori in quanto già seguite dalla psicologa del consultorio con modalità adeguate alla loro età, ed escludendosi che avessero la maturità necessaria per esprimersi avanti al Giudice, la decisione veniva confermata dalla Corte d'Appello secondo la quale non sussistevano le condizioni per modificare il regime d'affidamento condiviso con affidamento ai servizi per il sostegno e collocamento delle minori presso la madre, della quale non erano emersi né profili di incapacità genitoriale né comportamenti pregiudizievoli per le figlie. La Corte di Cassazione rigettava il ricorso paterno, ritenendo correttamente motivate le ragioni per cui non era stato disposto l'ascolto diretto delle minori, essendo le medesime già state sentite dalla psicologa ed essendo emerso dalla relazione dei Servizi sociali che avessero uno sviluppo psicologico e cognitivo nella norma, quindi non tale da potersi ritenere che fossero in grado di esprimere liberamente e autonomamente le loro opinioni in sede giudiziaria. Quanto al regime di affidamento, la Corte conferma quello in essere specificando che va classificato come affidamento condiviso addizionato da un mandato di vigilanza e supporto conferito ai servizi sociali, cui vengono anche attribuiti compiti di accertamento e di ausiliario ex art. 68 c.p.c. La questione Due sono le questioni che l’ordinanza in commento affronta: le peculiarità dell’affidamento al servizio sociale in ragione sia delle funzioni dei servizi sia dei motivi che conducono il Giudice ad optare per la scelta dell’ente pubblico piuttosto che di un familiare, terzo rispetto ai genitori. In secondo luogo, se esista o meno un obbligo generalizzato di ascolto diretto del minore infra dodicenne, e in che termini va valutata la capacità di discernimento che assicura l’esercizio consapevole del diritto del minore a partecipare alle decisioni che lo coinvolgono. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte, con questa interessante ordinanza, prima di affrontare i motivi del ricorso, che si sostanziano nell'omesso ascolto diretto delle due minori infradodicenni, offre una precisa ricostruzione dell'istituto dell'affidamento del minore al servizio sociale partendo da alcune considerazioni generali per giungere ad individuare due ipotesi, tra loro chiaramente distinte sia in ragione delle peculiarità delle funzioni che il servizio che delle motivazioni che hanno indotto il Giudice ad attribuire un compito di sostegno e vigilanza all'ente pubblico piuttosto che a un privato scelto nella cerchia dei famigliari del minore. Premesso un inquadramento normativo dell'affidamento al servizio sociale da intendersi come species del più ampio genus dell'affidamento a terzi, considerata anche la necessaria armonizzazione dei principi interni con quelli affermati dalla CEDU, la Corte distingue, nel caso in cui i genitori si rivelino in tutto o in parte inadeguati, due tipi di intervento: di vigilanza, supporto e assistenza alla famiglia e intervento in tutto o in parte ablativo. Il primo è ampliativo delle risorse destinate al benessere del minore e si concreta nell'affiancamento alla famiglia di un soggetto terzo che assista e supporti i genitori e il minore, e nell'esercizio della funzione di vigilanza, senza alcuna limitazione della responsabilità genitoriale. Il secondo viene disposto nelle ipotesi di incapacità genitoriale totale o parziale che determinano la decadenza o la limitazione della responsabilità. In quest'ultimo caso alla sfera dei poteri e doveri genitoriali vengono sottratte alcune competenze e il compito di esercitare le funzioni e le correlate responsabilità viene delegato a terzi. Rileva la Corte che mentre il provvedimento di decadenza è tipizzato, altrettanto non vale per quello limitativo, riferendosi l'art. 333 c.c. ai “provvedimenti convenienti”, i quali possono quindi essere sia ablativi (per sottrazione) che ampliativi (per addizione) ma anche “misti”, quando oltre a sottrarre alcuni compiti ai genitori ed affidarli a terzi, conferiscono ai servizi sociali un ulteriore ruolo di supporto e vigilanza (Cass. civ. ord. 10 dicembre 2018, n. 31902). In questo contesto si inserisce l' “affidamento ai servizi sociali”. L'ordinanza ne ripercorre l'evoluzione temporale evidenziando che, sia nel sistema previgente che in quello attuale, delineato dal nuovo art. 5-bis l. 184/1983, esso si sostanzia in un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale, senza tuttavia potersi escludere, e qua sta un passaggio interessante, che possano adottarsi altre misure, che seppure denominate “affidamento al servizio sociale”, non presuppongono la limitazione suddetta. Sicchè sarebbe opportuno limitare il termine affidamento ai soli casi in cui sia attribuito al servizio sociale un compito sostitutivo delle attribuzioni genitoriali, e non anche integrativo o additivo delle medesime. In questo ambito rientra la situazione all'esame della Corte ed oggetto della presente nota: fermo l'affidamento condivido delle due minori e il loro collocamento presso la madre, al servizio viene conferito un mandato di supporto e di vigilanza. Proseguendo nell'esame dell'istituto, la Corte distingue tra affidamento al servizio sociale e affidamento a terzi individuati in ambito familiare, per cui nel primo caso il minore può anche restare collocato presso un genitore. Non solo ma i SS derivano i loro poteri sia dal provvedimento giudiziale che dalla legge 328/2000, il cui art. 16 valorizza i compiti di sostegno delle responsabilità genitoriali, di guisa che il servizio può assumere più ruoli anche contemporaneamente, dall'indagine conoscitiva sulle condizioni di vita del minore che entra a far parte del processo come mezzo di prova al divenire ausiliario del Giudice per specifiche attività, tra cui l'attuazione dei provvedimento di affidamento, al compito di vigilanza e supporto (funzioni che nel caso in esame sono attribuite al Servizio sociale accanto al mandato di vigilanza e supporto). Ancora, viene rilevata la differenza tra affidamento ai servizi sociali disposto in corso di causa o alla fine del processo. Nel primo caso, il Giudice deve valutare attentamente le ragioni che conducono alla decisione e se sono legate a un procedimento ex art. 333 c.c. o a un'ipotesi di conflitto di interessi tra genitori, è obbligatoria la nomina del curatore speciale del minore (Cass. civ. ord, 16 dicembre 2021, n. 40490, Cass. civ. ord. 05 maggio 2021, n. 11786, Cass. civ., ord., 9 marzo 2022, n. 7734). Non così invece se l'affidamento ha funzione di supporto del minore con esclusione di una situazione pregiudizievole, avendo lo strumento la sola funzione (provvisoria) di vigilanza e sostegno della genitorialità, e, nel regime precedente all'introduzione dell'art. 5-bis l. 184/1983, senza la necessaria previsione di un termine di durata. Sempre nel sistema ante art. 5-bis l.184/1983, nell'ipotesi in cui l'affidamento ai SS sia disposto con il provvedimento conclusivo del procedimento, è preferibile l'apposizione di un termine per evidenziare la natura temporanea della misura ma in ogni caso, anche senza, essa è sempre revocabile essendo il provvedimento privo del carattere della definitività, mentre non è prevista la nomina del curatore speciale, i cui compiti ex artt. 78 e 80 c.p.c. sono solo legati al processo, ove egli rappresenta il minore. Diversamente, nel sistema post Cartabia, ai sensi dell'art. 473-bis. 7 c.p.c., con il provvedimento definitivo che ponga delle limitazioni alla responsabilità genitoriale, è possibile nominare un curatore speciale cui conferire poteri di rappresentanza sostanziale (normalmente in capo ai genitori). Nel caso di specie, a fronte delle allegazioni paterne di una situazione di pregiudizio per le minori, asseritamente causata dalla madre, la Corte ritiene corretta l'intervenuta nomina di un curatore speciale processuale ai sensi dei previgenti artt. 78 e 80 c.p.c. che rappresenti gli interessi delle due minori in causa, a fronte dell'evidente conflitto di interessi tra genitori. Quindi, in sintesi: nel caso di affidamento al servizio sociale con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto), il provvedimento dovrà dettagliare in modo specifico le funzioni che i servizi sono chiamati a svolgere, e che in ogni caso possono essere integrate da altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali, con la definizione dei tempi della loro attuazione, che devono essere il più rapidi possibili. Non è richiesta, nella fase processuale che precede l'adozione del provvedimento, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi. L'affidamento conseguente al provvedimento limitativo (anche provvisorio) della responsabilità genitoriale, costituendo una ingerenza nella vita privata e familiare, deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente all'attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i precedenti interventi; dovendo i contenuti del provvedimento essere conformati al principio di proporzionalità tra la misura adottata e l'obiettivo perseguito, il giudice deve descrivere dettagliatamente i compiti affidati al servizio in relazione a quelli che sono i doveri e i poteri sottratti dall'ambito della responsabilità genitoriale e distinti dai compiti che sono eventualmente demandati al soggetto collocatario se questi è persona diversa da i genitori; i servizi non possono svolgere funzioni e compiti propri della responsabilità genitoriale se non specificamente individuati nel provvedimento limitativo; in questo caso il minore è rappresentato in giudizio da un curatore speciale i cui compiti sono pure precisati. Terminate le considerazioni sul regime d'affidamento, la Suprema corte passa ai motivi del ricorso, che gravitano attorno all'omesso ascolto delle minori, il quale, stando al ricorrente avrebbe anche consentito al Giudice di accertare i presunti maltrattamenti materni o comunque i comportamenti pregiudizievoli in danno alla prole. Chiarito che l'ascolto del minore non è un atto istruttorio ma un diritto personalissimo del minore (Cass. civ., ord. 16 maggio 2023, n.13377) sancito dalle fonti internazionali cui il nostro ordinamento si è adeguato, viene ribadito che il minore deve essere ammesso ad esercitare personalmente il diritto ad esprimere liberamente le proprie opinioni in merito a tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, nella misura in cui lo consenta la capacità di discernimento, intesa come specifica competenza individuale, che pur non coincidendo con la piena acquisizione dell'attitudine a compiere validamente atti giuridici, gli consente però di rappresentare con sufficiente ragionevolezza i propri interessi, poiché egli comprende la portata delle proprie azioni e si prefigura le conseguenze delle proprie scelte. Posto che l'ordinamento italiano ritiene sussistente la capacità di discernimento se il minore ha compiuto dodici anni, rispetto ai minori infradodicenni, l'ascolto è dovuto nei soli casi in cui il bambino in concreto risulti capace di discernimento nel senso sopra esplicitato. Sicché non sussiste un obbligo generalizzato ed officioso di ascolto dei minori di età inferiore ai dodici anni poiché il diritto alla partecipazione alle decisioni deve essere esercitato in modo consapevole ed effettivo. E il Giudice in ogni caso può ometterlo qualora lo ritenga contrario al suo interesse dandone adeguata motivazione (Cass. civ. 14 agosto 2023, n. 24626, la quale specifica che se il provvedimento è correttamente motivato non è necessaria la motivazione espressa sulla preventiva valutazione del discernimento del minore , Cass. civ. ord., 11 giugno 2021, n. 16569). All'esito la Corte di cassazione respinge il ricorso, confermando la decisione impugnata che aveva escluso l'ascolto diretto delle due minori, di dieci anni, le quali già erano state sentite dalla psicologa e sulla base di quanto emergeva dagli atti non erano in grado di esprimere liberamente la loro opinione in sede giudiziaria. Assunto non contraddetto, ma anzi confermato, dalla dichiarazione dei Servizi sociali secondo cui le bambine avevano uno sviluppo psicologico e cognitivo nella norma. Ciò senza che implicasse la lesione del diritto ad esprimere la propria opinione, esercitato nel caso di specie dal curatore speciale con poteri di rappresentanza processuale nominato in corso di causa ai sensi dei previgenti artt. 78 e 80 c.p.c. ravvisandosi un conflitto di interessi tra genitori. Quanto all'affidamento, la Suprema Corte, ritenendo di confermare la statuizione della Giudice del merito, qualificare “correttamente” il regime adottato, da intendersi come condiviso ma con il conferimento ai servizi sociali di un mandato di supporto e vigilanza, oltre a compiti d'accertamento e di ausiliario ex art. 68 c.p.c. Osservazioni La decisione in esame offre l'occasione per fare chiarezza sul regime dell'affidamento del minore ai servizi sociali, istituto che come la Cassazione ben evidenzia è stato oggetto di una significativa evoluzione, approdata nell'introduzione, ad opera del d.lgs. 149/2022 (cd. Riforma Cartabia) all'interno della Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Legge adozione), l'art. 5-bis il quale dispone che: «Il minore può essere affidato al servizio sociale del luogo di residenza abituale, quando si trova nella condizione prevista dall'articolo 333 del codice civile e gli interventi di sostegno alla famiglia previsti dall' art. 1 della legge adozione si siano rivelati inefficaci o i genitori non abbiano collaborato alla loro attuazione». All'affidamento al servizio sociale si perviene in situazioni familiari delicate per la loro complessità, allorchè gli interventi di supporto alla genitorialità non si siano rivelati fruttuosi ed occorra quindi preservare al minore il diritto a una crescita equilibrata e serena pur in un contesto di inadeguatezza dei suoi genitori. Esso va quindi inteso quale misura per la salvaguardia del minore, trovando il proprio fondamento normativo nel diritto del minore a crescere all'interno della propria famiglia sancito dall'art. 315 c.c. e dall'art. 1, l. 184/1983 e nella contestuale necessità di intervento di sostegno esterni alla famiglia quando la condotta dei genitori non sia così grave da giustificare una misura ablativa ma sia comunque pregiudizievole per il minore, rientrando quindi tra i provvedimenti convenienti indicati dall'art. 333 c.c..; provvedimenti che sono per loro natura provvisori e revocabili, essendo l'auspicio quello della piena reintegrazione della responsabilità in capo alla madre e/o al padre che si adoperino fattivamente per colmare quelle carenze che hanno condotto alla sottrazione parziale delle loro competenze. Nella prassi si è fatto un uso frequente dell'affidamento del minore ai servizi sociali sulla base di provvedimenti giudiziali estremamente generici e con conseguente attribuzione ai servizi, nell'esecuzione del mandato, di un ampio margine di discrezionalità, significativamente potenziato anche dai compiti di valutazione e sostegno conferiti a loro dalla legge (nello specifico, dall'art. 16 della l. 328/2000 il cui primo comma testualmente recita “Il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie nella formazione e nella cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale; sostiene e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana; sostiene la cooperazione, il mutuo aiuto e l'associazionismo delle famiglie; valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e di progetti per l'offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi. Al fine di migliorare la qualità e l'efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell'ambito dell'organizzazione dei servizi”). Non di rado tra l'altro l'affidamento era disposto senza l'indicazione del tempo di durata. Siffatta prassi si poneva in contrasto anche con i dettami della Convenzione europea sui Diritti dell'Uomo, nella specie con l'art. 8 che tutela il rispetto della vita privata e familiare, la cui interpretazione da parte della Corte Edu è granitica nel senso che qualunque intervento dei pubblici poteri nella sfera privata e familiare deve essere necessario, fondato su base legale chiara e prevedibile e mirato a un fine legittimo, nel rispetto del principio di proporzionalità tra la misura e lo scopo perseguito. L'Italia è stata spesso sanzionata per l'inerzia manifestata dai servizi sociali nell'attuazione dei provvedimenti specie rispetto alla predisposizione di efficaci programmi di sostegno per agevolare il riavvicinamento tra genitori e figli (ad esempio, caso Fiagbe c. Italia del 28 aprile 2022 (ricorso n.18549/20), A.I. c. Italia, (n. 70896/17, 1° aprile 2021), R.V. e altri c. Italia (n. 37748/13, 18 luglio 2019). Fondamentale è quindi che il Tribunale possa mantenere un controllo sull'operato del servizio sociale ente affidatario per evitare sia eccessi di delega sia situazioni stagnanti, in contrasto con le decisioni giudiziarie. L'esigenza è stata colta dal Legislatore della Riforma, che ha introdotto l'art. 5-bis, l. 184/1983, collegando espressamente l'affidamento al servizio sociale alla condizione di cui all'art. 333 c.c. e allorchè gli interventi di sostegno e aiuto alla famiglia non si siano rivelati utili. Il provvedimento che oggi dispone l'affidamento al servizio sociale è estremamente dettagliato, deve indicare i poteri-doveri assegnati al collocatario del minore, ai servizi sociali e al curatore speciale nominato, gli spazi residui di responsabilità genitoriale, la durata che non può essere superiore a ventiquattro mesi, fermo l'obbligo di riferire, al massimo ogni sei mesi, all'autorità giudiziaria sull'andamento degli interventi, sui rapporti mantenuti dal minore con i genitori, sull'attuazione del progetto predisposto dal tribunale. La sentenza che si annota, relativa a un caso soggetto alla disciplina ante riforma Cartabia, oltre ad esplicitare che l'affidamento al servizio sociale rientra tra le misura adottabili ex art. 333 c.c. e quindi ponendosi in linea con il nuovo art. 5-bis, estrapola, per così dire, una situazione diversa, spesso “catalogata” impropriamente come affidamento al servizio sociale con la conseguenza di alimentare la confusione applicativa, se non altro in termini di ripartizione delle competenze tra ente e genitori del minore. Ci si riferisce a quelle ipotesi, assai frequenti, in cui non si ravvisano oggettive carenze di capacità in capo ai genitori tali da esporre il minore a un serio pregiudizio, quanto piuttosto si sia in presenza di genitori (e correlatamente di un minore) che necessitano, per la miglior esplicazione del loro ruolo, di un supporto e di un sostegno, “per la corretta attuazione dell'interesse del minore”: attività, queste ultime, che rientrano d'altro canto tra le funzioni che la legge attribuisce al servizio sociale. Si conviene con la Corte laddove essa rileva l'opportunità di distinguere queste ultime situazioni anche dal punto di vista del nome, apparendo improprio ricondurle ad ipotesi di affidamento al servizio sociale che, per sua natura, implica una limitazione della responsabilità genitoriale che non si rinviene nel caso in cui il compito affidato all'ente sia integrativo o additivo delle attribuzioni genitoriali, e non limitativo. La questione non è minimale poiché l'affidamento all'ente viene percepito dal genitore in modo solitamente punitivo essendo l'impressione quella che una qualche sottrazione delle sue competenze avvenga. Non così invece se al servizio viene conferito espressamente un compito di supporto, sostegno e vigilanza, senza alcuna ingerenza nell'esercizio della responsabilità genitoriale. Potremmo allora dire che oggi il sistema consente di intervenire con diverse modalità nell'ambito di quelle situazione familiari che presentino qualche difficoltà, più o meno tali da compromettere il diritto del minore di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori: l'affidamento al servizio sociale sulla base di un incarico specifico e dettagliato espletato sotto la sorveglianza dell'autorità giudiziaria e temporalmente circoscritto (poiché in queste situazioni la tempestività dell'intervento è determinante) per favorire il ripristino del pieno esercizio della responsabilità genitoriale onde garantire in primis il diritto del minore a crescere nella propria famiglia, con due genitori entrambi adeguati. Ma anche, nei casi meno gravi, la possibilità di adottare misure atipiche, quali il conferimento di un mandato ben dettagliato sui compiti demandati per garantire sostegno e supporto al nucleo che presenti qualche criticità. Ancora la possibilità di nominare un curatore speciale avente la rappresentanza sostanziale anche dopo la fine del procedimento. Pochi giorni dopo il deposito della sentenza che si annota, la Cassazione (Cass. civ., ord. 33193/2023), in una questione per molti aspetti analoga, è tornata ad esprimersi sottolineando che esistono due tipologie di affidamento al Servizio Sociale in senso identico alla precedente ordinanza n. 32290/2023. L'auspicio è quello che i Tribunali sappiano allora distinguere, senza imporre limitazioni della responsabilità genitoriali in tutti quei casi in cui alle difficoltà possa ovviarsi aggiungendo risorse, piuttosto che toglierle. Infine, per concludere, rispetto la tema dell'ascolto diretto del minore, seppur sia innegabile che l'ascolto è lo strumento attraverso il quale il minore porta la propria voce nel processo su tutte le questioni che lo riguardano, si conviene con la Suprema Corte laddove essa esclude l'obbligo dell'ascolto diretto del minore infradodicenne la cui capacità di comprendere la portata delle proprie azioni e di prefigurarsi le conseguenze delle proprie scelte sia stata esclusa all'esito delle valutazioni operate dal Servizio sociale che con il minore si sia relazionato. Questo tuttavia solo nella misura in cui sia nominato il curatore speciale del minore con poteri di rappresentanza processuale, il quale, nell'esplicazione della propria funzione, sappia veicolare efficacemente la voce del minore all'interno del procedimento che lo riguarda. |